Destra di Popolo.net

DOMATTINA SALVINI VA A CODOGNO E I CODOGNESI SONO INCAZZATI: “QUA LE SCIAGURE NON FINISCONO MAI”

Giugno 27th, 2020 Riccardo Fucile

PIOGGIA DI COMMENTI CRITICI SUI SOCIAL LOCALI: “NON C’E’ CAMPAGNA ELETTORALE, VIENE SOLO PER SPECULARE SUI MORTI”

Domani mattina alle 10,30 Matteo Salvini sarà  a Codogno in piazza XX Settembre per uno dei suoi soliti appuntamenti elettorali senza elezioni.
Il comune di 16mila abitanti in provincia di Lodi è stata al centro dell’emergenza Coronavirus SARS-COV-2 per il primo caso riscontrato in Italia di COVID-19, quello di Mattia Maestri.
È quindi comprensibile che i cittadini iscritti al gruppo facebook “Sei di Codogno se…” siano un tantinello preoccupati per gli assembramenti
E infatti sotto al post in cui si parla della sua visita c’è chi la prende a ridere: “Le sciagure nella bassa non finiscono proprio mai”.
Ma anche chi è sinceramente preoccupato per la possibilità  che il gran numero di persone riunite possa favorire la circolazione del virus.
Ci sono anche quelli che scherzano sui dispositivi di protezione individuale, a cui Salvini è un po’ refrattario, e quelli che ricordano le responsabilità  di Regione Lombardia nell’emergenza e il famoso ospedale in fiera.
Insomma, non sembra esserci tantissimo entusiasmo. Chissà  perchè.

(da agenzie)

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L’ITALIA E L’EUROPA HANNO FATTO RIPORTARE IN LIBIA ANCHE UN NEONATO NATO SUL BARCONE: “CRIMINE CONTRO L’UMANITA”

Giugno 27th, 2020 Riccardo Fucile

POSSIAMO RINGRAZIARE I CRIMINALI DELLA GUARDIA COSTIERA LIBICA E I DIFFAMATORI DEI TAXI DEL MARE… L’ITALIA HA REGALATO IN QUATTRO ANNI 213 MILIONI DI EURO A DEI DELINQUENTI

Sull’ultimo gommone riportato in Libia c’era anche un neonato. Era stato partorito lì, a bordo, in mezzo ad oltre novanta persone.
Uomini, donne e bambini stipati sull’imbarcazione di fortuna per sfuggire alla guerra e ai campi di prigionia.
Non ce l’hanno fatta, la Guardia costiera libica li ha ricondotti al punto di partenza, precipitandoli di nuovo nell’orrore che stavano provando a lasciarsi alle spalle.
È successo ieri, stamattina la portavoce di “IOM – UN Migration” ha confermato: 93 persone risospinte nei lager libici e 6 – come hanno riferito i naufraghi – morte. È l’ultimo dei respingimenti a cui, da bordo, ha assistito l’equipaggio della “Mare Jonio”, la nave dell’associazione “Mediterranea Saving Humans”. E purtroppo, nel Mediterraneo centrale, non è un caso isolato.
Per la presidente di “Mediterranea”, Alessandra Sciurba, quello che sta succedendo sulla rotta migratoria definita da Medici senza frontiere “la più mortale del mondo” ha una definizione precisa. “È un crimine contro l’umanità . In dieci giorni per tre volte noi abbiamo assistito a migranti riportati in Libia dalle milizie, due nel giro di quarantotto ore”, spiega ad HuffPost.
Ieri la “Mare Jonio” aveva ricevuto il messaggio di Sos lanciato da Alarm Phone per segnalare il gommone partito dalla Libia alla deriva col motore in avaria, la nave aveva provato a raggiungerlo spingendo i motori al massimo.
Ma la Guardia costiera libica è arrivata prima. “Avevamo individuato le navi militari europee più vicine chiedendo ufficialmente il loro intervento, avevamo offerto la nostra disponibilità  ad imbarcare i naufraghi sulla Mare Jonio, avremmo potuto garantire loro cure medico-sanitarie adeguate. Ma i miliziani libici hanno rifiutato”.
Nel racconto tornano l’angoscia della corsa contro il tempo, la frustrazione di assistere impotenti e “la consapevolezza sempre maggiore che chi avrebbe potuto fare qualcosa subito non aveva la minima intenzione di farlo”, come ha scritto sui social stamattina Vanessa Guidi, medico di bordo sulla Mare Jonio.
Eccolo qui il punto della questione. “Sono l’Italia e l’Europa ad aver scelto di non salvare quel neonato e gli altri naufraghi che erano su quel gommone ieri – scandisce Sciurba – queste persone sono vittime di una tratta all’infinito, in un sistema pagato dai contribuenti italiani. La Libia è in piena guerra civile e l’Italia finanzia la cosiddetta Guardia costiera, guidata, sebbene non ufficialmente, anche da quel comandante Bija definito dall’Onu un torturatore”.
Il riferimento è al Memorandum di intesa tra Italia e Libia, stipulato nel 2017 dall’allora ministro dell’Interno, Marco Minniti, e prorogato a febbraio scorso. Qualche giorno fa, di ritorno dalla capitale libica, il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ha dichiarato che i colloqui tra le parti per apportare modifiche agli accordi, riprenderanno a breve.
Oggi è stato il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, a incontrare il leader di Tripoli, Sarraj, per ribadire la convinzione italiana che “la soluzione non può essere affidata al piano militare ma esclusivamente ad un impegno comune per il rilancio del processo politico per la stabilizzazione del Paese”.
L’ufficio stampa del Governo di Tripoli rende nota la volontà  comune di “formare un comitato per seguire il ritorno delle imprese italiane al fine di riprendere le loro attività  in Libia e la continuazione del contributo dell’Italia all’operazione di sminamento che è cominciata da qualche giorno”.
Martedì inoltre – lo ha annunciato la ministra dell’interno, Luciana Lamorgese – la maggioranza si incontrerà  di nuovo per confrontarsi sulla modifica ai Decreti Sicurezza su cui non c’è ancora la quadra nella maggioranza. A frenare sono i 5 stelle, che non rinnegano la linea dura promossa con il Governo gialloverde, potrebbero presentarsi al Viminale con un loro documento, ma premono per un rinvio a settembre.
“Sentire parlare di correggere, emendare, gli accordi con la Libia è un insulto all’intelligenza, ma anche ai valori fondanti della nostra Costituzione, dell’Europa e del diritto internazionale” commenta la presidente di “Mediterranea”.
E per meglio far capire il senso delle sue parole ricorre ai numeri: “Dal 2017 al 2020 l’Italia ha dato alla Libia 213 milioni di euro, con 2 milioni e mezzo la Comunità  di Sant’Egidio ha fatto arrivare nel nostro Paese in aereo, dunque in tutta sicurezza, mille persone garantendo loro accoglienza per un anno. Perchè allora continuare a finanziare la milizia libica che tortura e uccide esseri umani com’è stato denunciato? La Libia non è un porto sicuro, non siamo noi a dirlo. E allora quali sono gli interessi internazionali che si nascondono dietro l’orrore che si consuma nel Mediterraneo e in Libia?”.
Mare Jonio stamattina è tornata in mare. Nonostante la rabbia e il senso di sconfitta per non aver potuto impedire l’ultimo respingimento e le onde alte più di due metri. “La nostra missione è salvare le persone al di là  della nazionalità ”, ripete Sciurba.
Di nuovo e ancora “finchè i Governi europei che sono committenti e finanziatori di questo crimine contro l’umanità  non faranno il loro dovere”.
Di nuovo in mare tra la vita e la morte, addosso “la sensazione di vivere in un mondo capovolto” e il pensiero rivolto a quel bambino partorito su un gommone, “quel neonato che l’Italia e l’Europa non hanno voluto salvare. Fossimo arrivati prima dei libici magari avrebbe avuto un futuro diverso e invece ora chissà  in quale inferno è precipitato”.

(da “Huffingtonpost”)

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SUL MES SONO SETTE I SENATORI M5S CHE POTREBBERO VOTARE CONTRO AL FONDO SALVA STATI

Giugno 27th, 2020 Riccardo Fucile

RINUNCIARE A UN PRESTITO A TASSO ZERO DI 36 MILIARDI (RESTITUIBILI TRA DIECI ANNI A RATE) PER ANDARLI A TROVARE SUL MERCATO AVREBBE UN COSTO DI 5 MILIARDI DI INTERESSI: LI FACCIANO PAGARE   AI CAZZARI SOVRANISTI E POPULISTI

Una mini-scissione nel M5S sul Mes rischia di mettere in difficoltà  la tenuta della maggioranza al Senato. Sette senatori grillini a Palazzo Madama potrebbero infatti votare contro l’attivazione del nuovo Meccanismo europeo di stabilità  dell’Ue, che sbloccherebbe 36 miliardi per le spese sanitarie con tassi dello 0,08 per cento che garantirebbero un risparmio da 5 a 7 miliardi in interessi.
Il gruppo di parlamentari contrari, per quanto ristretto, rischia di avere un peso determinante nella maggioranza ed è la ragione per cui l’esecutivo sta procedendo a continui rinvii.
Il governo in Senato può contare attualmente su 167 voti (inclusi i senatori a vita e quelli del Misto che sostengono il governo) e la soglia per la maggioranza assoluta è fissata a 161 voti.
Nonostante Luigi Di Maio abbia garantito a Giuseppe Conte il suo appoggio e quello degli altri ministri, ma andare alla prova di forza in Senato potrebbe aprire una crisi di governo già  a luglio.
A soccorrere il governo sul Mes arriverebbero probabilmente i voti di Forza Italia, che da tempo si dice favorevole all’utilizzo del Fondo Salva Stati, diversamente dagli alleati di centrodestra.
Il premier Conte, tuttavia, non vede in questo una soluzione facile, per timore di “snaturare la fisionomia” della coalizione di governo, come riporta Il Messaggero.
Il segretario del Pd Nicola Zingaretti è in pressing affinchè gli alleati di governo M5S accettino il Mes.
“Ormai è senza alcuna condizionalità  e rappresenta una leva straordinaria per rafforzare il sistema sanitario. Non accettarlo sarebbe folle”.
Da Italia Viva Matteo Renzi e i suoi si dicono convinti che i grillini cambieranno idea. “Sono fiduciosa che M5s capisca che rinunciare a 36 miliardi per la sanità  pubblica sia un errore”, ha detto ieri la capogruppo di Iv alla Camera, Maria Elena Boschi, a L’Aria che tira su La7.
“Bankitalia certifica che il Mes garantirebbe un risparmio di 5 miliardi per i contribuenti. Questi 5 miliardi sono il costo del M5s e del suo no”, ha scritto ieri su Twitter il segretario di Più Europa, Benedetto Della Vedova. “Conte, Pd e Iv, anzichè farsi dettare la linea da Di Battista, dicano subito sì. È certo che per il potere i grillini si rimangeranno il no”.

(da agenzie)

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IL MISTERIOSO BIOLOGO DI ATLANTA CHE SU FB LODA IL METODO DE DONNO HA UN NUMERO DI TELEFONO A CUI RISPONDE DE DONNO

Giugno 27th, 2020 Riccardo Fucile

LA SINGOLARE SCOPERTA CHE VEDE PROTAGONISTA IL CHIACCHIERATO RICERCATORE CHE NON PUBBLICA NULLA E CHE ORA SALVINI VUOLE CANDIDARE A MANTOVA

Giuseppe De Donno è intenzionato a candidarsi a sindaco di Mantova e non è una sorpresa. Dopo mesi di post a colpi di hashtag, endorsement di Matteo Salvini, servizi de Le iene in cui lo si dipinge come l’uomo che curerà  tutti col plasma e risse mediatiche, pare che appunto si candiderà  con una lista civica. Ed è un escamotage di Salvini per far fuori il sindaco Pd Mattia Palazzi: con Stefano Rossi candidato per la Lega e De Donno in un lista civica con il patto di sostenersi al ballottaggio, Palazzi potrebbe essere già 
Ma non è questo il tema di oggi.
Il tema di oggi è: le manie di grandezza di De Donno, quella sua foto profilo nella tuta di Iron Man, quel suo continuo auto- incensarsi, quel suo continuo sostenere di aver inventato la cura senza aver mai pubblicato nulla sulla sua sperimentazione, non è un preoccupante? Davvero Mantova lo voterebbe? Poi penso a una cosa.
Da un po’ di tempo vedo De Donno conversare su Facebook con un biologo di Atlanta che ha studiato ad Harvard e che vanta origini mantovane.
“Carissimo, oggi il prof. Crisanti ha detto di prepararsi al peggio. WHO anche. Tu, ad Atlanta, cosa pensi?”, gli scrive De Donno. Joseph Dominus risponde: “Ritengo che non si debba sottovalutare nulla. Avanti con le banche del plasma!”.
Vedo che questo Joseph Dominus ha 800 amici quasi tutti mantovani e quasi tutti in comune con Giuseppe De Donno. Mi insospettisce il nome. Joseph è Giuseppe, Dominus è “Donno”, volendo, perchè Donno viene dal latino Domnus, forma contratta di dominus, signore. Quindi questo professore di Atlanta che tifa per De Donno dall’altro lato dell’oceano si chiama “Giuseppe Dio”. Comunque, in alcuni post dice che sta per arrivare in Italia e le persone commentano, tocca credergli, mi dico.
Poi vado nelle sue informazioni e noto che Joseph Dominus si è registrato col suo numero di cellulare visibile, evidentemente si è dimenticato di inserirlo con la privacy. Un numero italiano. Mi domando: ma non è che questo è il cellulare di De Donno? Controllo in rubrica e vedo che non corrisponde, quindi mi dico: che maliziosa che sono. E a quel punto chiamo per capire chi sia questo Joseph Dominus. Il telefono squilla. E lo squillo mi dice che il telefono è in Italia, non all’estero.
Pronto?
Sì? (È una voce familiare. Molto familiare. No, non può essere, mi dico, ndr).
Ma parlo col dottor De Donno?
Sì sono io (No dai, sto sognando, ndr)
Dottor De Donno, sono Selvaggia Lucarelli, come va?
Bene, vedo che sono sempre nei suoi pensieri (Questa volta è gentile e conciliante, la prendo alla larga, ndr)
Ma è vero che si candida a sindaco di Mantova?

Lei non mi ha mai telefonato quando ho preso il premio della pace o quando ho preso il premio Moscati. Mi telefona per questo?
Beh mica è brutto fare il sindaco.
È bellissimo impegnarsi nel civile, tanto quanto fare il ricercatore.
Mi aveva detto nell’intervista al Fatto che però non si sarebbe mai candidato, tantomeno a sindaco di Mantova.
Nella vita lei avrà  cambiato idea, no? Io non rispondo più ai giornalisti, non parlo con quelli di Mantova da settimane, ho risposto solo perchè mi devono organizzare un evento nelle Marche e pensavo fossero gli organizzatori.
Senta mi può dire chi è Joseph Dominus?
(silenzio) … Glielo dico in confidenza perchè non so neanche se a lui faccia piacere. È un personaggio molto importante del mondo scientifico, è un ricercatore negli Stati Uniti d’America e sta portando avanti un trial molto importante, quindi non utilizza il suo nome vero.
Ma perchè questo ricercatore importante è registrato su Facebook con questo numero di telefono a cui l’ho chiamata?
Perchè… questo numero fa ponte con gli Stati Uniti!
Il suo numero di telefono fa ponte con gli Stati Uniti?
Io lavoro con l’Università  di Atlanta, sì.
Non ho capito. E perchè un ricercatore dovrebbe registrarsi su Facebook con questo numero in uso a lei
Perchè ha utilizzato un numero italiano per registrarsi su Facebook: non avendo un numero italiano, ha fatto ponte col mio.
E perchè?
Questo non è il mio numero di telefono, è un numero aziendale.
Il SUO numero aziendale.
Ma che le importa di Joseph Dominus?
Non è che è lei Giuseppe Dio?
Ma no, io ho un profilo mio, non ho bisogno di avere altri profili.
Sicuro?
Comunque non ho detto che sia il Nobel della medicina, è un collega che sta facendo una ricerca delicata, ma non mi faccia dire altro, è molto delicata la sua ricerca. Comunque questo non è il numero di De Donno.
Ma mi ha risposto da questo numero!
Che problema c’è? Se ritiene che Dominus sia io mi fa piacere.
Mica tanto, vorrebbe dire che lei parla con se stesso e risponde a se stesso.
Ma sa, io sono un po’ schizofrenico. O mi ritiene sciocco?
Non la ritengo sciocco, ma uno che si spaccia per umile e non lo è.
Senta a me non interessa visibilità , a me interessa salvare vite, se avessimo usato il plasma avremmo salvato molte più vite.
E allora perchè si candida a sindaco?
Buon sabato.
Sì, preoccupante.

(da TPI)

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YANKEES STAY HOME: L’EUROPA TERRA’ LE FRONTIERE ESTERNE CHIUSE AGLI USA, TROPPI CONTAGI

Giugno 27th, 2020 Riccardo Fucile

DAL 1° LUGLIO SI VA VERSO LA RIAPERTURA PER UNA QUINDICINA DI PAESI EXTRA UE

L’ufficialità  non c’è ancora, ma il nuovo record di contagi negli Usa — 45.300 nuovi contagi in 24 ore — lascia pochi margini di dubbio: quando, dal primo luglio, l’Unione europea riaprirà  le sue frontiere esterne, gli Stati Uniti non saranno nella lista contrassegnata da semaforo verde.
Dato l’andamento della pandemia al di là  dell’Atlantico, e fermo restando il potere di ogni Stato membro di decidere per sè, l’esclusione degli Usa dall’elenco dei Paesi non più soggetti a limitazioni di viaggio è quasi un atto dovuto, se si pensa ai sacrifici e ai timori di una seconda ondata che accomunano buona parte delle capitali europee.
Ciononostante, e malgrado l’evidenza scientifica su cui poggia la decisione, la portata simbolica è enorme: dal primo luglio — per dire — si potrebbe agilmente prendere un volo aereo per il Ruanda o l’Uruguay e non per volare a New York o Miami.
E soprattutto – se Pechino toglierà  a sua volta le restrizioni ai viaggiatori europei, garantendo il principio della reciprocità  — sarà  possibile volare in Cina, dove il Partito comunista ha rivendicato di aver già  domato il focolaio accesosi a metà  giugno nel mercato di Xinfadi nella capitale.
Difficile immaginare un colpo più duro per Donald Trump, il cui fallimento nel controllo della pandemia è sotto gli occhi di tutti.
Dopo giorni di serrate discussioni, gli ambasciatori europei si sono indirizzati verso una lista di una quindicina di Paesi, che però potrebbe subire variazioni dell’ultim’ora in base ai dati epidemiologici.
La luce verde — secondo quanto riporta l’Ansa – dovrebbe scattare per Algeria, Australia, Canada, Georgia, Giappone, Montenegro, Marocco, Nuova Zelanda, Ruanda, Serbia, Corea del Sud, Thailandia, Tunisia e Uruguay.
Un asterisco è invece posto sulla Cina, nei confronti della quale varrà , appunto, il criterio della reciprocità . I 27 hanno dibattuto a lungo, ed il tema è ancora aperto, proprio sulla ricerca di criteri comuni, affinchè siano oggettivi e basati su chiari dati epidemiologici. La lista inoltre dovrà  essere aggiornata ogni 14 giorni per riflettere l’evoluzione della situazione legata al Covid.
I diplomatici europei — scrive Politico.eu – hanno concordato di aprirsi a Paesi con un tasso d’infezione da coronavirus pari o inferiore alla media Ue nelle ultime due settimane (16 su 100mila abitanti). Oltre al tasso d’infezione, Bruxelles valuterà  se il trend è in aumento o in diminuzione ed esaminerà  la gestione dell’epidemia da parte di un Paese, oltre all’affidabilità  dei dati.
Washington è in trattativa con le capitali europee e l’Ue su come riaprire le rotte transatlantiche, ma allo stato attuale l’aumento vertiginoso dei contagi soprattutto in alcuni Stati — a cominciare dalla Florida e dal Texas — rende difficile qualsiasi passo in avanti. Prima di arrivare alla lista attuale, che comprende 15-18 Stati, i diplomatici europei avevano elaborato elenchi iniziali di 47 e 54 Paesi, entrambe visionate da Politico: gli Usa non comparivano in nessuna di queste.
Va detto che la lista finale sarà  accompagnata da un altro elenco che aggiornerà  le categorie di viaggi considerati “essenziali”, per i quali sarà  consentito l’ingresso in Ue indipendentemente dal paese di origine o di partenza. L’elenco comprende personale essenziale come operatori sanitari e lavoratori agricoli stagionali; diplomatici, operatori umanitari e simili; marittimi e passeggeri in transito; persone che viaggiano per ottenere protezione internazionale o per altri motivi umanitari; persone che viaggiano a scopo di studio; lavoratori altamente qualificati a condizione che “il loro impiego sia necessario dal punto di vista economico e che il lavoro non possa essere rinviato o eseguito all’estero”.
Si stima che oltre 15 milioni di americani viaggino in Europa ogni anno e ogni ritardo — osserva Usa Today – sarebbe un ulteriore colpo alle economie e ai settori del turismo devastati dai virus, sia in Europa che negli Stati Uniti. Si pensa che circa 10 milioni di europei attraversino l’Atlantico per vacanze e affari ogni anno.
Giovedì il segretario di Stato americano Mike Pompeo ha provato a minimizzare la questione. “Abbiamo bloccato i viaggi in Europa e viceversa. È la postura in cui siamo tutti in questo momento, e credo che stiamo prendendo sul serio la necessità  di risolvere” questo problema, ha detto Pompeo. “Lavoreremo per farlo bene. Vogliamo assicurarci che [ogni decisione] sia basata sulla salute e sulla scienza”. Allo stesso tempo ha aggiunto: “dobbiamo riavviare la nostra economia globale”.
Il punto è che, ad oggi, gli Usa stanno fallendo nella loro strategia di contenimento del virus. Lo ha detto chiaramente anche Anthony Fauci, il massimo esperto ingaggiato dalla Casa Bianca per fronteggiare da un punto di vista medico la pandemia: “qualcosa non sta funzionando”. Il prolungamento delle restrizioni di viaggio che l’Europa si appresta a ufficializzare non è che l’ennesima conferma.

(da “Huffingtonpost”)

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SUI VITALIZI I CINQUESTELLE DEVONO SOLO INCOLPARE LA PROPRIA IGNORANZA

Giugno 27th, 2020 Riccardo Fucile

NON SANNO COSA SIA UNO STATO DI DIRITTO

Le proteste dei pentastellati contro la “Commissione contenzioso” del Senato che ha dichiarato nulla la deliberazione della presidenza sui vitalizi dovrebbero essere rivolte contro se stessi.
La commissione è un organo giurisdizionale di garanzia che fa le veci del sistema giudiziario incompetente negli affari interni degli organi costituzionali che seguono il regime della cosiddetta “autodichia”.
Il deliberato della presidenza del Senato, fotocopiato dalla Camera di Fico, è il risultato dell’ignoranza del diritto costituzionale e parlamentare, dell’arroganza antiparlamentare di chi vuole travolgere qualsiasi regola dello Stato di diritto, e della demagogia di chi intende governare ingannando a suon di slogan l’opinione pubblica.
I vitalizi non possono essere reintrodotti perchè non esistono più dal 2012, quando le presidenze delle Camere introdussero anche per i parlamentari, come per la pubblica amministrazione, il sistema pensionistico contributivo a posto di quello retributivo. I vitalizi “retributivi” sono relativi al periodo pre-2012, seguiti poi dalle pensioni “contributive”.
In origini i vitalizi erano legati allo stipendio dei parlamentari che, a sua volta, era parametrato sul primo presidente della Corte di Cassazione.
Ho fatto parte negli anni ’80 da deputato radicale del consiglio di presidenza della Camera, e ripetutamente ho proposto di tagliare stipendi e vitalizi parlamentari sganciandoli dal meccanismo che determinava l’importo, quello degli alti magistrati. Ritenevo che fosse al contrario opportuno aumentare il bilancio dei servizi parlamentari benissimo svolti da valenti funzionari con l’obiettivo di tagliare il cordone con i consigliori esterni.
Allora, a più riprese i vitalizi furono ridotti nella misura del 10% come consentito dalle norme generali sulla retroattività .
Perchè le delibere delle presidenze di Camera e Senato volute dai Cinquestelle e accettate passivamente per conformismo demagogico dai rappresentanti degli altri gruppi, a cominciare dal Partito Democratico, sono state sbagliate e destinate ad essere, prima o poi, annullate?
Il contrasto delle delibere con le norme costituzionali e giurisprudenziali ha diversi aspetti : 1) la retroattività ; 2) il taglio retroattivo (dal 40 all’80%) ai vitalizi in vigore fino al 2011; 3) l’applicazione di una tabella fantasiosa di cui non si conosce la paternità ; 4) l’applicazione del taglio ai soli parlamentari del passato (denominati spregiativamente casta) e non già  a tutti i membri degli organi costituzionali in analogo regime di autodichia (Presidenza della repubblica, Corte costituzionale, Consiglio superiore della magistratura, Cnel, Consiglio di Stato ); 5) il contrasto con i principi della Corte europea di giustizia.
L’operazione dei 5 stelle, digerita da quasi tutti gli altri gruppi, è stata compiuta non sulla base di possibili norme di diritto (e ce ne erano) ma facendo leva su una effimera maggioranza nei consigli di presidenza delle Camere, costituiti per la prima volta nella storia non con metodo proporzionale ma a vantaggio in questa legislatura di M5S e Lega.
I grillini, per affermare le loro demagogie, hanno inoltre fatto uso dell’ostruzionismo della maggioranza, del boicottaggio e delle dimissioni nell’organo di garanzia con l’obiettivo di paralizzare il corso della giustizia interna di rango costituzionale.
Sarebbe stato possibile incidere significativamente (ma non discrezionalmente) su stipendi e pensioni dei parlamentari presenti e passati con una legge votata dal Parlamento riguardante (in misura ragionevole), oltre a tutti gli organi costituzionali, centinaia di migliaia di pensioni analogamente calcolate con metodo retributivo nella pubblica amministrazione.
La verità  è che questa penosa vicenda — penosa per coloro che l’hanno promossa andando in piazza con poltrone e forbicioni di cartapesta che era più opportuno fossero rivolte ai propri comportamenti lottizzatori – non è altro che un capitolo dell’antiparlamentarismo dei seguaci populisti di Grillo e Casalegno, e della Lega, che non sanno — e non vogliono sapere — che cosa è lo Stato di diritto.

(da “Huffingtonpost”)

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INTERVISTA AD ANDREA PURGATORI, ALLORA CRONISTA DEL “CORRIERE DELLA SERA”: “ALTRO CHE BOMBA, AD USTICA CI FU UNA BATTAGLIA NEI CIELI”

Giugno 27th, 2020 Riccardo Fucile

“DI USTICA SAPPIAMO TUTTO, MA DA 40 ANNI LA VERITA’ E’ NEGATA”

Andrea, tu dici che quarant’anni di bugie sono tanti, troppi.
“Sono così tanti che ormai su Ustica sappiamo tutto: non c’è stata nessuna bomba a bordo, c’è stata una battaglia nei cieli, la verità  è stata insabbiata in ogni modo, ma adesso torna a galla”
Andrea Purgatori era un ragazzo, al Corriere della Sera, quel giorno in cui una voce al telefono lo mise per la prima volta sulla pista della Strage. Oggi, dopo anni di inchieste e di denunce, ha condotto una intera puntata del suo Atlantide (in onda su La7) dedicata a quella che definisce “la più incredibile vicenda di depistaggio mai realizzata nel nostro paese”.
Quando è che Andrea Purgatori ha sentito nominare per la prima volta Ustica?
Un’ora dopo che l’aereo era sparito.
Come?
Un controllore di volo mi chiamò al telefono e mi disse: “È sparito dai radar un aereo partito da Bologna”. Era agitato. E mi disse subito: “Non ti far fregare, diranno qualsiasi cosa. Ma sappi che è stato abbattuto”.
Chi era quella fonte?
Un uomo che quella sera stava nella sala del controllo radar di Fiumicino. Aveva assistito a quella drammatica sequenza, alle discussioni, alle urla.
Chi era?
Uno dei controllori di volo del traffico aereo. Era indignato, capì subito che si sarebbe provato a negare in ogni modo.
E poi cosa accadde?
La mattina dopo iniziai a fare telefonate e trovai subito i miei primi riscontri.
Fu difficile?
No. Tutti avevano la stessa idea, la stessa certezza, la stessa consapevolezza.
Come mai?
In quegli anni le manovre militari da guerra degli americani avvenivano senza nemmeno una informazione preventiva. I piloti civili se li vedevano sbucare davanti nei cieli, in ogni momento, con i rischi che sappiamo.
Se c’era questa consapevolezza collettiva, come ha potuto essere conservato il segreto?
Perchè quella sera si è attivata una macchina di intelligenze ottusa e implacabile. La parola d’ordine era negare, insabbiare, cancellare.
Così la prima verità  scomparsa è stato lo scenario di guerra.
Loro hanno continuato a raccontare per quarant’anni che questo aereo civile volava in un cielo deserto, e che il timer di una bomba ticchettava nella toilette. Una favola, ovviamente, ma ripetuta all’infinito nella speranza che diventasse realtà .
E questa polemica continua ancora oggi. Mi dici tre dati che secondo te confutano in maniera ineluttabile le teorie “negazioniste”?
Nel 1998, sotto la pressione del governo Prodi, il comando centrale della Nato — non un giornalista dietrologico — arrivò a fornire un elenco di quindici aerei in volo quella sera con il trasponder acceso e di altri cinque che volavano con il trasponder spento.
Il trasponder è l’equivalente di una targa, il codice identificativo di ogni aereo.
Esatto. Chi lo teneva spento era un pilota che non aveva nessuna intenzione di farsi identificare.
Altro?
Una portaerei francese, sicuramente in mezzo al mare. Un’altra, americana, in rada a Napoli. Non era andata a pesca.
Testimoni?
Tantissimi, ma ne voglio ricordare due. Agli atti dell’inchiesta risultano le parole di un pilota e di una hostess di un aereo, sempre Itavia, che volava in rotta inversa.
E cosa videro?
Aerei militari in volo, che andavano in direzione opposta, verso sud.
Quale era la portaerei americana?
Forse la Saratoga. La cosa certa è che ai magistrati i comandi americani diedero questa versione contraddittoria. Prima dissero: “Noi siamo usciti la sera prima”. Poi di non essere usciti.
Non è una differenza da poco.
Dai radiofari ai registri di bordo, ovunque ci sono ritrattazioni e cancellazioni, pagine strappate o abrase. Una costante di questa storia.
Altre testimonianze contraddittorie?
Il capostazione della CIA disse che era andato quattro giorni prima della scoperta a vedere i resti del pilota libico caduto sulla Sila. Poi ovviamente ritrattò anche lui.
Si cercò di sostenere che quel pilota non era caduto la sera della strage.
Ovviamente. Era la prova della battaglia, e allora quella vittima andava retrodatata e camuffata.
Come?
Gli erano stati asportati le mani e il pene. Che ovviamente sono scomparsi.
Come mai questa mutilazione la selettiva?
Le mani erano necessarie per le impronte digitali e l’identificazione personale. Il pene per sapere se il pilota era circonciso. Sparì tutto, insieme ai rapporti, e rimase solo una cadavere divorato dai vermi, con una data di morte postdatata.
La Clemenceau, come ha provato anche l’inchiesta di un giornalista francese di quattro anni fa, era nel Tirreno e veniva dalla Corsica.
Tuttavia per 35 lunghi anni, gli Stati maggiori francesi sostennero che — al limite dell’inverosimiglianza, quella base aveva chiuso alle 17.00.
Come uno spaccio estivo.
Solo cinque anni fa ammisero che invece la base era attiva.
Infine i radiofari.
Quelli italiani sul Tirreno registrarono tutto il traffico di aerei di quella notte. Ma i registri subirono lo stesso sbiancamento. Due degli ufficiali in servizio quella notte, fra l’altro, risultano essere curiosamente suicidi.
Le cosiddette morti collaterali.
Tra cui spiccano due piloti italiani che quella sera erano in volo, videro e raccontarono di aver visto, e che morirono scontrandosi l’un l’altro, durante l’esercitazione delle frecce tricolori a Ramstein
Non vorrai dire che era un incedente sospetto?
Mi limito a dire che per questo motivo non poterono testimoniare, e già  questo è un grave vulnus.
Cos’altro sappiamo, di certo, che viene negato?
Sappiamo che c’è stata un’azione di guerra.
Ci sono le prove?
Oltre ai tracciati e alle decine di testimonianze? Lo disse un ex presidente della Repubblica, Francesco Cossiga.
Non un pacifista fricchettone, ma un uomo di fedeltà  atlantica.
Che in realtà  ci disse molto di più.
Spiegò quello che in un delitto viene definito “il movente”.
Esatto.
Cossiga disse che il bersaglio era Gheddafi, il colonnello che fu leader incontrastato della Libia.
Che il bersaglio fosse Gheddafi è fuori di dubbio.
Secondo Cossiga, Gheddafi era stato “avvisato” dal generale Santovito, capo dei servizi, che correva un rischio mortale, e non fu coinvolto in quella battaglia.
Salvò la pelle volando altrove, con un’altra rotta. Ma i rapporti tra l’Italia e il suo regime erano molto stretti.
Ad esempio perchè?
Per la linea filo-araba del nostro governo. Per la simpatia verso la causa palestinese di comunisti, socialisti e sinistra democristiana.
E poi?
Per il fatto che la Libia, dopo lo shock petrolifero era diventata azionista della Fiat.
Ci sono altre tracce di questa relazione non convenzionale?
I nostri servizi arrivarono a segnalare ai libici i nomi degli oppositori del regime presenti in Italia.
E cosa se ne facevano di quelle segnalazioni?
In molti casi per far eseguire da dei sicari degli omicidi mirati.
Incredibile.
Ma vero. Ci fu addirittura un caso clamoroso in cui a Milano i libici uccisero uno di questi soggetti, che i nostri avevano identificato, senza sapere che era anche un informatore della
CIA.
Un bel problema.
Gli americani furibondi ci misero sotto accusa. Eravamo accusati dagli atlantisti di fare il “doppio gioco”, e questa politica autonoma, dal loro punto di vista, era un tradimento inaccettabile.
Quale era il modo?
Uno dei problemi più spinosi era proprio quello dei voli fantasma.
Cioè?
Gli italiani erano accusati di chiudere un occhio, e poi anche l’altro, quando gli aerei libici traversavano il Mediterraneo per tornare a casa.
Perchè?
Gli alleati sostenevano che questi voli erano ricognizioni che permettevano ai libici di acquisire informazioni sui nostri sistemi di difesa e di passarle ai russi.
Ed era vero?
Non si capisce questa storia senza capire il suo contesto: c’era la guerra fredda, c’era la minaccia di una guerra nucleare, c’era la cosiddetta deterrenza. Ogni informazione era vitale per entrambi gli schieramenti.
I comandi italiani dicono che questa era fanta-politica.
Una negazione ridicola. Che fosse questa la linea del governo è fuori di dubbio, basta rileggersi le parole di Cossiga, di Craxi, di Andreotti.
I militari dicono che quella sera Gheddafi non era in volo.
Se lo fosse o no era irrilevante. Se era in volo con un aereo che era scortato da un mig, o se era già  in salvo e fossero rimasti solo i mig era irrilevante sula ricostruzione delle motivazioni. Anche questo tentativo di negazione è inutile.
Perchè?
Perchè qualunque aereo libico era considerato una nemico. Il fatto che attraversasse lo spazio aereo italiano non poteva non accadere senza una nostra consapevolezza, dicevano i paesi della NATO.
E questo era indubbio.
Assolutamente sì. Ho detto dei due piloti militari italiani che incrociano a vista il Dc9 e poi lanciano l’allarme perchè vedono un altro aereo libico. Solo la loro morte a Ramstein ci ha impedito di avere la loro versione.
Altri testimoni diretti?
I radaristi, che non solo vedono l’intruso, ma vedono anche sparire il Dc9 Italia dai tracciati.
Cioè lo vedono abbattuto.
Esatto. Ci sono poi testimoni oculari che in Calabria hanno visto i due caccia della NATO inseguire un mig libico in fuga.
Per questo, per smontare questo tassello…
Occorre retrodatare la morte di quel pilota. Insieme al suo dito indice e al pene, documenti, foto, polaroid.
E per lo stesso motivo scompaiono le testimonianze dei militari della NATO e gli altri soggetti della battaglia sul Tirreno.
Se non hai nulla da nascondere, perchè racconti che la base aveva chiuso?   Questo vale sia per i francesi che per gli americani.
Il comandante della Saratoga racconta che avevano il radar spento.
Curioso, come minimo. Il comandante di una portaerei che comanda la sesta flotta che racconta di aver avuto il radar spento è una cosa surreale, non si può neanche sentire. È roba da corte marziale.
Ma ci sono altre inchieste.
La Procura di Roma sta indagando sulla base di Grazzanise.
Perchè?
C’è il sospetto che due caccia si siano alzati da lì.
Esiste un movente che può motivare una azione di guerra così feroce, oltre a Gheddafi?
Nelle carte del nostro centro Sismi c’è addirittura un avvertimento degli americani: “Basta con questi mig sul Mediterraneo”.
Si poteva arrivare a coinvolgere un aereo civile?
Non come bersaglio diretto di una rappresaglia. Ma se si trovava in mezzo ad un teatro di guerra, come è accaduto, sì.
Però l’ostilità  verso la politica filo-araba spiega la durezza e la non raccontabilità  di quella vicenda.
Dire che un aereo civile era stato abbattuto dalla NATO era un colpo mortale per la NATO e le sue basi italiane.
La contestazione era dura.
Avevamo una moglie, la NATO, e un’amante, cioè la Libia. Una era di troppo.
Qualcuno potrebbe parlare tra i militari che sapevano?
Quelli che sono vivi temono le responsabilità  — anche penali — che qualsiasi ammissione comporterebbe
Loro sostengono ancora la tesi della bomba.
Una teoria che non può stare in piedi per un piccolo ma determinante dettaglio.
Quale?
Il Dc9 Itavia quella sera partì con due ore di ritardo. Attese sulla pista con l’equipaggio a bordo per via di un temporale.
Il volo durava un’ora, e solo l’attesa avrebbe fatto saltare qualsiasi timing.
Esatto. Sarebbe stato impossibile anche prevedere, non solo il temporale, ma quale ritardo avrebbe indotto.
L’attentatore doveva chiudersi nella toilette.
Assurdo. Se la bomba fosse stata nel contenitore del portasalviette come avremmo potuto ritrovare il portasalviette intatto?
E poi?
Non ci sono tracce di esplosivo
Tuttavia il perito della difesa dei militari, Frank Taylor, sostiene che fosse una bomba nella toilette.
Lui risponde alle domande dei magistrati così: “Anche se avessi visto un missile colpire l’aereo direi che è una bomba”. Il che mi fa venire   qualche sospetto sulla sua credibilità .
Davvero si può provare a mantenere un segreto per quarant’anni?
Sì. Soprattutto se per mantenere questo segreto hanno collaborato tutti i servizi del mondo
E allora serve anche la domanda opposta: si potrà  mai arrivare ad una verità  ufficiale che posso infrangere quel segreto?
Se non c’è uno Stato che sostenga l’ultimo miglio, no. Persino l’autorità  dei magistrati si deve fermare davanti alla forza di un segreto di Stato. Negli ultimi quarant’anni è accaduto questo.

(da TPI)

argomento: denuncia | Commenta »

INDIVIDUATI 3.000 EDIFICI SCOLASTICI DISMESSI PER FAR RIPARTIRE LA SCUOLA

Giugno 27th, 2020 Riccardo Fucile

SI TRATTA DI TROVARE SISTEMAZIONE A CIRCA IL 15% DELLA POPOLAZIONE SCOLASTICA, PARI A CIRCA 1 MILIONE DI STUDENTI

Scuole inutilizzate, rimodulazione degli spazi interni e strutture esterne al circuito scolastico sono le tre direzioni lungo le quali il Miur cerca nuovi spazi per permettere il ripristino della didattica in presenza a 8 milioni di studenti
Il piano per la scuola, presentato ieri dalla ministra dell’Istruzione Azzolina e dal presidente del Consiglio Conte, sta già  facendo discutere visto che conti alla mano le attuali misure delle aule terrebbero fuori dalle classi circa un milione e mezzo di ragazzi. Si riuscirà  a garantire un’aula per tutti gli studenti, che seguiranno le lezioni in gruppi classe ridotti?
«Le Linee guida prevedono il mantenimento del gruppo classe, tutte le studentesse e gli studenti avranno spazi per la didattica a settembre come garantito ieri dalla ministra Lucia Azzolina in conferenza stampa», dicono fonti del ministero dell’Istruzione all’Ansa.
«Abbiamo l’elenco di circa 3 mila edifici scolastici dismessi a causa del calo demografico e del dimensionamento, che possono essere ripristinati», aggiunge il Miur.
Tra le soluzioni previste dal piano di Azzolina, c’è anche la rimodulazione degli spazi già  utilizzati dagli istituti: «All’interno degli Istituti il rinnovo dell’arredo scolastico potrà  garantire il recupero di spazio».
Il ministero, in conclusione, ribadisce che «dove necessario, saranno costruiti patti con i territori per individuare ulteriori locali fuori dal perimetro scolastico».
Adesso la questione passa nelle mani degli enti locali che dovranno, in concerto con i dirigenti scolastici, individuare le migliori soluzioni per la ripresa della didattica in presenza entro il 14 settembre.
Stando alle parole di Azzolina, circa il 15% degli studenti non ha, allo stato attuale, uno spazio per seguire le lezioni in sicurezza.
Calcolando il 15% di 8 milioni di iscritti previsti, si deduce che gli alunni da sistemare in aule aggiuntive saranno oltre un milione: basteranno gli istituti dismessi, la rimodulazione degli spazi interni e le strutture esterne al circuito scolastico per accoglierli?

(da agenzie)

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“CENTRO STUPRI”, CHIUSO ANCHE IL RISTORANTE DI UNO DEI GENITORI DEI GIOVANI COINVOLTI

Giugno 27th, 2020 Riccardo Fucile

SI TRATTA DEL JONNY LUANIE DI SAN DANIELE DEL FRIULI… IL PROPRIETARIO E’ UN NOTO INDUSTRIALE DELLA ZONA

Dopo la chiusura della discoteca di Lignano Sabbiadoro “Kursaal” per la vicenda dei ragazzi friulani con le magliette “Centro stupri”, la stessa sorte è toccata al ristorante dove il gruppo si era recato con quelle t-shirt, il “Jonny Luanie”.
Nel pomeriggio di oggi, sabato 27 giugno, il personale della squadra Amministrativa della Questura di Udine ha notificato al titolare del ristorante di San Daniele del Friuli, in provincia di Udine, la sospensione di ogni attività  per la durata di 15 giorni ai sensi dell’art. 100 del Testo unico delle Leggi di pubblica sicurezza (che prevede che il Questore possa momentaneamente sospendere la licenza dell’esercizio pubblico se costituisce un pericolo per l’ordine pubblico, per la moralità  e il buon costume).
Il 25 giugno scorso a pagare era stato il locale di Lignano, quello dove i ragazzi, per festeggiare il compleanno di uno di loro, avevano indossato per tutto il tempo le t-shirt con la scritta “Centro Stupri”, davanti agli occhi di tutto il locale e delle loro stesse amiche, per poi prenotare una nuova serata a nome del “centro” e condividere le foto sui propri social.
“I ragazzi erano molti e alcuni di questi accompagnati dalle fidanzate. C’erano 8 ragazze a quel tavolo. Come si poteva immaginare una cosa del genere? Sono rimasto chiuso per il Covid tre mesi, ora mi fanno chiudere per due settimane. Sono amareggiato”, aveva detto il titolare del Kursaal, Riccardo Badolato.
Come spiegato da noi TPI, il ristorante in cui il gruppo aveva festeggiato il compleanno prima di fare baldoria in discoteca appartiene al padre di uno dei ragazzi, Alberto, da molti definito “la mente” della bravata e quello che posta sui social i contenuti peggiori.
Il padre, Carlo Dall’Ava, è un imprenditore ricco e noto a San Daniele, possiede il prosciuttificio Dok Dall’Ava e ha una decina di prosciutterie in regione.
Nel suo ristorante era decisamente più facile accorgersi che nel gruppetto col figlio presente tutti indossavano la maglietta “centro stupri”. Intanto, sulla vicenda sta indagando la Digos.

(da TPI)

argomento: Giustizia | Commenta »

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