ULTIMA GIRAVOLTA DI BERLUSCONI: “SE MI SALVANO LASCIO LA POLITICAâ€
VIDEOMESSAGGIO SOSPESO, RIPRENDONO LE PRESSIONI SUL QUIRINALE
Il Cavaliere è stanco. «Da un mese non dormo più», ha raccontato angosciato a un amico. Rabbuiato per un futuro che gli appare senza prospettive.
Marchiato come un delinquente, senza il passaporto, senza più una protezione se a un pm venisse in mente di mandargli ad Arcore i carabinieri per arrestarlo.
Così, sospinto dai figli (pronti a chiedere la grazia) e dai collaboratori di una vita, pressato dagli interessi delle aziende, Berlusconi è arrivato a confidare cosa sarebbe disposto a mettere sul piatto se quella che nel Pdl tutti chiamano “la trattativa” dovesse andare in porto positivamente: «A Napolitano l’ho anche fatto sapere. Sarei pronto a uscire dalla politica domani se solo me ne dessero la possibilità . Anzi, la vedrei come una liberazione».
La svolta, una vera e propria scelta di vita, è maturata negli ultimissimi giorni. Proprio quando tutto sembrava a un passo dal precipitare.
E ovviamente quegli stessi amici che la raccontano la condiscono con una sana dose di scetticismo, consapevoli che potrebbe essere l’ennesima offerta al rialzo dell’eterno giocatore. Ma c’è, è sul tavolo. E Berlusconi aspettache qualcuno, il capo dello Stato in primo luogo, la vada a vedere.
Per questo, dopo i fuochi e i fulmini che partivano da Arcore fino a mercoledì, improvvisamente sul Pdl sembra scesa una cappa di silenzio. Tutto fermo.
Eppure il video-messaggio della crisi era pronto per essere registrato e trasmesso stasera o domattina.
L’ufficio di presidenza del partito, convocato per ieri, era già stato cancellato nei giorni scorsi dall’agenda. Così anche la partecipazione di lunedì al festival “Controcorrente”, organizzato dal Giornale a Sanremo, è stata per ora messa in pausa.
Con un’intervista dal palco al direttore Sallusti il Cavaliere avrebbe infatti dovuto soffiare nel corno per incitare i suoi alla pugna.
Invece ha preferito declinare. Tutto fermo. Per consentire alle colombe — Fabrizio Cicchitto sarebbe in attesa di salire sul Colle — di compiere il loro lavoro diplomatico senza il rombo di cannoni di sottofondo.
«C’è una riflessione in corso — ammette a mezza bocca un falco come Daniele Capezzone — ma la corda resta tesa. Tesissima».
Preoccupato che questa «riflessione» possa portarlo a cambiare idea e accettare la resa, ieri Denis Verdini si è precipitato ad Arcore come una furia per convincere il Cavaliere a non farsi abbindolare dalle sirene pacifiste delle colombe. «Se ti metti nelle mani di Napolitano e del Pd sei finito. È la tua fine». Eppure Berlusconi ancora aspetta. Pronto a rovesciare il tavolo, ma aspetta.
Angelino Alfano, dopo essere stato ad Arcore giovedì sera, ha comunicato personalmente il cambiamento del clima a Enrico Letta, impegnato al G20 di San Pietroburgo: «Abbiamo guadagnato altre 48 ore di tempo ».
Per fare cosa? L’oggetto del desiderio è sempre il condono “tombale” per Berlusconi. Una grazia che estingua non solo la pena principale ma anche quella accessoria.
Una grazia politicamente motivata, che indichi a tutte le procure e ai tribunali impegnati a giudicarlo per vari reati — da Ruby alla compravendita dei senatori — che sul Cavaliere è scesa la protezione presidenziale.
Che sarebbe meglio lasciarlo andare, dimenticarlo, scontargli quel che resta e accompagnarlo in amicizia sul viale del tramonto.
Consegnandolo a una nuova vita e magari a nuove nozze con Francesca Pascale. Come un padre fondatore del centrodestra che, a quel punto, si aprirebbe a nuovi innesti moderati. Questo è l’obiettivo perseguito palesemente dalle colombe — politiche e aziendali — e da quanti in famiglia temono uno scenario da Sansone che muore con tutti i Filistei.
Certo, se da un lato il Cavaliere si mostra disponibile a concedere tutto, persino la sua uscita di scena (ma con onore), dall’altro tiene gli occhi aperti sugli altri giocatori.
E quello che vede lo rende molto nervoso. Ad angosciarlo è la sensazione, alimentata dagli avvocati, che il Tribunale di Milano stia stringendo i tempi per arrivare alla riformulazione dell’interdizione dai pubblici uffici.
È furioso per la motivazione della sentenza di condanna a Marcello Dell’Utri, «arrivata guarda caso alla vigilia della riunione della giunta delle elezioni», dove vengono riepilogati i suoi rapporti con i boss mafiosi attraverso la mediazione dell’ex senatore siciliano.
Ma soprattutto non si fida del Pd e di quanto gli raccontano le colombe. E attende di vedere come si svolgerà realmente il dibattito durante tutta la prossima settimana a palazzo Madama.
Prima di decidere se staccare la spina al governo e puntare dritto al voto anticipato. Come lo supplicano di fare Verdini, Santanchè e gli altri falchi.
«Lunedì si capirà se vogliono accelerare e arrivare al voto entro pochi giorni oppure no. Li aspetto. Io ho messo sul tavolo tutto».
Wait and see.
Francesco Bei
(da “La Repubblica”)
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