Febbraio 5th, 2011 Riccardo Fucile
“NEL NOSTRO PAESE, CERTO, SI PUO’ DISSENTIRE, MA A QUALE PREZZO? AL PREZZO DI ESSERE PRONTI A SOTTOPORSI AI VELENI DELLA MACCHINA DEL FANGO…DON MILANI DICEVA: “A CHE SERVE AVERE LE MANI PULITE SE LE ABBIAMO TENUTE IN TASCA?
L’Italia oggi non è un paese libero.
Sia chiaro: non sto dicendo che la situazione italiana sia in qualche mondo comparabile con i totalitarismi del passato.
Niente a che vedere con fascismo o comunismo, è ovvio.
Ma ciò non ci deve impedire di dire che oggi chiunque attacchi il governo sa che subirà un’intimidazione, una forma di ritorsione.
Sa che potrebbe essere colpito, lui, o i suoi cari, da una qualche veline infamante che cercherà di sporcarlo davanti all’opinione pubblica.
La libertà non può esistere solo come costruzione astratta o peggio come principio.
“La libertà politica – scriveva Salvemini – è sostanzialmente il diritto del cittadino di dissentire dal partito al potere. Da questo diritto di opporsi al potere nascono tutti gli altri diritti”.
In Italia, certo, si può dissentire: ci mancherebbe altro.
Ma a che prezzo? Al prezzo di essere pronti a sottoporsi ai veleni della macchina del fango.
Lo abbiamo visto in passato con Boffo, con Fini, con il giudice Mesiano, ora con Ilda Boccassini. Lo vedremo ancora.
Parlo da trentenne.
L’odio che senti vicino quando ti poni contro certi poteri mi ha stupito. Guicciardini aveva ragione quando definiva l’Italia un paese di contrade. Temo che se queste contrade non saranno dismesse non potremo andar lontano. Sembriamo condannati a dividerci su ogni cosa.
Ci si può essere antipatici, ma in questo momento non c’è spazio per sottolineare le differenze, per misurare chi è più critico e chi è più puro, chi ha la corona del miglior antagonista o dell’Italia migliore.
Questo è il momento non dico dell’unità , ma almeno delle affinità .
La purezza non serve più.
Ricordo quel che diceva Don Milani: “A cosa sarà servito avere le mani pulite se le abbiamo tenute in tasca?”.
Sporcarsi le mani non ha nelle parole del parroco della scuola di Barbiana nessun significato di corruzione, è ovvio: vuol dire la necessità di fare, anche sbagliando, di realizzare cose che possano essere difficili, ma utili.
Unirsi nelle diversità è cosa complicata ma ormai imperativa. Certi che da questa unità verrà del bene per tutti.
Monicelli poco prima di morire auspicava una rivoluzione.
Oggi la parola rivoluzione in me non evoca banchetti di sangue nè vendette, nè palazzi d’inverno nè Moncada.
Ancor meno fucilazioni e “uomini nuovi”.
E’ invece la parola che mi fa tornare alla mente la lezione di Piero Gobetti: oggi ho la sensazione che sia rivoluzionario non considerare gli elettori di un’area avversa come perduti.
Che sia rivoluzionario sentirci tutti partecipi di uno stesso paese ed un unico destino.
O si riparte da questo o non saprei proprio il motivo di impegnarci, intervenire, “sporcarsi le mani”.
Sento di poter scrivere queste parole proprio perchè vengo da una terra dove la legalità significa vita e libertà in maniera forse più chiara che qui a Milano. E perchè non appartengo alla generazione che ha creduto nel socialismo reale.
Non ho amato i rivoluzionari tramutati in dittatori.
Non ho creduto in sogni di società perfette divenuti inferni in terra. Appartengo alla generazione che ha visto i caduti della sua resistenza morire per costruire un paese dove le opportunità , il talento, il diritto, fossero cose reali.
Gianni Falcone, Rocco Chinnici, Rosario Livatino, Carlo Alberto Dalla Chiesa. non muoiono mentre stanno portando avanti la loro professione di magistrati a difesa del diritto e perseguendo i reati.
Almeno, non solo per questo.
Fanno molto di più.
Così come Giancarlo Siani, Pippo Fava, De Mauro non muoiono perchè inciampano in verità indicibili.
Ma perchè scrivendo rendono pubbliche le verità che conoscono: e molti uomini e donne che hanno verità possono trasformare lo stato di cose. Per questo vengono condannati a morte. Per la loro parola.
In questa battaglia la mia generazione è cresciuta.
In un Paese dove lo Stato non era un monolite tutto corrotto o tutto rivolto al bene.
Ma dove una parte di Stato corrotto era affrontato quotidianamente dall’altra parte dello Stato.
Vivere costruendo le possibilità di essere felici è una necessità dell’uomo, l’unica alternativa ad una rassegnata, cupa disperazione: un sogno che non può non farti combattere con tutto te stesso contro l’impossibilità di far affermare il merito, l’impegno, il talento.
L’ingiustizia è di questo mondo.
Ma sono di questo mondo anche gli strumenti per affrontarla.
In questa fase in Italia non sembra possibile. Il governo e l’area culturale che lo sostiene non si difende mai dalle accuse – così evidenti, così manifeste – dicendo: non si fanno certe cose.
Ma sostenendo l’autoassolutoria tesi del “così fan tutti”.
L’accusa maggiore a chi chiede un paese diverso è l’accusa di essere un ipocrita: “Berlusconi fa quel che tutti fanno o vorrebbero fare”.
Non è vero, non è così, dobbiamo ribellarci al ritratto di un Paese piegato e corrotto, accomunato in una specie di complicità collettiva.
C’è un’Italia che ha il diritto e il dovere di venire alla luce e di prendere voce: un’Italia che crede nelle regole, nella legalità , che crede che non sia normale avere un premier che, preda di una senile ossessione sessuale, paga le minorenni, mente allo Stato per proteggerle e sfugge ai magistrati.
Albert Camus diceva che la sofferenza, come la morte, non si può sconfiggere: ma che il nostro dovere è di riparare nella creazione tutto ciò che può essere riparato.
Io in questo credo: nella possibilità di ridurre aritmeticamente il dolore.
Forse un mondo migliore non esiste, ma credo nella possibilità di migliorare il mondo.
Per questo sento che è il tempo per tornare a sognare.
Non sembri scontato e retorico e anche se lo fosse ben venga.
Ma sognare un paese diverso non può che essere il carburante vivo e persino divertente del tentativo di cambiare le cose.
Di cercare una felicità possibile.
Una felicità semplice, fatta di un lavoro dignitoso, della possibilità dell’individuo di provare quanto vale.
Di ricevere quanto merita.
Non è il sogno di un paradiso inesistente ma di un luogo un po’ diverso, dove l’ingiustizia, il favore, la raccomandazione del potente di turno per ottenere un lavoro o addirittura un posto in consiglio regionale o in parlamento, non esistano più.
I valori che ci fanno in questo momento stare insieme sono sepolti con l’urgenza di identificare ciò che non siamo ciò che non vogliamo.
Ora è il tempo di dire anche ciò che siamo e ciò che vogliamo.
Roberto Saviano
argomento: Costume, denuncia, emergenza, Giustizia, governo, mafia, Politica, radici e valori | Commenta »
Febbraio 5th, 2011 Riccardo Fucile
ORA IL SINDACO LEGHISTA DI FOSSALTA DI PIAVE SI INVENTA LA PALLA CHE “LA BAMBINA E’ FIGLIA DI UN NOTO INTEGRALISTA ISLAMICO”… MIGLIAIA DI TELEFONATE DI PROTESTA FANNO SALTARE I CENTRALINI DEL COMUNE E DELLA SCUOLA…DIVERSI PRIVATI HANNO PROVVEDUTO A PAGARE I BUONI MENSA, GLI ALTRI GENITORI SOLIDALI CON LA BIMBA AFRICANA… MA ORA QUEL SINDACO INDEGNO DEL GENERE UMANO DEVE DIMETTERSI
Le maestre le avevano offerto il loro pasto, il sindaco aveva accusato le maestre di danno erariale e la preside aveva minacciato le insegnanti di provvedimenti disciplinari spiegando di essere “obbligata dalla legge”.
Ieri mattina — per fortuna — i genitori degli altri bambini della scuola hanno rimesso le cose a posto, con un bellissimo gesto di solidarietà .
Sul palcoscenico di un asilo del basso Piave, si sono alternati l’alfabeto della ferocia e quello della gentilezza, il gesto di chi ha pagato per la piccola Speranza (anche se questo non è il suo vero nome) e la straordinaria scelta di un pensionato che oggi ospita gratuitamente la famiglia della bambina.
Ma anche le parole di un sindaco che si è giustificato con queste incredibili argomentazioni: “La bambina è figlia di un noto estremista islamico”.
Forse, nella sua visione tribale e integralista, l’idea di una rappresaglia legittimava lo sproposito della sua circolare.
Ma anche questa accusa ieri non trovava alcun riscontro: “Kabir (anche se questo non è il suo vero nome) — ci ha spiegato Giuseppe Dalcin, l’ex consigliere comunale che ha messo a disposizione della sua famiglia la propria casa — è andato in Belgio a cercare un impiego onesto perchè aveva perso il lavoro. Ha lavorato otto anni come metalmeccanico, non l’ho mai visto lamentarsi. Quando è finito in cassa integrazione, un giorno mi ha detto: ‘Devo trovare un modo per sfamare la mia famiglia’”.
Integralista islamico? “Un religioso islamico, direi. Qualcuno deve spiegare al sindaco la differenza”.
Così, quella di oggi è la seconda puntata di un dramma padano, la storia di una bambina di quattro anni che tre giorni fa si era addormentata, ritrovandosi suo malgrado in un incubo, e che adesso potrebbe risvegliarsi in una meravigliosa fiaba solidale.
Ieri, da tutta Italia, migliaia di persone hanno chiamato e scritto per raccontarci i loro timori, la loro solidarietà e la loro rabbia.
Un grande vento che ha iniziato a soffiare quando un lettore che si offriva di pagare la retta della mensa a mezzanotte e cinque di ieri, subito dopo aver letto il nostro giornale nell’edizione online.
E che di prima mattina si è abbattuto come una tempesta sui centralini della scuola “Il flauto magico” e su quelli del Comune (di fatto inagibili per tutto il giorno).
Non c’è molto da aggiungere: grazie.
Ieri un frammento di Italia ha detto: “Se serve, pago io”.
Ma è anche la storia del cuore profondo del Veneto, dei tanti che a Fossalta di Piave, leghisti, non leghisti , di destra o di sinistra, facoltosi o indigenti, hanno considerato inaccettabile la decisione della preside della scuola, Simonetta Murri, che su queste pagine aveva difeso la decisione di riprendere le maestre per il loro digiuno a rotazione: “Quella scelta era grave e dannosa”.
Ieri la preside è stata più prudente (e silente), mentre i rappresentanti dei genitori hanno provveduto a consegnare i buoni alla madre di Speranza: “La scena della bambina che piangeva perchè veniva separata dai suoi amichetti — ha raccontato una di loro — ci ha devastato il cuore. Non avevamo e non abbiamo nulla contro l’amministrazione, non facciamo politica! Abbiamo fatto quello che qualsiasi genitore di buonsenso vorrebbe fare”.
Vuole restare anonima questa madre (come tutti gli altri che abbiamo sentito): “Non vogliamo medaglie. Non vogliamo che questa diventi una guerra sulle teste dei bambini. Vogliamo e volevamo, ‘solo’, risolvere un problema che non si poteva ignorare”.
Un altro padre aggiunge: “Avevamo chiesto un colloquio con la preside. Le abbiamo parlato. E lei, ancora ieri, ci ha detto che non poteva fare nulla. Alcuni di noi hanno scelto di intervenire in forma privata. Le polemiche non servono a nessuno”.
Quella che stiamo scrivendo è una storia italiana.
La storia di un paese sempre in bilico fra la cialtroneria e la generosità .
Ieri il sindaco Massimo Sensini, leghista puro e duro, si è difeso come ha potuto: “Il buono pasto non può essere ceduto. E soprattutto non può essere istituzionalizzato il regalo a chi si vuole. È inammissibile”.
Speranza è di origine africana, mulatta.
Padre del Senegal e madre del Ciad, in Italia da dieci anni. La bimba ha quattro fratellini.
Da quando il padre è partito per il Belgio la famiglia si trova in gravi difficoltà : la madre non parla l’italiano, ha chiesto aiuto ai servizi sociali.
A un passo dalla scuola, la famiglia viveva nella casa di Dalcin. Per un comodato di 300 euro, finchè il papà ha lavorato. Poi gratis.
L’ex consigliere parla con una voce calda, un lessico curato: “Usavo quei soldi per ammortizzare i costi, solo di riscaldamento: solo di quello, per il mio piano ed il mio spendo 700 euro al mese”.
Già , perchè Dalcin vive da solo, con una pensione da mille euro.
Ma adesso dice: “Io cinque bambini per strada non li metterò m-a-i. Piuttosto ci vado io, al freddo e al gelo”.
Dalcin racconta che a fare la spesa è il fratello di Kabir: “Ha vent’anni. Si è diplomato brillantemente. Ha un lavoro, una famiglia da mantenere, ma si cura anche dei nipoti”. L
a Speranza questa sera è uscita dall’incubo, ha trovato un nome, una casa.
E — pensate un po’ — persino un buono pasto.
Luca Telese
(da “Il Fatto Quotidiano“)
argomento: Bossi, Costume, criminalità, denuncia, LegaNord, Politica, radici e valori | 1 Commento »
Febbraio 5th, 2011 Riccardo Fucile
LA BASE DE “LA DESTRA” SI RIVOLTA CONTRO L’EX AUTISTA DI MARCHIO PER LA PROSSIMA NOMINA DI MUSUMECI A SOTTOSEGRETARIO….SULLE PAGINE DI FACEBOOK STORACE MESSO SOTTO ACCUSA: “CHE FINE HA FATTO LA NOSTRA COERENZA?”
Nello Musumeci, siciliano e numero due della Destra, sarà un nuovo sottosegretario del governo Berlusconi.
Lo ha annunciato il presidente del Consiglio in una lettera a Francesco Storace, leader del partito nato da una scissione della vecchia An.
Ma la notizia, riferita dallo stesso Storace sul suo sito e sul suo profilo Facebook, non sembra entusiasmare i simpatizzanti del movimento.
Anzi, la prima reazione dei militanti su internet appare estremamente critica: “Che schifezza”, scrive un certo Beppe. “Se c’era il Duce ‘questo qui’ a quest’ora stava a marcire in galera”.
La base della Destra, eveidentemente, non dimentica che, meno di tre anni fa, fu invitata a votare alle elezioni per un candidato premier diverso da Berlusconi: quella Daniela Santanchè che a proposito del futuro premier si esprimeva in questi termini: “Vede noi donne solo in orizzontale. Non ha rispetto per le donne, lo dimostra la sua vita giorno dopo giorno” (25 marzo 2008).
O Storace che, agenzie alla mano (11 aprile 2008) spiegava che “Berlusconi è un fuorilegge. L’unica risposta è in sede penale e soprattutto civile. L’ultima sconcertante esibizione sui sondaggi falsi, al Tg1, denota uno straordinario sprezzo delle regole”.
Tre anni dopo le cose cambiano, tanto da portare la torcia tricolore, erede della fiamma, nell’esecutivo.
Scrive Marco: “Ma dove è andata a finire la coerenza di un partito del quale ho sempre stimato le iniziative e le proposte?”.
Davide: “Poi chiamiamo Fini traditore, se ricordo bene Storace e la Santanchè dissero che mai e poi mai sarebbero entrati nel governo. Come cambiano le cose, tra il dire e il fare c’è di mezzo una poltrona”.
Un altro Marco: “Caro Francesco Storace, spero che il Berlusconi sirena non incanti anche te. Personalmente spero vivamente che mai la Destra possa fare da spalla ad un Berlusconi così, meschino. Siamo di un’altra pasta. Altrimenti possiamo spegnere la fiamma e fare quello che ha fatto Fini”. Giulio scrive sempre al segretario: “Tre anni fa dicevi peste e corna si Silvio, quanto ti ha dato?”.
Johnny: “Per un pugno di dollari hai tradito l’ideale di nazione, di legalità , di parola”.
Il terzo Marco: “Con voi la destra è diventata solo l’indicazione per toccarsi il fegato”.
Luca ironizza sulle precedenti esperienze amministrative di Storace: “E io che mi aspettavo che lo rifacessero ministro della Sanità , dopo i meravigliosi risultati ottenuti alla Regione Lazio… che peccato”.
Massimo: “Vergogna, come si fa ad andare ancora con quella persona solo per un’auto blu ed un sottosegretario in più?”.
Aran premette di non masticare molto di politica, ma si chiede “come può un partito come la Destra che fa della patria, della famiglia, dei valori dell’unità d’Italia andare a braccetto con chi vuole invece dividere, che spesso non ha rispetto di Roma Capitale, dei romani, del sud. Sono veramente deluso”. Naturalmente c’è anche chi si felicita, come Donatella, la quale riconosce che di punti di convergenza tra una destra radicale “ordine e legalità ” e Berlusconi ci sono, vecchie formule tipo “ci si allea sull’anticomunismo”.
Ancora Massimo prova a difendere i giudici di Milano (“è colpa loro se Berlusconi chiama in questura per liberare Ruby dicendo che è la nipote di Mubarak?”), risponde Fabrizio individuando i colpevoli in quei “cogl… comunisti di m… come te, sparisci schifoso fai vomitare”.
Infine c’è Filippo che osa dire l’indicibile: “La prossima volta voto Vendola che almeno è onesto e dice quello che è”.
Sondaggi alla mano, il partito retto dalla diarchia Storace-Buontempo viaggia tra lo zero virgola e il 2%. Voti preziosissimi, in caso di elezioni, per spostare il premio di maggioranza previsto dal “Porcellum” da uno schieramento a un altro.
E ai quali Berlusconi non può permettersi di rinunciare.
Matteo Pucciarelli
(da “La Repubblica“)
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Febbraio 5th, 2011 Riccardo Fucile
CHI VUOLE LE ELEZIONI, CHI LA SECESSIONE, CHI LO SCIOPERO FISCALE, CHI E’ DELUSO DALLA CLASSE DIRIGENTE DELLA LEGA…”NOI VOTIAMO LEGA E VOI VI CALATE LA BRAGHE DAVANTI A BERLUSCONI, UOMO SENZA DECENZA E SENZA DIGNITA'”….”NON HO VOTATO LEGA PER FARGLI FARE LE ORGE”… “SIETE DEI SERVI DI BERLUSCONI”
Si sentono presi in giro, da Berlusconi, e persino dal loro Senatur.
Per questo vogliono subito le elezioni, anche se in tanti tornano a parlare di secessione.
Da quella “Roma ladrona” che li ha traditi.
Il voto della Bicamerale sul federalismo municipale viene vissuto come un affronto dal popolo leghista, che ora riversa la sua rabbia sulle bacheche di Facebook dei consiglieri regionali, europarlamentari e deputati.
C’è chi cerca di contenere gli sfoghi, come fa Matteo Salvini, europarlamentare, che prima scrive “Roma, vadaviaiciapp”, e poi aggiunge, rivolto alla base: “nervi saldi, tanto alla fine vinciamo noi”. In pochi, però, sembrano dargli credito.
“L’unico modo per vincere è andarsene da Roma – gli risponde Gianluca – e batterci per l’indipendenza. Ormai è chiaro che nessuna alleanza con nessun partito itagliota potrà mai darci una briciola. Avremo sempre e solo delusioni e schiaffi da quest’Italia”.
Adele suggerisce una linea che in tanti dimostrano di condividere: “Lega da sola senza Berlusconi o altre alleanze se no non vinceremo mai”.
Un auspicio che compare spesso nei commenti dei leghisti, sempre più infuriati col premier: “Noi votiamo Lega e voi calate le braghe davanti al Silvio, uomo senza decenza senza dignità . Non ho votato la Lega tutti questi anni per fargli fare le orge”, scrive Amos, mentre Massimo dice: “Ritorniamo sulla strada della secessione, cominciando con un bello sciopero fiscale”.
“Siamo alle comiche finali: il ‘boss’ Berlusconi convoca Bossi mentre quel coso di nome Verdini dichiara che il governo va avanti”, è la sintesi di Lorena delle ultime ore sul vertice romano tra i due leader, mentre un altro utente promette: “Se rimanete a Roma perderete anche il mio di voto, che dopo quasi 25 anni di lealtà è molto più grave che perdere la faccia”.
Davide Caparini, deputato della Lega, pubblica il link ad un articolo in cui si anticipa il pareggio della Bicamerale.
E’ l’occasione, per i suoi amici virtuali, per rinfacciare a Berlusconi la vicenda del Rubygate, che, in queste settimane era stata ingoiata in nome della tanto promessa riforma federalista.
“Basta abbassare la testa – scrive a Caparini l’utente Lorella – Berlusconi ci ha fottuti tutti con le sue putt… meglio soli che male accompagnati. Ringraziamolo per folleggiare con minorenni, grazie a tutto questo polverone il Federalismo oggi diventerà un miraggio”.
Per Giancarlo non resta da fare altro che “staccare la spina”.
Quando ancora non si è votato in Bicamerale, Massimiliano Romeo, consigliere regionale della Lega in Lombardia avvisa: “Federalismo o salta tutto”.
Lo corregge, alcune ore dopo, un utente: “E’ già saltato purtroppo. 15 a 15”. Anche Davide Boni, presidente del Consiglio regionale della Lombardia, cerca di far mandar giù l’amara pasticca ai militanti leghisti, promettendo che “la riforma federalista proseguirà “.
Operazione che, a giudicare dalle risposte, non gli riesce: “Prima hanno minacciato il ritorno alle urne nel caso in cui non fosse passato il federalismo in commissione bicamerale, e poi si sono rimangiati il tutto. Schiavi di Berlusconi. Ecco quello che sono”, attacca Danilo.
Nereide si rivolge direttamente a Boni: “Boni siamo tutti un po’ stufi di questo tira e molla, e lo si capisce anche da chi ha commentato. Stiamo perdendo credibilità e risulta sempre più difficile per chi sta in mezzo alla gente far capire che stiamo a Roma per il nostro progetto. Io non so se credere che stiamo raccogliendo consensi. Il mio quotidiano mi dice il contrario”.
Renato confessa di aver abbandonato il partito di Bossi: “Io ho sempre votato Lega, ma è già da qualche tornata di elezioni che non voto più… inutile, tempo sprecato cari amici, anche i nostri esponenti della Lega stanno troppo bene dove sono”.
Per cercare di placare gli animi interviene in prima persona Boni, ammettendo di essere “stanco”: “Il leader è Bossi, o ci siamo dimenticati che Lui ci ha portato fino a qui, ci dirà il Capo cosa fare. La Lega è Bossi e Bossi è la Lega. Lo so sono stanco anche io… ma aspetto il Capo”.
Un teorema che, a quanto pare, non serve a richiamare all’ordine i militanti: “Sì, Bossi è arrivato fin qui. Ma da quanti anni? E da quanti anni le promesse rimangono tali?” e ancora “io non ho ne capi e nè padroni. E visto che Bossi è il capo, si cominci a rendere conto che gli elettori (operai, agricoltori) sono stanchi delle prese in giro”.
Anche Fabrizio Cecchetti, consigliere regionale in Lombardia della Lega, cerca di rasserenare gli amici: “Ragazzi calma e sangue freddo. Il pareggio in Bicamerale non implica lo stop o la cancellazione del decreto che potrà essere approvato direttamente dal Parlamento”.
Ma la rabbia esplode: “Il sangue ribolle! Lo sanno che molti di noi invocano la secessione? Glielo ricordiamo? O gli facciamo una bella sorpresa?”, avverte Mauro.
“A questo punto ha ancora senso stare a Roma con certi pagliacci italiani? – si chiede Vincenzo – Secondo me è arrivato il momento che tutta la Lega si impegni solo ed esclusivamente delle regioni del Nord, conquistandole (da soli) e facendo le riforme necessarie, a livello regionale.
La Lega non può star dietro a certa feccia politica. Padania Libera!”.
Emergono anche tanti dubbi sulle posizioni di Bossi: “Non ho capito perchè ha detto che se non passava in bicamerale avrebbe fatto cadere il governo, è stato un assist a Di Pietro e PD”.
Sulla bacheca di Jari Colla, membro del Consiglio Nazionale della Lega Nord, c’è chi implora le elezioni, senza nessuna alleanza con Berlusconi: “Dimmi se si va a votare staccati da Berlusconi! Dimmi di sì”.
Daniele Belotti, assessore al Territorio in Lombardia, sceglie di non rispondere a chi gli chiede, poche ore fa: “Basta ora? Scendiamo in piazza? Secessione subito. Hanno rotto i coglioni”
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Febbraio 5th, 2011 Riccardo Fucile
DALLE INTERCETTAZIONI A VERBALE DEI PM DI MILANO EMERGE UN INTRECCIO DI INTERESSI, LIVORE E DISGUSTO…TUTTI SAPEVANO COSA SUCCEDEVA NELLA VILLA DEL PREMIER, MA POCHE SI SOTTRAEVANO ALLA RICCA SERATA
Anche le più assidue frequentatrici del Bunga bunga, spesso, fanno trapelare disgusto per le dinamiche delle serate ad Arcore.
Il 23 ottobre, al telefono l’onnipresente Barbara Faggioli confida a Nicole Minetti di non essere per nulla alettata da una nuova serata con il premier. “Minchia… – sospira Barbara – No, io no, non ce la faccio”.
“No?”, le chiede Nicole.
“No, zero, proprio non c’ho voglia – risponde l’altra – Mi viene il vomito a pensarci oggi. Giuro”.
L’igienista dentale, via cavo, parla anche del suo fidanzato, Simone, e dell’atteggiamento che ha sugli inviti a corte.
“Perchè Simone ha tanti difetti, ma ha anche tanti pregi – dice Nicole all’amica Barbara l’11 gennaio scorso – e ha un pregio in questa situazione, sì, è geloso marcio per ovvi motivi però dall’altra parte sa vedere le cose in maniera obiettiva”.
Il 23 settembre la consigliera regionale Nicole Minetti al telefono riceve la confidenza di Barbara Faggioli sul comportamento del presidente del Consiglio: “L’altra volta mi guarda e mi dice: ti voglio bene veramente. Si però….. quante volte siamo state rifiutate da lui?.. . cioè stai scherzando? Ma a una persona che gli vuoi bene,. .. metti le cose in chiaro. E non è quando ti va…. e quando non ti va non c’è… a me fa anche un po’ schifo questo lato. Capito?”.
Il 24 ottobre ancora la Minetti al telefono tradisce nervosismo. “Cioè dai che palle cazzo… – dice rivolgendosi a Marystelle Polanco – non
ti ha neanche salutato amo, era di là a fare un massaggio e neanche salutato… ma non si fa così adesso io mi sto incazzando,… ma stiamo scherzando ma ohhh ti giuro Mary, te lo sai a me non me ne frega niente però cazzo l’altro giorno sono anche andata… minimo chiedimi qualcosa ma come cazzo stai?”.
Maria Mardoum, la “danzatrice del ventre”, nata a Torino nel 1990, è stata molto più esplicita, dicendo di essere uscita “inorridita” da Arcore.
T. N., 21 anni, milanese, la prima volta in villa, c’era andata anche preparata dalla sua compagna di Liceo Aris Espinoza, “sapevo perfettamente che avrei potuto fare sesso con il presidente del Consiglio e ricevere in cambio denaro”.
Nonostante questo, la giovane si tira indietro: “Quando ho visto tanta gente e ho visto il contesto in cui si celebrava la serata ha prevalso la mia timidezza”, ha confessato a verbale ai pm milanesi il 15 gennaio scorso.
Spiegando anche meglio la sensazione provata, Maria aggiunge: “Cioè, sono rimasta colpita da quello che ho visto, perchè se avessi saputo prima quello che si faceva alla villa (San Martino di Arcore, ndr), non sarei andata…”. Perchè lei, come unico intento, cercava “di essere introdotta nel mondo dello spettacolo”.
Ma dopo quella sera, nonostante i suoi 20 anni, una cosa l’ha capita: “Che per essere introdotta bisogna pagare un prezzo, che non è altro che quello di vendere il proprio corpo, al Presidente o a Emilio Fede o ad altra gente importante che può frequentare serate ad Arcore”.
Emilio Randacio
(da “La Repubblica“)
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Febbraio 5th, 2011 Riccardo Fucile
RESPONSABILE DEL DICASTERO DELLA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA NEL 1994, CONOSCE BENE L’AMBIENTE: “DI FEDERALISMO NEL TESTO DI IERI NON C’E’ NULLA”… “RIDURLO A UNA MERA QUESTIONE ECONOMICA-CONTABILE FAREBBE ORRORE A CATTANEO”…E RICORDA I 70 MILIARDI VERSATI DA BERLUSCONI PER L’ACQUISTO DEL MARCHIO DELLA LEGA
Ora è ufficiale: la Lega è su di un treno in corsa dal quale non riesce (o non può) scendere.
La giornata di ieri è la prova provata che il legame della coalizione è più forte della stesse promesse fatte dal Senatur che ieri, in una sola dichiarazione, si è rimangiato tutte le minacce di andare al voto in caso di stop al federalismo. Ora come lo spiegheranno ai militanti che ieri hanno preso d’assalto Radio Padania con le loro proteste?
Per il momento la Lega ha scelto la strada del silenzio.
Bocche cucite tra i cosiddetti colonnelli di oggi, un po’ meno tra quelli di ieri come nel caso del federalista Giancarlo Pagliarini che da militante leghista è stato ministro della Programmazione Economica nel 1994 durante il primo Governo Berlusconi
Pagliarini è deluso?
Di cosa? Se si fosse trattato di un vero federalismo sarei incavolato nero. E la Lega dovrebbe lasciare immediatamente il parlamento e Roma ladrona.
Invece?
In realtà in quel testo di federalismo non c’è niente di niente, nemmeno l’ombra. Unire la parola “federalismo” a questo testo oppure, più in generale, alla legge delega del 5 Maggio 2009 n 42 per attuare l’articolo 119 della Costituzione è semplicemente assurdo. È un vero e proprio omicidio culturale.
Tradotto?
Il federalismo vero è tutta un’altra cosa. Come ci ha insegnato Gianfranco Miglio la sua essenza non sta nel numero di funzioni o di risorse decentrate, ma nella capacità delle unità territoriali, che devono essere sovrane a tutti gli effetti sul proprio territorio, con competenze irrevocabili, di resistere alla naturale tendenza espansiva del potere centrale. Di questo non c’è neanche l’ombra nè nella legge delega di Calderoli men che meno nel testo non approvato ieri dalla commissione bicamerale.
Più semplicemente?
Ridurre la discussione sul federalismo (che è una cosa seria) ad autentiche banalità come ad esempio le compartecipazioni a imposte dello stato centrale oppure alla tassa di soggiorno è veramente assurdo. C’è da vergognarsi. Povero Miglio! Marco Vitale ha scritto che “a Cattaneo farebbe orrore questo nostro miserabile dibattito sul federalismo condotto esclusivamente in chiave economica, anzi, in chiave contabile — fiscale”.
Quindi la Lega al governo sta fallendo?
Non proprio. Se per la Lega l’obiettivo è governare il Paese come tutti gli altri partiti direi che è ormai perfettamente allineata e coperta. Ma io ricordo un partito che voleva cambiare l’Italia trasformandola nella repubblica federale italiana. In questo caso direi che proprio non ci siamo. Inoltre non dimentichiamo che la libertà non te la regala nessuno.
A cosa si riferisce? Intende che c’è un legame economico tale per cui la Lega non può permettersi di scendere dal “treno in corsa”?
Secondo l’analisi politica e giornalistica di Rosanna Sapori sembrerebbe proprio così. Lei ha raccontato che Silvio Berlusconi avrebbe versato 70 miliardi di vecchie lire per l’acquisto del marchio della Lega.
Da quando un politico si avvale delle parole di una giornalista?
Quando proprio non si capisce cosa diavolo sia successo ad un partito che era nato per fare un vera e propria rivoluzione, che adesso preferisce starsene a Roma piuttosto che battere i marciapiedi e i mercati padani a spiegare il federalismo alla gente.
Ma è vero che si candida contro la Moratti a Milano?
Io non mi candido contro nessuno. Rappresenterò la Lega Padana Lombardia e altri tre movimenti federalisti che si ispirano alla Svizzera.
Elisabetta Reguitti
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Febbraio 5th, 2011 Riccardo Fucile
TENSIONE DURANTE LA RIUNIONE DEL COMITATO PROMOTORE DELL’ASSEMBLEA COSTITUENTE DI “FUTURO E LIBERTA'”… FINI CHIEDE CHIARIMENTI ALLA LUCE DEGLI ULTIMI ATTEGGIAMENTI DI BARBARESCHI, DELLA VISITA AD ARCORE E DELL’ASTENSIONE DI IERI E DISTINGUE TRA ATTORI E PAGLIACCI
Faccia a faccia teso tra Luca Barbareschi e il presidente della Camera Gianfranco Fini nel corso di una riunione del comitato promotore dell’assemblea costituente di Futuro e libertà , che si svolgerà il prossimo fine settimana a Milano.
Questa mattina, infatti, alle 10, Fini ha riunito i suoi nella sede di Fare futuro per fare il punto della situazione in vista del Congresso di Milano e per esaminare la bozza di statuto del nuovo partito.
Al vertice c’era anche Luca Barbareschi, che, dopo gli attriti dei giorni scorsi, le indiscrezioni continuano a dare vicino al Pdl. Fini, riferiscono alcuni presenti, avrebbe chiesto un chiarimento al suo deputato alla luce delle ultime uscite pubbliche usando parole dure: “Sei poco serio, come ti viene in mente, che stai facendo?”, avrebbe detto Fini rivolgendosi all’attore-deputato di Fli che giorni fa aveva incontrato ad Arcore Silvio Berlusconi e ieri si era astenuto nel voto a Montecitorio sul caso Ruby.
Barbareschi, secondo quanto racconta chi era presente alla riunione, avrebbe chiesto la presidenza della commissione Cultura dell’assemblea costituente di Futuro e libertà .
E Fini gliela avrebbe negata, spiegandogli di non potergli affidare, in questa fase, nessuna responsabilità .
Una frase che dai presenti è stata interpretata come un riferimento alle posizioni critiche assunte ultimamente dal deputato finiano e al ventilato abbandono di Fli per tornare alla maggioranza, che Barbareschi ha smentito, ma senza sciogliere del tutto l’incognita.
Lo scambio di battute con il presidente della Camera, però è proseguito.
E di fronte alle rimostranze di Barbareschi, a un certo punto Fini avrebbe sbottato: “Ti dico qui, davanti a tutti, quello che ti avevo già detto in privato. Ci sono attori e pagliacci. I pagliacci non fanno sempre ridere, a volte fanno anche piangere”.
Sarebbe bene a questo punto che Barbareschi decidesse cosa vuole fare da grande.
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