Febbraio 3rd, 2011 Riccardo Fucile
IL GOVERNO DEGLI ACCATTONI E DEI TRADITORI DELLA DESTRA ANNASPA IN ACQUE SEMPRE PIU’ AGITATE… IL CAPOCOMICO SI INVENTA SVOLTE, SCOSSE E RIFORME CHE AVREBBE POTUTO FARE 18 ANNI FA…LA LEGA HA PAURA DEL VOTO PERCHE’ GLI ITALIANI HANNO CAPITO CHE IL FEDERALISMO PATACCA PORTERA’ SOLO PIU’ TASSE PER TUTTI… MA LA POLTRONA NON LA MOLLANO E DI ELEZIONI NON VOGLIONO SENTIR PARLARE: PREFERISCONO COMPRARE SINGOLI DEPUTATI E VIVERE ALLA GIORNATA
Partiamo da alcuni dati resi noti da vari sondaggi: oltre il 60% degli italiani ritiene che Berlusconi debba dimettersi e una percentuale ancora più alta pensa che egli debba presentarsi ai giudici di Milano.
Fatta la tara di chi non ha un’opinione, solo il 30% pare disposto ad immolarsi per difendere il gran Sultano e appena un 20% non lo critica per i suoi atteggiamenti libertini (da cui nasce il Popolo del Libertinaggio)-
Il Pdl è dato al 27% contro il 25,5% del Pd (sondaggio Ipsos), il centrosinistra supera il centrodestra di una forbice tra il 2% e il 4%.
Il Terzo Polo è dato al 18,5%, la Lega è in fase calante (dal 13% di qualche mese fa, ora oscilla intorno all’11%).
Avanza Vendola che ha superato il 9%, mentre un 40% di italiani non sa ancora se e chi voterà , in caso di elezioni.
La maggioranza al Senato ormai Pdl-Lega se la scordano, non è più sicura neanche quella della Camera.
Se si andasse a votare, per Berlusconi sarebbe la fine e quindi egli cerca solo di mobilitare le truppe e di mettere sacchetti lungo gli argini del fiume, sperando che non trabordi, mentre Bossi arranca oscillante tra gli improperi dei padani che cominciano ad accorgersi di essere stati presi per il culo.
Altro che le riforme che Berlusconi annuncia dalla sala-caverna del Bunga Bunga di Arcore alla moda di Bin Laden, mentre i suoi miliziani talebani sparano dai tetti contro chiunque osi violare il coprifuoco del conformismo.
Sono le stesse riforme di cui parla da 18 anni e mai messe in atto: chi le ha sentite promettere quando era bambino ormai va a prendere i propri figli a scuola.
Non fatevi ingannare: mentre le amazzoni Maria Vittoria e Danielona invitano alla carica, le truppe delle chiappe d’oro sono più pronte alla ritirata strategica ormai, che all’attacco.
Tutto quello che c’era da sbagliare i piediellini sono riusciti a farlo, tutto quello che c’era da acchiappare lo hanno nascosto nelle casseforti, tutto quello che c’era da vendere alla Lega lo hanno regalato alle fameliche truppe padagne solo per pararsi il culo dai processi.
Ormai questa e’ diventata la Repubblica del rag. Spinelli che stacca assegni per remunerare puttane, madri di Noemi e persino fidanzate che pagano gli affitti a chi va a letto col proprio fidanzato presunto.
Se il Pdl dovesse cambiare simbolo, potrebbe trovare confacente il palo della lap dance della sala del Bunga Bunga, così tanti fintidestri, venduti sulla via di Arcore, potrebbero trovare “l’ancoraggio valoriale” di cui cazzeggiano sui media.
Per uomini “tutti di un pezzo” troviamo adatto un simbolico “pezzo di palo” intorno al quale dare vita alle contorsioni politiche che li ha portati a corte.
Un governo che si regge sul voto di parlamentari che hanno cambiato in pochi anni fino a 5 partiti, alcuni sotto processo, altri indagati, altri stimolati da agopunture e dentiere rifatte.
Un partito dove vengono promosse a incarichi pubblici amanti che si esibiscono la sera con le tette al vento al palo della lap dance, dove a Palazzo entrano prostitute che si lamentano pure dei pochi inviti e minacciano di portare via l’argenteria da casa, dove un premier chiama da Parigi per far “adottare” la piccola fiammiferaia marocchina che per tacere su chi le ha messo nella busta bigliettoni da 500 euro pensa bene di chiedere 4,5 milioni.
Questa sì che è destra, questa sì che è rivoluzione liberale, questa sì che è CUL-tura (molto culo) di destra, altro che noi che siamo cresciuti con le insane letture di Gentile ed Evola, Sorel e Brasillach, Prezzolini e Spirito, Celine e D’Annunzio, Henry De Monterlant e Drieu, Platone e Codreanu.
Altro che storia dei pellerossa e dei visi pallidi, ci siamo persi il testo fondamentale per poterci definire berlusconiani: “il culto dei culi flaccidi”.
Flaccidi ma ben attaccati alla poltrona.
Finchè dura e finchè il voto non li separi.
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Febbraio 3rd, 2011 Riccardo Fucile
FINI BLOCCA IL DECRETO “PIU’ TASSE PER TUTTI”…PER IL PDL “SI VA AVANTI LO STESSO”…BOSSI CHE AVEVA MINACCIATO ELEZIONI IN CASO DI PARITA’, ORA SE LA FA SOTTO ANCHE LUI
E’ finita 15 pari la votazione nella cosiddetta “bicameralina” sul federalismo municipale.
Nonostante i tentativi del governo, che ha cercato di scongiurare fino all’ultimo momento questo risultato modificando il testo più volte, il risultato finale è che il parere formulato dal relatore è sostanzialmente respinto.
Un ultimo tentativo di salvare il decreto lo aveva fatto a pochi minuti dal voto la Lega, chiedendo di procedere per parti separate, ma il tentativo è stato bocciato dalle opposizioni.
Per evitare il blitz, infatti, Massimo Barbolini e Felice Belisario (Idv) hanno ritirato le loro relazioni e quindi la Lega ha ritirato la propria proposta.
Il senatore di Fli Mario Baldassarri ha votato contro ed è risultato decisivo per il pareggio .
Le interpretazioni sul valore del pronunciamento della commissione sono però divergenti.
“E’ solo un parere consultivo, il governo può tranquillamente andare avanti con il decreto sul federalismo”, sostiene il vicepresidente della Camera Antonio Leone (Pdl).
“Niente elezioni, andiamo avanti con il decreto” ha rincarato il presidente della Bicamerale Enrico La Loggia, sostenendo che il voto in Bicamerale sancisce che “è come se il parere della bicamerale non fosse stato espresso: come prevede la legge si può fare benissimo il decreto, anche nella versione modificata sulla quale c’è il parere favorevole della commissione Bilancio del Senato”.
Ed ancora: “Troppi del Terzo polo, la commissione va rivista”.
Di segno opposto il giudizio del Pd. “Si tratta di una doppia bocciatura, sia di natura politica che nel merito del provvedimento. Il centrodestra e il governo traggano le conseguenze”, ha commentato Davide Zoggia, responsabile Enti locali dei democratici.
“Il governo prenda atto che non ha la maggioranza per approvare il federalismo. Ora apra la crisi”, ha insistito l’altro pd Francesco Boccia. “Vediamo che fa il governo di fronte a questa bocciatura, per noi dovrebbe ritirarsi”, ha aggiunto il capogruppo dell’Idv al Senato, Felice Belisario.
“No comment” dopo il voto invece da parte del ministro dell’Economia Giulio Tremonti.
Subito dopo il pronunciamento il responsabile di Via XX Settembre si è recato a un vertice di maggioranza a Palazzo Grazioli insieme a Silvio Berlusconi e allo stato maggiore della Lega.
Stando ad indiscrezioni, anche il Carroccio sarebbe d’accordo nell’andare avanti in aula malgrado la bocciatura della commissione.
Ancora ieri sera Umberto Bossi giurava però che un pareggio non sarebbe bastato a scongiurare l’interruzione anticipata della legislatura e il ricorso alle urne.
Stamane il ministro delle riforme si era trincerato invece dietro ad un “Vediamo, vediamo”, in attesa di vedere gli effetti pratici del suo incontro di qualche ora prima con Gianfranco Fini.
La vittoria a maggioranza, infatti, era legata all’atteggiamento di un senatore di Fli, Mario Baldassarri. Il quale, iniziata la riunione, ha gelato i presenti, sillabando: “La mia valutazione del provvedimento non può essere positiva”.
Al di là delle schermaglie polemiche, il voto di oggi sembra avere un significato molto chiaro.
Secondo l’articolo 7 del regolamento della Commissione, il decreto si intende respinto, almeno in commissione: “Le deliberazioni della commissioni sono adottate a maggioranza dei presenti, considerando presenti coloro che esprimono voto favorevole o contrario. In caso di parità di voti, la proposta si intende respinta”.
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Febbraio 3rd, 2011 Riccardo Fucile
GLI SCENARI DOPO IL VOTO: PIU’ COMPLICATO IL PERCORSO DEL DECRETO… LE IPOTESI AL VAGLIO NON LASCIANO TRANQUILLA LA LEGA: PORTARE LA LEGGE ALLE CAMERE, RINUNCIARE ALL’OK DEI COMUNI O RICOMINCIARE TUTTO DACCAPO
Ci sono pareggi che aprono scenari più complicati di una sconfitta.
La metafora sportiva descrive bene lo stallo in cui potrebbero trovarsi maggioranza e governo dopo il voto di di oggi della Bicamerale sul fisco municipale.
Fallito anche il pressing finale sul finiano Baldassarri, che si è arenato ieri sull’istituzione di un fondo per gli inquilini, e fatti salvi ripensamenti dell’ultima ora, restano i numeri di un pari annunciato: 15-15.
Un risultato che complica le cose per un provvedimento a cui la Lega ha legato la sopravvivenza della legislatura.
Nonostante l’impegno del Presidente del Consiglio ad andare avanti e il vertice notturno con il Carroccio, una cosa è certa: senza una maggioranza politica in Commissione l’iter del decreto sul fisco municipale è destinato ad allungarsi.
E la querelle interpretativa, che si è subito aperta, testimonia le difficoltà di trovare un percorso che non suoni come una forzatura del dettato legislativo e che metta al sicuro il provvedimento dal ricorso di qualsiasi cittadino. Almeno tre le strade allo studio dell’esecutivo:
1) Portare il testo così com’è (e quindi con le modifiche volute dall’Anci) alla prova delle Camere.
2) Eludere l’esito del voto in Commissione e tornare in Consiglio Dei Ministri (perdendo le modifiche volute dai Comuni, avverte l’opposizione) per la deliberazione finale.
3) Azzerare tutto e procedere con una nuova approvazione preliminare da parte del Cdm e un nuovo esame in Conferenza Unificata e in Bicamerale. Un’ipotesi, la terza, che appare difficilmente praticabile per il tempo necessario, mentre è già calendarizzato, nei lavori della Commissione, l’esame dello schema di decreto che riguarda le Regioni a statuto ordinario e i costi e i fabbisogni del sistema sanitario.
Il regolamento della Commissione.
Il punto di partenza obbligato è il voto odierno.
Pdl e Lega con la senatrice dell’Svp Helga Thaler diranno il loro sì alla proposta del relatore La Loggia.
Scontato, dichiarazioni alla mano, il no di Pd e Idv con i 4 voti allineati del Terzo Polo (Baldassari, D’Alia, Lanzillotta, Galletti).
Parità perfetta.
A questo punto il regolamento della Commissione all’art.7 parla chiaro: “Le deliberazioni della Commissione sono adottate a maggioranza dei presenti, considerando presenti coloro che esprimono voto favorevole o contrario. In caso di parità di voti la proposta si intende respinta”.
Contrariamente a quanto successo per i tre decreti attuativi precedenti, quindi, la palla tornerebbe al governo senza un parere positivo della Commissione.
“Il dato politico non può passare inosservato”, ha già avvertito il Pd, “non ci sono le condizioni nè politiche nè giuridiche per andare avanti”.
Senza dimenticare, poi, che la bozza al vaglio della Bicamerale è quella che ha ottenuto il sì dell’Anci, mentre sul testo originario i Comuni avevano posto il loro veto.
“Un parere non espresso”, secondo il presidente Enrico La Loggia, consentirebbe comunque un ritorno al Consiglio Dei Ministri per il pronunciamento finale.
Solo sulla versione iniziale del provvedimento, ribatte il segretario della Commissione, Linda Lanzillotta (Api) sottolineando come “in mancanza di una procedura corretta, a parte l’aspetto promulgativo, si rischi di esporre tutto il sistema ai ricorsi di qualunque cittadino”.
In realtà che la strada da seguire non sia tanto chiara neanche alla maggioranza lo dimostra che sulla questione è stato chiesto un parere ai presidenti di Camera e Senato.
Ad illustrare il responso di Fini e Schifani sarà probabilmente lo stesso La Loggia nella conferenza stampa convocata dopo il voto.
Cosa prevede la legge.
Il dibattito maggiore ci concentra comunque su quanto prevede la legge delega 42/2009, quella che istituisce anche la Commissione Bicamerale e le assegna il compito di “esprimere i pareri sugli schemi dei decreti legislativi”. Sono almeno due i passi che si prestano a interpretazioni divergenti, entrambi contenuti nell’articolo 4, comma 2.
Nella parte iniziale si afferma: “decorso il termine per l’espressione dei pareri di cui al comma 3, i decreti possono essere comunque adottati”.
Una dicitura che sembrerebbe andare incontro alla maggioranza.
Meno chiara appare l’interpretazione di quanto segue: “Il governo, qualora non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, ritrasmette i testi alle Camere con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni e rende comunicazioni davanti a ciascuna Camera. Decorsi trenta giorni dalla data della nuova trasmissione, i decreti possono comunque essere adottati in via definitiva dal Governo”.
E’ evidente, spiega Lanzillotta, “che in questo caso il governo non avrebbe nessun parere a cui non intende conformarsi”.
L’esecutivo potrebbe comunque andare in Aula per spiegare le sue ragioni, chiedere eventualmente un voto e dopo 30 giorni adottare comunque il provvedimento.
Con i numeri di Montecitorio perennemente in bilico, fanno notare dall’opposizione, paradossalmente, per un provvedimento tanto caro a Umberto Bossi, potrebbero essere preziosi gli umori dei Responsabili composti da diversi esponenti di Noi Sud.
Non è l’unica votazione a rischio.
Per il momento è passata in secondo piano la questione del voto in Commissione Bilancio, nonostante secondo l’opposizione, “diverse misure contenute nel provvedimento lascino dubbi sulla copertura finanziaria”. Formalmente la Bilancio dà un parere al governo e non alla Bicamerale e quindi contrariamente ad altre commissioni si riunirà dopo il voto di oggi, spiegano in Parlamento.
A leggere tra le righe, notano alcuni esponenti centristi, con “i numeri in bilico anche in questo caso a Montecitorio, la mossa mira a non aggravare la situazione e a levarsi per il momento d’impaccio”.
Che il quadro sia già abbastanza complesso infatti non c’è dubbio: quanto basta per far perdere la pazienza a chi sul federalismo fiscale ha puntato tutto.
Pasquale Notargiacomo
(da “La Repubblica“)
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Febbraio 3rd, 2011 Riccardo Fucile
RAFFA, ARIS E LE “ROMANE”, DECINE DI DONNE COINVOLTE…MOLTE FANNO LE PENDOLARI TRA LE RESIDENZE DEL CAVALIERE E VIA DEL PLEBISCITO
Chi sono le “romane”?
Perchè le ragazze “milanesi” del bunga bunga, lagnandosi al telefono per i mancati pagamenti di Berlusconi, sono invidiose delle invitate ai “giri di Roma”?
Quelle che fanno “queste cene anche due o tre volte alla settimana”.
C’è uno spaccato, nelle intercettazioni della Procura di Milano, che riaccende i riflettori su uno scenario di cui si era già occupata due anni fa un’altra Procura (Bari) con un’inchiesta ancora aperta (sempre per prostituzione).
Che tipo di serate si svolgono a Palazzo Grazioli, la residenza romana del presidente del Consiglio?
C’è una telefonata tra Nicole Minetti e Barbara Faggioli.
E’ il 23 gennaio 2010 e le due ragazze spettegolano sui compensi ricevuti da altre Papi girl a Arcore.
Ce l’hanno con Raffaella Fico, soubrette in partenza per l’Isola dei famosi. “Stando a Roma – dice Minetti – lei lo vedeva anche là , lo sai che a Roma fanno queste cene due o tre volte alla settimana… nell’ultimo periodo un po’ meno, ma prima sì”.
“Davvero?”. “Sì – aggiunge il consigliere regionale del Pdl – lo so perchè mi chiamavano, poi me l’ha detto anche la Raffi (Fico) stessa. Io mi sono un po’ avvicinata a lei per capire anche i giri di Roma”.
“Essì”. “(a Roma) due o tre volte la settimana (Berlusconi) vedeva spesso Cinzia, Valeria e Raffa”.
Riferimenti al “giro romano” anche nella chiacchierata tra Minetti e Aris Espinoza.
E’ l’11 gennaio. Post-serata a villa San Martino. “erano tutte là così, la Giada e gente varia di Roma”, fa Aris.
Si possono isolare tre tipologie di “ragazze” che frequentano – molte a pagamento – le feste di Berlusconi: le ospiti di Arcore, quelle di Palazzo Grazioli; e quelle che fanno la spola tra le due dimore (e Villa Certosa).
Tra queste ultime figurano Ioanna Visan, la Fico, Barbara Guerra, Barbara Faggioli, Marystell Polanco, Aris Espinoza, le gemelle Imma e Eleonora De Vivo.
L’elenco completo comprende decine di donne: molte straniere, alcune prostitute.
Ma torniamo all’estate 2009.
Tra Bari e Roma deflagra lo scandalo delle escort a Palazzo Grazioli.
Di fronte ai pm baresi due prostitute raccontano le loro “marchette” in via del Plebiscito.
“Nel letto eravamo io, due ragazze di Roma e Berlusconi”, mette a verbale Terry De Nicolò.
“Oltre a me a palazzo c’erano molte escort, per lo meno cinque”, è il racconto di Patrizia D’Addario, la protagonista del secondo scandalo sessuale (dopo Noemi) che nel 2009 coinvolge Berlusconi.
I magistrati vogliono capire come funziona quel giro di sesso a gettone: una trentina di ragazze inviate nelle case del capo del governo dall’imprenditore barese Giampaolo Tarantini, il sensale indagato per prostituzione e arrestato per droga. D’Addario e De Nicolò parlano di festini, di donne pagate e portate a palazzo senza nessun controllo all’ingresso.
D’Addario è per la prima volta a Palazzo Grazioli il 15 ottobre 2008.
In quell’occasione si rifiuta di trascorrere la notte nel “letto grande” regalato al premier da Vladimir Putin.
Ci rimarrà la notte del 4 novembre.
Ma perchè il 15 ottobre Patrizia, “affittata” per 2 mila euro, lasciò Palazzo Grazioli?
“Andare via non è stato un colpo di testa – sostiene la escort – . Le orge non mi sono mai piaciute e avevo intuito che mi sarei trovata in quella sgradevole situazione se fossi rimasta dopo la cena e i balli”.
Altre quattro prostitute entrate a Palazzo Grazioli, invitate da Tarantini, sono Vanessa Di Meglio (5 settembre e 8 ottobre 2008), tale Karen e Niang Kardiatou (10 dicembre 2008, anche per loro 1000 euro), e Sonia Carpendone, detta Monia, che giunge a Roma da Milano con una ragazza che si presenta come sua sorella ma che – raccontò Giampaolo Tarantini – “appresi da lei chiamarsi Roberta Nigro” (una dei 28 testimoni interrogati dai legali del premier per controbattere alle accuse dei pm del Ruby-gate).
Fu pagata per “fermarsi dal presidente” (17 dicembre 2008) anche Camilla Cordeiro Charao (“Scorie” su Rai2), ex compagna del figlio di Adriano Galliani.
E’ passato un anno e mezzo da quelle testimonianze.
Ora le luci dello scandalo Ruby tornano a illuminare la residenza più “istituzionale” del presidente del Consiglio.
Alcune delle “arcorine” dei bunga bunga erano ospiti abituali anche lì.
Annina Visan ci va l’8 ottobre e il 16 ottobre 2008 (“la pagai 1000 euro in vista di una prestazione sessuale con il presidente”; Tarantini).
Con lei c’è la showgirl Barbara Guerra.
Ma come sono i party “romani”? Chi invita le ospiti?
Quando non provvede direttamente il padrone di casa, molto attiva è Sabina Began, l'”Ape Regina” che presentò Tarantini al premier.
“Sono io che organizzo le feste”, ha confidato in un’intervista a Sky Tg24. Began a palazzo Grazioli è una presenza fissa da anni.
Raccontano che le rare volte in cui non è “in lista” irrompe rivolgendosi al Cavaliere con tono di scherno.
Ha molte e belle amiche, soprattutto straniere, e le presenta a Berlusconi. Intensa attività di pr svolge anche la deputata Maria Rosaria Rossi, già organizzatrice delle cene al castello di Tor Crescenza, e il cui nome compare nelle carte dell’inchiesta di Milano.
Tra le strette amicizie capitoline del premier c’è poi un’altra donna rimasta finora nell’ombra: è brasiliana, si chiama Miriam Marcondes.
Oltre a animare le feste – riferiscono fonti che frequentano Palazzo Grazioli – cura gli spostamenti di molte “ospiti” tra Roma e Milano.
Chi sono? E come ci si diverte nel palazzo dei vertici di governo?
Tra le più assidue della sala da pranzo (e delle feste), oltre alle già citate si segnalano la pugliese Imma Di Ninni (Un due tre stalla), l’ex gieffina Carolina Marconi (una delle Tarantini-girl), la cantante sassarese Cristina Ravot, la neo gieffina Valentina Costanzo, leccese, per gli amici “la segretaria”, e Giada Culite (Il lotto alle otto).
Di quest’ultima, della Marcondes e di Letizia – assunta a Medusa dopo una laurea in legge – si dice si diano un gran daffare per rallegrare le serate a palazzo con dei balletti.
Allestiti con l’aiuto di coreografi.
Le “grazioline” si travestono cambiandosi di abito nelle camere. Chi ha assistito agli spettacolini racconta di una cosa a metà tra il Bagaglino, il Lidò e il Burlesque.
Gli spettatori abituali dei dopo cena? Il capo del governo, il presidente di Medusa Carlo Rossella e Tarak Ben Ammar, potente produttore tunisino e vecchio amico di Berlusconi.
A fine serata tra le ragazze scatta lo stesso spirito di competizione delle feste di Arcore.
Il premier viene avvicinato, coccolato, blandito: addirittura nel suo studio.
Chi chiede denaro, chi una casa, chi un aiuto.
Nella capitale – emerge dalle carte – il metodo di cessione degli appartamenti alle “ragazze” è lo stesso già sperimentato alla “Dimora Olgettina” di Milano 2.
Ne discutono al telefono, il 17 settembre 2010, Minetti e Imma De Vivo. “Possiamo vedere questo trilocale e poi al limite, se lui decide di mettere anche un’altra persona… come ha fatto lì… ha fatto anche a Roma di solito così. Ha messo una o due poi è andata la terza”.
Così vanno le cose a Roma, “due o tre volte alla settimana”.
Paolo Berizzi
(da “La Repubblica“)
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Febbraio 3rd, 2011 Riccardo Fucile
SENZA DECRETO LEGGE NON POTRA’ MAI FUNZIONARE, AMMESSO CHE INTERESSI QUALCUNO: LE DOMANDE SONO STATE APPENA 91 IN LOMBARDIA E 22 IN SARDEGNA (UNA RIGUARDAVA VILLA CERTOSA, PROPRIETA’ DEL PREMIER)….INVECE CHE LAVORO, IL BLUFF DEL GOVERNO HA GENERATO FINORA SOLO LA PROTESTA DEGLI IMPRESARI EDILI
Il Cavaliere sognava («con immodestia», precisò) di passare alla storia grazie al grande Piano per la casa che nel 2008 era stato uno dei pilastri della campagna elettorale berlusconiana.
Confessò la debolezza davanti alla telecamere di Porta a Porta, tre giorni prima delle elezioni, ricordando quasi con commozione il piano varato nel 1949 da Amintore Fanfani.
Paragone ardito, visto com’è andata finora.
Perchè a quasi tre anni di distanza il presidente del Consiglio ha dovuto prendere atto di un imbarazzante buco nell’acqua.
«Siamo fermissimi: non si può fare niente. Abbiamo fatto un Piano casa per ampliare le abitazioni, abbattere vecchi edifici, aumentare del 33% la cubatura. Ma non mi risulta che siano stati aperti cantieri», ha detto alla conferenza stampa di fine anno, il 23 dicembre 2010.
La colpa? Silvio Berlusconi punta il dito contro i «politici professionisti» dei Comuni e degli enti locali, dove «il rilascio delle licenze è sempre un’opportunità per introiti illeciti ».
Comunque un’ammissione clamorosa di impotenza, alla luce della determinazione con la quale il premier, nel marzo del 2009, quando dal fronte delle Regioni erano stati sollevati numerosi problemi, aveva sentenziato: «Decideremo noi».
E ora, fra emendamenti (abortiti) al Milleproroghe, promesse e annunci, siamo al terzo, quarto, o forse quinto tentativo di rilancio.
Vedremo quale coniglio uscirà venerdì dal cappello del consiglio dei ministri.
Il flop non ha risparmiato nemmeno le amministrazioni in mano all’attuale maggioranza: nonostante Berlusconi si fosse esposto a più riprese in prima persona.
«Garantisco che le Regioni di centrodestra daranno via al Piano casa entro la fine del mese», aveva proclamato il 13 giugno del 2009.
Arrivando a precettare i governatori a lui fedeli, poche ore prima delle regionali del 2010: «Dove vinceremo approveremo immediatamente il Piano casa ».
E così, più o meno, è stato.
Dei risultati attesi, però, nemmeno l’ombra.
La Lombardia, per esempio. In quella Regione la legge che ha recepito il piano nazionale è passata a tambur battente.
Peccato che le domande, sei mesi fa, fossero soltanto 91. Novantuno su 1.546 Comuni.
Volume d’affari, si e no 200 milioni, come ha scritto sul Corriere Andrea Senesi, contro i sei miliardi previsti dal governatore Roberto Formigoni. Seguendo le più elementari regole dello scaricabarile la responsabilità del fallimento è stata addossata ai sindaci, colpevoli di non aver garantito un’adeguata grancassa all’operazione.
Nella Sardegna di Ugo Cappellacci, invece, le pratiche erano appena 22.
Una di queste riguardava Villa Certosa, la residenza di Berlusconi. Oggetto: costruzione di bungalow abitabili.
Forse il premier del «governo del fare» sperava nell’effetto emulazione. Ma non ha funzionato…
A modo suo, tuttavia, il presidente del Consiglio ha ragione. I problemi sono in periferia.
Anche se più che nei «politici professionisti» le responsabilità della paralisi locale del Piano casa vanno individuate nella incredibile stratificazione di regole e competenze locali in materia urbanistica.
Una faccenda ben nota a Palazzo Chigi fin da quando si è cominciato a discutere il progetto, fra mille difficoltà , con le Regioni.
Tanto che, il governo aveva promesso di sbloccare la situazione con un decreto legge per semplificare le procedure edilizie.
Quel provvedimento, però, nessuno l’ha ancora visto.
Dal varo del piano è trascorso un anno e mezzo e il governo ha dovuto incassare anche una protesta di piazza senza precedenti degli imprenditori edili.
Per ora quella «sferzata da 50 miliardi di euro all’economia » nella quale confidava Berlusconi ancora un anno fa grazie al Piano casa, resta una pia illusione.
Sergio Rizzo
(fa “Il Corriere della Sera“)
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Febbraio 3rd, 2011 Riccardo Fucile
LA RUBY, CON PRECEDENTI PER FURTO, E’ IN FONDO UNA PRINCIPIANTE…LA POLANCO CONVIVEVA CON UN TRAFFICANTE DI COCAINA, LA DE VIVO CON UN FIDANZATO AGLI ARRESTI DOMICILIARI PER CAMORRA, LA MONREALE CON UN ESPONENTE DELLA MAFIA BARESE, LA SAVINO E’ INDAGATA PER RICICLAGGIO CON I BOSS DELLA FAMIGLIA PARISI, SABINA BEGAN ERA LEGATA A UN TRAFFICANTE DI DROGA KOSSOVARO, LELE MORA SUBI’ UN ARRESTO PER DROGA A VERONA
Non c’è solo il bunga-bunga.
Ad Arcore e nelle altre residenze di Silvio Berlusconi entrano, senza controlli, decine di persone che vivono sul crinale tra legalità e illegalità , a volte in rapporti stretti con narcotrafficanti e camorristi.
Karima El Marhoug, la Ruby che ha scatenato l’ultima indagine giudiziaria sul presidente del Consiglio, è denunciata per furto e frequenta, a Milano e a Genova, personaggi non proprio specchiati.
Ma è alle prime armi, se confrontata con altre ragazze che hanno partecipato alle feste di Arcore, di Palazzo Grazioli, di Villa Certosa.
Marysthell Garcia Polanco conviveva, nel residence di via Olgettina, con un trafficante di cocaina arrestato il 4 agosto 2010 e condannato il 26 gennaio 2011 a otto anni di carcere.
Eleonora De Vivo, una delle gemelline portafortuna di Silvio, vive a Napoli assieme al fidanzato, Massimo Grasso, che è agli arresti domiciliari per camorra.
Barbara Montereale, la ragazza entrata a Palazzo Grazioli nel 2008 insieme a Patrizia D’Addario, era la fidanzata di Radames Parisi, rampollo di una potente famiglia della mafia barese.
Elvira Savino, la deputata Pdl che Dagospia ha ribattezzato “la Topolona” , è finita indagata per riciclaggio, insieme a esponenti della famiglia Parisi. Sabina Began, l’Ape Regina che ha tatuato sulla caviglia “S.B. l’incontro che ha cambiato la mia vita”, frequentava Bashkim Neziri, trafficante di droga kosovaro.
E Lele Mora, accusato di essere uno dei fornitori di prostitute di Berlusconi, non ha forse iniziato la sua carriera a Verona, con un arresto per droga?
L’ultima storia è ancora aperta: gli investigatori del gruppo antidroga (Goa) della Guardia di finanza, coordinati dal pm Marcello Musso, stanno indagando sul gruppo di Carlos Manuel Ramirez De La Rosa, 27 anni, domenicano, beccato in flagrante il 3 agosto mentre vendeva 108 grammi di coca.
L’hanno arrestato a casa della Polanco, in via Olgettina 65, dove viene trovata una cassetta di sicurezza con dentro 54.550 euro in banconote, una macchinetta contasoldi e documenti falsi.
Nella cantina di Marysthell, 25 tavolette di cocaina (2,7 chili). Altre 88 tavolette (10 chili) vengono trovate in un box affittato da Ramirez, in via Portaluppi.
Ma quel giorno vengono fermati altri uomini del gruppo e i chili di droga sequestrati sono alla fine più di 18.
Anche Nicole Minetti viene sfiorata dall’indagine sulla droga: perchè Ramirez utilizza la Mini Cooper verde di proprietà di Nicole Minetti.
Eppure l’auto non viene nè sequestrata nè perquisita.
I rapporti del Goa fanno intendere che la ex igienista dentale di Berlusconi e attuale consigliera regionale del Pdl era all’oscuro dell’uso che veniva fatto della sua auto.
E la sua amica Marysthell ?
“Allo stato”, si legge nel verbale del Goa, “non vi sono elementi probatori che confermino un coinvolgimento della Garcia Polanco nei fatti riconducibili alla detenzione di cocaina”. Ma le indagini continuano.
Di droga ad Arcore si parlò già nel 1995, quando fu arrestato il giardiniere della villa, Massimo Spada, con 30 grammi di cocaina.
La polizia perquisì il suo luogo di lavoro e nella dependence di villa San Martino dove sono sistemati gli spogliatoi del personale trovò una busta con circa mezzo etto di cocaina.
Del resto, nella villa viveva, nei primi anni Settanta, quell’eroico Vittorio Mangano che fu poi condannato per traffico di ben altre quantità di droga. Vecchie storie?
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Febbraio 3rd, 2011 Riccardo Fucile
DAL KENIA ALLA BOTSWANA, DAL CONGO AL MADAGASCAR, DAL SENEGAL ALLA COSTA D’AVORIO TUTTO IL MONDO RIDE DI NOI: “UN CORROTTO IMPERATORE ROMANO” , “NESSUN CAPO DI STATO AL MONDO SI COMPORTA IN MANIERA COSI’ INDEGNA”… E QUESTO SAREBBE UN GOVERNO DI DESTRA, ATTENTO ALL’ETICA PUBBLICA?
Silvio Berlusconi sostiene che l’Italia ha conquistato «prestigio e autorevolezza » in campo internazionale grazie ad un premier «che è tra i più influenti e considerati nei vertici mondiali».
Effettivamente, nessun leader politico italiano ha mai raggiunto la sua notorietà mondiale.
Il “Cavaliere” è conosciuto in ogni angolo del globo, tanto da essere diventato un vero e proprio simbolo anche per la stampa africana che, sulla questione, è però nettamente divisa a metà .
C’è chi lo disprezza con tutto il cuore e chi si limita a deriderlo.
Più spesso si limitano a pubblicare i lanci di agenzia che riportano le sue avventure “galanti”, le sue gaffes e i suoi processi,maè negli editoriali che appare tutto il «prestigio e l’autorevolezza» di cui gode il nostro premier.
Per esempio, il keniota “Daily Nation”, in un articolo dello scorso 25 gennaio, non esita a inserire Berlusconi nell’olimpo del “Club Casanova” e pubblica la foto del premier italiano tra quella del presidente sudafricano Jacob Zuma, cinque mogli e venti figli, e quella di Muhammar Gheddafi.
Nel pezzo, Mwaura Samora ricorda però che «il comportamento di Zuma rientra nei confini della cultura zulu», mentre il premier italiano non è famoso solo per le sue avventure galanti ma anche per la corruzione, per le operazioni di chirurgia estetica e per i pessimi accordi anti immigrati con la Libia: «il fasto e la pompa con cui Berlusconi conduce la sua vita privata rimanda l’immagine di un corrotto imperatore romano piuttosto che di un capo di governo».
Non va meglio sul “Botswana Gazette”, dove si ricorda che esistono due scelte possibili in caso di coinvolgimenti negli scandali politici.
«Quella tra il primo ministro italiano che mostra il dito medio al pubblico, rimanendo in carica indifferente alla natura e alla vastità degli scandali in cui sono implicati i suoi uomini, e l’altro, che è quello di riconoscere immediatamente la vergogna della propria politica dimettendosi spontaneamente ».
Inutile spiegare quale era consigliata.
Da altre parti, invece, da tempo si usa deridere i propri leader definendoli “piccoli Berlusconi”, “Berlusconi dei Tropici” o “Berlusconi del fiume Congo”. Si vedano al proposito le edizioni online del “Madagascar Tribune” o del congolese “Le soft”.
Ma c’è chi prende la cosa molto più seriamente.
Lo scrittore senegalese, Boubacar Boris Diop, intervistato dall’ivoriano “Abidjan.net“ chiede che si smetta di guardare solo ai guai africani e ricorda che «nessun capo di Stato al mondo si comporta in maniera così indegna come Berlusconi, che ha rapporti con minorenni e se ne vanta».
Nelle isole Mauritius, invece, si preoccupano del cattivo esempio italiano riguardo alla libertà di stampae si elencano i diversi metodi per ridurre al silenzio i giornalisti.
«In Italia — si legge su “L’Express” – Silvio Berlusconi che controlla personalmente molti media, vuole ridurre al silenzio “l’Unità ” e “la Repubblica” privandoli della pubblicità ».
In un articolo del marocchino “Aujord’hui” dello scorso 5 novembre, Driss Ajbali si dilunga sulle vicende che hanno coinvolto la sua connazionale “Ruby”, spiega il rituale del Bunga Bunga e chiude raccontando di Nadia Macrì «che accarezzava il sogno di andare in televisione ma che, tentando la fortuna è finita per trovarsi nel letto del presidente del Consiglio italiano. Sarebbe stata ricompensata con 10.000 euro.
È un buon pagamento. Grazie signore! (in italiano nel testo)».
Infine, nel lontano Zambia, un giornalista del “Saturday Post” si chiede se gli scandali sessuali non finiscano per portare voti agli implicati, ma, soprattutto, fornisce una spiegazione alla tracimante ilarità del nostro premier: «in Zambia si dice che siccome un babbuino non riesce vedere il proprio “posteriore” considera ridicola la bruttezza del posteriore altrui. Ma se solo sapesse la verità sul proprio posteriore riderebbe meno di quello degli altri».
Il tutto a fianco della foto di uno dei premier «più influenti e considerati nei vertici mondiali».
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Febbraio 3rd, 2011 Riccardo Fucile
LIQUIDATI COME BENEFIT I SOLDI SPESI IN 14 MESI DAL DIRETTORE DEL TG1 PER CENE E VIAGGI, EVITATA L’INCHIESTA SULL’UTILIZZO DELLA CARTA… NON COMUNICATI “PER RAGIONI DI RISERVATEZZA” I VIAGGI A MARRAKECH, CAPRI E DUBAI… PER MASI IL BENEFIT ERA PREVISTO DAL CONTRATTO, MA NESSUNO NE SA NULLA
Per Mauro Masi il caso è chiuso.
“Minzolini ha sempre rispettato le regole e non emergono violazioni”, scrive il direttore generale della Rai in una lettera inviata al consigliere Rizzo Nervo giovedì scorso (numero di protocollo 8676).
Il direttore generale dunque non aprirà alcuna inchiesta interna sulle spese del direttore del Tg1.
Spese per 86.680 euro addebitati sulla carta di credito della Rai in uso a Minzolini nel periodo agosto 2009-settembre 2010.
Ma è proprio la lettera di Masi a aprire nuovi interrogativi.
Perchè il dg, offrendo una copertura totale a Minzolini, scende nei dettagli, svela particolari del contratto del direttore e delle sue trasferte.
Dettagli che secondo Rizzo Nervo configurano l’ipotesi di reati fiscali, come ha scritto nella lettera spedita lunedì al presidente Paolo Garimberti per discutere il caso Minzolini nel cda di domani.
E presto se ne discuterà al settimo piano di Viale Mazzini.
Masi giustifica Minzolini sostenendo che la sua carta di credito è “una sorta di benefit compensativo”.
Per altro concordato con Garimberti “come lui può sicuramente confermare”.
Ma Garimberti non conferma, anzi smentisce seccato: “Non ero in alcun modo a conoscenza che la carta di credito concessa al direttore del Tg1 fosse un benefit compensativo”, scrive il presidente lo stesso giovedì a Rizzo Nervo e a Masi (lettera protocollata con il numero 3639).
Ma c’è di più.
“Non sono a conoscenza di alcun particolare che riguardi il contratto tra la Rai e Minzolini”, aggiunge Garimberti.
Non stupisce la reazione del presidente.
Il benefit infatti, tanto più in un’azienda pubblica, va dichiarato per pagarci sopra le tasse e i contributi previdenziali.
Questa norma non è stata rispettata, e il presidente non ne sapeva nulla.
Nel carteggio con Masi (da due giorni a disposizione di tutti i consiglieri di amministrazione) Rizzo Nervo rileva anche la “stranezza” dei numerosi viaggi di Minzolini: 129 giorni lavorati fuori sede in un anno.
Nel foglio trasferte, solo per un numero esiguo si specifica il motivo del viaggio.
Quale è la ragione di queste “lacune”?
Lo spiega Masi: “Quando non è stato indicato lo scopo della missione ciò è avvenuto per motivi di riservatezza previa autorizzazione telefonica della direzione generale”.
E quali sono le mete “segrete”di Minzolini pagate dall’azienda?
Tra le altre compaiono Marrakech (2 volte), Cannes (2 volte), Ischia, Capri, Positano, Cortina, Taormina, Praga, Istanbul, Dubai, Madonna di Campiglio. Località turistiche di grande prestigio raggiunte nel 90 per cento dei casi durante i week-end, anche lunghi.
Masi però illustra come “questo lavoro di rappresentanza” possa diventare “proficuo per la testata e per l’azienda”.
Ma che qualcosa nel benefit compensativo di Minzolini non abbia funzionato e che l’uso disinvolto della carta di credito comporti dei rischi amministrativi per l’azienda lo ammette lo stesso Masi.
Annunciando nella lettera: “Le carte di credito aziendali assegnate ai direttori di testata sono state sospese su mia iniziativa a far data dal 1 dicembre 2010. Quindi la fenomenologia fin qui segnalata non potrà più, per definizione, verificarsi in futuro”.
Come dire: il problema c’è stato, eccome.
Per questo i consiglieri di minoranza continuano a chiedere un’inchiesta interna fatta dall’apposito ufficio e non si accontentano della lettera “tombale” di Masi.
E sono pronti a riaprire il caso che Masi considera chiuso.
Giffredo De Marchis
(da “La Repubblica“)
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