Febbraio 20th, 2011 Riccardo Fucile
CANCELLATA SENZA MOTIVO “IN MEZZORA” CHE AVREBBE DOVUTO ANDARE IN ONDA DALLA SEDE DI RADIO PADANIA…POCHE ORE PRIMA DELLA DIRETTA SALVINI SCAPPA E DISDICE PERCHE’ RITIENE LA TRASMISSIONE “INOPPORTUNA”… CHE FIGURA DI MERDA: “TEMONO LE OPINIONI A BRIGLIA SCIOLTA DEI LORO ELETTORI E CENSURANO I LORO STESSI VOTANTI” COMMENTA LA ANNUNZIATA
Niente trasmissione odierna di «In 1/2 ora» per Lucia Annunziata.
«La cancellazione della puntata è stata comunicata alle 10 di domenica mattina dal direttore di Radio Padania Salvini, che se ne è assunto tutta la responsabilità .
“Prendiamo atto della cancellazione e lasciamo alla Lega la spiegazione dei motivi della decisione. Una decisione che dispiace, una occasione persa per gli spettatori e per la stessa Lega».
A parlare così in una nota ufficiale diramata da Viale Mazzini è proprio la giornalista Lucia Annunziata che spiega «oggi “In 1/2 ora” non andrà in onda». La trasmissione sarebbe dovuta andare in diretta dagli studi di Radio Padania, secondo quanto annunciato venerdì da un comunicato della Rai, per raccogliere l’opinione degli ascoltatori dell’emittente sui temi della attualità politica.
Negli studi di Radio Padania era prevista la presenza di Lucia Annunziata e del direttore della stessa emittente, Matteo Salvini.
La puntata era concordata e organizzata con i responsabili di Via Bellerio, e allestita dalla Rai.
«Nessun dissidio» con il Carroccio, ma una domanda sì: «Cosa succede dentro la Lega? Perchè temono le opinioni a briglia sciolta dei loro elettori su una tv nazionale?» ha poi aggiunto la conduttrice in diretta su Rai3.
«Abbiamo lavorato per tre giorni in assoluta tranquillità , non c’è stato nessun dissidio: poi stamattina alle 10 la cancellazione è arrivata come un lampo in cielo sereno», ha esordito Annunziata, che in studio con Matteo Salvini, direttore dell’emittente, avrebbe dovuto affrontare con la pancia della Lega i temi di attualità .
«Avremmo voluto ascoltare le opinioni della base su tutte le questioni aperte – ha spiegato ancora l’Annunziata – dall’unità d’Italia all’ipotesi elezioni, all’immigrazione. Poi alle 10 Salvini di stamattina ha spiegato che la puntata era stata annullata perchè considerata inopportuna. Non voglio farne una questione giornalistica, ma giornalisticamente c’è domanda che devo rivolgere a voi: che cosa succede dentro la lega? Perchè temono le opinioni a briglia sciolta dei loro elettori su una tv nazionale? Lega fatti avanti: non ti puoi permettere – ha concluso Annunziata – di censurare i tuoi stessi votanti».
Ma la figura di merda dimostra in quale considerazine i vertici del Carroccio tengono la propria base di “militonti”.
E chi meglio di Salvini poteva prestarsi a questa penosa censura della base leghista?
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Febbraio 20th, 2011 Riccardo Fucile
QUESTI SONO GLI AMICI E I COMPLICI DI BERLUSCONI E MARONI, PER FARE IL LAVORO SPORCO SUGLI IMMIGRATI… UN CRIMINALE CHE ASSOLDA MERCENARI IN AFRICA PER ASSASSINARE I PROPRI CONNAZIONALI CHE CHIEDONO LIBERTA’…L’ITALIA DELLA VERGOGNA E’ DIVENTATA COMPLICE DI UN CRIMINALE
Gravissimo il bilancio delle violenze in Libia: se Human Rights Watch, l’organizzazione per la difesa dei diritti umani basata a New York, alza a 104 il numero di morti registrati a Bengasi in quattro giorni di scontri fra manifestanti anti-regime e forze di sicurezza, le cifre riferite da fonti giornalistiche sono ancora più serie.
Il sito del quotidiano britannico Independent segnala la circolazione di “altre informazioni”, secondo cui ci sono “200 morti e più di mille feriti”: lo riferisce al quotidiano un testimone, Ahmed Swelim, il cui cugino lavora in ospedale.
E fonti mediche dell’ospedale di al-Jala di Bengasi hanno riferito alla tv araba al Jazeera che i morti sono 250 e oltre 700 i feriti.
Lo ha detto il medico Nabil al-Saaiti, che, in un collegamento telefonico con l’emittente qatariota, spiegando che “ieri agenti della sicurezza di origine africana reclutati dal regime hanno aperto il fuoco contro i manifestanti e il numero dei morti è tale che non riusciamo a metterli tutti nella camera mortuaria dell’ospedale per identificarli”.
Il precedente bilancio di Human Rights Watch, riferito a tre giornate, era di 84 morti, modificato al rialzo dopo che nella città libica ieri sono state uccise almeno altre 20 persone.
L’organizzazione precisa di aver formulato la stima, definita “cauta”, contattando testimoni e responsabili di ospedali.
Il governo libico non ha fornito alcuna cifra nè formulato commenti ufficiali sulle violenze.
Il Paese del colonnello Muammar Gheddafi è in preda ad una contestazione senza precedenti contro un potere che dura da più di 40 anni e sta cercando di resistere alle proteste libertarie scoppiate sull’onda delle rivolte in Tunisia ed Egitto.
Il leader libico ha reagito con la forza alle manifestazioni di protesta degli ultimi giorni, schierando la polizia in forze.
Almeno 12 persone sono state uccise ieri in scontri tra dimostranti anti-regime e soldati a Bengasi, ha riferito il quotidiano Quryna vicino a uno dei figli del colonnello, Seif el-islam Gheddafi.
Cecchini hanno sparato sulla folla che partecipava a un corteo funebre.
Ed è stata una notte di scontri anche a Tripoli, ma al momento non è chiaro se vi siano state vittime.
Un gruppo di “estremisti islamici” ha preso oggi in ostaggio poliziotti e civili nell’est della Libia, ha reso noto un alto esponente libico. Il sequestro ha avuto luogo ad Al Baida. “Un gruppo di estremisti islamici, che si fa chiamare ‘emirato islamico di Barka’, tiene in ostaggio dei membri del servizio di sicurezza e alcuni cittadini”, ha detto il responsabile libico, chiedendo di non essere identificato.
Il sequestro, secondo quanto si è appreso, è avvenuto “durante gli scontri degli ultimi giorni”, ha aggiunto la fonte di Tripoli, sottolineando che il gruppo “chiede la revoca dello stato d’assedio imposto dalle forze dell’ordine per evitare che gli ostaggi siano uccisi”.
In Cirenaica, invece, parte dell’esercito si è unita ai manifestanti ad Al Beida, Derna e Tobruk, mentre non ci sono notizie sicure sulla presa di posizione dell’esercito locale nella citta’ di Benghazi.
La situazione risulta critica anche all’aereoporto, dove la popolazione cerca di impedire gli arrivi di mercenari provenienti dai paesi dell’Africa Nera.
Fonti locali riferiscono che il cognato di Gheddafi, Abdallah Senussi, appositamente inviato per sedare la rivolta sia stato ucciso, mentre il figlio del Colonnello, Al Saadi, che era intrappolato all’hotel Tibesti, sia riuscito a fuggire.
Totalmente bloccate le comunicazioni.
Non c’è accesso ad Internet, anche le linee telefoniche verso l’estero sono interrotte da un paio di giorni.
Il governo turco ha nel frattempo inviato degli aerei per far evacuare i propri connazionali.
Vale la pena ricordare lo stretto legame (non solo del bunga bunga) che unisce il governo italiano a quello libico, dopo gli assurdi accordi tra il nostro premier e il dittatore arabo.
Compresa la regalia per presunti danni di guerra per 5 miliardi di dollari concessi alla Libia per fare il lavoro sporco di respingimento e annegamento degli immigrati per conto terzi.
Ora i nostri miliardi serviranno a Gheddafi per pagare quei mercenari da lui assoldati in Benim e in altri Paesi africani per sparare sul proprio popolo.
Berlusconi ha coscientemente finanziato un assassino e un terrorista conclamato che ora, coi nostri soldi, reprime nel sangue la democrazia nel suo Paese.
Ognuno ha gli amici che si merita.
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Febbraio 20th, 2011 Riccardo Fucile
I BERLUSCONES VOGLIONO RIPRENDERSI IL GIORNALE SCOMODO: QUESTO L’OBIETTIVO DEL NUOVO CDA…. IL PDL DA POPOLO DELLA LIBERTA’ A PARTITO DELLA CENSURA , COME NEI PEGGIORI REGIMI COMUNISTI
Un’altra giornata lunga nella trincea de Il Secolo d’Italia.
Spirito da guerriglieri vietcong, titoli strappapelle (“Torna la legge bavaglio”) ostentazione di sentimenti atarassici di fronte al bollettino del calciomercato berlusconiano.
Sospira Flavia Perina: “Hanno messo in moto la fabbrica del fango, e quella del denaro. Hanno prospettato la disintegrazione fisica di chi stava con noi e la ricopertura d’oro di chi passava con loro. Se alla fine di tutto questo — sorride — ci hanno strappato solo tre parlamentari, non mi pare che siamo al tracollo. Sa cosa scrivono oggi i lettori?”
La direttrice de Il Secolo indica uno scatafascio di lettere sul tavolo: “Andate avanti, andate avanti, andate avanti! Se questi sono gli umori di un esercito in rotta io non capisco più nulla di politica”.
Già .
Ora il prossimo obiettivo degli ex An rimasti fedeli al Cavaliere è “prendersi il giornale”.
Lo scrive la stessa direttrice, nell’editoriale che firma stamattina, raccontando che il nuovo Cda de Il Secolo d’Italia, gestito “tutto da berluscones”, ha convocato una riunione per martedì prossimo.
Se mancava un tassello al mosaico, ora non manca più nulla.
La parola d’ordine di Silvio Berlusconi è chiudere l’offensiva contro Futuro e Libertà con una guerra lampo e con un azzeramento totale: prima la cancellazione dei gruppi parlamentari. Poi la sterilizzazione della sua coriacea voce mediatica.
Chiedi a Enzo Raisi se la prospettiva lo spaventi e lui alza le spalle: “No, perchè per quanto possano fare non riusciranno mai a cancellarci o imbavagliarci”. L’uomo macchina di Fli si mostra per nulla spaventato: “Stiamo pagando tutti insieme i prezzi della sottocultura berlusconiana. L’idea che hanno instillato in questi anni, e cioè che la politica sia un mercato sempre aperto, in cui si battono prezzi di asta a tutte le ore, fa impazzire le persone. Rende insanabili o insostenibili i conflitti che prima erano fisiologici. Pagheremo anche questo prezzo, per costruire una prospettiva nuova”.
Se ti aggiri per le stanzette del Secolo ponendo interrogativi sulla sopravvivenza del movimento e sul peso della diaspora, ti rispondono tutti allo stesso modo: “Siamo impegnati in una battaglia mortale, ma abbiamo visto ben di peggio”. Anzi.
Ai finiani futuristi doc, in questo momento, piace respirare l’aria dell’innovazione assoluta, rimarcare che la compravendita dei parlamentari apre spazi a quel microcosmo di società civile che si è fatto strada nel nuovo progetto.
Il sofisticato notista politico Valerio Goletti, per esempio, altri non è che Annalisa Terranova, una delle firme politiche più solide del giornale.
E il ricorso allo pseudonimo non è dovuto a qualche timore politico, ma solo al fatto che la Terranova — come molti altri redattori — firma spesso due o tre pezzi a numero.
Ebbene, Goletti-Terranova, nel giorno del grande big bang, ti racconta che ieri si è insediata la nuova segreteria politica di Fli in cui vengono quasi tutti dalla società civile e dalle professioni.
E chi è il nome simbolo di questo nuovo organismo? Sorpresa.
Il professor Alessandro Campi, che pure aveva criticato alcune recenti mosse di Fini.
Il che è un simbolo del tourbillon che attraversa il partito-movimento. “Quando il gioco si fa duro i duri scendono in campo”, dice scherzosamente Luciano Lanna (condirettore del quotidiano) parafrasando i Blues Brothers.
Vuole dire che le fughe di chi risponde al richiamo della foresta fa tornare in trincea quelli che magari avevano espresso dubbi politici, ma che non accettano il suk.
“Mi rendo conto — spiega ancora la Perina — che quelli della mia generazione, nel bene o nel male, hanno l’abitudine a combattere in prima linea. Mentre molti altri non avevano questa preparazione e hanno pagato un prezzo”.
Non troverete, sul giornale di oggi, invettive contro i transfughi: “Non mi piacciono. Ho visto esercitare pressioni pazzesche — spiega la direttrice — e mi rendo conto che chi non aveva la caratura per sostenerle è rimasto schiacciato”. È davvero così, dunque?
L’eterna favola del pugno di coraggiosi che resiste a tutti e a tutto?
Ovviamente no, perchè dietro le professioni di sicurezza emergono anche paure e dubbi. E anche i rischi.
L’onorevole Menardi, quando ha dovuto motivare il suo distacco ha evocato la madre: “Ha 92 anni. Quando mi ha chiesto se davvero Fini stava andando con i comunisti mi sono reso conto che ci stavamo allontanando dal nostro elettorato”. Italo Bocchino, al contrario su questo è categorico: “I piccoli spostamenti di ceto politico non cambiano la novità del nostro messaggio, anzi.
Il volto indispensabile di Fli è uno solo: quello di Gianfranco Fini”.
Come dire che epurandosi ci si rafforza. Di questo i futuristi sono convinti. Sorride, Raisi: “Volete sapere un retroscena illuminante? Menardi aveva deciso di andarsene anche perchè, forse ingiustamente, gli era stato preferito Rosso, ex forzista, come coordinatore regionale. Il bello è che Rosso se n’è andato un minuto dopo di lui”.
Ma il big bang è anche il pretesto per chiarire dispute identitarie antiche.
La Perina è sarcastica: “Te lo immagini cosa diventano la nostra storia e questo giornale se il Secolo finisse nelle mani dei berluscones? Paginate regalate al fascismo di cartapesta di Lele Mora. Quello con la suoneria di Faccetta nera, che grida a Formigli ‘Spero che i fascisti arrivino a prenderti a calci!’, e poi imbarca le ragazzine da portare a Villa Certosa!”.
Sì, è una resa dei conti finale, tra modelli culturali e politici: “Il processo di berlusconizzazione — dice Raisi — aveva contagiato anche le classi dirigenti. Anche noi. Ora, qualunque cosa accada, abbiamo fatto un punto e a capo”.
Luca Telese
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Febbraio 20th, 2011 Riccardo Fucile
PER RECUPERARE GETTITO, LE BOLLETTE AUMENTANO A RITMO DOPPIO DELL’INFLAZIONE…DUE COMUNI FALLITI FATTI RIENTRARE NELL’ELENCO DELLE AMMINISTRAZIONI VIRTUOSE: I CASI DI CATANIA E TARANTO
In Italia capita anche questo.
Succede che due Comuni praticamente falliti finiscano nell’elenco delle amministrazioni più virtuose, quelle premiate dallo Stato con la possibilità di spendere più soldi rispetto ai limiti ferocemente imposti dal Patto di Stabilità . Possibile che nella lista ci sia anche Catania?
La città dove il neosindaco Raffaele Stancanelli, appena eletto a metà 2008, denunciò con le mani tra i capelli un miliardo di debiti nascosti nelle pieghe del bilancio?
Dove il suo predecessore era inseguito da torme di creditori di tutte le specie, dai librai cittadini alle ballerine brasiliane?
Dove le strade erano al buio perchè non erano state pagate le bollette dell’Enel?
E dove, per assurdo, il bilancio di quel 2008 appariva talmente in ordine da far guadagnare a Catania un premio da 983.411 euro?
Premio, per inciso, negato a città mai censurate per cattiva amministrazione, come Sondrio, Belluno, Asti…
Catania come Taranto.
Comune dichiarato ufficialmente in dissesto finanziario e sommerso da un debito pazzesco di 616 milioni di euro, dove succedeva davvero di tutto. Perfino che 23 dipendenti, dopo essersi aumentati lo stipendio da soli rubando alle casse municipali 5 milioni, restassero miracolosamente al loro posto.
Una città talmente sprofondata nel buco nero dei debiti, che i liquidatori ci hanno messo tre anni per ricostruire la contabilità e pagare i creditori.
Con i denari dei contribuenti, naturalmente.
Gli stessi quattrini che due anni dopo hanno permesso alla città di incassare un bel «premio» da 1.378.069 euro.
Difficile spiegare tutto questo.
Una sola cosa è certa: l’elezione diretta di sindaci e governatori e la riforma del Titolo V della Costituzione, voluta nel 2001 dal centrosinistra, hanno dato agli amministratori locali maggiori poteri, ma non maggiori doveri.
Da allora ad oggi metà della spesa pubblica è passata dal centro alla periferia, ma il compito di tassare i contribuenti è rimasto allo Stato, perchè Regioni, Comuni e Province sono responsabili solo del 18% delle entrate.
La finanza locale, già caotica, è diventata ancora più disordinata.
E indebitata, perchè mentre montava il caos normativo e istituzionale, da Roma, inseguendo il risanamento dei conti pubblici, hanno cominciato a tagliare i trasferimenti di bilancio.
Fatto sta che oggi gli italiani si trovano appesantiti, solo a livello locale, da 45 fra tasse, tributi, canoni, addizionali, compartecipazioni, con la pressione fiscale complessiva che è schizzata nel 2009 al 43,5%, al terzo posto fra i Paesi dell’Ocse.
Nonostante le promesse di riduzione e semplificazione che ci sentiamo ripetere da almeno dieci anni.
Per raggranellare denaro i sindaci hanno dato sfogo alla fantasia.
Alcuni hanno anche rispolverato la «tassa sull’ombra» del 1972, che colpisce «la proiezione sul suolo pubblico di balconi, tende e pensiline».
Con le casse sempre più vuote, ma nessuna voglia di incidere sulle spese improduttive, gli enti locali hanno di fatto scaricato sui cittadini i sacrifici imposti dal governo centrale.
Aggirando ad esempio il blocco delle addizionali comunali sull’Irpef, in vigore dal 2008, pompando le tariffe.
Anche i governi, poi, ci hanno messo del loro.
Per esempio con l’abolizione dell’Ici sulla prima casa, l’unica tassa «federalista» vigente in Italia, sacrificata sull’altare dell’ultima campagna elettorale.
E pazienza se, come rivelava uno studio dell’Ifel, l’istituto di ricerca dell’Anci, tra il 2004 e il 2009 le tariffe comunali sono cresciute a una media del 3,5% annuo.
Il doppio dell’inflazione, con punte stratosferiche per i rifiuti (+29% tra il 2004 e il 2009, e continuano ad aumentare) e i servizi idrici, le cui tariffe crescono in media del 5% l’anno.
Dopo l’immondizia e l’acqua, l’ondata dei rincari nel 2010 e in questo primo scorcio del 2011 si è abbattuta su asili nido, mense scolastiche, piscine e impianti sportivi, musei, servizi cimiteriali, trasporto locale.
E nel Milleproroghe, appena approvato dal Senato, c’è una nuova sorpresa: tutti i Comuni, anche quelli che non si trovano in emergenza rifiuti, potranno aumentare le tariffe fino a coprire l’intero costo del servizio.
Incrociamo le dita.
Il caso dell’Ama, che oltre ad essere l’azienda municipalizzata per l’ambiente del Comune di Roma è anche uno straordinario collettore di voti, forse vale per tutti come cattivo esempio di amministrazione.
Il bilancio del 2008 si è chiuso con una perdita monstre di 257 milioni di euro. E il 2009 sarebbe stato archiviato con un altro buco di 70 milioni, senza il contributo di 30 milioni erogato dal Comune e l’aumento delle tariffe per ben 40,8 milioni di euro.
E tutto questo mentre i crediti verso gli utenti morosi aumentavano, in dodici mesi, di 108 milioni, raggiungendo la cifra astronomica di 623 milioni di euro. La circostanza non ha comunque impedito all’azienda di assumere nuove legioni di dipendenti: 91 nel 2008, 489 nel 2009, 766 nel 2010.
Impiegati, netturbini, perfino 164 spalatori di foglie ingaggiati in un colpo solo. Poi, naturalmente, anche parenti e amici dei politici.
Per rendersi conto del disordine che regna negli enti locali del nostro Paese, del resto, è sufficiente dare uno sguardo a una tabella elaborata dal senatore Marco Stradiotto, componente della Bicamerale sul federalismo, sui dati del ministero dell’Interno.
Si scopre, per esempio, che su ogni cittadino di Cosenza grava un costo del personale comunale di 506 euro l’anno: quasi il doppio rispetto a una città poco più grande come Cesena (271 euro), e addirittura il 117% in più nei confronti di Catanzaro (233).
Per non parlare delle differenze macroscopiche che ci sono fra Regione e Regione.
La Sicilia, con metà dei residenti della Lombardia, sopporta una spesa per il personale regionale nove volte superiore (un miliardo 782 milioni contro 202 milioni).
E investe nelle infrastrutture ferroviarie 13,9 milioni l’anno, 57 volte meno della Lombardia (786 milioni).
Differenze eclatanti, che danno anche la dimensione dell’assistenzialismo in salsa locale.
Il bello è che cominciano a saltare fuori solo adesso.
Dopo che i tecnici della Commissione mista tra governo ed enti locali per l’attuazione del federalismo, guidata da Luca Antonini, sono quasi impazziti per riportare su base omogenea i bilanci dei Comuni, dove molte spese sono nascoste dall’esternalizzazione dei servizi, e delle Regioni, scritti in quindici modi diversi.
In attesa di quello fiscale, in Italia regna da sempre il federalismo contabile, nel senso che ognuno si fa il bilancio a modo suo.
E a nulla sono valsi, finora, i tentativi di mettere un po’ d’ordine.
Vi siete mai chiesti perchè da qualche tempo in qua se un’amministrazione di destra sostituisce una di sinistra, o viceversa, la prima cosa che fa è mettere i libri contabili in mano a un ispettore del Tesoro?
Certamente per scaricarsi delle responsabilità dei predecessori.
Ma anche perchè i bilanci sono così complicati e poco trasparenti che dentro ci si può nascondere di tutto.
Dalla due diligence eseguita dalla Ragioneria generale dello Stato sui conti della Campania, richiesta dall’attuale governatore Stefano Caldoro, sono saltati fuori «bilanci di previsione fortemente sovradimensionati rispetto al reale andamento degli impegni, e pagamenti ancora più incoerenti».
Per dire poi come sia possibile piegare i bilanci a ogni esigenza, la Regione, allora guidata da Antonio Bassolino, ha pagato spese che non potevano essere coperte facendosi prestare i soldi dalle banche.
Come la manutenzione dei boschi (210 milioni), oppure il servizio di «monitoraggio» (21 milioni) del patrimonio forestale alla Sma Campania, società partecipata dalla Regione che aveva assunto 568 lavoratori socialmente utili.
Le cose non vanno meglio con i bilanci dei Comuni.
Nell’estate del 2010 la Corte dei conti ha trovato in quello di Foggia cose turche.
Non esisteva un inventario dei beni comunali, ma in compenso c’era un contenzioso civile devastante, con decreti ingiuntivi per 30 milioni.
Nel bilancio erano contabilizzate come residui «attivi» somme impossibili da incassare. Insomma, una baraonda totale.
I decreti attuativi sul federalismo fiscale ora promettono di metterci una pezza, imponendo l’omogeneità dei bilanci.
Ma non a tutti, perchè per le Regioni a statuto speciale le regole sono dettate dagli Statuti, che hanno rilevanza costituzionale.
Dietro l’angolo si profilano altre insidie, ma non si può che partire da qua. Facendo ordine nel caos dei numeri, mettendo al bando con la trasparenza i giochi di prestigio degli amministratori furbacchioni.
Poi toccherà ai cosiddetti «fabbisogni standard», che dovrebbero far superare il principio della «spesa storica», grazie al quale vengono premiate le amministrazioni più spendaccione.
Di che cosa si tratta?
Si stabilisce sulla base di parametri economici e territoriali qual è il costo efficiente di un servizio: la polizia locale, l’asilo nido, l’impianto sportivo…
Chi vuole spendere di più si arrangi.
Dallo Stato non arriverà un euro in più: o si risparmia altrove, o bisognerà aumentare le tasse, e poi rendere conto, ai propri elettori.
Ma questo, come vedremo nelle prossime puntate, non è affatto «federalismo».
Anche Luca Antonini parla di «razionalizzazione della spesa pubblica».
La devolution è un’altra cosa.
Anche se ci ostiniamo a chiamarla così.
Mario Sensini e Sergio Rizzo
(da “Il Corriere della Sera“)
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Febbraio 20th, 2011 Riccardo Fucile
UNA VALANGA DI FAVORI, PRIVILEGI, AUMENTO DI ACCISE E ADDIZIONALI…LA LEGA SALVA 70 ALLEVATORI DISONESTI E RINVIA ANCORA IL PAGAMENTO DELLE QUOTE LATTE: COSTO 30 MILIONI…IN CASO DI CALAMITA’ I CITTADINI DELLA REGIONE COLPITA SI PAGHERANNO PURE UNA TASSA ADDIZIONALE…IL FONDO DELLA PROTEZIONE CIVILE FORSE SERVE SOLO A COSTRUIRE PISCINE TAROCCATE
Altro che assalto alla diligenza: il Milleproroghe come uscito dalle Commissioni Bilancio e Affari costituzionali del Senato contiene una valanga di favori, privilegi, disposizioni oscure, tutte a carico dei cittadini onesti.
Prelievi sul cinema, per le calamità , aumenti di accise e di addizionali.
Il testo è stato varato ieri dalle commissioni e lunedì sbarcherà in Aula.
Dove già si preannuncia il maxiemendamento: sarà il governo a riscrivere tutto.
Ad agitare la bandiera della vittoria è come al solito la Lega, che perentoriamente difende una settantina di allevatori disonesti, concedendo una pioggia di denaro per il rinvio delle quote latte.
Siamo al secondo rinvio di sei mesi, e – caso strano – si passa dagli originari 5 milioni stanziati addirittura a 30milioni: sei volte di più.
Senza alcuna ragione apparente.
Tanto per capire, si taglia al welfare, alle pari opportunità , al ministero dell’Economia, allo sviluppo, per pagare chi ha infranto le regole.
Uno schiaffo ai cittadini, ma anche all’antagonista ministro Giancarlo Galan (Pdl), che glissa sull’argomento.
Ancora peggio si è fatto sulle calamità naturali e le emergenze.
Un emendamento Pdl – approvato – dispone che in caso di calamità sarà la Regione interessata a dover aumentare tributi, aliquote o addizionali per provvedere all’emergenza.
Se tutto ciò non dovesse bastare, si potrà decretare l’aumento dell’accise sulla benzina fino a un massimo di5 centesimi al litro.
Solo in seconda battuta si potrà accedere al fondo speciale della Protezione Civile, che poi dovrà essere «corrispondentemente e obbligatoriamente rientegrato con lemaggiori entrate derivanti dall’aumento dell’accise sul gasolio» sempre in misura di massimo cinque centesimi per litro.
A questo punto ci si chiede: a che serve il fondo della Protezione civile? Forse a costruire piscine per i campionati di nuoto?
Stessa cosa vale per l’emergenza rifiuti.
Cittadini soffocati dalla spazzatura e tartassati dal fisco regionale.
Sarebbe questo il federalismo sbandierato dal centrodestra: ognuno fa per sè.
Nessuna solidarietà .
Grazie al pressing delle opposizione, passa la sospensione dei tributi per gli aquilani.
Nelle ultime ore di votazione rispunta anche il «condono mascherato » per la Campania: non si abbatteranno le abitazioni abusive.
Insorgono gli ecologisti, ma il parlamentare Nicola Cosentino definisce l’operazione «un sostegno alle famiglie».
Movimenti anche sulla Consob, dove scompare il trasferimento a Milano, ma resta una generica riorganizzazione e l’ipotesi di un trasferimento da altra amministrazione con trattamento economico adeguato all’Authority.
Altri «favori» ai traghetti inquinanti sui laghi lombardi, che restano inquinanti. E poi tre posti in più nella giunta di Roma.
Ora la palla passa a Tremonti.
Ma di palle ne abbiamo già sentite abbastanza.
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Febbraio 20th, 2011 Riccardo Fucile
LE CERCANO TUTTE PER BLOCCARE IL PROCESSO… LA FINTA DESTRA DEI VIGLIACCHI A PAROLE “NON ASPETTA L’ORA DI PRESENTARSI DAVANTI AI GIUDICI NATURALI”, NEI FATTI SCAPPERA’ COME SEMPRE DAL GIUDIZIO GRAZIE AL VOTO IN AULA
Il legale del premier e senatore del Pdl Piero Longo lo ribadisce per l’ennesima volta: il Tribunale di Milano non è competente a giudicare sul “caso Ruby”.
Così tutti danno ormai per scontata l’intenzione della maggioranza di sollevare conflitto di attribuzione davanti alla Consulta.
C’è chi assicura che lo farà la Camera, chi sostiene che lo farà il governo. Intanto, il Pdl potrebbe presentare lunedì, in Giunta per le autorizzazioni, una iniziativa in tal senso nella quale si ribadirebbe l’incompetenza del tribunale di Milano.
E puntare su una sorta di braccio di ferro con l’Ufficio di presidenza di Montecitorio (passaggio obbligato per qualsiasi richiesta) dove il centrodestra è, almeno sulla carta, in minoranza.
L’obiettivo sarebbe di metterlo in competizione proprio con la Giunta dove Pdl e Lega invece avrebbero i numeri sufficienti per far passare la richiesta di conflitto: un via libera – si ragiona- del quale non potrebbe non tener conto l’organismo presieduto dal presidente della Camera.
Ma la Corte Costituzionale sembra voler mettere le mani avanti osservando, attraverso un suo autorevole esponente, che sulle questioni di giurisdizione possa decidere solo ed esclusivamente la Corte di Cassazione.
Lo prevede l’articolo 37 della legge n.87 del 1953: una norma piuttosto chiara nella quale, a proposito delle competenze della Consulta, dice che per le questioni di giurisdizione «restano ferme le norme vigenti».
Il che significa che è solo il codice di procedura penale a disciplinarle.
La Corte Costituzionale, si rammenta, potrà intervenire nel caso in cui ci siano due istituzioni che rivendichino ognuna per sè lo stesso potere-prerogativa.
Ma il caso Ruby, si osserva, è un pò diverso.
Qui c’è la Camera che si è espressa per l’incompetenza del Tribunale di Milano, senza che poi quest’ultimo, ad esempio, abbia indicato a sua volta il Tribunale dei ministri come ufficio competente.
Fino a che insomma, non si ravviseranno due ‘litigantì non ci sarà alcun conflitto da sollevare.
A meno che per ‘litigantè non passi la Camera che, prima con la Giunta per le Autorizzazioni e poi con l’Aula, aveva indicato competente il Tribunale dei ministri.
Nel caso di Abu Omar, ad esempio, fu il governo da solo a sollevare conflitto per togliere la competenza al procuratore aggiunto di Milano, Armando Spataro.
La Camera, comunque, sottolinea l’ex presidente Luciano Violante (Pd) potrebbe anche sentirsi privata del potere di dare o negare l’autorizzazione a procedere.
«E poi – incalza il senatore dell’Idv Luigi Li Gotti – basta anche con il tirare in ballo continuamente il ‘precedente Matteolì! Questo, infatti, riguardò la procedura adottata dal Tribunale dei ministri in quella determinata situazione. Ma il Tribunale dei ministri nel caso Ruby ancora non è stato investito di alcun processo. Quindi quelle che spara la maggioranza sono solo fandonie…».
La soluzione prospettata da alcuni esponenti del Pdl di sollevare comunque il conflitto alla Camera sembra poi una strada in salita anche perchè, nell’ufficio di presidenza di Montecitorio che deve valutare se accogliere o meno la richiesta per sollevare il conflitto di attribuzione, il centrodestra non ha la maggioranza.
I tecnici del Pdl, comunque, sono al lavoro anche su altri fronti.
È di queste ore la notizia secondo la quale si starebbe studiando anche una norma per rimodulare il reato della prostituzione minorile facendolo scattare solo in caso di “infra-14enni”.
(da “La Stampa“)
argomento: Berlusconi, Costume, denuncia, emergenza, Giustizia, governo, Parlamento, PdL, Politica, radici e valori | Commenta »