Febbraio 13th, 2011 Riccardo Fucile
OVAZIONE PER GIULIA BONGIORNO A ROMA: “NON SI SELEZIONA LA CLASSE DIRIGENTE CON I FESTINI, CHI TACE E’ COMPLICE, HANNO PAURA DI VOI”…ANCHE “DESTRA DI POPOLO” PRESENTE ALLA MANIFESTAZIONE DI GENOVA…FINI: “BASTA CONSIDERARE LA DONNA IN BASE ALLA SUA AVVENENZA E ALLA SUA DISPONIBILITA'”
Donne e uomini in piazza in tutta Italia (e non solo) per la dignità : la parola d’ordine è “se non ora, quando?”.
In 230 città della Penisola si sono svolte manifestazioni «per chiedere più rispetto per libertà e i diritti delle donne», senza bandiere di partiti e sindacati, ma con la precisa richiesta di dimissioni del premier Berlusconi.
In piazza del Popolo a Roma decine di migliaia di persone si sono radunate sotto un palco rosa con lo slogan “tempo di esserci tutte e tutti, vogliamo un Paese che rispetti le donne”.
Ripetuto un grido rivolto al presidente del Consiglio: «Dimettiti».
L’attrice Isabella Ragonese ha dato il via alla manifestazione: «Sono una bambina, non ho fatto il femminismo, sono una precaria, sono una madre, sono una commessa, un’impiegata e oggi mi dimetto da tutto. Oggi 13 febbraio scendo in piazza» ha detto tra gli applausi.
Quindi è partito dal palco l’urlo delle donne indignate, dopo un minuto e mezzo di silenzio: «Se non ora quando?», e la piazza ha risposto «Adesso!». Presenti a Roma lo stato maggiore del Pd, ma segretario e parlamentari restano lontani dal palco, mischiati tra la folla.
La deputata di Fli Giulia Bongiorno ha parlato dal palco: «Non sono qui per criticare i festini hard, ma per farlo quando diventano sistema di selezione della classe dirigente – ha detto nel suo intervento, applauditissimo -.
Chi tace in questa situazione può diventare complice. Questa non è una piazza di moralisti, come ha detto qualcuno nei giorni scorsi, questo è un modo per sminuire la vostra presenza qui. Si ha paura di voi».
Una selva di fischi si leva quando dal palco viene citato Giuliano Ferrara. Molte le voci in difesa del presidente della Repubblica Napolitano.
La manifestazione romana si è chiusa con la “conta” («Siamo più di un milione nel mondo» ha detto l’attrice Angela Finocchiaro) e con l’intervento di Francesca Izzo, la docente universitaria stratega dell’iniziativa. «Da questa piazza non si torna indietro – ha detto -. Il prossimo appuntamento è per l’8 marzo e poi insieme ci impegniamo a costruire gli Stati Generali delle donne italiane, aperti anche agli uomini, che serviranno a far sentire la nostra voce».
C’è stata anche una deviazione imprevista. Numerose donne (oltre un migliaio) si sono staccate dalla manifestazione in piazza del Popolo ed è partito un corteo spontaneo che ha raggiunto Montecitorio: le manifestanti, urlando slogan contro il premier, hanno scavalcato le transenne e sono arrivate davanti alla porta della Camera.
A Milano l’appuntamento era in piazza Castello, dove si sono radunate 60mila manifestanti (secondo gli organizzatori) accomunati dalla sciarpa bianca, sotto una selva di ombrelli per la pioggia.
«Questo è un prologo» ha detto Antonio Di Pietro, che ha partecipato al raduno milanese, del referendum sul legittimo impedimento che lui chiede sia fissato il 19 maggio, cioè con il secondo turno delle amministrative.
Presenti anche Nichi Vendola, il candidato sindaco Giuliano Pisapia e la consigliera di zona del Pdl Sara Giudice, che ha raccolto le firme per chiedere le dimissioni di Nicole Minetti.
Manifestazioni in tutta Italia
A Napoli sono scese in piazza 100mila persone: niente bandiere, solo un tricolore. Molte donne indossavano magliette bianche con la scritta “Mi riprendo il mio futuro”.
A Palermo diecimila manifestanti in piazza Verdi: presenti anche molti uomini e famiglie con bambini. «Senza rendercene conto – dicono alcune delle partecipanti – abbiamo superato la soglia della decenza. Il modello di relazione tra donne e uomini, ostentato da una delle massime cariche dello Stato, incide profondamente negli stili di vita e nella cultura nazionale, legittimando comportamenti lesivi della dignità delle donne e delle istituzioni». I sardi hanno risposto con manifestazioni in una ventina di piazze all’appello del Comitato organizzatore “Se non ora quando”.
A Cagliari c’erano personalità dello spettacolo, della cultura, del mondo cattolico, universitario, della politica, non solo del centrosinistra.
A Bari un corteo di 10mila persone ha sfilato per le strade, presenti anche migliaia di uomini; sugli striscioni “chi governa deve dare il buon esempio e non chiedere il legittimo impedimento”, “indisponibile”.
A Pescara piazza Sacro Cuore si è riempita come non accadeva da decenni; assenti i rappresentati del Comune, guidato da una giunta di centrodestra.
A Pesaro un migliaio di persone ha partecipato alla mobilitazione in piazza del Popolo: “siamo stufe di mantenere una classe dirigente venduta e comprata”, “vogliamo dignità “, “non sono una sua dipendente” si leggeva sugli striscioni.
Migliaia di persone anche in piazza dei Giudici a Firenze.
A Genova più di cinquemila persone si sono ritrovate in piazza Caricamento; presente il sindaco Marta Vincenzi.
Ha partecipato al corteo anche una delegazione di “Destra di Popolo” con il nostro direttore.
A Torino piazza San Carlo era affollata come nelle storiche manifestazioni del Primo Maggio. «Siamo 100mila» dicono gli organizzatori.
A Trieste tremila persone hanno affollato piazza Unità d’Italia.
Le donne italiane sono scese in piazza anche all’estero.
A Tokyo un gruppo di manifestanti ha protestato «contro il degrado della politica e della cultura».
Un migliaio di donne, ma anche tanti uomini e famiglie al completo, si è radunato a Bruxelles: sui cartelli “noi non siamo in vendita”, “ora, te ne devi andare ora”, “bandire Berlusconi dal Consiglio europeo”, “Silvio enjoy bunga bunga in jail”.
Più di 150 persone hanno partecipato al presidio davanti alla sede delle Nazioni Unite di Ginevra.
A Londra alcune centinaia di persone, molti gli uomini, si sono raggruppati sul marciapiede di Whitehall.
Durissimo l’intervento di Gianfranco Fini all’Assemblea Costituente di Futuro e Libertà a Milano: «Basta considerare la donna in ragione della sua avvenenza e della disponibilità . Siamo diventati lo zimbello del mondo occidentale».
«La dignità delle donne deve riguardare tutti, destra, sinistra e anche noi uomini» ha detto il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini.
E la presidente del Partito Democratico Rosy Bindi, anche lei in piazza del Popolo: «Vogliamo porre al centro della nostra vita e della vita del Paese la parole dignità , dignità della persona, della donna, della democrazia».
argomento: Berlusconi, Costume, denuncia, destra, destradipopolo, emergenza, Futuro e Libertà, Genova, Giustizia, governo, Politica, radici e valori | Commenta »
Febbraio 13th, 2011 Riccardo Fucile
“DIMETTITI E UN MINUTO DOPO MI DIMETTERO’ ANCHE IO, POI CI CONTEREMO ALLE ELEZIONI; LUI E’ PREMIER PERCHE’ HA PRESO I VOTI DI UOMINI E DONNE DI AN”…”IL PDL NON HA SENSO DELLE STATO E DELLE ISTITUZIONI”
«Non posso mettere insieme il ruolo politico e il ruolo di presidente della Camera. Oggi stesso mi autosospenderò da presidente di Fli, ma non ripetiamo errori del passato, serve una governance chiara del partito».
Così Gianfranco Fini dal palco, subito dopo essere stato acclamato primo presidente di Futuro e Libertà dall’Assemblea costituente del partito.
Un durissimo attacco a Berlusconi nel suo intervento-fiume, concluso con una sfida: «Lancio questa sfida al presidente del Consiglio: sono pronto a dimettermi domani mattina se prende atto che se io sono presidente della Camera anche perchè ho preso i voti di Forza Italia, lui è premier anche perchè lo hanno votato tanti uomini e donne di An. Credo che faremmo entrambi una splendida figura nel momento in cui dicessimo “Ci si dimette”, per consentire agli italiani di esprimersi con il voto», ha aggiunto il presidente della Camera.
«Immagino già i flash delle agenzie – ha proseguito Fini rivolgendosi alla platea -, ma state tranquilli: Berlusconi non lascerà la sua poltrona. Troverà sempre qualcuno “disponibile” per andare avanti. Questo è il suo intendimento».
«Grazie per la fiducia con cui mi avete voluto onorare», aveva ringraziato Fini dopo la standing ovation che ha accolto il suo arrivo sul palco.
«Nel corso di queste settimane ha preso corpo un piccolo miracolo e ha preso corpo in questa Assemblea Costituente».
«Questi pochi mesi di vita di Fli hanno segnato la storia politica italiana», ha aggiunto Fini.
«Questa assise ha dimostrato l’unicità della nostra linea politica. La distinzione tra falchi e colombe era fittizia. È evidente che non c’è una diversità di linea politica».
L’allusione di Fini era alle voci secondo cui alcuni senatori, capitanati da Pasquale Viespoli e da Adolfo Urso, avrebbero minacciato uno strappo perchè contrari alla nomina di Bocchino coordinatore unico e di Menia capogruppo alla Camera.
«Futuro e Libertà non nasce per una scissione, non nasce per creare un gruppo chiuso, per ribellione al presidente del Consiglio nasce per coerenza al progetto del Popolo della Libertà che avevamo contribuito a fondare. Nasce perchè il Pdl non era un partito liberale, era altro», ha detto ancora Fini.
«Bisogna nutrire un profondo rispetto per le istituzioni, avere un profondo rispetto per lo Stato».
«Bisogna avere rispetto per la Costituzione e per quel patriottismo italiano». Quindi ha cominciato la sua durissima critica a Berlusconi: «Essere di destra significa avere senso dello Stato e rispettare anche la prima parte della Costituzione, compreso l’articolo 3. La sovranità popolare non significa impunità , non significa infischiarsene della Costituzione, non significa essere al di sopra della legge. Neanche se si è eletti con il 99% dei voti».
«Il Pdl – ha aggiunto poi Fini in un altro passaggio del suo intervento – non ha senso dello Stato e delle istituzioni. La cronaca di questi giorni ci dà ragione quando dicevamo che dentro il Pdl il concetto di identità nazionale non è solo sventolare il tricolore ma il senso di appartenere a una comune storia».
E ancora: «Il Pdl sta massacrando i valori della destra, li sta rendendo ridicoli, rischia di cancellarne la memoria per i prossimi dieci anni».
Un altro passaggio del discorso di Fini riguarda i rapporti tra politica e magistratura: «È sacrosanto dire “Si abbassino i toni, si evitino scontri”, ma se i ministri dicono che i primi che devono abbassare i toni sono i magistrati è evidente che c’è un approccio da parte di qualcuno nell’esecutivo che non può portare al raffreddamento del confronto. I magistrati indagano, se sbagliano pagano, al pari dei cittadini, ma la politica non può attaccare frontalmente la magistratura».
E ancora: «Noi non ci siamo messi di traverso alla riforma della giustizia, ma a una riforma finalizzata a garantire posizione personali e non certo a migliorare la giustizia in Italia».
“Nessuna impunità , Italia zimbello dell’Occidente”
Sul «caso Ruby», Fini ha detto: «È motivo di dolore per tutti gli elettori che si identificano anche all’estero con il centrodestra, ed è anche motivo di imbarazzo per molti dirigenti del Pdl, visto che siamo diventati lo zimbello del mondo occidentale per comportamenti che nulla hanno a che vedere con le dinamiche politiche».
«Basta considerare la donna in ragione della sua avvenenza, disponibilità », ha aggiunti Fini.
Per il presidente della Camera è necessario anche proporre ai giovani «una sogno, una bandiera ideale» perchè «ai nostri figli non si può far balenare l’idea che c’è sempre una scorciatoia per arrivare al successo, e che il valore più importante è il denaro».
Fini ha poi delineato la futura strategia del suo partito.
«Berlusconi ha la sua maggioranza, è in grado di andare avanti, dobbiamo prendere atto della sconfitta del 14 dicembre. Non è attendendo l’esito dei processi che si supera Berlusconi o lo si archivia, ma agendo nella società italiana», ha detto.
«No ad ulteriori scontri in Parlamento, noi dobbiamo stare dentro la società », ha aggiunto.
«Si sta affacciando l’idea non di un terzo polo, ma di una forza che abbia una forte volontà riformista e consideri la società moderata il suo interlocutore naturale. Non il terzo polo, ma il polo degli italiani o della nazione, che ambisca a costruire un bipolarismo degno di tale nome. Ovunque bipolarismo è il confronto fra i moderati che mette a margine gli estremi, mentre in Italia è il confronto fra gli estremisti che emargina la maggioranza moderata. Il terzo polo non è la politica dei due forni, non è lucrare il massimo degli interessi – ha aggiunto – ma è costruire una casa comune per chi non vuole l’asse Berlusconi-Lega o Di Pietro-Vendola».
In conclusione, ecco il progetto esposto da Fini: «Impegniamo i prossimi mesi per la riforma parlamentare che porti alla nascita della Camera delle regioni o Senato federale che dir si voglia. Naturalmente dopo aver cambiato la struttura del Parlamento nell’agenda deve cambiare anche la legge elettorale».
E poi «è ipotizzabile andare a votare nella primavera dell’anno prossimo, in modo da prefigurare una via d’uscita concordata. Andiamo a votare consegnare agli italiani una nuova Italia».
«Viva Futuro e libertà , viva l’Italia» le ultime parole di Fini, a conclusione di un’ora e mezza di intervento. I 5.000 presenti si sono alzati per tributargli una seconda ovazione.
Brevissimo «intermezzo» durante la prima parte del discorso di Fini: un uomo con un completo color verde pisello (lo stesso che sabato aveva fatto irruzione alla convention del Pd con Bersani e Pisapia, sempre a Milano) è improvvisamente comparso sul palco, alle spalle del presidente della Camera, ma è stato immediatamente circondato dagli uomini della sicurezza e portato all’esterno della strutture fieristica che ospita il congresso.
Il tutto è durato qualche secondo. «Nessun problema – ha detto Fini dal palco -. Se voleva manifestare il suo affetto non ci sono problemi, se voleva invece manifestare dissenso, non ci fa paura. Chiedo solo agli addetti alla sicurezza di non maltrattarlo più di tanto».
argomento: Berlusconi, denuncia, destra, elezioni, emergenza, Fini, Futuro e Libertà, governo, Parlamento, PdL, Politica, radici e valori | 1 Commento »
Febbraio 13th, 2011 Riccardo Fucile
IL PRESIDENTE DELLA CAMERA: “SOVRANITA’ POPOLARE NON E’ IMPUNITA, LA COSTITUZIONE VA RISPETTATA”… “CERTI MINISTRI AIZZANO LO SCONTRO CONTRO LE TOGHE”….”SIAMO DIVENTATI LO ZIMBELLO DEL MONDO OCCIDENTALE”
Qui c’è un piccolo miracolo che si è tradotto con questa assemblea. E che arriva dopo lo scetticismo di molti ed il travaglio interiore iniziati con il percorso intraprese il 29 luglio e cioè con la nostra estromissione dal Pdl”. Il presidente della Camera Gianfranco Fini, interviene così all’assemblea costituente di Fli che l’ha nominato presidente.
Sferrando affondi a Berlusconi e al Pdl, rivendicando il progetto futurista (federalismo, legge elettorale, poi elezioni nella primavera del 2012).
E sfidando il Cavaliere: “Dimettiamoci entrambi e poi si vada al voto”.
Il presidente della Camera inizia il suo intervento attaccando il premier e prendendo spunto dall’appello ad abbassare i toni lanciato dal presidente della Repubblica.
“No alla scorciatoia per una deriva plebiscitaria, ci sono le regole della Costituzione – dice il presidente di Fli – Non si può richiamare a ogni piè sospinto la sovranità popolare, neppure se si è eletti con il 99,9% dei consensi, e dimenticare che non ci si può considerare al di sopra della legge e coperti da un’assolutà impunità “.
Poi, però, chiude alla via giudiziaria: “Berlusconi ha la sua maggioranza, è in
grado di andare avanti, dobbiamo prendere atto della sconfitta del 14 dicembre. Non è attendendo l’esito dei processi che si supera Berlusconi o lo si archivia, ma agendo nella società italiana”.
Dimissioni? “Non illudiamoci, Berlusconi non si dimette e la differenza con me è che se non sta a palazzo Chigi ha qualche problema che non ho io se mi dimetto da presidente della Camera”.
Polemiche sulla giustizia.
“Se il Capo dello Stato – continua Fini – ha chiesto di abbassare i toni lo ha fatto perchè credo che sia evidente che se vogliamo evitare un corto circuito tra le istituzioni non possiamo commettere l’errore di alzare i muri. Se i ministri della Repubblica dicono che i primi che devono abbassare i toni sono i magistrati è di tutta evidenza che c’è un approccio che non può portare ad alcun tipo di raffreddamento. La politica non può attaccare frontalmente la magistratura arrivando a fare comunicati presi pari pari dalla storia più drammatica della storia italiana. Così si vuole aizzare lo scontro. I magistrati non fanno comunicati, fanno indagini e se sbagliano pagano”.
Poi una replica a Berlusconi che aveva detto che “senza Fli si governa meglio”: “Noi non ci siamo messi di traverso alla riforma della giustizia, ma a una riforma finalizzata a garantire posizione personali e non certo a migliorare la giustizia in Italia”.
Caso Ruby.
“Siamo diventati lo zimbello del mondo occidentale per certi comportamenti – dice Fini riferito al caso Ruby – Non è moralismo, retorica, demagogia, dire che ai nostri figli non possiamo soltanto insegnare che conta quanto guadagni, se riesci a farla franca, se qualcuno ti aiuta a non pagare dazio. Non è moralismo dire che non tutto è denaro ma bisogna impegnarsi con il lavoro, con il sacrificio, senza scorciatoie. Non si può prescindere dal dovere di far coincidere con la politica l’etica”.
Unità d’Italia.
“Per assecondare la Lega sbriciolano il senso dello Stato. Per quanto riguarda il 17 marzo probabilmente nel Pdl ci credono meno di quello che dicono riguardo alla necessità di difendere l’identità nazionale” afferma Fini dopo le polemiche sui festeggiamenti dell’Unità d’Italia.
Federalismo.
Fini, apre alla discussione sul federalismo ma secondo lui prima bisogna fare il Senato federale delle regioni e di conseguenza discutere la legge elettorale.
Scontro sulla segreteria.
“E’ di tutta evidenza che non potrò esercitare il ruolo di presidente del partito, non posso mettere insieme il ruolo politico e di presidente della Camera. Mi autosospenderò, ma proprio perchè dobbiamo organizzare il partito non si devono ripetere gli errori del passato: ci vuole una governance definita del partito, questa volta dirò di meno ma farà di più, non è pensabile un bilancino o la paralisi” dice Fini annunciando che a guidare il nuovo organigramma ci sarà un vicepresidente.
“Servirà un ufficio di presidenza, un vicepresidente che avrà il compito di coordinatore il lavoro dei parlamentari. Occorrerà un portavoce, un coordinamento e una segreteria in cui non ci sarà un solo amico eletto in parlamento o in consiglio regionali”.
Parole che chiudono lo scontro tra falchi e colombe su Italo Bocchino che puntava a fare il coordinatore.
Il congresso di Futuro e Libertà si è dunque concluso mentre le trattative per la nomina degli organismi dirigenti proseguono dopo il fallimento della mediazione notturna tentata da Gianfranco Fini per pacificare ‘falchi’ e le ‘colombe’.
Il presidente della Camera è tutt’ora riunito con lo stato maggiore di Fli per decidere la composizione del nuovo organigramma.
A ricoprire l’incarico di vice presidente del partito dovrebbe essere Italo Bocchino con Roberto Menia che lo sostituirebbe nell’incarico di presidente del gruppo alla Camera.
Adolfo Urso dovrebbe invece coordinare la segreteria composta da persone senza incarichi politici.
Nella riunione si dovrà poi decidere la composizione dell’ufficio di presidenza.
Il contestatore solitario.
Fli è “un piccolo miracolo”, ormai “nessuno può avere dei dubbi sulla strategia che ci vogliamo dare in questi mesi…”. Gianfranco Fini aveva appena preso la parola all’Assemblea costituente quando un contestatore ha cercato di avvicinarlo. “Chiedo agli addetti alla sicurezza di accompagnarlo alla porta e di non maltrattarlo più di tanto…”, ha ‘risposto’ il presidente di Fli.
argomento: Berlusconi, elezioni, Fini, Futuro e Libertà | Commenta »
Febbraio 13th, 2011 Riccardo Fucile
QUALORA LA SITUAZIONE PRECIPITASSE E SI ARRIVASSE A BREVE AD ELEZIONI ANTICIPATE, C’E’ CHI ORMAI LAVORA APERTAMENTE A UNA “ALLEANZA COSTITUZIONALE” ANTIBERLUSCONI…. UN CANDIDATO DI CENTRO CON APPOGGIO TRASVERSALE PER RIDARE FIATO ALL’ITALIA E FARE LE RIFORME CHE SERVONO.
Nel “Padiglione 18” della Fiera fa così freddo che ad un certo punto Gianfranco Fini chiede: «Mi portate il cappotto?».
E’ capitato due sere fa, poco prima che iniziasse la cena preparata dallo chef Vissani e durante la quale il presidente della Camera ha mangiato con il loden indosso.
Ieri, nella seconda giornata del congresso del Fli, soffioni caldi hanno un po’ riscaldato l’ambiente, ma Fini non si è tolto il cappotto, per preservare lo smalto migliore in vista delle conclusioni di oggi, destinate a diventare l’unico evento di un’Assemblea costituente che finora ha lesinato emozioni e novità politiche.
Il leader del Fli è chiamato a pronunciare parole chiare sulle questioni in gran parte rimosse nei due giorni precedenti.
Una su tutte: se il governo dovesse implodere a breve e non restasse che andare ad elezioni anticipate con un centrodestra guidato ancora da Berlusconi, i futuristi sono disponibili ad una sorta di Cln anti-Cavaliere assieme alla sinistra?
Certo, nei discorsi pubblici importanti non tutto si può dire, ma Fini è sempre stato uno che ha parlato chiaro.
Nei contatti informalissimi dei giorni scorsi, un’intesa di massima è stata raggiunta tra Pd, Udc, Api e Fli per costituire un cartello elettorale, che nelle intenzioni di Pier Luigi Bersani dovrebbe comprendere Nichi Vendola, escludere Antonio Di Pietro ed essere guidato da una personalità moderata.
Non è un mistero che Massimo D’Alema, per una battaglia politica asperrima come quella che potrebbe aprirsi, preferirebbe un politico temprato come Pierferdinando Casini, il quale – pur prudente come è – arriva a dire: «Un’alleanza costituzionale? In quel caso alcuni propongono il mio nome…» Certo, la “Santa Alleanza” anti-Berlusconi è qualcosa da mettere con i piedi per terra perchè mancano dettagli decisivi.
Della questione si è discusso in un incontro riservato tra il leader del Pd e il presidente della Regione Puglia e da quel che se ne sa, Vendola ha posto un aut-aut: o entriamo tutti e due, sia io che Tonino, oppure non se fa nulla. Trovare la quadratura del cerchio non è semplice, in queste ore tutti parlano con tutti, tanto è vero che uno dei collaboratori più stretti di Fini si lascia sfuggire: «Presto ci potrebbe essere anche un incontro con Di Pietro…».
In effetti l’incontro è stato concordato, per opportunità potrebbe slittare, ma se si farà , un summit Fini-Di Pietro non soltanto sarebbe la conferma della febbrile ricerca di un patto elettorale in grado di battere Berlusconi, ma rappresenterebbe un evento in sè perchè vedrebbe protagonisti il guistizialista di destra e quello di sinistra, due personaggi che nel passato si sono “frequentati”, ma senza mai stringere un’intesa su nulla.
Tra i due la stagione più intensa risale a 15 anni fa.
Pochi giorni prima delle elezioni politiche del 1996, Mirko Tremaglia (che di Tonino è amico) organizza nella sua casa di Bergamo un incontro riservatissimo tra l’ex Pm (in quel momento libero cittadino) e Fini, leader di An, alleata con Forza Italia.
Pochi giorni dopo l’Ulivo di Prodi vincerà le elezioni, Di Pietro diventerà ministro e qualche mese più tardi trapelerà l’oggetto dell’incontro: Di Pietro aveva detto a Fini e Tremaglia che lui sarebbe stato disponibile a fare una dichiarazione di voto a favore del centrodestra a patto che Berlusconi avesse ritirato la propria candidatura a palazzo Chigi.
Il Cavaliere, informato, disse che non se ne parlava.
E d’altra parte che l’ala maggioritaria del Fli, Di Pietro o no, punti proprio sulla “Santa Alleanza” lo dimostrano le esplicite dichiarazioni pro-elezioni anticipate di Italo Bocchino, Carmelo Briguglio, Fabio Granata.
Fabio Martini
(da “La Stampa“)
argomento: Berlusconi, Bersani, Casini, Di Pietro, elezioni, emergenza, Fini, Futuro e Libertà, governo, Parlamento, PD, PdL, Politica, radici e valori, Udc | Commenta »
Febbraio 13th, 2011 Riccardo Fucile
VEDERE QUEL MINISTRO COMPORTARSI COME UN TEPPISTA DI STRADA MI HA FATTO PROVARE VERGOGNA E SCHIFO PER DOVE SONO RIMASTO PER TROPPI ANNI
Adesso ve lo dico per come me la sento, senza compromessi, senza peli sulla lingua.
Voi potete non crederci, ne avete tutta la facoltà e tutto il diritto.
Potete anche prendermi a sberleffi: me li prenderò tutti, senza fiatare.
Perchè me li merito quasi tutti.
Vedendo le immagini di Ignazio La Russa (è ancora un ministro della Repubblica?) prendere a calci il giornalista di Annozero Corrado Formigli che tentava di fargli una domanda sul bunga bunga berlusconiano e sulle prostitute minorenni ho pensato di getto: finalmente sto da un’altra parte, finalmente sto dalla parte giusta.
Vedere quel ministro comportarsi come un teppista di strada mi ha fatto provare schifo e vergogna per dove sono stato, volente o nolente poco importa, per tanti anni, troppi anni.
È stato un pensiero di liberazione personale e psicologica.
Potete non crederci e io al posto vostro, forse, non ci crederei, ma la spaccatura culturale e antropologica all’interno della destra italiana non è roba di qualche mese fa.
C’era chi stava altrove anche stando lì dentro.
C’era chi si era illuso che tutto poteva essere cambiato, migliorato.
Non era vero.
È stato un grandissimo errore umano prima che politico.
Ne siamo usciti con un urlo di liberazione.
Finalmente possiamo vedere Ignazio La Russa con gli occhi di chi può dire: io non c’entro, io non c’entro più con quella gente.
Filippo Rossi
argomento: Costume, denuncia, Giustizia, governo, Milano, PdL, Politica, radici e valori, televisione | Commenta »
Febbraio 13th, 2011 Riccardo Fucile
IL SINDACO LANCINI SI OSTINA A SPUTTANARE I SOLDI DEI CITTADINI E A PERDERE CAUSE: A PARTE LE SPESE DI RIMOZIONE E GLI ONERI LEGALI, SI E’ GIA’ ARRIVATI A 100.000 EURO….PERCHE’ L’EROE PADANO NON SE LE PAGA DI TASCA SUA?
La pagliacciata della prima scuola federalista padana costerà cara ai cittadini di Adro.
Si parla di oltre cento mila euro escluse le spese per i lavori di rimozione definitiva e le parcelle dei legali che hanno difeso la linea del sindaco Oscar Danilo Lancini che certo non sborserà di tasca sua.
Ed è di pochi giorni fa la bocciatura del ricorso presentato dai suoi avvocati.
Si chiude così la farsa iniziata l’11 settembre scorso con l’inaugurazione della scuola marchiata con diverse centinaia di simboli del “Sole delle Alpi”.
Il giudice ha accolto pienamente l’istanza della Camera del Lavoro di Brescia che nell’autunno 2010 aveva avviato un’azione legale contro la presenza della simbologia celtica tanto cara alla Lega Nord.
Per il giudice “la presenza dei simboli discrimina gli insegnanti e addetti alla scuola di Adro, creando una situazione di svantaggio consistente nella compromissione della libertà di insegnamento”.
Inoltre: “La libertà in questo campo è talmente importante, che la Costituzione protegge non solo la libertà nella scuola, ma anche la libertà della scuola”.
Il Comune sarà quindi obbligato a rimuovere, a proprie spese, tutti i simboli dall’istituto oltre a ricollocare le suppellettili asportate senza il simbolo della Lega. Dovrà anche esporre la bandiera italiana, quella europea in modo permanente e pubblicare in copia integrale l’ordinanza nella bacheca della scuola per una settimana.
Ma l’accanimento del sindaco Lancini peserà sulle spalle della collettività tanto che già ieri Valerio Delpozzo — rappresentante della lista Linfa — assicurava che nei prossimi giorni l’opposizione farà un rendiconto delle spese legali sostenute fino ad ora.
“Ogni scelta discriminatoria del sindaco ha provocato dei ricorsi (persi) e cause legali — spiega Del-pozzo —. Stiamo dunque verificando, per ogni singola delibera, quanto siano costate tutte le azioni legali in cui si è imbarcato a spese della collettività ”.
Il comune di Adro è stato sempre condannato a pagare.
Anche nel documento depositato ieri l’amministrazione dovrà versare 3 mila euro alla Cgil a titolo di spese legali e altri 2mila e cento al ministero dell’Istruzione. Ma il groviglio giuridico in cui si è infilato il sindaco Lancini è oramai inestricabile oltre che costoso.
Vediamo perchè: per la scuola ai due gradi di giudizio affrontati senza successo – nel vano tentativo di mantenere il simbolo padano – rimane pendente un ulteriore procedimento per definire le modalità con le quali la rimozione deve essere eseguita visto che dopo la prima decisione il sindaco si era rifiutato di attenersi all’ordine del giudice.
In questo procedimento il sindaco ha, tra l’ altro, depositato una dichiarazione formale di avvenuta rimozione che però è stata subito smentita da alcune fotografie.
Lancini quindi aveva mentito davanti al giudice rischiando così di incorrere in un processo penale per falsa dichiarazione.
Il processo penale si svolgerà comunque sulla base del reato di “mancato rispetto dell’ ordine del giudice” per il quale la Cgil aveva depositato una denuncia.
Rimangono aperte la questione del bonus bebè e del fondo sostegno affitti riservati agli italiani; il comune di Adro ha perso in due processi con ulteriori spese da sostenere.
Pur condannata l’amministrazione non ha pagato il bonus bebè ai nuovi nati stranieri quindi è pendente un ulteriore processo promosso da 7 stranieri residenti.
Infine per il fondo affitti il sindaco ha aggirato la condanna inserendo in graduatoria gli stranieri ma cancellando i fondi.
Conseguenza? In questi giorni i ricorrenti che hanno ricevuto una lettera nella quale si riconosce il diritto al contributo ma si dice anche che non ci sono soldi.
Si profila pertanto un ennesimo contenzioso.
argomento: Bossi, Costume, denuncia, Giustizia, LegaNord, radici e valori | Commenta »
Febbraio 13th, 2011 Riccardo Fucile
UN GOVERNO ALLO SBANDO TRA RICATTI LEGHISTI, TIMORI DEL PDL, INTERESSI ECONOMICI E MANCANZA DI DIGNITA’… IN ALTRI PAESI IL PROBLEMA NON SI SAREBBE MAI POSTO, SOLO IN ITALIA ESISTE UNA DESTRA VIGLIACCA CHE HA PAURA DEL TRICOLORE E SI VERGOGNA DEI VALORI CHE DOVREBBE RAPPRESENTARE
Nel generale “cupio dissolvi” in cui sprofonda la nazione, ci mancava solo una bella polemica sulla festa dell’Unità d’Italia.
Lo scontro interno al governo è paradossale.
C’è stata una decisione ufficiale, presa in Consiglio dei Ministri un mese fa. Il 17 marzo è festa, la nazione commemora il suo centocinquantenario.
Ben fatto, per un esecutivo irresoluto, occupato solo a risolvere i guai giudiziari del premier e ad esaudire le pretese federaliste della Lega.
Poi è bastata una presa di posizione discutibile del presidente degli industriali Emma Marcegaglia, che si lamenta perchè in Italia si lavora poco e propone di commemorare l’unità nazionale lavorando, e il centrodestra è andato in totale confusione.
La festa ora è “sospesa”.
Ogni decisione “rinviata al prossimo Consiglio dei Ministri”.
Ancora una volta, è il Carroccio a cavalcare a fini propagandistici l’oblìo identitario del Paese.
Prima Calderoli, poi Bossi: tutti d’accordo con la Confindustria, che stavolta non rappresenta “i soliti Poteri Forti”, ma da voce ai “tartassati imprenditori del Nord”.
“C’è la crisi, assurdo fermare il Paese per la festa del 150esimo”, titolava la “Padania”.
Un titolo che nasconde una notizia e una stupidaggine.
La notizia è che “c’è la crisi”: detto dal partito che insieme al Pdl tiene in piedi una maggioranza moribonda non è male, soprattutto perchè contraddice la bugiarda ma finora incrollabile certezza berlusconiana, che vuole l’Italia già da un pezzo “fuori dalla crisi”.
Invece, secondo le camicie verdi di Via Bellerio, ci siamo ancora dentro fino al collo.
Bel cortocircuito, per la coalizione forzaleghista.
La stupidaggine è che la festa del 17 marzo “ferma il Paese”.
Secondo i calcoli fatti a spanne dalla Marcegaglia, farebbe perdere almeno 2 miliardi di euro al sistema produttivo.
“Non ce lo possiamo permettere”, è il mantra di cui adesso si appropria anche la Lega.
Come se fosse questo il vero problema della “crescita zero” italiana.
Come se il drammatico gap che ci differenzia dai nostri partener europei, sul fronte del prodotto interno lordo e della produttività , si potesse risolvere lavorando un giorno di più all’anno, e non lavorando meglio nei rimanenti trecentosessantaquattro.
La lettura “economicista” della celebrazione del centocinquantenario si può capire in chiave confindustriale.
Si capisce molto meno in chiave leghista.
O meglio: si capisce anche in questo caso, ma solo se ci si sposta dall’esegesi economica a quella politica.
Per i padani questa è solo un’occasione, l’ennesima, per raffreddare, boicottare o sabotare i festeggiamenti per l’Unità d’Italia.
Che la Lega ci provi, purtroppo, è un fatto ormai normale, in questa Repubblica “preterintenzionale” nella quale ci ha ormai precipitato il quasi Ventennio Berlusconiano.
Quello che è grave è che, ancora una volta, la becera strumentalizzazione leghista trovi sponde nel governo, nella maggioranza, e persino tra le parti sociali.
Questo Paese ha già fatto strame della sua memoria.
È penoso che non sia neanche più capace di onorare la sua storia.
Massimo Giannini
(da “Polis“)
argomento: Costume, destra, governo, PdL, Politica, radici e valori | Commenta »
Febbraio 13th, 2011 Riccardo Fucile
“QUELLO CHE TOCCA DIVENTA CENERE”…L’EX ANNUNCIATRICE DI RAI1 ABBANDONO’ IL MARITO PER IL PREMIER E ORA VIVE IN UNA COMUNITA’ DI RECUPERO: “PER PRESERVARE QUELLO CHE HA, SACRIFICA GLI ALTRI, NE DISTRUGGE UNO DIETRO L’ALTRO”
Non è facile incontrare Virginia Sanjust e parlare della sua relazione col presidente del Consiglio.
Perchè, come spiega lei, sono “ondate di ricordi che riportano a galla un dolore che ha rovinato la vita a me e alla mia famiglia”.
L’ex annunciatrice di Rai1, che oggi vive in una comunità a Roma, mi riceve tremante e mi descrive Berlusconi come un uomo che “non si preoccupa dell’effetto che può avere sulle ragazze che fagocita nel suo mondo”.
Anche se, ricorda, “una volta mi disse: ‘Virginia, ho paura di farti del male’…”.
Signora Sanjust, in questi giorni si parla di Sara Tommasi, un’altra giovane legata al premier che sembra molto fragile. Cosa ne pensa?
Io non compro i giornali, mi fanno stare male. Ma oggi, per la prima volta, il mio ex marito mi ha letto al telefono tutti gli sms di Sara.
Come mai?
Secondo lui c’è un’analogia tra i messaggi che io scrivevo a Berlusconi e quelli che manda Sara. Ossessivi e pieni di rabbia.
Si identifica?
Non saprei. Secondo il mio ex marito, Berlusconi riesce a fare impazzire le persone. La verità è che lui ti trascina in un mondo insostenibile.
La Tommasi ha raccontato che le mettevano droghe nei bicchieri per stordirla.
Che bisogno c’è? Quell’ambiente ti massacra, non c’è bisogno di alcuna droga. Se non fosse per lui, forse, io avrei ancora una famiglia, l’affidamento di mio figlio. Pensa che i giudici che me l’hanno tolto non siano stati influenzati da tutto quello che scrivevano i giornali, dal vedermi come l’amante di Berlusconi?
Lei ha frequentato il premier dal 2003 al 2006. Se ne pente?
Sì. Chi mi ridarà l’infanzia di mio figlio, che io non ho vissuto con lui? Questo rapporto è costato anche il lavoro a mio marito, e gli chiedo scusa. Per me era già eccessivo stare in televisione. L’incontro con Berlusconi, con quel potere enorme, è stato una cosa più grande di me.
Che cos’è successo?
A lui, nulla. Sembra che possa accadergli di tutto e lui ne esca comunque illeso. Per me invece è stato come fare il bagno in un fiume di fango.
Come mai?
Perdi il benessere, la dignità . Ero troppo giovane e lui mi ha schiacciata, ingannata. Ma oggi so che la responsabilità è anche mia: quando mi mandò le gardenie per complimentarsi del mio lavoro in tv, non avrei dovuto chiamarlo.
Invece lo fece e lui la invitò a pranzo. Si rendeva conto che avrebbe potuto essere rischioso?
Sì. Ma io venivo dalla campagna, non sono riuscita ad avere padronanza degli eventi.
Era lusingata dalle attenzioni del Cavaliere?
No. Non avevo nè arte nè parte, avevo solo letto il gobbo in tv: di cosa si complimentava? Lui, che è molto pragmatico, mi chiese: “Dimmi di te, raccontami chi sei”. Così venne fuori che avevo delle difficoltà economiche.
E Berlusconi, anche in questo caso, la aiutò.
No. Finchè ho potuto, non ho preso un euro. Poi, quando la nostra storia uscì sui giornali, mi disse che dovevo lasciare il lavoro in Rai: ho cominciato ad accettare i suoi soldi e per un anno ho vissuto in casa sua, a Campo dei Fiori: gli avevo chiesto io di comprarla, so che la usa ancora.
Come si sentiva?
Malissimo, anche perchè ho un rapporto difficile con il denaro. Sono molto orgogliosa. Lui pensa di aiutare le persone con i soldi: come mai lo fa solo con le ragazzine?
Secondo lei, Berlusconi è una persona buona o cattiva?
Mio nonno diceva che Berlusconi è una persona brava nel suo lavoro. Questo è tutto. Non ha intenzioni nè buone nè cattive.
Nel senso che fa quello che vuole senza riflettere?
Lui pensa a tutto, è una persona che controlla perfettamente la sua routine. Ma questo non vuol dire che gli interessi se fa del male a qualcuno. È imprigionato da tutto il potere che ha: può troppo.
Lei ne era innamorata?
Sì, a modo mio. Lo vedevo come un padre, mi proteggeva. E lui da me prendeva energia, entusiasmo. Gli raccontavo cosa diceva di lui la gente al bar.
Berlusconi, davanti a lei, ha mai frequentato altre ragazze?
Una sera mi invitò a cena e c’erano altre donne, bellissime. Mi rimase una sensazione di squallore addosso. Glielo chiesi, lui negò. Fu una delle ultime volte che lo vidi. Poi lo chiamai tante volte, gli mandai molte lettere: non mi ha mai risposto. Allora ho cercato di sopravvivere.
Oltre alle donne, anche i suoi fedelissimi, da Marcello Dell’Utri a Cesare Previti, hanno pagato al posto suo. Perchè tutti quelli che gli stanno intorno ne escono così male?
Per preservare quello che ha, Berlusconi deve sacrificare gli altri. E continua a farlo, ne distrugge uno dopo l’altro. Lui è il contrario di Re Mida: tutto quello che tocca diventa cenere.
Beatrice Borromeo
(da “Il Fatto Quotidiano“)
argomento: Berlusconi, Costume, radici e valori | Commenta »