Febbraio 27th, 2011 Riccardo Fucile
PER RECUPERARE I 5 MILIONI DA DESTINARE AI MANDRIANI PADANI CHE, DOPO AVER TRUFFATO LO STATO PRODUCENDO PIU’ LATTE DEL DOVUTO, ORA SI RIFIUTANO DI PAGARE LE MULTE, IL GOVERNO LI SOTTRAE DAL FONDO DEGLI STANZIAMENTI PER LA RICERCA ONCOLOGICA… MA NON ERA STATO IL PALLISTA BERLUSCONI A PROMETTERE CHE AVREBBE SCONFITTO IL CANCRO?
Meglio gli allevatori del Veneto che i malati di cancro.
Questa la filosofia della norma, stavolta interamente sulle spalle del governo di Silvio Berlusconi, che vede gli stanziamenti per la ricerca oncologica ridursi a favore delle quote latte, o meglio, delle multe che l’Italia deve all’Europa perchè i mandriani del Nord si sono rifiutati di stare nelle regole.
Hanno “splafonato”, come si dice, ovvero sono andati fuori standard e Bruxelles pretende sostanziose sanzioni a carico dello Stato.
Si ricordano trattori in mezzo alle strade a bloccare il traffico per protesta e siamo arrivati di nuovo a questa scandalosa proroga: fra i tanti capitoli di spesa che si potevano aggredire per coprire quest’uscita, si vanno a toccare proprio i più delicati, come gli stanziamenti per la ricerca oncologica.
L’ultima vergogna del decreto milleproroghe: la proroga delle quote latte pagata togliendo fondi alla cura dei malati oncologici.
Il problema è che questo è un vero e proprio caso di recidiva.
Stefania Bullo, presidente dell’Avapo, l’associazione che riunisce i volontari che assistono i malati oncologici, è indignata: «Questo è un problema di scarsa sensibilità nei confronti di chi si trova a vivere nelle condizioni di malato».
Cos’è che ha fatto tanto arrabbiare la dottoressa Bullo e con lei le tante famiglie di malati oncologici sparsi nel Veneto?
Una perla contenuta nel Milleproroghe approvato al Senato che concede un’altra proroga sulle quote latte agli allevatori accusati di aver “splafonato” (cioè prodotto più del dovuto) e che dovranno pagare le multe alla Comunità europea.
Per accantonare i soldi e permettere al provvedimento di non essere incostituzionale, le risorse – 5 milioni di euro – si sono prese dai fondi per la ricerca oncologica.
Al Veneto la questione interessa perchè gli allevatori fanno parte da sempre dell’album delinquenziale di famiglia della Lega e l’anno scorso non pochi scontri tra l’ex ministro all’Agricoltura Zaia ora governatore e l’ex governatore Galan ora ministro all’Agricoltura, girarono proprio intorno alle multe degli “splafonatori”.
«Certo, poteva essere valutato l’aspetto estetico – dice il senatore Paolo Scarpa Bonazza Buora del Pdl, presidente della Commissione Agricoltura – ma dal punto di vista della ricerca oncologica non cambia niente. Troveremo altri fondi per ripristinare la dotazione della ricerca. Quanto agli allevatori, sappiano che stavolta è veramente l’ultima proroga, solo fino al 30 giugno».
Peccato, non è andata così.
Dopo i rilievi di Giorgio Napolitano, che ha sottolineato come il decreto Milleproroghe — oggi approvato con voto di fiducia alla Camera, e quindi definitivamente entrato in vigore — se fosse stato presentato al Colle nella sua versione parlamentare, difficilmente sarebbe stato firmato, il governo ha dovuto prendere il controllo della situazione, ripristinando l’ordine con il consueto maxi-emendamento, che sostanzialmente riscrive il decreto. Ripristinando e confermando, guarda caso, proprio la norma problematica che si era promesso di affrontare.
Meglio le mucche dei malati, meglio la Lega che la ricerca sul cancro: l’importante è avere le idee chiare.
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Febbraio 27th, 2011 Riccardo Fucile
“IL SINDACO STA SOLO CON IL PIU’ FORTE”: INTERVISTA A BARBARA CIABO’, BATTAGLIERA CONSIGLIERA COMUNALE DI MILANO E PRESIDENTE DELLA “COMMISSIONE CASA” …. HA FATTO TIRARE FUORI TUTTI GLI ELENCHI DEL PIO ALBERGO TRIVULZIO: “IN POLITICA DA QUANDO AVEVO 16 ANNI, SENZA COMPROMESSI”… MINACCIATA DALLA SANTANCHE’ “SE ESCI DAL PDL SEI MORTA”, LE RISPONDE: “NESSUN PROBLEMA, SIAMO VOTATI AL MARTIRIO”
Dopo le case del Pio Albergo Trivulzio ora tocca a quelle del Redaelli, che gestisce patrimoni immobiliari per i bisognosi, abitate anche dalla presidente del Tribunale di Milano, Livia Pomodoro.
E altri nomi che scottano starebbero per uscire.
A svelare il pozzo senza fondo la consigliere comunale di Fli presidente della “commissione casa” di Palazzo Marino, Barbara Ciabò, 43 anni. In politica da quando aveva 16 anni, nelle file del Msi, poi in An, fino al Pdl, giusto il tempo di rendersi conto dell’aria che tirava e di alzare i tacchi.
“Sono una donna normale, non sono mai scesa a compromessi e non ho mai partecipato ai bunga bunga”.
Ride, se la ride: “Cambiano le facce e anche gli slogan ma i metodi restano gli stessi: uso privato della cosa pubblica e mancanza di assunzione di responsabilità . È inutile che la Moratti predichi trasparenza senza praticarla. La mia commissione ha operato in totale isolamento. Il consiglio di amministrazione del Trivulzio è stato nominato dal presidente della Regione e dal sindaco che hanno il compito di controllarne l’operato e questo non è stato fatto”.
È vero che la Santanchè l’ha minacciata?
Mi ha dato un consiglio: se esci dal Pdl sei morta. Politicamente, spero. Mi era anche simpatica quando metteva in guardia le donne dal votare Berlusconi che le voleva tutte orizzontali…
Quanto tempo è rimasta nel Pdl?
Poco. La goccia che ha fatto traboccare il vaso, le candidature nel listino dell’igienista dentale, del massaggiatore del Milan e del geometra di Arcore. Mi sono detta: ma io cosa c’entro? Un segnale l’avevo ricevuto alla prima convention quando ho sentito “Meno male che Silvio c’è”. Figuriamoci io abituata a cantare l’Inno di Mameli con la mano sul cuore e anche qualche lacrima!
Fini avrebbe dovuto mollare Berlusconi molto prima?
Abbiamo sopportato e supportato l’inaccettabile per senso di lealtà . Fini è sempre stato critico. Anzi dirò di più. Berlusconi pativa la sua credibilità tant’è che, dopo averlo cacciato, ha fatto di tutto per distruggerla senza riuscirci.
Ad esempio con la casa di Montecarlo?
Uno scandalo costruito dal nulla e sul nulla. Io sono sempre stata finiana in contrapposizione con il metodo autoritario-familistico e incivile di La Russa. Fini è una persona perbene e non è maschilista, contrariamente a molti uomini di destra.
Ma Fli si svuota…
Tutto onore. Il progetto continua, chi è coraggioso resta. Più perdiamo pezzi, più aumentano gli iscritti. Si tratta di omuncoli senza meriti che pur di restare abbarbicati sulle loro poltrone corrono alla corte di Arcore.
Che pensa delle parlamentari che difendono Berlusconi al di là di ogni ragione?
Sono le donne del capo che esistono perchè esiste lui. La stragrande maggioranza non ha mai fatto politica. Sono state nominate come al Grande Fratello. Non mi capacito della Meloni.
Lei non lo farebbe per Fini?
La fedeltà è condivisione, non sottomissione. Non è ripetere a pappagallo storie ridicole come la telefonata in Questura fatta nella convinzione che Ruby fosse la nipote di Mubarak.
Moratti sindaco. Un bilancio?
Si è piegata alla logica del forte a scapito del debole e alle logiche maschili. Aveva un’occasione storica: una giunta di donne libere e l’ha perduta. Se avesse preso tutte le consigliere comunali , maggioranza e opposizione, e le avesse messe al posto degli attuali assessori, sarebbe stata una giunta esplosiva. Sarà un caso che con le colleghe, al di là degli schieramenti, sulle questioni più importanti la pensiamo sempre allo stesso modo? L’uomo quando deve cooptare sceglie un altro uomo o se sceglie una donna è la moglie di, la sorella di, la figlia di, l’amante di…
Donne vittime o responsabili del maschilismo imperante?
Vittime e responsabili. Guardi quando Veronica Lario ha detto che il marito andava con le minorenni ed era malato, molte donne hanno commentato: non si fa così, i panni sporchi si lavano in casa! La Carfagna propone pene più dure per la prostituzione minorile, ma sul capo del governo che frequenta una minorenne tace.
Si aspetta di subire anche lei il metodo Boffo?
No e non perchè non siano capaci. Non ho scheletri nell’armadio seppure possono sempre ricorrere alla fantasia…
Sandra Amurri
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Febbraio 27th, 2011 Riccardo Fucile
EMERGONO TUTTI I 29 BONIFICI DEL PREMIER ALLE TREDICI RAGAZZE DEL BUNGA BUNGA, DA AGOSTO AD OTTOBRE 2010… UN IMPORTO DI 483.000 EURO SOLO DI BONIFICI, ESCLUSI I CONTANTI CONSEGNATI A MANO, LE AUTO E I GIOIELLI
È una lettura molto preziosa, quella delle 782 pagine della richiesta del giudizio immediato per Silvio Berlusconi.
Fanno impressione i bonifici del premier a tredici nomi di donne.
Ci sono, in questo corposo fascicolo processuale, anche gli assegni che Lele Mora, agente in bancarotta, fa ad Emilio Fede, direttore del Tg 4, il quale li incassa.
E c’è molto altro, ma queste pagine, scritte dai pm e accettate dal gip Cristina Di Censo, regalano, alla primissima impronta, una precisa chiave di lettura: la procura ha «investito» sulle informazioni di Ruby.
Non ha preso per oro colato i suoi verbali «da vittima», pubblicati in esclusiva da Repubblica e più che sufficienti a comprendere il «contesto» di una minorenne, scappata di casa, che si ritrova a Villa San Martino, ricoperta di gioielli e denari, e circondata dai complimenti e dalle voglie di un uno di 74 anni, ricchissimo.
I pubblici ministeri hanno in parte tralasciato alcune parole, si sono concentrati su quelle che portano ai reati.
E, pagina dopo pagina, rendono chiaro come e perchè intendono procedere per i due reati dell’accusa al premier: e cioè la sua concussione (l’aver fatto uscire Ruby-Karima dalla questura, la notte tra il 27 e il 28 maggio 2010) in modo da occultare la «vergogna» (che costa carcere da sei mesi a tre anni) di essere utilizzatore finale di una ragazzina immigrata, libera finchè si vuole, ma non maggiorenne.
Follow the money, diceva Giovanni Falcone, e follow the money hanno fatto a Milano.
In un anno, dal primo gennaio 2010 al 14 gennaio 2011, data delle perquisizioni alle ragazze della Dimora Olgettina, quanti bonifici ha fatto Berlusconi?
«L’elenco operazioni di bonifico con destinatari noti estratti dal conto Monte dei Paschi di Siena intestato a Berlusconi Silvio» ammonta a 483mila euro, per ventinove volte.
Tutte sono sotto la voce «prestiti infruttiferi» (questa la causale) e quindi in questo computo non vanno i soldi in contanti, consegnati bunga bunga dopo bunga bunga.
Per la show girl Alessandra Sorcinelli, 26 anni, «meteorina» di Rete 4 e poi madrina di «Affari tuoi», va quasi un terzo dei bonifici, 115 mila euro, ed è curiosamente la prima in classifica.
Anche perchè, due anni prima, il 16 aprile 2008 aveva avuto come regalo una Land Rover modello Range Rover Sport 3600 cc, di quasi 74 mila euro (con optional vetri scuri, inserti in radica e viva voce), saldato alla concessionaria Monzacar da un conto della Banca popolare di Milano con «ordinante» Giuseppe Spinelli.
Seguono Adelina Escalona Maria Alonso – con ben 50 mila in un’unica tranche, a luglio – e Valentina Costanzo (sarà la stessa mora e prosperosa concorrente del «Grande Fratello»?), 40 mila, anche lei in una sola volta, nel maggio del 2010.
Con 36 mila euro, il 18 maggio, si rimpingua il conto di Mariagrazia Veroni. Per Anna Restivo un solo bonifico da 32 mila e a Konstanze Girth poco meno, 31mila euro, ma in tre sospirate rate.
A pari merito, Albertina Carraro ed Erminia Salmieri, con 30 mila.
Scendiamo con Anna Palumbo, la madre di Noemi Letizia, e cioè della minorenne di Portici che è stata forse l’elemento scatenante della richiesta di divorzio di Veronica Lario.
Si conosceva l’importo di 20 mila euro, sono stati spediti da papi-Silvio il 10 marzo. A
quota 19mila euro, in più tranche Beatrice Concas, e 17 mila vanno a Eleonora Gaggioli: sarà l’attrice romana, di 33 anni, iscritta al Pdl e candidata alle Europee per il partito del premier prima dell’azzeramento del «ciarpame», come disse l’ex moglie Veronica?
Infine, maglia nera a Monica Cheorleu, 6 mila, e Sabrina Valentina Frascaroli, 5 mila.
La generosità di Berlusconi è, dunque, indiscutibile.
Più discutibile appare il concetto: «Non ho mai pagato per fare sesso, lo considererei contro la mia dignità ».
In aula queste ragazze dovrebbero avere, come inquirente, Ilda Boccassini.
Tra loro, ecco anche la foto della camera da letto, un po’ disordinata, di Silvio Berlusconi: non un gran figura per la security privata e per la pletora degli 007 che tutelano il presidente del Consiglio.
Emilio Fede e Lele Mora più d’una volta, seguendo nell’inchiesta le intercettazioni, o il filo di alcune interviste autoassolutorie, sembravano il gatto e la volpe.
E corre voce che Silvio Berlusconi, letto anche lui il fascicolo, sia rimasto malissimo.
La matematica, come si sa, non è un’opinione.
Lo scorso settembre, per «ordine e conto Silvio Berlusconi» si spostano tre bonifici da 100 mila euro dal conto del premier per Giuseppe Spinelli, ragioniere di casa, ma anche ufficiale pagatore delle ragazze del bunga bunga (che lo chiamano tra loro Spin, Spino, Spinaus).
Il ragiunatt, a sua volta, emette degli assegni circolari.
Come scrivono i detective della Procura, «l’esame congiunto della documentazione bancaria e delle intercettazioni ha permesso di individuare tre periodi in cui sono avvenuti i passaggi di denaro», e cioè dalla fine di agosto 2010 al 25 ottobre.
Viene ripetuta la stessa frase: «Consegna di Spinelli di assegni circolari a Mora Dario, che poi consegna una somma di denaro a Fede Emilio».
Accanto alla vasta documentazione bancaria, passaggio dopo passaggio, ci sono gli assegni fotocopiati, con la firma di Emilio Fede beneficiario, tutti e tre partiti dal conto di Lele Mora, in tutto 150 mila euro.
E, oltre alle varie telefonate caramellose tra i due, c’è un simpatico scambio di sms: «C’è posta per lei. Mario Sacco sta arrivando», scrive Lele al direttore del Tg 4».
Saranno i giudici a stabilire se questi pagamenti sono leciti e illeciti, ma il denaro tra i due è corso.
Come si sa, gli habituè del bunga bunga andarono in fibrillazione alla scoperta che Ruby aveva parlato con i pubblici ministeri milanesi.
Comincia così una serie di azioni della difesa Berlusconi.
In estrema sintesi, le ragazze rispondono con un coro di «assolutamente no» sul sesso come comune denominatore di quelle «cene tra persone per bene».
La versione fa acqua, ci sono troppe frasi captate nelle intercettazioni telefoniche e vari testimoni, e c’è Nicole Minetti.
La consigliere regionale appare inguaiata: come «addestratrice» delle papi-girl, passa un sacco di tempo ad occuparsi dei loro affitti e persino dell’idraulico.
E, travolta dallo scandalo, da due interviste che, davanti ai pm, rettifica.
Ma non abbastanza.
E per capire quanto può essere difficile reggere un interrogatorio, basterebbe questo scambio: Procura: «Lei ha detto che ha avuto una relazione sentimentale con il Presidente, vuole specificare da quando a quando è durata la relazione sentimentale? Minetti: «Non glielo saprei dire».
Come? O Berlusconi è stato del tutto trascurabile nella vita di questa giovane donna, oppure qualche cosa non torna.
Proprio come con l’ormai famosa questione della telefonata in questura, in cui Berlusconi accredita Ruby, marocchina e accusata di furto, come la «nipote del presidente egiziano Hosni Mubarak».
E chiama spesso Nicole Minetti.
Perchè Berlusconi era così insistente?
«Il Presidente — spiega l’indagata – telefonava e mi chiedeva “Come sta andando?”, voleva essere messo al corrente dello sviluppo della vicenda. lo penso che le ragioni del suo interessamento potessero essere due: primo, che era anche preoccupato del fatto che io mi trovassi lì e che a quell’ora di notte tardi mi aveva mandato in Questura, e poi della Ruby, che era una ragazza problematica. E quindi voleva sapere come stava Rubi, come stavo io e cose del genere».
Insomma, l’idea che Minetti vuole rendere di sè è quella di una ragazza che, soggiogata dall’amore fisico per il premier, si spinge un po’ più in là di quanto dovrebbe: «Io — aveva spiegato (il 29 gennaio scorso) davanti ai magistrati Boccassini e Sangermano – ho avuto una relazione col Presidente del Consiglio e quindi ho avuto anche rapporti sessuali».
Come abbiamo visto, resta parecchio sul vago, su tempi e modi, così come vaghissimi, nebbiosi, sembrano i rapporti con il perno di questa inchiesta, l’allora minorenne Ruby: «Lei sapeva che Ruby ha dormito ad Arcore?»
Macchè, Minetti non si accorgeva: «Sicuramente mi sono fermata a dormire ad Arcore, non sono in grado di dirvi in quale di queste giornate, però è successo. Per quanto riguarda Rubi, non lo posso escludere, non ricordo se in una occasione anche la Rubi si è fermata a dormire ad Arcore».
Ruby scotta come un ferro rovente,
Nicole mantiene come può le distanze.
Resta senza parole quando i pubblici ministeri scoprono qualcuna delle loro carte: «Dallo sviluppo del tabulato della Karima ci sono stati tra di voi, tra febbraio e giugno, 122 contatti. Come lo spiega?».
La risposta è: «Non posso che ribadire che non l’ho mai frequentata, non escludo che tra di noi ci siano state telefonate o sms, ma niente di più».
Tre volte Nicole Minetti dirà : «Mi avvalgo della facoltà di non rispondere» e c’è una domanda speciale.
È quella che tanti si fanno, compresi i pm: ma perchè «più ragazze che si fermavano tutte insieme di notte, nella residenza del presidente del Consiglio».
L’unico appiglio è in stile simil-andreottiano: «Posso parlare per me, mi è capitato di fermarmi a dormire avendo col Presidente un rapporto di intimità , se si faceva tardi oppure il giorno dopo era festa io rimanevo ospite ad Arcore. So che altre ragazze si fermavano ad Arcore, ma – dice Minetti – sinceramente non so perchè ciò avvenisse».
Sinceramente è un bell’avverbio.
Piero Colaprico e Emilio Randacio
(da “La Repubblica“)
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Febbraio 27th, 2011 Riccardo Fucile
UN NO ALLA RIFORMA AD PERSONAM DELLA GIUSTIZIA E AL BAVAGLIO DELL’INFORMAZIONE… FARE FUTURO: “LA DESTRA HA IL DOVERE DI STARE DOVE SI COSTRUISCE L’ITALIA DI DOMANI E DI DIFENDERE LA DIGNITA’ DI UNA COMUNITA'”
Difendere la Costituzione.
Difendere lo spirito costituente.
Difendere il tricolore.
Difendere la nostra libertà .
Difendere il diritto di espressione contro ogni bavaglio.
Difendere la speranza.
Difendere l’idea che gli italiani non si debbano sentire, sempre e comunque, in un’eterna guerra civile.
Difendere l’idea che la condivisione possa vincere sull’odio sociale.
Difendere il diritto di avere avversari e non nemici.
Difendere il senso dello Stato.
Difendere valori che devono essere di tutti, nessuno escluso: l’onestà , la sincerità , il decoro, la lealtà , la legalità , la giustizia…
Difendere l’unità nazionale da chi la vuole mettere nella soffitta dei brutti ricordi.
Difendere il buonsenso. E la moderazione.
Difendere la democrazia.
Difendere la dignità di un popolo. E di una nazione.
Difendere la politica intesa come arte del far bene alla polis. E non come salvaguarda d’interessi di parte.
Difendere l’idea che le regole debbano essere condivise.
Difendere l’idea di un’Italia che sappia rialzarsi, che sappia uscire da questa maledetta notte.
È arrivato il tempo dell’azione.
È arrivato il tempo per una destra moderna e non berlusconiana di mettersi in gioco, di scendere in piazza.
Perchè non si può più star zitti.
Perchè il mondo vero è là fuori, non certo in Parlamento.
È arrivato il tempo dell’urlo.
È arrivato il tempo del patriottismo. E dell’interventismo.
È arrivato il tempo di manifestare con una sola bandiera.
Di uscire da casa con i simboli che unisco e non dividono, che ci fanno sentire Nazione: la Costituzione e il tricolore.
La Costituzione non certo come lettera morta ma come spirito vivo, come vento della storia e della sfida.
Non come libro ammuffito, dimenticato sotto troppa polvere.
Ma come segno concreto di una grande avventura storica che ha saputo riunire una Nazione dopo la tragedia della guerra mondiale.
Un’avventura che deve proseguire giorno dopo giorno, anno dopo anno.
La Costituzione come spirito unificatore tra persone che si guardano in faccia per esaltare ciò che le unisce: un destino comune, un romanzo collettivo, un patrimonio pubblico.
Per tutto questo e per altro ancora, Farefuturo webmagazine aderisce con entusiasmo alla manifestazione indetta da Articolo21 per il 12 marzo a Roma e in tutte le città d’Italia e d’Europa.
Non è un’adesione di maniera.
Andiamoci in piazza, tutti insieme, in tanti, in tantissimi.
Con l’allegria di chi sa che sta facendo la cosa giusta.
Una destra repubblicana e patriottica ha il dovere di stare là dove si costruisce l’Italia di domani, la patria di domani.
Ha il dovere di difendere la dignità di una comunità . Scendiamo in piazza, urliamo tutta la nostra moderazione.
Ma urliamola senza alcun moderatismo.
Perchè nessun uomo libero può starsene a dormire.
Filippo Rossi
FareFuturo
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Febbraio 27th, 2011 Riccardo Fucile
GLI USA HANNO SOSTENUTO DAL DOPOGUERRA I DITTATORI PIU’ INFAMI, CORROTTI E SANGUINARI PERCHE’ GLI FACEVANO COMODO, QUANDO NON HANNO FOMENTATO DIRETTAMENTE DEI GOLPE MILITARI…ORA LE RIVOLTE POPOLARI IN ATTO NEL MAGHREB POTREBBERO RENDERE INDIPENDENTI QUEI PAESI DAL GRAN BURATTINAIO
Le rivolte popolari in Tunisia, Egitto, Libia, Algeria, Marocco, Bahrein segnano l’inizio della fine dell’Impero americano, e occidentale, in quelle regioni.
Da quando hanno vinto la Seconda guerra mondiale gli Stati Uniti, nonostante tutte le loro belle parole di democrazia, hanno sostenuto i dittatori più infami, corrotti e sanguinari, purchè gli facessero comodo, quando non hanno fomentato direttamente dei golpe militari.
E questa realpolitik imperialista gli si è sempre ritorta contro o li ha messi in situazioni insostenibili.
Il sostegno al dittatore cubano Batista ha generato il castrismo.
Il golpe militare organizzato da Henry Kissinger contro Salvador Allende, colpevole di esser socialista e non prono agli interessi yankee, ha portato questo Paese, sia pur col tempo, nella “linea Chà¡vez” di indipendenza di buona parte dell’America latina dall’ingombrante tutela di Washington.
Il sostegno al patinato Scià di Persia che rappresentava sì e no il 2% della popolazione iraniana, una borghesia ricchissima mentre il resto del Paese moriva di fame, e che governava con la Savak, la più famigerata polizia segreta del Medio Oriente, il che è tutto dire, ha partorito il khomeinismo da cui ha origine la riscossa islamica.
Il sostanziale sostegno ai “signori della guerra” somali ha aperto la strada alle Corti islamiche, molto simili ai talebani afghani, che avevano riportato in quel Paese, precipitato nel più pieno arbitrio, l’ordine e la legge, sia pur un duro ordine e una dura legge, la sharia. Il sostegno ai “signori della guerra afghani”, Massud, Dostum, Ismail Khan, contro i talebani che avevano portato sei anni di pace in Afghanistan dopo tanti di guerra, li ha messi in una situazione insostenibile, avendo i guerriglieri ripreso il controllo dell’80% del Paese, per cui oggi vanno in giro col piattino pietendo dal Mullah Omar una mediazione.
Ma l’invasione e l’occupazione dell’Afghanistan ha svegliato i talebani pachistani che all’inizio erano un movimento religioso, sia pur integralista, ma pacifico e per nulla eversivo, tanto è vero che sostenevano il governo di Benazir Bhutto, e che ora si sono armati, fanno guerriglia e puntano a conquistare il potere a Islamabad.
Con la differenza che l’Afghanistan, armato com’è in modo antidiluviano, non costituisce pericolo per nessuno anche se al potere tornassero i talebani, il Pakistan invece ha l’atomica.
Per inseguire un pericolo immaginario gli americani ne hanno creato uno reale.
Negli ultimi decenni gli Usa hanno sostenuto il dittatore tunisino Ben Alì, testè fuggito con la cassa di fronte al furore del suo popolo, il dittatore egiziano Mubarak cacciato a pedate e ora agonizzante nella sua villa di Sharm el Sheik, hanno sostenuto, nel 1991, i generali tagliagole algerini quando nelle prime elezioni libere di quel Paese il Fis (Fronte Islamico di Salvezza) ebbe la sventura di vincerle a redini basse, col 78% dei consensi, e allora quei generali in combutta con l’Occidente cancellarono le elezioni e col pretesto che il Fis avrebbe instaurato una dittatura ribadirono la legittimità di quella che c’era già .
Ora le rivolte nel Maghreb, in Egitto, nel Bahrein (dove c’è la solita base americana), in Libia (anche Gheddafi era diventato potabile da quando si era messo in affari con l’Occidente), cambiano tutti i termini della questione.
È vero che gli americani sono già riusciti a mettere il cappello sulla rivoluzione popolare egiziana trasformandola in un golpe militare.
Ma d’ora in poi gli sarà molto più difficile controllare le varie situazioni.
Lo sbocco di queste rivolte, si dice, è imprevedibile.
Non proprio.
È molto probabile che questi popoli una volta liberatisi dei dittatori, finiscano, prima o poi, per rendersi indipendenti anche dal burattinaio che, per decenni, li ha manovrati a suo uso e consumo.
Massimo Fini
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Febbraio 26th, 2011 Riccardo Fucile
“MAI PIU’ AL GOVERNO CON BERLUSCONI”…”LA COMPRAVENDITA DI DEPUTATI NON CI SPAVENTA, FA AUMENTARE GLI ISCRITTI”… “QUANDO INCONTRIANO LA BASE IN TUTTA ITALIA TROVIAMO GRANDE ENTUSIASMO E DETERMINAZIONE
“Il nostro obiettivo a questo punto è mantenere un presidio di democrazia. Gli italiani possono contare sulla prima e sulla terza carica dello Stato: teniamocele strette, il presidente Fini non si dimette”.
Fabio Granata ha poca voce nella giornata più dura della breve storia Fli. Dopo gli entusiasmi della fondazione e i dolori delle fughe, ieri l’attacco frontale e la richiesta esplicita di dimissioni dalla presidenza della Camera.
È stato il redde rationem del 14 dicembre?
Ci aspettavamo un attacco violento, non siamo rimasti sorpresi. Ma il movimento è solo agli inizi e deve dimostrare che l’idea è buona coi fatti, non con le polemiche di Palazzo.
Non sarà semplice. Il momento è oggettivamente difficile per voi dopo gli abbandoni e con il leader messo sotto pressione.
Le richieste di Cicchitto sono inaccettabili, non foss’altro perchè qui si parla della pagliuzza nell’occhio altrui, quando abbiamo un presidente del Consiglio plurinquisito per reati davvero gravi. È chiaramente un tentativo maldestro, perchè nessuno ha mai messo in dubbio la correttezza istituzionale di Fini.
Politicamente però il problema c’è.
C’è soprattutto un gran polverone che il governo tenta di sollevare per distrarre gli italiani dalle questioni vere del Paese. Abbiamo un ministro della Giustizia che, anzichè pensare a una reale riforma del sistema, si preoccupa ogni giorno di mettere al riparo il premier dai processi. C’è la gigantesca questione libica che incombe e non si trova di meglio che interpellare tardivamente l’Europa senza chiedere almeno scusa agli italiani per le pagliacciate subite fino all’altro giorno. Bacio dell’anello in primis.
Una crisi che fa bene al governo, quella libica: con l’emergenza immigrati l’esecutivo ha un motivo in più per andare avanti.
Probabile, ma noi non staremo certo in disparte. Sulla Libia e non solo. Se il Parlamento si avvia a diventare un mercato di seggi a cielo aperto ci sarà molto da lavorare.
È stato il supermarket delle poltrone a decretare la fuga da Fli o piuttosto l’incertezza sulla vostra collocazione politica?
Abbiamo denunciato per tempo episodi gravi di compravendita, ora ci sono elementi ancor più chiari, gli italiani si stanno facendo un’idea precisa. Quanto alla politica il percorso è segnato: lavoriamo a ricostruire un serio movimento di destra che dialoga col centro in vista dei futuri passaggi. Intanto c’è stata la conferma di Della Vedova come capogruppo al Senato, un fatto importante, e poi continuiamo a girare l’Italia per rinforzare la base. Domani saremo a Padova: quando andiamo tra la gente troviamo un grande entusiasmo per portare avanti un progetto difficile ma necessario.
Resta solido il legame con l’Udc? Casini è sembrato più freddo, ultimamente: sicuri che Fini possa contare ancora su di lui?
Si tratta di un’alleanza valida per far uscire l’Italia da un bipolarismo evidentemente bloccato. Il presidente della Camera continuerà a fare il suo lavoro, Fli cercherà alleanze utili al cambiamento.
Anche col Pdl?
Certo. Ma senza Berlusconi. Mai più al governo con lui.
Chiara Paolin
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Febbraio 26th, 2011 Riccardo Fucile
BOTTA E RISPOSTA DURANTE UN CONVEGNO LEGHISTA A TRADATE CHE HA EVIDENZIATO LA FRATTURA TRA “MARONIANI” E “REGUZZONIANI” ALL’INTERNO DEL CARROCCIO… PRESIDENTE DELLA PROVINCIA E SINDACO LEGHISTI NON ERANO STATI NEANCHE INVITATI, IN QUANTO VICINI A MARONI
“Più trote nei fiumi, meno trote al governo”.
Questo il contenuto di uno striscione esposto ieri sera, proprio durante l’intervento del figlio del Senatur, Renzo Bossi, in occasione di un convegno leghista sul federalismo a Tradate, nel cuore della provincia di Varese.
Autori della contestazione un gruppetto di giovanissimi del posto.
Ragazzi tra i sedici e i diciotto anni che hanno agito senza sbandierare simboli di partito.
E hanno strappato l’applauso di una consistente parte del pubblico presente in sala.
Al tavolo dei relatori, dove erano presenti esponenti di spicco della Lega, come il capogruppo alla Camera Marco Reguzzoni, è arrivata pronta la risposta del “Trota”, altrettanto applaudita: “Non sono al governo, sono in regione. Poi sono orgoglioso di essere una trota, perchè sono pesci che nuotano nell’acqua pulita”.
Mentre dal palco continuava la carrellata di interventi pro federalismo, la manifestazione di dissenso è stata sedata da un gruppo di solerti militanti leghisti che, dopo alcuni secondi di smarrimento, si sono avventati sullo striscione, strappandolo di mano ai contestatori.
I ragazzi sono stati accompagnati all’esterno del teatro, non senza qualche momento di frizione lungo i corridoi, dove sono volati paroloni e qualche insulto, ma nulla più.
Nell’improvvisata security in salsa padana hanno prestato la loro opera diversi simpatizzanti.
Tra i volontari anche un infervoratissimo Giangiacomo Longoni, consigliere regionale del Carroccio in Lombardia e “tutor”del Trota.
“Abbiamo solo espresso la nostra idea. Veramente avremmo voluto esporre anche un secondo striscione — hanno spiegato poi i ragazzi — per protestare contro il razzismo di stampo leghista, contro le espulsioni e il trattamento riservato agli extracomunitari. Vogliamo che venga riaffermato il principio dell’uguaglianza di tutti gli individui, senza distinzioni di religione, sesso e razza”. Sulle ragioni della contestazione a Renzo Bossi sono stati altrettanto chiari: “Questa sera era lui il simbolo più forte del pensiero leghista non tanto per la carica ricoperta, quanto perchè incarna il ruolo del successore designato. Noi viviamo fianco a fianco con nostri coetanei che si dichiarano leghisti e sentiamo quello che pensano, quello che dicono. Noi vogliamo far sapere che i giovani del nord non sono tutti così”.
I giorni che hanno preceduto il convegno sono stati animati dagli echi di una pesante frattura interna alla Lega, che ha scomodato addirittura il ministro dell’Interno, Roberto Maroni.
La questione starebbe tutta in un gioco di potere in atto da qualche tempo nel partito, una lotta di successione che si sta giocando tra i colonnelli leghisti e che vede opposte la fazione vicina al ministro e quella del “cerchio magico”, capitanata dall’onorevole Reguzzoni.
Il convegno sul federalismo di Tradate è stato l’occasione per mettere in piazza questa frattura: un autentico sgambetto ordito ai danni dei padroni di casa, una delegittimazione pubblica.
Tradate è infatti la città del presidente della provincia di Varese Dario Galli, e ha come sindaco Stefano Candiani, segretario provinciale del partito.
Non solo i due non sono stati invitati, ma non sono stati nemmeno avvisati dell’evento.
Un “affronto” tramato dalla segreteria di circoscrizione (vicina a Reguzzoni) contro l’asse maroniano del partito, che vede in Candiani e Galli due esponenti di rilievo.
Il segretario provinciale non ha gradito e pare abbia incassato il sostegno anche diretto del super ministro, che i bene informati dicono essere intenzionato a ricambiare il favore organizzando a sua volta un incontro pubblico sul federalismo nella vicina Busto Arsizio, la città di Reguzzoni.
Si tratta dell’ennesimo capitolo di una querelle che dura da tempo: già la scorsa estate la segreteria di Candiani era stata messa in discussione da Reguzzoni e anche in quell’occasione un intervento di Maroni aveva rimesso le cose al loro posto.
Ieri sera al convegno Galli e Candiani si sono presentati lo stesso: sono saliti sul palco e tra sorrisi e strette di mano hanno dato prova della proverbiale compattezza della Lega Nord, sciorinando il loro sermone sull’importanza e sulla bontà del federalismo municipale.
Alessandro Madron
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Febbraio 26th, 2011 Riccardo Fucile
ACCERTAMENTI SU 16 INCONTRI SERALI AD ARCORE: NELLA RICHIESTA DEI PM INTERCETTAZIONI E SMS…EMERGE UNO SQUALLIDO QUADRO DI INVIDIE CRESCENTI E SOSPETTI
«Ti rendi conto che siamo sputtanate a vita? Ma noi abbiamo il coltello dalla parte del manico, ricordatelo sempre».
Ad ascoltare le altre ragazze delle notti di Arcore, così come le svelano la nuova rata di loro intercettazioni inserite non nell’invito a comparire del 14 gennaio a Berlusconi ma nella richiesta dei pm di giudizio immediato, già a fine ottobre il clima tra le papi-girls di Arcore era da ultimi giorni a Pompei. «Sto andando alla festa tesorino, mamma mia è incredibile lo schiffo ke fa il denaro, in questo momento mi sto faccendo schiffo da sola!», si sfoga in un sms della mezzanotte del 25 ottobre la 18enne Iris Berardi.
Paradosso vuole che proprio la mattina seguente del 26 ottobre esca su Il Fatto la notizia di una inchiesta sui racconti hard fatti ai pm da una minorenne marocchina, Ruby: «Hai letto?», chiede una.
«Sì, però non esiste che non avvisa, anche lui! – risponde l’altra piccata -. Boh, è allucinante ‘sta storia, dai!».
Tuttavia l’emersione dell’indagine, peraltro intuita settimane prima come già era emerso da alcune fibrillazioni attorno a Ruby (a cominciare dal misterioso «interrogatorio» condotto il 6 ottobre da non si sa chi alla presenza di «un avvocato» e di «un emissario di lui» sulle «scene hard con il pr…»), non interrompe le feste ad Arcore: anzi, rispetto a quelle già indicate negli inviti a comparire a Berlusconi e a Nicole Minetti, ora i pm ne conteggiano altre quattro il 25 ottobre, il 7 e 22 novembre, e il 19 dicembre 2010.
Totale sotto esame: sedici.
Ad aumentare tra le ragazze sono però il risentimento, l’invidia reciproca, le recriminazioni.
Una racconta che «c’è chi si è lamentata che voleva più scarpe», un’altra sbuffa che «c’ho le palle girate perchè ieri è arrivata quella con la Mini Cooper che gli ha regalato a luglio, e a me m’ha regalato la Smart a giugno… adesso giuro che gliela chiedo un’altra auto».
Qualcuna «consiglia di scrivere a lui una lettera di sfogo, parlando anche dei genitori e del fatto che per colpa di quello che è successo sentono dire che la figlia è una prostituta e si vergognano».
Tra le papi-girls c’è chi esplode a dire «non ce la faccio più, cavolo, mi ha costretto a dormire lì a tutti i costi, non voleva farmi andar via».
Ma altre vogliono sfruttare questa debolezza attribuita al premier: tanto che il giorno di Natale, via sms tra amiche, progettano che «oltre che per le palle bisogna prenderlo per il coso… Domani se è aperto vado in un sexy shop e prendo un po’ di cose per me e te: più tr… siamo più bene ci vorrà ».
Anche perchè, lamenta autoironicamente una che all’interlocutrice confida una divorante passione per un nuovo cliente incontrato la notte prima, «a volte penso e dico che mi sembro papi… qua sempre a voler fare l’amore». Appena 5 giorni prima dell’invito a comparire, il 9 gennaio scorso, due delle ospiti di Arcore commentano quanto sia stata «una cosa allucinante» una certa notte: «In effetti, quando siamo noi, fa le 4 tutte le notti… non dorme perchè sta tutta la notte lì così con noi una e un’altra. Cioè ti puoi immaginare… sono morta io, cioè lì ci son ragazze di 20 anni che erano distrutte, erano morte, io uguale e anche di più perchè ce ne ho di più, e ce ne ho (di anni, ndr) quarantacinque meno di lui».
E quando due delle ragazze di Arcore si comunicano l’esito rassicurante dei loro esami del sangue («Tutto a posto?». «Globuli bianchi a posto, non abbiamo nessun Aids»), una sospira: «Se avevo dubbi? Mah, sai, quando uno va a letto con 80 donne, non si sa mai».
L’unica costante nelle nottate ad Arcore, di cui le papi-girls nei propri cellulari sequestrati conservano foto di stanze e di arredi (senza però mai Berlusconi ritratto), resta la solita: «Speriamo che torniamo tutte con le tasche piene».
Il timore è invece che il premier accentui «la manina stretta», perchè «sta peggiorando, eh, con l’invecchiamento si peggiora… Ci ha fatto un discorso pazzesco, ci ha detto che un operaio lo guadagna in cinque mesi (il denaro che dà a noi ragazze, ndr). Dovresti dirgli che ha ragione, però se ci abitui in un modo, scuse moi, è ovvio che…».
E l’amica completa la frase fulminante: «…non è che stai uscendo con Gino il calzolaio».
L’accusa di ingenerosità al premier appare comunque mal risposta alla luce dell’analisi del suo conto personale n.1.29 al Monte dei Paschi di Siena: sul totale di 1 milione e 200mila euro di bonifici e di 10 milioni di euro in assegni nel 2010, infatti, gli inquirenti enucleano versamenti per complessivi 406.000 a 12 ragazze (per lo più show girl o aspiranti tali), tra le quali una sola era sinora emersa nell’indagine e altre due erano già venute alla ribalta delle cronache politiche all’epoca delle voci su progetti di candidature al Parlamento europeo.
L’analisi dei conti ha anche confermato un’altra vicenda captata dalle intercettazioni, e cioè un finanziamento di Berlusconi a Lele Mora (tramite il tesoriere del premier, Spinelli) con l’intermediazione del direttore del Tg4 Emilio Fede, che al telefono accennava a «400mila euro» per sè.
Per ora, invece, «l’esame congiunto della documentazione bancaria e delle intercettazioni – sintetizza un rapporto della Gdf dell’8 febbraio – ha permesso di individuare tre periodi in cui sono avvenuti passaggi di denaro da Berlusconi a Spinelli, a Mora e quindi a Fede».
L’1 settembre 2010 il premier dal suo conto al Monte dei Paschi bonifica 100.000 euro a Spinelli sul conto alla Popolare di Sondrio; Spinelli chiede alla banca di emettere due assegni circolari da 50.000 euro intestati a Mora; l’impresario tv li incassa ed emette dal suo conto presso il Monte dei Paschi un assegno circolare di 50.000 euro a favore di Fede; e il giornalista lo incassa il 3 settembre.
Lo schema si ripete con le stesse cifre la seconda volta tra il 21 e il 29 settembre, e la terza volta tra l’11 e il 25 ottobre.
Perchè? Berlusconi in un videomessaggio ha evocato «un prestito» a Mora. Fede, rifacendosi al tono a suo dire scherzoso di alcune telefonate, ha additato proprio in alcune intercettazioni la prova che i soldi giratigli da Mora fossero non una «cresta» sul prestito elargito dal premier all’impresario tv (ora indagato con l’accusa di aver convogliato prostitute ad Arcore), ma la restituzione di un prestito che Fede aveva a suo tempo fatto a Mora.
Luigi Ferrarella
Giuseppe Guastella
(da “Il Corriere della Sera“)
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Febbraio 26th, 2011 Riccardo Fucile
IL PROCURATORE AGGIUNTO DI MILANO, ARMANDO SPATARO, HA CHIESTO AL GIP L’EMISSIONE DI UN DECRETO PENALE DI CONDANNA PER PROCURATO ALLARME CONTRO IL DIRETTORE DI LIBERO… NON HA COMPIUTO ALCUN ACCERTAMENTO NE’ SULLA NOTIZIA NE’ SULLA CREDIBILITA’ DELLA FONTE
Belpietro rischia una condanna per procurato allarme.
Perchè la storia dell’attentato per colpire Gianfranco Fini ad Andria si è rivelata una bufala.
E il direttore di Libero, che ne ha scritto il 27 dicembre scorso, non ha fatto le necessarie verifiche prima di pubblicare la notizia.
Così ora, secondo quanto riporta il Corriere della Sera, il procuratore aggiunto di Milano Armando Spataro ha chiesto al gip l’emissione di un decreto penale di condanna nei confronti del giornalista.
“Girano strane voci a proposito di Fini”, esordiva nel suo editoriale Maurizio Belpietro.
Voci che riferivano di due storie. Una su “una vicenda a sfondo erotico peggiore di quelle rimproverate al Cavaliere”, raccontata al direttore di Libero dalla escort Lucia Rizzo, in arte Rachele, che ora è indagata per diffamazione.
L’altra, quella che ora rischia di far finire nei guai Belpietro, su un agguato che nella prossima primavera avrebbe potuto colpire il presidente della Camera in visita nella città pugliese di Andria.
Il leader di Fli, secondo quanto raccontato da Libero, sarebbe rimasto ferito e le responsabilità sarebbero state fatte ricadere su Silvio Berlusconi.
Con un chiaro vantaggio per Fini, in caso di elezioni anticipate.
Un “brutto scherzo” per cui il mandante “si sarebbe rivolto a un manovale della criminalità locale, promettendogli 200mila euro”.
Voci che il direttore del quotidiano filo-berlusconiano non documentava per nulla.
Anzi, “non so se abbiano fondamento, se si tratti di invenzioni oppure, peggio, di trappole per trarci in inganno”, ammetteva lo stesso Belpietro.
“Toccherà ad altri accertare i fatti”.
Il direttore di Libero scriveva di essersi limitato a verificare identità e professione di chi gli aveva raccontato la storia.
E poi, un’unica certezza: “Chi mi ha spifferato il piano non pareva matto”.
Nessuna verifica prima di pubblicare la notizia-bufala, quindi.
Come lo stesso Belpietro ha poi ammesso nelle testimonianze in procura a Milano, non c’è stato alcun accertamento nè sulle circostanze del presunto attentato, nè sullo spessore e credibilità della fonte.
Per questo ora arriva l’accusa di procurato allarme, un reato che può essere punito con l’arresto fino a 6 mesi o l’ammenda da 10 a 516 euro “chiunque, annunziando disastri, infortuni o pericoli inesistenti, suscita allarme presso l’Autorità , o presso enti o persone che esercitano un pubblico servizio”.
E Belpietro rischia anche sanzioni disciplinari da parte dell’Ordine dei giornalisti, a cui la procura ha inviato gli atti.
La richiesta di Spataro al gip è arrivata dopo che il procuratore di Bari, Antonio Laudati, ha archiviato l’inchiesta “per attentato con finalità terroristiche contro organi istituzionali e per il sovvertimento dell’ordine democratico”.
L’emissione del decreto penale di condanna, oltre che per Belpietro, è stato chiesto anche per la sua “fonte”, identificata nonostante il giornalista non ne abbia mai rivelato il nome, avvalendosi del segreto professionale.
Un imprenditore di Andria, elettore di centrodestra, che ha raccontato la balla a Belpietro per punire un quotidiano, secondo lui, responsabile della spaccatura tra Berlusconi e Fini.
E per dimostrare quanto possa essere facile vendere una bufala per un grande scoop.
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