Novembre 5th, 2013 Riccardo Fucile
LA COLOMBA ALFANO INVOCA I GAZEBO PER SCEGLIERE IL CANDIDATO PREMIER, I FALCHI LO SBRANANO….CICCHITTO TEME LA DERIVA AUTORITARIA DI FORZA ITALIA
Un giorno di ordinaria comicità per il berlusconismo decadente. 
Angelino Alfano ritira fuori le primarie del Pdl, che l’anno scorso rischiarono di diventare un circo Barnum coi vari Samorì, Proto e Marra.
La colomba governista Fabrizio Cicchitto, invece, completa il suo berlusconicidio evocando una deriva nordcoreana di Forza Italia.
Il colpo di grazia è dell’insuperabile Antonio Razzi, già Responsabile, che annuncia: “Io non sono nè falco nè colomba, sono di proprietà di Berlusconi”.
Una frase che alimenta i retropensieri cattivi sulle modalità del passaggio di Razzi, tre anni fa, dall’Idv al Pdl.
Conclude Razzi: “Io per Berlusconi mi butterei sotto un treno”.
Il guaio è che bisogna far finta di prendere sul serio questo teatrino perchè al caos della destra padronale è legato il destino del governo delle larghe intese di Enrico Letta.
Così dopo una settimana passata a discutere della candidatura fantasma di Marina Berlusconi, adesso il vicepremier Alfano (inquilino di don Salvatore Ligresti, giova ricordarlo di questi tempi) ripropone le primarie per la leadership del centrodestra.
Il messaggio arriva dalle anticipazioni del prossimo tomo vespiano: “Alle prossime elezioni, il nostro candidato dovrà essere scelto attraverso primarie il più aperte possibile, alle quali partecipi il più alto numero di simpatizzanti”.
Alfano si pronuncia contro l’ipotesi di una Forza Italia “isolata” e in mano “agli estremisti”, cioè ai falchi Verdini e Santanchè, e tratteggia un centrodestra che recuperi i voti di Monti e Casini. Un nuovo partito centrista, in caso di scissione, è però “una cavolata cosmica”.
Berlusconi, sempre nelle anticipazioni vespiane, analizza così il fenomeno terzopolista: “Purtroppo Monti, Casini e Fini hanno creato un centrino, che ci ha sottratto il 10 per cento dei voti dei moderati. Senza questa loro sciagurata iniziativa, avremmo vinto in carrozza le elezioni e adesso saremmo ospiti del dottor Letta al Quirinale”.
Letta nel senso di Gianni, Zio del premier e amico di faccendieri e cricche prosperati nel Ventennio berlusconiano.
Falchi e lealisti hanno liquidano il tormentone delle primarie come una “provocazione”.
E lo stesso Condannato, ad Arcore, si sarebbe arrabbiato tantissimo: “Ma come? Io lotto per la mia sopravvivenza e questo parla della mia successione?”.
Al di là di sfoghi scontati e continui faccia a faccia, la realtà è che i due, Berlusconi e Alfano, sono sempre più lontani.
Il primo è disposto ancora a “salvare l’unità del partito”, ma il secondo pone condizioni troppo esose: sostegno al governo e ruolo di prima fila in Forza Italia.
La trattativa continuerà ancora, in vista del consiglio nazionale azzurro anticipato a dicembre, ma la “provocazione” delle primarie non ha contribuito ad abbassare la tensione. Anzi.
Come dimostra l’ennesimo vertice di ieri notte ad Arcore tra B. e lo stesso Alfano. Quest’ultimo, ieri pomeriggio, ha visto anche Napolitano al Quirinale.
Secondo la versione dei falchi il Colle avrebbe chiesto al vicepremier nonchè inquilino di Ligresti “un aggiornamento sui gruppi parlamentari autonomi in caso di scissione”.
Una visita che poi “metterebbe davanti a tutto la legge di Stabilità e non la decadenza”.
Non a caso, sulla questione scissione, si continua a esercitare l’ex cossighiano Naccarato, che conferma quando anticipato dal Fatto due settimane fa: “Al Senato gli alfaniani non sono più 25 ma almeno 40”.
Frutto, questo, del passaggio definitivo di Renato Schifani con Alfano.
Di questo passo, novembre rischia di essere fatale per il Condannato. Per il terzo anno consecutivo.
Nel 2011 le dimissioni per far nascere il governo Monti. Un anno dopo, si consumò una riunione del Pdl a palazzo Grazioli che mise in minoranza B. sulle primarie. Allora, non come oggi, rimasero con il Cavaliere solo in quattro: Santanchè, Bondi, Galan e Verdini.
L’attuale capo dei lealisti, Raffaele Fitto, si schierò senza se e senza ma con Alfano e le primarie. E con lui, la Gelmini e la Carfagna.
Altri tempi. La guerra civile del berlusconismo è la spia di interessi e ambizioni personali.
Di politico c’è pochissimo.
Di comico e di tragico, tanto.
Fabrizio d’Esposito
(da “Il Fatto Quotidiano”)
argomento: PdL | Commenta »
Novembre 5th, 2013 Riccardo Fucile
IL CAPPELLANO DEL “BECCARIA” DI MILANO: “ANCH’IO DICO “CONTATE SU DI ME”
«O tutto o niente»: questo sembra essere diventato il principio di coloro che si sono impegnati a giudicare la frase pronunciata dal ministro Cancellieri.
Ha aiutato una persona? Non basta.
Ne ha aiutate 100? Non basta ancora.
Ha segnalato mille casi? Non basta, non basta. Deve interessarsi di tutti.
Non ce la fa? E allora meglio non occuparsi di nessuno.
Dietro questo ragionamento c’è l’invidiabile convinzione che sia possibile stabilire in Terra il perfetto mondo di Dio o della Dea Ragione, un paradiso nel quale nessuno si ammala, nessuno sbaglia, nessuno muore.
Io invece sto dalla parte del ministro Cancellieri.
Sarà per i miei 40 anni passati a cercare di aiutare i ragazzi del carcere, sarà perchè, come lei, non sono riuscito a dare una mano a tutti, ma mi sento molto più vicino ai suoi limiti che non a quella sconfinata volontà di potenza che mi sembra animare i critici del ministro.
Sarà anche perchè io vengo chiamato un «uomo di Dio», cioè un uomo che cerca Dio e quindi abituato a non sostituirsi mai a Lui, ma posso assicurarvi che la nostra opera si svolge nella storia, nei confini tracciati dai nostri limiti che pur cerchiamo, umanamente, di superare.
Lì possiamo fare qualcosa. Forse in un universo parallelo ci sono altri sistemi di riferimento, ma nel nostro mi pare che la vita si determini nello spazio che si crea tra il tutto e il nulla.
So anche che questo semplice pensiero non può pretendere di convincere tutti, sarei in contraddizione, ma spero che almeno qualcuno voglia rifletterci.
Altri sono invece impressionati non dai ragionamenti ma da un aspetto ritenuto scandaloso: il ministro si è interessato a una donna ricca, e i ricchi, per definizione, non soffrono e non possono avere amicizie.
Ma c’è di più, di più: persino il figlio del ministro è ricco, ha guadagnato milioni di euro. Deve esserci certamente un torbido nesso.
Io, che notoriamente non sono un esaltatore delle ricchezze materiali se non vengono almeno in parte impiegate per aiutare quelli meno fortunati, non riesco però ad accodarmi a questa orgia dell’invidia, a questa esaltazione della maldicenza.
Se il dibattito comincia, e per la maggior parte dei casi si ferma, con una malevola insinuazione, possiamo ancora definirlo «politico»?
Al contrario, dopo aver visto tanti ministri della giustizia andare avanti per inerzia, abbiamo finalmente un ministro concreto e competente, impegnato con grande determinazione a migliorare le incivili condizioni di vita dei detenuti italiani.
Basta leggere il testo della legge da lei voluta, superficialmente chiamata «svuota carceri»: si parla finalmente di pene alternative, di lavori di pubblica utilità , non solo di scarcerazioni anticipate.
È un ministro che entra nei penitenziari, incontra i detenuti, addirittura li ascolta, e poi decide.
Poichè non è ancora venuta a trovarci al «Beccaria» dovrei forse dire che non dovrebbe andare da nessun’altra parte?
Infine, la frase incriminata: «Contate su di me».
Espressione di umanità o di un disegno criminoso? Quante volte l’ho pronunciata io stesso ad amici e parenti di qualche mariuolo: «Contate su di me, vostro figlio non sarà lasciato solo».
Oh, certo, è una frase che deve essere stata pronunciata anche da Totò Riina e Al Capone.
E dal ministro Annamaria Cancellieri.
Don Gino Rigoldi
(da “il Corriere della Sera”)
argomento: Giustizia | Commenta »
Novembre 5th, 2013 Riccardo Fucile
“IMPROPONIBILE IL PARAGONE CON LE TELEFONATE DI BERLUSCONI IN QUESTURA PER IL CASO RUBY”… “COSI’ PERMETTI SOLO AI MANIGOLDI DI PESCARE NEL TORBIDO”
Non è possibile instaurare alcun parallelismo, come fanno invece tutti gli ex Pdl, ma non solo
loro, fra le sette telefonate che Silvio Berlusconi fece da Parigi ai funzionari della Questura di Milano perchè violassero le procedure nei confronti della minorenne Ruby, sotto interrogatorio per un furto, e l’unica telefonata del ministro della Giustizia, Anna Maria Cancellieri, ai funzionari del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, per segnalare il caso delle gravi condizioni di salute di Giulia Ligresti, figlia di una sua cara amica.
Per la semplice, buona e lapalissiana ragione che mentre da quelle pressioni Berlusconi voleva ricavare un vantaggio, e cioè che Ruby non spifferasse quanto succedeva nelle notti di Arcore, dal suo intervento la Cancellieri non riceveva alcun vantaggio, se non sentimentale.
Inoltre Berlusconi non si limitò a fare pressioni, ma dettò precise indicazioni sul percorso che i funzionari della Questura milanese dovevano seguire affidando la ragazza Ruby a Nicole Mi-netti.
E che in questo intervento non ci fosse nulla di “generoso” e umanitario, come affermò in seguito il manigoldo, ma al contrario denunciasse la sua spietatezza, lo dice proprio l’affido della ragazza a un tipetto poco raccomandabile come la Minetti che comunque se ne sbarazzò subito consegnandola a una prostituta ufficiale, la cui casa era l’ultimo posto dove doveva finire una minorenne.
Infine, come ha sottolineato il presidente emerito della Corte costituzionale, Valerio Onida, “la Cancellieri ha sollecitato l’attenzione dell’amministrazione a cui è preposta su un problema di sua competenza”, mentre il presidente del Consiglio (Berlusconi in questo caso) non ha alcuna competenza sugli interrogatori della polizia che si tengano in questa o quella questura.
Punto.
Non mi è piaciuto per niente l’articolo in cui Marco Travaglio fa a fette Anna Maria Cancellieri paragonando il suo caso a quello di Berlusconi.
So benissimo anch’io che la legge è uguale per tutti e che ogni detenuto deve avere uguali attenzioni da parte dell’amministrazione penitenziaria.
Ma vorrei ricordare a Marco ciò che mi disse una volta Don Giussani: “L’errore è una verità impazzita”.
Portare un principio alle sue conseguenze più estreme, in nome di un’assoluta astrazione della legge, da verità si fa errore, perchè diventa una cosa disumana.
Probabilmente anche il giudice che anni fa condannò a un paio di anni di reclusione un tale che aveva rubato sei mele in punta di diritto aveva ragione, ma dal punto di vista umano aveva torto.
Inoltre mettendo sullo stesso piano ciò che vale cento con ciò che vale al massimo uno si perde ogni gerarchia dei valori, oltre a permettere ai manigoldi di pescare nel torbido.
A parte le questioni di diritto che rendono incommensurabili il caso Berlusconi e il caso Cancellieri, non si può mettere sullo stesso piatto il cinismo di Berlusconi con l’atto, certamente poco opportuno dal punto di vista dello “iure”, compiuto dalla Cancellieri per una debolezza affettiva.
Per questo, una volta tanto, non sto con Marco Travaglio.
Sto con Anna Maria Cancellieri.
Massimo Fini
(da “il Fatto Quotidiano”)
argomento: Giustizia | Commenta »
Novembre 5th, 2013 Riccardo Fucile
“NESSUNA EVASIONE DA PARTE MIA, SOLO ACCATASTAMENTO CHE SI STAVA DEFINENDO, EPPURE MI HANNO FATTO PIOVERE STERCO ADDOSSO”
La senatrice Josefa Idem non parla da mesi.
Chiusa nel suo fortino ravennate, la pagaia appesa alla parete, le medaglie e il ministero nel cassetto dei ricordi.
È arrivato tutto insieme: l’addio allo sport, il trionfo alle primarie del Pd, la nomina a ministro e le dimissioni forzate per una storia di Ici non pagata.
Dalle larghe alle basse intese, nel senso di “sterco che le è piovuto addosso”, come dice lei.
Senatrice Idem, rispetto a quello che accade in questi giorni lei si è dimessa per molto meno?
Io mi sono dimessa per niente. Ma non parlo del caso Cancellieri.
Poteva restarsene al suo posto, invece lei è uscita.
Non sarei potuta rimanere.
Perchè?
Non ero più persona gradita.
Si riferisce a Enrico Letta?
Mi riferisco all’accerchiamento mediatico di cui sono stata vittima.
Colpa dei giornali, anche lei?
No, hanno contribuito. Inseguivano me e la mia famiglia per strada. Ogni tanto il fornaio del mio paese lo dice: come abbiamo guadagnato in quei giorni non era mai accaduto.
Letta lo ha più sentito?
Non ho più sentito nessuno.
Sono passati due mesi: lo rifarebbe lo sforzo di dimettersi?
Sì. Non avrei pagato quel prezzo. Non ero più gradita. Lo sapete cosa dicevano sui social network in quei giorni e non sto a raccontare quello che hanno dovuto subire i miei figli a scuola. Eppure io ci mettevo impegno. Ci credevo. Non era attaccamento alla poltrona.
Crederci non basta.
Intanto le persone si giudicano sul lavoro. Io giravo per sei giorni alla settimana, lontana dalla famiglia, dai figli. Credevo in quello che facevo e lo facevo bene.
Torniamo all’inizio: lei dice di essersi dimessa per niente. In realtà c’era un versamento dell’Ici che mancava.
Non è corretto nemmeno questo. Io avevo già iniziato a sanare una posizione dal 2011. C’era un accatastamento da ridefinire. Ma io dovevo di imposte 3.000 euro e me ne dovevano indietro 2.000. Mi sono dimessa per 1.000 euro. È una posizione non creata da me, ma dal geometra che avevo incaricato. L’errore è stato il suo. Io pagavo l’Ici, una cifra inferiore, ma lo pagavo. Ero in buona fede, ma non mi è stato dato neppure il tempo di spiegare: sono stata condannata prima del tempo. Lo ripeto e lo dico: condannata per nulla. Per una posizione che è sanata.
Considera le sue dimissioni un sacrificio?
Le mie mie dimissioni sono state un sacrificio, certo. In nome delle larghe intese. Il governo in quei giorni era debole.
Se è per questo, sembra debole anche oggi.
Le larghe intese di per sè sono deboli. Ma io avevo un dovere preciso nei confronti della mia famiglia, nei confronti di chi mi aveva dato fiducia e nei confronti degli italiani. Se qualcuno pensa che non abbia capito si sbaglia.
Capito cosa?
Che per coloro che pagano le tasse fino all’ultimo centesimo, io che venivo fatta passare per un evasore fiscale sembrava grave. Ma non ho evaso proprio niente. Mai. I giornali continuano a scriverlo, ma è una loro fantasia.
Cos’è se non evasione?
Un errore commesso da un tecnico, non inquadrato nemmeno dalla legge nel reato di evasione. Un errore di una terza persona che avevo iniziato a sanare in tempi assolutamente non sospetti.
E la storia della palestra censita come abitazione?
E’ un errore. Io pagavo, ma non sapevo come fosse censita. Sono state una serie di dimenticanze burocratiche. E non mie.
Torniamo a quel giorno: fu Letta a chiederle di lasciare?
Non ebbe il tempo, non so se lo avrebbe fatto: io mi presentai con una decisione presa.
Emiliano Liuzzi
argomento: governo | Commenta »
Novembre 5th, 2013 Riccardo Fucile
ERANO ARRIVATI 20.000 CURRICULA DI CANDIDATI CHE SPERAVANO NELLA SELEZIONE PROMESSA… LA SENATRICE SI AUTOASSOLVE: “MOLTI DI NOI HANNO SCELTO AMICI CON LEGAMI PREGRESSI”: QUESTI SAREBBERO I MORALIZZATORI CHE VOGLIONO LE DIMISSIONI DELLA CANCELLIERI
Parafrasando Mozart, è noto che in Italia “così fan tutti”. 
«Tutti, ma non quelli del Movimento!», spiega sempre Beppe Grillo, che sulla diversità antropologica dei suoi deputati rispetto a quelli del Pdl e del «Pd-meno-L» ha basato il codice di comportamento dei Cinque Stelle e parte importante del consenso ottenuto nel Paese.
Eppure non tutti gli eletti pentastellati devono pensarla allo stesso modo: la senatrice Barbara Lezzi, quarantenne leccese e considerata tra le attiviste più vicine al leader, ha infatti assunto come portaborse – tra i circa 20mila candidati che hanno inviato un curriculum al sito del movimento sperando in una selezione basata sul merito – la figlia del suo fidanzato.
Non proprio una persona a caso.
La voce dell’assunzione era girata tra la base qualche settimana fa, quando la Lezzi era finita con Paola Taverna al ballottaggio per la nomina di capogruppo dei Cinque Stelle al Senato.
Entrambe fedelissime del tandem Grillo-Casaleggio, alla fine fu la Taverna (20 voti a 13) a spuntarla, nonostante la Lezzi avesse persino annunciato (ironicamente) di voler «sposare Beppe» perchè d’accordo con tutto quello che diceva.
I sospetti sulla portaborse sono iniziati a circolare tra gli attivisti pugliesi a fine settembre, scatenando in rete polemiche e smentite, e coinvolgendo per errore anche un’altra senatrice del movimento, Daniela Donno.
Così tre giorni fa è stata la stessa Lezzi, durante un’incontro pubblico, ad ammettere di aver contrattualizzato come «assistente personale» la figlia del compagno.
«Per gli assistenti personali» ha spiegato davanti alla platea grillina «noi non abbiamo stabilito nessuna norma interna se non quella prevista dal Senato. Che prevede che non vengano assunti familiari, conviventi, parenti o affini».
Secondo la Lezzi, dunque, la figura della figlia del fidanzato non può essere considerata “affine”.
«Io ho assunto una ragazza, che ho conosciuto ai meet-up insieme al padre, con il quale adesso ho anche una relazione» ha ragionato «Io non convivo con il padre: sono molto tranquilla a dirla questa cosa. Io tra l’altro ho assunto non il padre, ma la figlia, che è una ragazza laureata in Economia, e io sono vicepresidente della commissione Bilancio…».
Insomma, tutto normale…
Emiliano Fittipaldi
(da “l’Espresso”)
argomento: Grillo | Commenta »