Ottobre 2nd, 2014 Riccardo Fucile
LA RENZIANA INCAPACE DI REPLICARE AL FILOSOFO DIMOSTRA IL VUOTO PNEUMATICO DEL “NUOVO CHE AVANZA”
Una giovane donna, sorridente politica di nuovo conio e un vecchio, barbuto filosofo. Lei è Pina Picierno; lui — ex sindaco di Venezia — Massimo Cacciari. Il vecchio e il nuovo in onda su La7 nel programma di Lilli Gruber, temporaneamente in prestito a Giovanni Floris (Otto e mezzo, lunedì, 20.30).
Di antico in verità Cacciari ha poco: non i capelli, ancora neri e folti all’età di 68 anni. E ancor meno le idee, che flette coi tempi, anticipando le tendenze.
Ma di sicuro è un’immagine da Prima Repubblica — anche se defilata e critica — cui si contrappone quel “dopo” che ora governa il Pd.
E la Picierno — neorenziana — oltre all’età di nuovo ha quanto meno il sorriso. Modernissimo sorriso. Che l’accompagna, con arrembante e conciliante strategia inclusiva, nei molti contenitori televisivi che la ospitano.
Il nuovo per definizione non è sperimentato, e quindi ispira fiducia.
La sorridente luminosità della Picierno, appunto.
La quale però inizia a parlare, e un po’ di fiducia si smonta.
Se poi alle prime parole seguono le seconde e le terze, anche la sensazione di nuovo si perde.
E sotto la vernice che riluce appaiono le rughe e le opacità retoriche della vecchia politica.
Fra i due, quasi un dialogo dell’assurdo, demenziale, una scena alla Ionesco, in cui a un personaggio che interroga risponde l’altro, con logica propria, insensata.
Succede che Cacciari chieda qualcosa, una prima, una seconda volta, e che l’interlocutrice risponda altro.
Non si sa se per incapacità di comprendere o replicare.
Un pò come i maestri democristiani del passato. Detentori della sapiente arte del declamare senza dire.
Avendoli un po’ studiati, anche lei ci prova. Ma è maldestra. E confonde la logica con la dialettica. Pessima dialettica.
Il filosofo la incalza, incredulo per le frasi di lei che slittano altrove.
E gli cresce l’insofferenza, mentre progressivamente si sgonfia la “novità ” della neorenziana.
Cacciari: “Ma se è ininfluente l’art. 18, perchè Renzi lo tira in ballo, perchè cerca lo scontro?”
E la Picierno: “Questa è una riforma epocale, noi stiamo dalla parte dei lavoratori…”.
Alla parola “epocale” il corpo dell’accademico si ribella: chiude gli occhi, porta le mani ai capelli, sbuffa, scuote il capo, si dimena, geme.
Una gestualità che denuncia il desiderio di fuga, per abbandonare quell’imbarazzante dibattito.
Forse — chissà — pensa anche lui al nuovo e al vecchio. A quanto sia ridicolo contrapporre la modernità a un passato da rottamare.
A quanto sia difficile conquistarlo e interpretarlo, il nuovo. Tanto che a sentire chi si atteggia a suo interprete, viene voglia di rigettarlo.
Perchè il nuovo in politica dovrebbe parlare una lingua nuova, e non scimmiottare lo strutturato nonsense dell’antica.
E avere il coraggio dell’onestà . E di fronte a una domanda semplice e insidiosa, cui proprio non si può sfuggire, evitare lo zelo a tutela del re e dire che no, non ha alcun senso aggredire l’articolo 18, dal momento che è considerato “irrilevante”.
Perchè dalla logica, se elementare ed evidente, non si sfugge. Nel caso invece la si voglia evitare, si sappia che il prezzo da pagare è proprio il “nuovo” che si indossa. Perchè si diventa vecchi, all’istante. Vecchissimi.
Perfino in ritardo per la rottamazione.
Luigi Galella
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Ottobre 2nd, 2014 Riccardo Fucile
E ALLA FINE ALFANO NON E’ NEMMENO ARROSSITO
Il 1° agosto 2013 Silvio B. viene condannato in Cassazione a 4 anni di reclusione per frode fiscale, dunque deve decadere immediatamente da senatore in base alla legge Severino da lui stesso votata.
Angelino Alfano, vicepremier e ministro dell’Interno del governo Letta nonchè segretario Pdl commenta: “Tutto il Pdl è forte e unito attorno al suo leader Silvio Berlusconi. È interesse della democrazia che una parte importante del popolo italiano non venga privata della sua leadership, visto che Berlusconi è il leader più votato di questi ultimi venti anni”.
Il 20 agosto Alfano si reca in pellegrinaggio ad Arcore a prendere ordini dal pregiudicato.
Il 21 incontra il premier Letta e gli chiede di “farsi carico dell’agibilità politica di Berlusconi”.
Poi vola al Meeting di Rimini: “Noi chiediamo che il Pd rifletta, astraendosi dalla storica inimicizia di questi vent’anni, sulla opportunità di votare no alla decadenza di Berlusconi” perchè “l’esempio di Cristo testimonia l’esigenza di un giusto processo e la pericolosità di certe giurie popolari”.
Il 24 si tiene ad Arcore il Gran Consiglio del Pdl. Alla fine B. ordina ad Alfano di leggere la seguente nota, e lui esegue: “La decadenza di Berlusconi da senatore è impensabile e costituzionalmente inaccettabile. Ci appelliamo alle massime istituzioni della Repubblica sulla questione democratica che dev’essere affrontata per garantire il diritto alla piena rappresentanza politica e istituzionale dei milioni di elettori che hanno scelto Berlusconi. In base a precisi riferimenti giuridici chiediamo al Pd una parola chiara sul principio della non retroattività della legge Severino”.
Il 24 settembre Alfano incontra Napolitano e gli chiede di graziare B.
Il 27, Consiglio dei ministri sull’aumento dell’Iva: tutto bloccato da una rissa tra Franceschini (“Volete solo salvare Berlusconi”) e Alfano (“Siete voi col vostro anti-berlusconismo a cacciare il governo nei guai”).
Il 28 settembre B. ordina le dimissioni dei suoi cinque ministri, che obbediscono all’istante, compreso Alfano.
Il 29 Alfano, con Quagliariello, Lorenzin e Lupi, si dissocia da se stesso: “Basta estremismi, difendiamo il governo. Siamo diversamente berlusconiani”.
Il 30 ottobre, a tre mesi dalla condanna, B. è ancora senatore. Ma il Senato decide che voterà sulla decadenza a scrutinio palese. Per Alfano è “un sopruso”.
Il 15 novembre Alfano lascia il Pdl e fonda l’Ncd, ma avverte: “Continueremo a difendere Berlusconi dal governo”.
E chiede di rinviare il voto sulla decadenza di B. a gennaio. Il 27 novembre il Senato approva la decadenza di B. Tutto l’Ncd vota contro. Alfano comunica: “Oggi è una brutta giornata per il Parlamento e l’Italia. Rivendichiamo con forza la storia di questi 20 anni. Ho sentito Berlusconi per dirgli che avremmo dato battaglia contro un cosa profondamente ingiusta”.
Ieri Alfano, ministro dell’Interno del governo Renzi, ha annunciato alla Camera che il prefetto di Napoli, suo sottoposto, avrebbe sospeso subitissimo, prima che Napolitano arrivi in città , il sindaco Luigi De Magistris, condannato in primo grado (non in Cassazione) a 15 mesi con pena sospesa (non a 4 anni senza condizionale) per abuso d’ufficio sui tabulati non autorizzati di 8 parlamentari (non per una monumentale frode fiscale).
Alfano avrebbe potuto attingere al suo repertorio e dire, in coerenza con se stesso, che De Magistris è il sindaco di Napoli più votato degli ultimi vent’anni, dunque gli va garantita l’agibilità politica; e poi la legge Severino non può essere applicata retroattivamente a fatti commessi nel 2007, cioè prima che venisse approvata nel 2012; e comunque la condanna è solo in primo grado e c’è la presunzione d’innocenza fino a sentenza definitiva; e basta con l’uso politico della giustizia di chi vuole liquidare un avversario per via giudiziaria.
Invece ha detto — a sua insaputa, s’intende — l’unica cosa giusta della sua inutile carriera: De Magistris va sospeso in base alla legge Severino, e subito. Non dopo 4 mesi: dopo 7 giorni.
E alla fine non è neppure arrossito.
La sua vergogna è emigrata un anno e mezzo fa in Kazakistan insieme al suo cervello, senza più dare notizie di sè.
Marco Travaglio
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 2nd, 2014 Riccardo Fucile
CINQUE MESI DI ATTESA PER UNA ECOGRAFIA AL TERZO MESE DI GRAVIDANZA
Mariana V, 29 anni, è alla sua prima gravidanza. Felice di avere un bambino, felice, lei romena, di stare in Italia dove è garantita l’assistenza.
È in regola, ha la tessera sanitaria, il diritto ad essere assistita. Come fosse un’italiana.
Il medico le dice che deve fare un’ecografia feto-placentare alla dodicesima settimana.
Tutto chiaro, sembra facile.
Chiama il centro unico di prenotazione del Lazio.
Le risponde una gentile signorina che quando sente la domanda non si trattiene dal ridere. «Signora ma è impossibile farla prima della fine di febbraio, doveva chiamare prima».
«Chiamare prima quando? – insiste Mariana -. Sono all’ottava settimana di gravidanza, ho appena saputo di aspettare un bambino. E adesso come faccio?».
Dall’altra parte una stentata comprensione: «La capisco, ma che cosa vuole, qui le cose stanno così. Prenoti per la prossima gravidanza».
Eh sì, il calcolo è presto fatto: se l’attesa per una ecografia in gravidanza è mediamente di cinque mesi, questo significa che una donna che ne ha bisogno dovrebbe prenotare due mesi prima di rimanere incinta.
Così Mariana cerca un centro convenzionato ma è una caccia al tesoro.
Nel privato deve spendere 120 euro. «Ma per me è una spesa enorme. Continuerò a cercare. Intanto prenoto l’ultima ecografia, quella precedente al parto, per valutare la crescita. E spero che ci sia posto».
Mariana pensava che in Italia le cose andassero in maniera diversa. Anche il ginecologo pubblico in cui è incappata le ha detto chiaramente che se vuole avere lui in sala parto deve fare le visite privatamente, pagandole.
Altrimenti, si va al pronto soccorso e si partorisce con l’assistenza di chi è di turno.
«Ma non è dappertutto la stessa cosa in Italia, una mia amica che sta a Firenze dice che non ha avuto nessun problema. Se si può, mi conviene cambiare regione per gli accertamenti. Pago il viaggio ma almeno ho la prestazione».
Maria Corbi
(da “La Stampa”)
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Ottobre 2nd, 2014 Riccardo Fucile
SEMPRE PIU’ DIFFICILE L’ACCESSO ALLE CURE PUBBLICHE: “SEMPRE MENO SOLDI PER CURARSI”
La Sanità era un vessillo, un vanto dello Stato sociale italiano. Lo erano molte cose. E anche questa deve coniugare il suo verbo al passato: «Ei fu».
Ticket sempre più cari, tempi di attesa biblici, difficoltà di accesso alle cure. Gli italiani non ne possono più.
Su oltre 24 mila segnalazioni giunte nel 2013 al Tribunale per i diritti del malato (secondo quanto emerge dalla 17 ª edizione del Rapporto Pit Salute «Sanità in cerca di cura»), quasi un quarto (23,7%, +5,3% rispetto al 2012) riguarda le difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie determinate da liste di attesa (58,3%, -16% sul 2012), peso dei ticket (31,4%, +21%) e dall’intramoenia insostenibile (10,1%, – 5,3%).
Una corsa a ostacoli quella del cittadino per farsi curare e per di più troppo cara per le finanze in tempo di crisi, causa tariffe intramoenia esose e ticket lievitati.
«I cittadini oggi hanno bisogno di un Ssn pubblico forte, che offra le risposte giuste al momento giusto e che non aggravi la situazione difficile dei redditi familiari. È un punto di partenza imprescindibile per impostare la cura appropriata per il Ssn, che non può essere messa a punto senza il coinvolgimento delle organizzazioni dei cittadini», spiega Tonino Aceti, Coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva.
«Dobbiamo innanzitutto ridurre i ticket, scongiurare nuovi tagli al Fondo sanitario nazionale e governare seriamente i tempi di attesa di tutte le prestazioni sanitarie, e non solo di alcune come accade ora, mettendo nero su bianco un nuovo Piano di governo dei tempi di attesa, fermo al 2012».
Quasi la metà (44%) dei cittadini contatta Cittadinanzattiva per i costi elevati e gli aumenti dei ticket per specialistica e diagnostica, il 34,4% per avere informazioni sull’esenzione dal ticket, il 12,9% sul perchè alcune prestazioni siano erogate a costo pieno (e non solo con il ticket) e l’8,6% sulla mancata applicazione dell’esenzione.
Al secondo posto, le segnalazioni sull’assistenza territoriale (15,6%, in lieve aumento rispetto all’anno precedente); in particolare l’assistenza ricevuta da medici di base e pediatri di libera scelta (il 25,7% delle segnalazioni, +2,3%), soprattutto perchè i cittadini si vedono negata una visita a domicilio o il rilascio di una prescrizione; la riabilitazione (20,3%, +6,7%), in particolare per i disagi legati alla mancanza o scarsa qualità dei servizio in ospedale o alla difficoltà nell’attivazione di quello a domicilio; l’assistenza residenziale (17,3%, invariato rispetto al 2012).
Dopo essere stato per anni il primo problema per i cittadini, la presunta «malpractice» rappresenta la terza voce di segnalazione (15,5% delle segnalazioni nel 2013 vs al 17,7% del 2012).
Pesano i presunti errori terapeutici e diagnostici (66%, ossia i due terzi delle segnalazioni, +9% sul 2012); seguiti dalle condizioni delle strutture (16%, -7%), dalle disattenzioni del personale sanitario (10,4%, -2,1%), dalle infezioni nosocomiali e da sangue infetto (3,8%).
Nell’ultimo anno il valore pro-capite della spesa sanitaria privata si è ridotto da 491 a 458 euro e le famiglie italiane hanno dovuto rinunciare complessivamente a 6,9 milioni di prestazioni mediche private.
Sempre meno soldi per curarsi. E per la prevenzione.
Maria Corbi
(da “La Stampa”)
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Ottobre 2nd, 2014 Riccardo Fucile
ALBERGHI, AFFARI E GREMBIULINI…IL BUSINESS DELL’UOMO DELLA CRICCA CON BACCI, VICINO A MATTEO E AL PADRE…. IL PESO DI VERDINI, OMBRE SUI FINANZIATORI FIORENTINI DEL PREMIER
Ferruccio de Bortoli non è stato il primo ad accostare la massoneria al mondo che circonda Matteo Renzi.
“Il patto del Nazareno — ha scritto il direttore del Corriere della Sera — finirà per eleggere anche il nuovo presidente della Repubblica, forse a inizio 2015. Sarebbe opportuno conoscerne tutti i reali contenuti. Liberandolo da vari sospetti (riguarda anche la Rai?) e, non ultimo, dallo stantio odore di massoneria”.
Notoriamente alla stesura del Patto del Nazareno erano presenti per il Pdl oltre a Gianni Letta l’ex piduista Silvio Berlusconi e Denis Verdini, a processo per la cosiddetta P3 e per il Pd c’era Matteo Renzi.
Riccardo Fusi, quando era ancora il ricco e potente proprietario con Roberto Bartolomei del più grande gruppo di costruzioni di Firenze, la BTP, nel lontano 2009 mentre era intercettato ha toccato l’argomento dei rapporti tra Renzi e il mondo della massoneria con il suo socio.
I Carabinieri del Ros di Firenze su delega dei pubblici ministeri che indagavano sulla cosiddetta ‘Cricca dei grandi eventi’ hanno trascritto nei brogliacci il sunto di 52 mila conversazioni telefoniche di Fusi dal febbraio 2008 al febbraio 2010.
Il Fatto pubblica oggi le sintesi agli atti del procedimento che, pur non avendo rilevanza dal punto di vista penale, sono utili a tratteggiare meglio l’ambiente imprenditoriale e politico che circondava l’attuale presidente del consiglio negli anni fiorentini in cui ha preparato il grande salto sul proscenio nazionale.
Il processo di primo grado contro Riccardo Fusi si è chiuso con quattro condanne per la vicenda dell’appalto della caserma dei marescialli di Firenze, uno dei filoni dell’ambito dell’inchiesta sulla cricca, che riguardava anche gli appalti per i grandi eventi come il G8.
Il Tribunale di Roma ha inflitto tre anni e 8 mesi di reclusione per Angelo Balducci, e 2 anni a Fusi, con la condizionale.
Il 19 settembre 2009, dopo l’elezione a sindaco di Firenze di Matteo Renzi, Riccardo Fusi parla con il suo socio Roberto Bartolomei.
I due imprenditori in quel momento già sentivano i morsi della crisi che poi porterà al crack il gruppo BTP, nonostante il tentativo di salvataggio con un prestito ponte da 150 milioni per il quale si era dato da fare anche Denis Verdini (in passato in affari e da sempre grande amico con Fusi e Bartolomei) con Giuseppe Mussari, allora presidente del Monte dei Paschi di Siena.
A gennaio del 2014 sono state chiuse le indagini della Procura di Prato contro Fusi e Bartolomei per bancarotta.
Quel giorno di settembre di cinque anni fa Bartolomei e Fusi commentano i loro guai. Non hanno nemmeno pagato 200 mila euro di arretrati delle quote dovute all’Associazione Industriali.
Una brutta figura con i colleghi che sembrano passarsela meglio. In particolare Jacopo Mazzei e i fratelli Corrado e Marcello Fratini, così definiti dal Sole 24 ore: “immobiliaristi (outlet e centri commerciali), imprenditori del settore moda, rappresentano una delle famiglie più patrimonializzate della Toscana e del Paese. Jacopo Mazzei è uno dei manager di punta del oro gruppo, Fingen, nel campo dello sviluppo immobiliare internazionale”.
I Carabinieri sintetizzano così la conversazione tra Fusi e Bartolomei: “i Fratini, attraverso Mazzei, sono ben inseriti nel Comune di Firenze ed hanno un contatto diretto con Matteo Renzi. Fusi continua dicendo che detti legami sono forti di un ‘rapporto massonico’”.
Proprio così: rapporto massonico. I Carabinieri non trascrivono la telefonata integralmente ma mettono tra virgolette la frase di Fusi sul ‘rapporto massonico’ che rafforzerebbe i legami dei due imprenditori. Tra loro o con Renzi?
Si dovrebbe ascoltare la telefonata integrale per rispondere ma non è disponibile.
Fusi al Fatto, che gli legge al telefono la sintesi della sua frase di 5 anni fa, dice: “Non lo so. Non so capire il contesto di questo discorso con Bartolomei. Non ho idea se loro sono massoni o no. La massoneria per quanto si capisce comanda ma io non lo so se loro lo siano. Io comunque non conosco la massoneria. Non lo sono sicuramente e non so nemmeno di che si parla. Conosco Mazzei e Fratini ma se sono massoni onestamente non lo so”.
Da Palazzo Chigi il sottosegretario alla presidenza Luca Lotti fa sapere: “Renzi ha già più volte chiarito che non ha nulla a che fare non solo con la massoneria ma nemmeno con quella cultura. Tutto il resto è chiacchiera”.
Nelle telefonate non mancano altri riferimenti polemici al potere di Fratini e Mazzei, non solo sul comune, a Firenze. Il 14 aprila 2008, per esempio, Riccardo Fusi passa a Piazza Donatello e si imbatte in un cantiere di una clinica di proprietà dei Ligresti.
Quando scopre che i lavori sono stati appaltati alla CPF dei fratelli Fratini va su tutte le furie e chiama il suo amministratore delegato Vincenzo Di Nardo e gli dice: “il mio sbaglio sai qual’è stato? Di non aver preso il Mazzei io e te dai Fratini… era già risolta”.
Il gruppo Fingen dei fratelli Fratini si presenta così su internet: “fondata nel 1979 da Corrado e Marcello Fratini Fingen concentra oggi il suo business in tre aree: fashion, retail e Real Estate. Nell’ambito Fashion, Fingen ha sviluppato le licenze di marchi del calibro di CK, CK Jeans, CK Collection, Guess, Jean’s Paul Gaultier e, attualmente, del brand Kathy Van Zeeland ( http://www.ka  thy.it  ). In ambito retail dispone, attraverso Tie Rack ltd ( http://www.tie-rack.co.uk  ), di un network di oltre 300 punti vendita, metà dei quali dislocati nei principali aeroporti di tutto il mondo. Le attività immobiliari sono invece gestite da RDM”.
Proprio nella RDM compare Mazzei: “gestisce 20 sviluppi per una superficie complessiva di oltre 610.000 metri quadrati e un valore totale di circa 1 miliardo e 300 milioni di Euro. Fondata nel 1998 in partnership con Jacopo Mazzei che ricopre il ruolo di Presidente, RDM è tra i principali sviluppatori italiani”.
Comunque Riccardo Fusi nel 2008-2009, dopo le lamentele con il socio, scambia una serie di telefonate con Jacopo Mazzei. Si discute di provare a fare qualcosa insieme nel settore immobiliare e il 15 ottobre 2008 i Carabinieri annotano: “Jacopo Mazzei chiama Fusi. I due parlano del loro rapporto economico condizionato dall’agire dei vari soci. Mazzei chiede all’interlocutore la possibilità di utilizzare il suo elicottero per fare delle fotografie dall’alto all’albergo”.
Elicotteri e alberghi sono una costante nelle telefonate di Fusi e introducono un altro personaggio chiave dei suoi rapporti con il mondo renziano: Andrea Bacci.
Finora questo imprenditore di Rignano sull’Arno, paese dei Renzi, era famoso oltre che per le sue attività nel mondo del lusso con la AB Florence e per il suo recente ruolo di presidente della squadra di calcio Lucchese, per due cose: è l’uomo prescelto da Matteo Renzi prima alla Provincia e poi al Comune per guidare le società per azioni nelle quali l’ente pubblico ha una quota o il controllo.
Ai tempi della Provincia Bacci è scelto da Renzi per guidare la Florence Multimedia, al centro di mille polemiche per le sue spese facili. Mentre quando Renzi diventa sindaco, Bacci diventa presidente della Silfi, società partecipata al 30 per cento dal Comune che si occupa di illuminazione.
Bacci è però soprattutto l’uomo che cerca di trovare per Matteo Renzi un elicottero per andare a Milano. In particolare il 12 dicembre chiama Fusi per dire: “Matteo deve andare di corsa a Milano in trasmissione ..all’Invasione Barbariche… dalla Biscardi i treni sono tutti in ritardo di due ore … due ore e mezzo e non so come … (inc.) è bloccata .. lui ha bisogno di andarci in elicottero … ce l’ hai disponibile prova a sentire … trova una soluzione dai!”.
Fusi in quel caso lo mandò a quel paese così: “’trova una soluzione’” ma non vola l’elicottero ora … non passa l’Appenino l’elicottero .. non ce la fa … Andrea .. impossibile .. è impossibile … l’elicottero non è un problema .. ma non passa l’Appennino … non lo fanno decollare .. sono le 4 e mezzo fra partire e fare il piano di volo un’ora ci vuole .. non si può passare l’Appennino alle 5 e mezzo di sera …con la previsione che c’è non si vola …devo andare anch’io a Milano .. ho prenotato il treno per domani mattina”.
Poi Bacci ci riprova il 3 aprile per un volo programmato per il 6 aprile del 2009. Una data sfortunata, quel giorno c’è la scossa di terremoto dell’Aquila.
Nella telefonata a Fusi, Bacci chiede un elicottero per un uomo che deve andare a Milano dalle 3 e mezza alle sette di sera. L’elicottero deve restare ad apettarlo. Non si pronuncia il nome del passeggero.
Il consigliere comunale Francesco Torselli, ora passato a Fratelli d’Italia, presentò un’interrogazione perchè ipotizzava fosse Renzi. Comunque al mattino, quando tutto è pronto per la partenza, Bacci chiama Fusi per dirgli che il volo è ‘cancellato’. Fusi risponde con un’imprecazione.
Fusi al Fatto dice che l’elicottero del 6 aprile 2009 non era per Renzi: “era per un’altra persona che interessava a Bacci”. Mentre Bacci dice “non ricordo chi fosse la persona”.
Ora Il Fatto ha scoperto che Andrea Bacci non è solo l’uomo di fiducia di Renzi ma era anche in affari con Fusi e lo è stato, molti anni prima, con Tiziano Renzi, il padre di Matteo Renzi.
Il giorno prima della richiesta dell’elicottero per andare alle Invasioni Barbariche, Andrea Bacci era pressato da Fusi che voleva da lui una grande somma per uscire da un’attività commerciale (‘che non appare’) in comune.
Ecco la sintesi dei Carabinieri: “Riccardo Maestrelli richiama Riccardo Fusi il quale gli riferisce che Bacci ha già speso i soldi dello sponsor. Fusi riferisce del colloquio con il Bacci in merito all’albergo che hanno in società tra loro. Nella circostanza Fusi dice di aver riferito al Bacci di volere la cifra di 5 milioni di euro per uscire dalla società nella quale non (‘con’ sul brogliaccio Ndr) compare ufficialmente”.
In effetti il 30 dicembre 2008 i Carabinieri annotano “Fusi chiama Bacci al quale riferisce di essere con il Coppi (manager del gruppo Ndr) intento a verificare la risoluzione del contratto. I due parlano del denaro del quale Fusi vuole rientrare in possesso entro il 30 gennaio 2009”.
Al Fatto Bacci dice: “Non sono mai stato socio di Fusi e non ricordo quelle telefonate”. Mentre Fusi spiega: “Ho fatto affari con Bacci ma non sono mai stato suo socio. Io sono stato socio solo di Maestrelli e quest’ultimo era a sua volta socio, in un altra azienda con Bacci”.
La questione più sorprendente è un’altra: Andrea Bacci, manager scelto da Renzi per società pubbliche, anche quando era in affari ‘segreti’ con Fusi, è stato socio di Tiziano Renzi.
Il padre del presidente del consiglio ora indagato a Genova per la sua Chil Srl ha cominciato nel lontano 1993 nel settore del recupero crediti in una società nella quale c’era anche Andrea Bacci: la Raska di Tiziano Renzi e C. S.A.S. Tiziano Renzi ne era socio accomandatario dal 28 dicembre del 1991. Mentre Andrea Bacci ne era socio accomandante.
Bacci conferma al Fatto: “la società ha chiuso nel 1993 e lavorava se non ricordo male per la American Express”.
Sui rapporti tra Andra Bacci e Riccardo Fusi il sottosegretario Luca Lotti precisa: “I rapporti di affari tra Riccardo Maestrelli e Andrea Bacci sono noti. Renzi non ha mai volato nè ha mai chiesto a Bacci di chiedere a Fusi di volare con l’elicottero di Fusi, nè per raggiungere Milano nel dicembre 2008 per partecipare alle Invasioni Barbariche nè in altre circostanze. Fra l’altro, mi sembra di ricordare che l’unica volta in cui Bacci e Tiziano Renzi sono stati soci, nei primi anni ’90, si è chiusa con una causa civile tra i due”.
Il terzo uomo che fa affari con Bacci e Fusi, è anche lui un amico di Renzi: Riccardo Maestrelli è diventato famoso questa estate quando Matteo Renzi ha scelto l’albergo Villa Roma Imperiale per le sue vacanze e i giornali si sono ricordati che era stato un finanziatore del sindaco di Firenze.
Il lussuoso resort di Forte dei Marmi appartiene infatti alla sua famiglia. Il presidente del Consiglio ha alloggiato con moglie e figli in alta stagione ad agosto pagando una somma importante ma più bassa del listino dei clienti ordinari. Questo aveva attirato le attenzioni sui suoi rapporti con Maestrelli.
Ora Il Fatto ha scoperto nelle carte dell’indagine sulla Cricca un’intercettazione di una telefonata nella quale l’amico del sindaco fa molto di più: non è solo un ospite generoso, non è stato solo un suo finanziatore ma ha organizzato e pagato le spese di una cena all’Hilton di Firenze nella quale sono stati raccolti circa 80 mila euro.
Alle ore 16e 32 del 19 maggio 2009 Maestrelli chiama Riccardo Fusi. Maestrelli: abbiamo organizzato una cena all’Hilton Metropol con la partecipazione di professionisti e imprenditori che gentilmente fanno un’offerta di euro 1000 con bonifico preventivo… Fusi:…(ride)… M:…allora sono… io sono a fare… mi hanno fatto… devo fare l’esattore… sicchè devo raccattare un po’ di persone… perchè si dovrebbe essere 100 a cena .. F:…va bene… M:…è la finale di coppa campioni… te lo preannuncio… quindi s’è chiesto di mettere gli schermi… eccetera… eccetera… la cena la offro io… sicchè… F:…ma ci sei te o no?… M:…io ci sono… certo… F:…allora… tu ci sei… ma per chi si fa questi 1000 euro?… M:…per Matteo Renzi… che ci sarà anche lui… che ora non so… F:…questo Matteo Renzi … M:…se te non ti devi esporre non venire… perchè… F:…no… io… ascolta… ma ti pare che non vengo… io vado dappertutto… per me chi vince va bene uguale… a me basta che campi il Maestrelli vengo… vengo….dì alla tua signorina che telefoni a codesto numero che ti ho dato ora… e risponde la mia segreteria e tu gli dai i dati”.
Il sottosegretario Luca Lotti precisa: “L’hotel Villa Roma Imperiale è della famiglia Maestrelli e Riccardo è un amico di Matteo Renzi. L’hotel è amministrato dalla sorella di Riccardo, Elena Maestrelli. Il presidente del consiglio, nonostante i proprietari lo avrebbero volentieri avuto come ospite, ha pagato una somma di 5 mila e 100 euro per un soggiorno con la famiglia. Un prezzo, sinceramente, che mi pare del tutto onesto”.
Sia Fratini che Mazzei, che Fusi, che Bacci sono stati finanziatori di Renzi e nel 2009 il consigliere del Pdl Giovanni Donzelli aveva presentato un’interrogazione per sapere se i Fratini avevano mai parlato con Renzi della cittadella viola.
I terreni dell’Osmannoro dei Fratini infatti erano stati oggetto di una polemica in quel periodo con Diego Della Valle perchè erano proposti in quei giorni dalla stampa per la costruzione dello Stadio e delle attività commerciali connesse.
Un’ipotesi che oggi sembra tramontata a beneficio di una soluzione più centrale: l’area Mercafir. In quella zona ha interessi importanti proprio Riccardo Maestrelli. Con la sua società infatti la famiglia Maestrelli è titolare dal 2007 di un’area di 13mila metri quadrati di proprietà del comune che ha ceduto il diritto di superficie per 50 anni al gruppo.
Nel caso in cui lo stadio della Fiorentina fosse costruito proprio nella zona in cui oggi si trovano gli stabilimenti di trasformazione della frutta dei Maestrelli è facile prevedere che in loro favore il comune trovà trovare un’altra area o pagare un indennizzo notevole.
Anche il cognato di Riccardo Fusi è un imprenditore noto a Firenze. Si chiama Riccardo Martellini e la sua società , la Silvaneon, dal 1947 tappezza Firenze (e altre città italiane) con i suoi cartelloni 6 per 3.
Il 10 aprile del 2009 nel pieno della campagna elettorale per eleggere a sindaco Matteo Renzi, parla con Denis Verdini, leader di Forza Italia e poi del Pdl a Firenze, sul telefono cellulare di Riccardo Fusi, che è intercettato dai Carabinieri.
Questa è la sintesi dei Carabinieri del ROS: “Riccardo Fusi passa il telefono a Denis Verdini che parla con Martellini che lo incoraggia per Firenze e poi parlano di un preventivo fatto da Martellini che dice di aver parlato della cosa con Bonciani (che si doveva appunto incontrare con lo stesso Verdini. Martellini dice di avere altre cose che voleva Renzi ma che lui non gli ha dato; Verdini chiede se ne ha parlato con gli altri ma Martellini risponde che ne voleva parlare prima con lui. Verdini poi dice che si deve incontrare con quelle persone e che quindi lo chiama quando sarà con loro”.
Alessio Bonciani, 42 anni, eletto con il Pdl nel 2008 alla Camera, allora era coordinatore cittadino del Pdl, poi lasciato per l’Udc.
Proprio nel maggio 2009, durante la campagna di Giovanni Galli, da lui sostenuto, arrivò ai giornali dal suo account di posta elettronica, una mail con l’annuncio delle sue dimissioni da coordinatore cittadino: perchè i suoi non sostenevano troppo Galli.
Bonciani parlò di hackeraggio. Dal brogliaccio dei Carabinieri non è chiaro perchè il cognato di Renzi chieda a Verdini l’autorizzazione a dare le cose che Renzi ha chiesto.
Al Fatto Martellini dice: “Che c’entra Renzi con Verdini? Ora sì, se vediamo l’attualità . Ma allora nel 2009? Ci sarà un errore di trascrizione dei Carabinieri. Io non ricordo nulla. Si parlerà di un preventivo per la pubblicità di Forza Italia, pagata regolarmente. Non ci siamo mai schierati e lavoriamo anche per il Pd ma sono sicuro al 100 per 100 di non avere fatto pubblicità per Renzi”.
Il sottosegretario alla presidenza del consiglio Luca Lotti che ha seguito le campagne elettorali di Renzi dal punto di vista amministrativa meglio dell’ex sindaco spiega: “E’ chiaro che si parla delle affissioni pubblicitarie per la campagna delle elezioni del 2009 per eleggere il sindaco di Firenze. Martellini, titolare di un’impresa di affissioni, probabilmente vuole avvertire Denis Verdini che avrebbe potuto fare oltre alla pubblicità elettorale per noi, anche quella per Renzi. Martellini probabilmente avrà voluto farsi bello chiedendo l’assenso di Verdini. Non vedo altra lettura possibile. Il finanziamento di Martellini a Renzi non c’entra nulla con questa storia. La presenza di Martellini nell’elenco dei finanziatori della campagna di Renzi per il 2009, è dovuto a un versamento da 1000 euro riferito a una cena e non c’entra nulla con questa telefonata”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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