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GIACHETTI SUPERA LA RAGGI, LA MELONI STACCATISSIMA: L’ULTIMO SONDAGGIO

Marzo 27th, 2016 Riccardo Fucile

SONDAGGIO SCENARI POLITICI: GIACHETTI 26,6%, RAGGI 25%, MELONI 17,7%, BERTOLASO 10,5%, MARCHINI 8,9%, FASSINA 6,4%, STORACE 4%

Per la prima volta Roberto Giachetti, candidato sindaco Pd a Roma, supera nelle preferenze Virginia Raggi, candidata del Movimento 5 stelle.
Lo riporta un sondaggio svolto per HuffPost da ScenariPolitici-Winpoll.
Giachetti ottiene infatti il 26,6% dei consensi, mentre Raggi si ferma, non lontana, al 25%.
Al terzo posto, staccata di quasi 10 punti, la candidata di Fratelli d’Italia e Lega Nord, Giorgia Meloni al 17,7%.
Arrancano invece le candidature di Guido Bertolaso, Alfio Marchini e Stefano Fassina. L’ex capo della protezione civile sostenuto da Silvio Berlusconi è fermo al 10,5%.
Non decolla nemmeno il civico Marchini che si attesta all’8,9%.
Male il candidato della Sinistra Fassina che raccoglie solo il 6,4%.
Storace raccoglie il 4%, Rienzi lo 0,5%, Iorio lo 0,4%,
La somma di Bertolaso e Marchini potrebbe quindi toccare il 19,4%, superando pertanto la Meloni.
Se poi si aggiungesse a loro anche Storace si arriverebbe al 23,4%, molto vicino al possibile ballottaggio.

(da “Huffingtonpost”)

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LE BRUTTE FIGURE DELLA PETRY IN TV, UN DISASTRO MEDIATICO PER LA LEADER DELLA DESTRA XENOFOBA TEDESCA AFD

Marzo 27th, 2016 Riccardo Fucile

DALL’AMORE DIABOLICO ALLE ARMI CONTRO I PROFUGHI…SCARICATO IL PORTAVOCE MA LA SEGRETERIA DEL PARTITO SI SCHIERA CON LUI

Dopo due interviste dagli effetti disastrosi la leader della AfD, F rauke Petry, ha deciso di scaricare il portavoce del partito, Christian Là¼th.
Si tratta di un segnale del crescente isolamento di Petry ai vertici della segreteria nazionale, scrive la Faz: gli altri membri della segreteria sono infatti soddisfatti di Là¼th e continueranno a lavorare con lui, mentre Petry seguirà  d’ora in poi da sola i contatti con la stampa.
La decisione segue di poche ore due interviste che hanno fatto discutere in Germania.
La prima è quella concessa da Petry insieme al suo compagno, il segretario regionale della AfD in Nordreno-Vestfalia, Marcus Pretzell, al settimanale di gossip “Bunte”.
Un colloquio, intitolato «Quanto è pericolosa questa coppia?», che ha generato non pochi malumori nella AfD.
I due rivelano che il loro non è stato «amore a prima vista», anzi, all’inizio non si sopportavano e «c’è voluto un bel po’» prima del primo bacio.
Petry nega che l’attuale compagno sia la causa della separazione da suo marito, un pastore protestante, e racconta di apprezzare la «forza maschile» di Pretzell.
Quest’ultimo, a sua volta, ha pronunciato una frase su cui si è concentrata l’attenzione dei media tedeschi: Frauke Petry ha «qualcosa di diabolicamente bello».
La seconda intervista è quella concessa da Petry a Tim Sebastian per la tv Deutsche Welle.
Nel colloquio di circa 26 minuti il giornalista inglese ha di fatto demolito la leader della AfD, smontando punto su punto le sue argomentazioni, e viene ora celebrato su Twitter come un eroe.
Una cancelliera Petry darebbe l’ordine di sparare sui rifugiati come ultima ratio?, le chiede ad esempio il giornalista, invitandola a precisare una sua controversa frase in merito al possibile uso delle armi da parte della polizia tedesca per fermare i profughi alle frontiere.
Petry non risponde – e Sebastian continua a incalzarla: «Le ho fatto una domanda diretta: sì o no?», «Lei non vuole dare una risposta diretta», «Ho provato a ottenere da Lei una risposta diretta e non ci sono riuscito».
E quando Petry, messa alle strette, gli chiede di farle domande anche su come la AfD intenda cambiare la politica tedesca ed europea, Sebastian le dà  una lezione di giornalismo: «Le porrò le domande che desidero porle, perchè questo è quello che fa una stampa libera. A meno che non voglia darmi un copione e invitarmi a recitarlo».

Alessandro Alviani
(da “La Stampa”)

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IL BELGIO PERMETTE A 450 HOOLIGAN RAZZISTI DI OLTRAGGIARE LE VITTIME DEL TERRORISMO

Marzo 27th, 2016 Riccardo Fucile

HA CONCESSO LORO DI ARRIVARE FINO IN PIAZZA DELLA BORSA E CALPESTARE PERSINO I FIORI POSTI A RICORDO DELLE VITTIME

Il Belgio colpito dal terrorismo si trova ora a fare i conti anche con le forti tensioni politiche mai sopite.
Pensando di trovare terreno fertile nei sentimenti anti-immigrati che potrebbero diffondersi all’indomani degli attentati l’estrema destra ha invaso il luogo   del dolore, quella piazza della Borsa diventata da martedì scorso il memoriale per le vittime degli attentati del 22 marzo scorso.
Circa 450 hooligan, appartenenti a diversi squadre di calcio della divisione 1 (l’equivalente della nostra serie A), erano giunti dalla città  di Vilvorde per manifestare contro il terrorismo.
Molti di loro erano vestiti di nero, molti indossavano cappucci e passamontagna e hanno fatto il saluto romano. Erano ubriachi, inneggiavano slogan neonazisti, avevano il volto coperto, e lanciavano pietre, bottiglie e altri oggetti.
In piazza della Borsa – nonostante lo stop ed il conseguente divieto delle autorità  alla ‘Marcia contro la paura’ – si erano riunite circa mille persone alle spalle della Grand Place, per commemorare le vittime degli attentati di martedì scorso: sullo scalone del palazzo sono state esposte decine di bandiere affiancate. In basso, una distesa di fiori e candele.
Nella piazza si sono vissuti momenti di grande tensione, fino a quando le forze anti-sommossa sono riuscite a creare un cordone tra i 450 militanti di estrema destra e le persone riunite per commemorare le vittime.
Agli slogan degli estremisti di destra hanno risposto gli altri gridando “no all’odio”, “Bruxelles multiculturale”.
La polizia è poi riuscita a far arretrare gli hooligan fuori dalla piazza con l’uso degli idranti e lacrimogeni, tra gli applausi della gente. Una decina di giovani è stata fermata. Nel gruppo si scandivano sglogan come “questa è la nostra casa”. E “lo Stato e Daesh sono complici”.
Premier belga condanna hooligan.
“Chiedo rispetto di un momento di dolore per tutto il Paese, è totalmente inappropriato che dei manifestanti rompano il periodo di raccoglimento in piazza della Borsa. Le persone si riuniscono per trovare conforto, condanno fermamente ogni eccesso”, ha detto il premier Charles Michel.
“Stiamo facendo di tutto per rimandarli a casa, allo stesso tempo chiediamo a chiunque di mantenere il sangue freddo e di restare calmi perchè la polizia possa fare il suo lavoro”. Almeno una decina di estremisti sono stati fermati.
L’accusa del sindaco: “Nessuno li ha fermati”.
Il sindaco di Bruxelles Yvan Mayeur, s’è detto “scandalizzato da questi farabutti che hanno provocato gli abitanti di Bruxelles sul luogo dell’omaggio alle vittime”.
“Siamo stati avvertiti sabato del loro possibile arrivo, e constato che nulla è stato fatto per impedire di venire a Bruxelles”. “Mi aspetto una reazione del Governo federale”.

(da agenzie)

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UN FIUME DI COCAINA GESTITA DALLA ‘NDRANGHETA: L’ITALIA SBALLATA E VIOLENTA DIPENDE DALLA CALABRIA

Marzo 27th, 2016 Riccardo Fucile

UN GUADAGNO DI 30 MILIARDI L’ANNO… IL RAPPORTO CON I CARTELLI COLOMBIANO E MESSICANO

Il fiume di cocaina che segna il perimetro dell’omicidio di Luca Varani, della violenza fredda e paranoide di Marco Prato e Manuel Foffo costituendone il presupposto, alimenta le voglie e le ossessioni quotidiane di tre milioni di italiani e ne scatena l’aggressività  nelle strade e nelle case, esondando dai suoi argini da Milano a Roma, da Bologna a Siena, da Napoli a Palermo, per ritrovare la sua fonte rigeneratrice nella Locride e consegnare alle cosche calabresi un tesoro da trenta miliardi l’anno.
È quello che il magistrato Nicola Gratteri definisce «il più grande affare nella storia della ‘ndrangheta».
Tutto comincia e finisce in questa striscia di terra incantata tra lo Ionio e il Tirreno, dove la natura vince, l’uomo perde, lo Stato è ridotto a comparsa e le regole non valgono.
A meno che non siano quelle delle famiglie mafiose, confuse da tempo con la buona borghesia cittadina e ormai composte da avvocati, notai, imprenditori e commercialisti.
È la ‘ndrangheta con le scarpe lucide, quella che, per chiudere il cerchio, si è alleata anche con la massoneria.
«Migliaia di uomini e donne che mangiano negli stessi ristoranti, dividono gli stessi affari e gli stessi discorsi, gli stessi teatri e le stesse parrocchie delle famiglie perbene, rendendo sempre più difficile la possibilità  di distinguere il bene dal male. Solo una cosa è certa nel reggino: nulla è possibile senza che la ‘ndrangheta abbia dato il suo benestare», dice il procuratore capo della Repubblica Federico Cafiero de Raho.
E mentre parla sembra appesantito. Come se avesse guardato una cosa nera e lontana e all’improvviso fosse stato costretto a ingoiarla.
«La scorsa settimana abbiamo arrestato i vertici del sistema Reggio a cominciare dall’avvocato Giorgio De Stefano, dimostrando una volta di più che in questa provincia la ‘ndrangheta non è presente solo nei grandi appalti, ma costringe le persone a piegarsi ai propri voleri anche per le singole ristrutturazioni casalinghe. Devi cambiare gli infissi? In quella via c’è la nostra azienda. Alberghi, ristoranti, negozi, nulla sfugge. E nessuno può crescere in un sistema in cui molti imprenditori vanno a cercare le famiglie prima che le famiglie cerchino loro. Chi può manda i figli a studiare altrove. Chi non può si adegua. La paura ha spinto tanti ad arrendersi. Eppure noi siamo qui. E qualcosa piano piano si muove».
Ma come lo Stato si muove la ‘ndrangheta reagisce. Come in questi giorni.
Colpi d’arma da fuoco, minacce fisiche, auto in fiamme e biglietti intimidatori che contengono un ultimo avviso. «Viri chi porci campanu pocu». Vedi che i maiali hanno vita breve
Per combattere le organizzazioni mafiose il governo investe due miliardi e mezzo l’anno. La sola ‘ndrangheta ne fattura 44.
La capacita economica delle famiglie è enorme. E il 66% di queste entrate è fatto di cocaina.
Tre milioni di italiani comprano, le famiglie prosperano e un pezzo del paese va alla deriva, tanto che Anna Rita Leonardi, giovane dirigente del Pd, è costretta a dire nelle interviste: «Se resto viva una cosa è certa, sono candidata sindaco e porterò Platì alle elezioni».
Se resto viva. Platì, come San Luca, dove sono i carabinieri, secondo la procura, «ad essere circondati dalla ‘ndrangheta e non loro a circondare i mafiosi».
Quanto è alto il prezzo della coca? E chi lo paga veramente?
Anche la camorra ci si è messa d’impegno, ma nessuno è bravo come i calabresi sul mercato internazionale della coca, nessuno conta quanto loro, capaci di stringere rapporti blindati con i colombiani, considerati duri quanto i messicani e però più affidabili.
«Non amo fare l’elogio della criminalità , ma la considerazione internazionale della ‘ndrangheta è legata a due motivi: ha meno collaboratori di giustizia ed è solvibile. Paga fino all’ultimo centesimo», dice Gratteri.
Così la cocaina, distribuita in ogni angolo d’Europa e del pianeta, arriva in Italia senza soluzione di continuità , passando dall’Africa, dalla Spagna, dalla Francia, dalla Germania, dal Belgio e dall’Olanda e inondando i nostri porti.
«Nei primi due mesi del 2016 ne abbiamo sequestrati settecento chili solo a Gioia Tauro», dice Cafiero de Raho.
Nel porto di Gioia Tauro, il più grande terminal per trasbordo del Mediterraneo, passano tre milioni di container ogni dodici mesi. Controllarli tutti è impossibile ma dentro quei giganteschi parallelepipedi di metallo, assieme alla merce che finisce nelle nostre case, si trovano armi, rifiuti radioattivi e tonnellate di cocaina, che in genere vengono caricate all’insaputa di chi compie il trasporto manomettendo i sigilli dei container.
Le cooperative addette allo scarico sono spesso infiltrate dalla ‘ndrangheta, o addirittura sono state fondate dalle famiglie..
Perchè non sciogliete le cooperative e ripartite da zero?
«Legalmente non si può. Perchè ne prendi due o tre e magari ti dicono che tutti gli altri sono sani. Che fai mandi tutti a casa? Porti via lavoro?», risponde Cafiero de Raho.
Così polizia, carabinieri e guardia di finanza combattono una guerra che non possono vincere e per ogni container che viene scoperto ce ne sono nove – secondo le dichiarazioni dei pochi collaboratori di giustizia – che passano indenni.
«Non c’è nessuna merce al mondo con un rapporto così smisurato tra prezzo di acquisto e prezzo di vendita», ha spiegato il professor Isaia Sales, esperto di criminalità  economica.
Il business mondiale della droga supera i 500 miliardi di dollari e a favorire il giro dei narco-euro sono funzionari di banca, avvocati e broker, perciò, secondo Giuseppe Lombardo, magistrato a Reggio Calabria: «dobbiamo essere consapevoli che contrastare le mafie significa impedire, in un certo senso, che l’economia riparta».
È il suo modo per segnalare quello che forse è il punto più controverso del problema: siamo sicuri che l’economia legale riesca a sopravvivere senza quella illegale?
E chi si porta dentro questo dubbio ha voglia di mettere la criminalità  organizzata con le spalle al muro?
«La crescita della criminalità  economica non è stata ostacolata dall’economia legale. I soldi della cocaina fanno gola a molti, non soltanto in Italia. Io e il professor Nicaso lo sosteniamo da tempo: è necessaria una azione di contrasto a livello internazionale», chiosa Gratteri.
Esiste lo spaventoso giro d’affari con le conseguenze fuori controllo sull’organizzazione di regioni come la Calabria e la Campania ed esistono gli effetti che la cocaina, considerata una droga socialmente accettabile, produce sui consumatori.
«Io temo che i consumatori di cocaina nel nostro paese superino abbondantemente i tre milioni», dice il colonnello Paolo Iannucci, della direzione centrale dei servizi antidroga.
Solo a Roma, nel corso del 2015, sono stati sequestrati 310 chili di polvere bianca e secondo Michele Andreano, legale di Manuel Foffo, il suo cliente «non avrebbe ucciso se non fosse stato un cocainomane».
Difficile stabilire se abbia ragione, più facile notare la distanza che corre tra la straordinarietà  dell’omicidio Varani e la diffusione «epidemica» – secondo Federico Tonioni, responsabile dell’area dipendenze del policlinico Gemelli – della cocaina. «Una sostanza che in fase acuta produce una sospensione della capacità  di fare esami di realtà ».
Il collega Luigi Janiri, direttore dell’unità  di psichiatria del policlinico, racconta che la cocaina «è il più potente antidepressivo che ci sia, ma ha un effetto così forte che non può essere usato come farmaco».
La cocaina non solo non cura la depressione ma produce dipendenza, può causare ictus, infarti, crisi epilettiche e certamente moltiplica esponenzialmente l’aggressività . «I cocainomani sviluppano idee paranoidi, diffidenza, ostilità . Immaginano di essere seguiti dalla polizia. O magari spiati dai genitori. Noi li trattiamo come se fossero pazienti psicotici, per esempio bipolari o schizofrenici. E sappiamo bene che una bella responsabilità  sui comportamenti antisociali che registriamo per strada sono addebitabili alla cocaina», dice Janiri.
Mattia F. ha 49 anni ed è cresciuto alla Magliana. Era bambino quando la banda prendeva il controllo della Capitale, ma è con loro che è cresciuto e a sedici anni ha cominciato a tirare.
Ha continuato fino al 2011 e solo adesso sta finendo il suo ciclo di disintossicazione. «Per la prima volta in vita mia riesco a fare i conti con me stesso. Sto imparando a capire chi sono, che cosa voglio, che cosa è importante per me». Come se avesse sempre vissuto in una dimensione parallela.
Elegante, i capelli chiari, una faccia da duro buono, Nicola ripercorre le curve della sua vita complicata. Dà  l’impressione di essersi tolto la cravatta un minuto prima, anche se forse non l’ha mai portata e di venire da un ambiente più elevato. Un paradosso ambulante. Un padre violento, i primi reati, i lavori per il cinema. «Guadagnavo bene. Anche perchè poi integravo andando a lavorare nei locali. Mi alzavo e il mio primo pensiero era la cocaina. Lo stesso che avevo prima di andare a letto. Quando ci andavo. In una sera ero in grado di prenderne anche 25 grammi».
I rapporti personali che vanno a pezzi, il bisogno di denaro costante, il consumo che si aggiunge allo spaccio.
«Ne avevo quanta ne volevo e la prendevo nei posti giusti. Pura all’83%. Un giorno mi hanno arrestato con sette grammi in tasca. Il giudice mi ha chiesto: dove l’hai presa? A Termini. Quello ha riso: vai in galera, va».
Cocaina così pura può arrivare solo dal grossista, ‘ndrangheta o camorra. Nelle dosi standard il grado di purezza può toccare il 15% se sono per le periferie, il 45% se sono per i quartieri bene.
E i prezzi possono ballare tra i 15 e i 200 euro. «La ‘ndrangheta ha trasformato la cocaina da droga per ricchi a sballo di massa», dice Gratteri.
Uno sballo perfetto per la modernità . Mattia, che oggi fa l’artigiano, in galera ci è rimasto due anni. E’ uscito e ha ricominciato. «Mi sono rovinato fisicamente. Scatenavo risse con chiunque, ogni motivo era buono per fare a pugni, in strada, nelle discoteche, nei bar».
Una donna l’ha spinto a cambiare vita. A scoprire finalmente la sua. «Con lei è finita. Ma oggi so chi sono. E mi piace».

Andrea Malaguti
(da “La Stampa”)

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OMAGGIO ALLA CASA DEL BOSS DURANTE LA PROCESSIONE A SAN MICHELE DI GANZARIA

Marzo 27th, 2016 Riccardo Fucile

APERTO UN FASCICOLO DAI CARABINIERI DI CALTAGIRONE: IL CRISTO PORTATO DAVANTI ALLA CASA DI UN DETENUTO AL 41 BIS

Finisce in un fascicolo dei carabinieri di Caltagirone la processione del Venerdì Santo a San Michele di Ganzaria, piccolo comune del Catanese, per il presunto omaggio al boss del paese.
Durante la cerimonia, il fercolo del Cristo morto, portato in spalla da una ventina di persone con al seguito un centinaio di fedeli mentre gran parte della folla è rimasta nella piazza principale, ha abbandonato il percorso ufficiale raggiungendo piazza Monte Carmelo, dove si trova la casa del boss mafioso Francesco La Rocca, detenuto in regime di 41 bis.
L’urna, riporta il quotidiano ‘La Sicilia di Catania’, è stata salutata dall’applauso dei presenti, tra cui alcuni familiari del capomafia.
Al momento della deviazione dal tragitto concordato, il sindaco ha tolto la fascia tricolore prendendo le distanze da quanto stava accadendo, così come hanno fatto il parroco e il comandante della stazione dei carabinieri.
Gli investigatori stanno visionando alcuni filmati e stanno ascoltando diversi testimoni.
Non è la prima volta che una manifestazione religiosa finisce sotto accusa per “omaggi” resi ai boss. Era già  accaduto a Palermo per la festa della Madonna del Carmine e a Paternò per Santa Barbara.

(da agenzie)

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