Marzo 18th, 2016 Riccardo Fucile
BOSSI E MARONI LO ATTACCANO, A MILANO SI TEMONO DEFEZIONI SUL VOTO A PARISI….E LO SPIN DOCTOR MORISI ACCUSATO DAI GIORNALISTI DELLA PADANIA: “SI PRENDE 220.000 EURO L’ANNO E NOI A SPASSO”
La decisione di Matteo Salvini di rompere con Silvio Berlusconi sulle candidature di grandi città come Roma e Napoli ha inevitabilmente scosso dall’interno la Lega. Storicamente nel Carroccio i malumori non sono quasi mai usciti dalle quattro mura di via Bellerio, per cui appare sintomatico della gravità della situazione attuale, , il fatto che qualche borbottìo si sia sentito arrivare dalla base leghista.
Per esempio dai fedelissimi di Umberto Bossi, in primi per bocca di Roberto Maroni che ha detto: “non si vince facendo la guerra all’alleato”, e poi dalle parole dello stesso Senatur sulla Stampa, secondo il quale Salvini si sarebbe fatto condizionare dalla: “voglia di diventare il candidato premier del centrodestra. Matteo sbaglia – ha detto – ma è un ragazzo”.
Con Bossi la rottura è conclamata da tempo, da quando Salvini ha deciso di allargare il progetto leghista anche al sud, con il rischio secondo i militanti della prima ora di snaturare l’idea autonomista del 1984.
Il rischio – I timori di Bossi e Maroni non hanno solo una base ideologica, ma di mera politica reale.
I due sono sempre rimasti in contatto con l’alleato storico Berlusconi, senza di lui sono preoccupati che la Lega possa rimanere forza marginale, soprattutto se la rottura si dimostri col tempo insanabile, anche da un punto di vista umano.
In ballo ci sono partite importanti, vedi Milano, dove la Lega mantiene il suo core business.
Maroni avrebbe confidato ad alcuni big di Forza Italia e Ncd di temere ripercussioni sulla candidatura di Stefano Parisi: “Sono giorni che i nostri militanti ci fermano per strada e alle sezioni – avrebbe detto il presidente lombardo – e ci dicono che in questa situazione a votare per Parisi non ci vanno”.
La provocazione
Non ha proprio rasserenato gli animi il post su Facebook dello spin doctor di Matteo Salvini, Luca Morisi, che pochi giorni fa ha scritto: “Qualcuno pensa che la Lega sia ancora un cespuglietto solo nordista, minoritario, da tenere sotto il tacco regalandole ogni tanto qualche contentino. Poveretti!”.
Abbastanza per toccare nel profondo la sensibilità di bossiani e leghisti storici, così come qualche commentatore dimostra sotto il post di Morisi.
C’è chi spera che la Lega rimanga ancora un partito del Nord e Morisi ha risposto: “Allora ciao”.
I giornalisti della Padania, licenziati non hanno perso occasione per ricordare: “Noi a casa e la sua società che fattura 220mila euro l’anno dalla Lega. Una vergogna”.
(da “Libero”)
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Marzo 18th, 2016 Riccardo Fucile
L’IMMMUNOLOGO: “QUATTRO CANDIDATI? QUESTI SONO PAZZI”…”MARCHINI E’ L’UNICO EFFICIENTE”
«Adesso diranno che sputo nel piatto in cui ho mangiato…».
Con la diaria da consigliere comunale?
«Appunto, ironizzavo: erano 1.326 euro al mese… Il punto è che il centrodestra a Roma non smette mai di stupire. Quanto è emerso con Mafia Capitale era inimmaginabile: Gramazio era il mio capogruppo, io mi fidavo. Certo, una volta cercò di fregarmi… E adesso? Una follia: quattro candidati, per essere si-cu-ri, ma proprio stra-si-cu-ri di perdere!»
Quel bacio.
Il professor Fernando Aiuti, nella sua lunga carriera, ha avuto due momenti di forte visibilità : il primo quando, negli anni ’90, già immunologo di fama internazionale, si fece fotografare mentre baciava una giovane sieropositiva, per dimostrare che l’Aids non si trasmette con la saliva; l’altro nel 2010, quando si imbavagliò nell’aula Giulio Cesare contro la maggioranza di Alemanno in cui egli stesso militava, per protestare contro la stangata sulle tariffe taxi.
La chiamata in politica di Aiuti, nel 2008, fu uno dei non molti tentativi del centrodestra di aggregare personalità di alto profilo.
Il professore venne eletto in Campidoglio come capolista Pdl ma, nei successivi 5 anni, il suo contributo è stato ignorato.
Adesso, «definitivamente fuori dalla politica, per carità », l’immunologo va a ruota libera. E si toglie parecchi sassolini («fastidiosi, mi creda») dalle scarpe.
Professore, lei è ancora di centrodestra?
«Certo, perchè?»
Ha visto che sconquasso a Roma? Come pensa di regolarsi al momento del voto?
«Sono basito, è una follia. Oppure una scelta deliberata di farsi male, come dice qualcuno, perchè Berlusconi vuol favorire Renzi per avere qualcosa in cambio. In ogni caso è da irresponsabili: presentare quattro candidati non vuol dire affossare il centrodestra solo a Roma, ma su scala nazionale. Così abbiamo la certezza assoluta di non andare neanche al ballottaggio, quando invece sarebbe tanto facile uscire dall’impasse».
Come?
«Basta che tutti e quattro facciano un passo indietro. Si organizzano le primarie, in 15 giorni, e chi vince lo si vota. Ogni problema sarebbe risolto».
Se invece il quadro restasse questo, lei chi sceglierebbe tra Bertolaso, Meloni, Storace e Marchini?
«Essendo fuori dalla politica voterò il programma migliore per la città , un manager, qualcuno capace di far funzionare i servizi. Guardi, ieri ero a Catania, e le assicuro che è molto più pulita di Roma. Ci vorrebbe un tecnico di spessore…».
Ci sta girando attorno per arrivare a Bertolaso?
«Ma no, lui non lo voterei mai! Per due motivi: ha delle pendenze giudiziarie, e francamente votare uno che poi a settembre si ritrova con una condanna di primo grado non mi pare il caso. Qui è diverso dal caso di De Luca, in Campania: un conto è essere indagato per abuso d’ufficio, un altro, ben più grave, per questioni di appalti».
Non le sta simpatico, l’uomo del fare…
«Il problema è che lui è l’uomo del fare tutto, troppo. Anche a costo di non essere all’altezza. Dal terremoto ai rifiuti, dall’Aids alla sicurezza negli aeroporti. Si sente un superman. Lo conosco da molti anni, da quando veniva con la sua aria da tuttologo in commissione, al Consiglio superiore della sanità , e pretendeva di spiegare cosa si doveva fare per combattere l’Aids. Poi è arrivata la Sars, e anche lì sapeva tutto lui. Non funziona cosi. L’uomo del fare va bene, i presuntuosi sono un’altra cosa».
Bene, Aiuti. Ora passiamo a sistemare la Meloni..
«Ma no, è giovane, sveglia. Politicamente a lei mi sentirei anche vicino…»
Però…
«Però, diciamolo, con il suo tira e molla non ha fatto una gran figura. Prima “no, devo fare la mamma”, poi “forse, vedremo”, alla fine sì… Non è autonoma, dipende da qualcuno, nella fattispecie Rampelli, e questo non va bene».
Intende dire, con Berlusconi, che dietro la Meloni sono in agguato i «fascisti»?
«Mmhh… direi i missini vecchio stampo, ecco. Gente che non si è evoluta, non è cresciuta al di fuori della loro ideologia. Rampelli riporta a quel mondo lì, superato, alla gestione pregressa di Alemanno, Fini, eccetera, e la Meloni non ha la forza di sganciarsi».
Il suo ragionamento porta dritti a Storace: uno tosto, muscolare…
«Ma no! Premesso che è una persona onesta, anche lui non si è rinnovato e pratica la vecchia politica, senza dimenticare che ha avuto critiche per la sua gestione da presidente della Regione Lazio. E poi è marginale, isolato».
Stecchito. Resta Marchini, l’imprenditore rosso.
«Esatto. D’altronde io sono uomo di centrodestra anomalo, autonomo. Marchini mi pare un imprenditore efficiente, un manager non legato alla vecchia politica, che ha saputo costruire qualcosa, far lavorare la gente. Se sarà in grado di allestire una squadra di tecnici bravi e onesti, la politica avrà fatto un passo indietro e la capitale non potrà che beneficiarne».
Professore, quel sassolino?
«Riguarda le note vicende. Era verso la fine della consigliatura, una seduta pomeridiana.. Io ero dovuto andare a un convegno in una Asl, per sostituire il vicesindaco, e Gramazio prese il mio badge e votò al posto mio, su una questione edilizia, questo lo ricordo bene. Tornato in Campidoglio mi arrabbiai molto e denunciai la cosa al presidente dell’assemblea Pomarici e al segretario generale. E’ tutto agli atti: sarebbe interessante vedere che delibera fosse».
Tutti da buttare, i suoi maledetti anni 2008-2013 con Alemanno?
«Ma no, c’è stato anche del buono. Sulle epidemie di influenza in città , i vaccini, gli interventi sulla Tbc a favore degli immigrati abbiamo lavorato, e non ho rimpianti. Certo, ero un don Chisciotte, molto isolato. Nella maggioranza salverei soltanto Sveva Belviso, la vicesindaco, persona onesta, che sul sociale ha lavorato con passione, e Ghera, l’assessore ai Lavori pubblici. Quando passavo sulla Salaria lo chiamavo in diretta, dicendogli “Fabrizio, qui c’è una buca pericolosissima, intervieni!”, e il giorno dopo la trovavo rattoppata. Può sembrare un aneddoto, ma questo fa la differenza di un buon amministratore».
Amici nell’opposizione?
«Sì, due persone meravigliose. Gemma Azuni, la consigliera di Rifondazione, seria e onesta, capace di ascoltare anche fuori dal suo recinto, tanto che a sinistra l’hanno fatta fuori. E Monica Cirinnà , una politica sensibile, acuta, che meriterebbe cariche maggiori».
Veramente carriera l’ha fatta, è senatrice e la legge sulle unioni civili porta la sua firma.
«Certo, lo so. E ho apprezzato la sua battaglia».
Un uomo di centrodestra a favore della stepchild adoption?
«Assolutamente sì, sono innanzitutto un uomo di scienza. Dobbiamo guardare avanti…»
Professore, lo sa cosa rischia che le rinfaccino, adesso, gli ex colleghi di partito? Che lei è un po’ anziano e….
«No, rimbambito non me lo possono dire, stia tranquillo. A ottant’anni vado ancora a sciare sul Gran Sasso, in barca a vela, sul catamarano e, quattro volte a settimana, a nuotare».
Ginnastica dolce, immagino.
«Macchè, settanta vasche in un’ora. La saluto: sto entrando proprio ora in piscina»
Fabrizio Peronaci
(da “il Corriere della Sera”)
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Marzo 18th, 2016 Riccardo Fucile
MELONI. STORACE, DI STEFANO E IORIO
C’è la destra «ufficiale», quella che rifiuta l’etichettatura di «fascista», ma che a seconda dei casi si autodefinisce «sociale», «popolare», «nazionale», «gollista», «lepenista».
Poi c’è l’estrema destra, quella che una volta era «radicale», e che oggi viaggia sotto le insegne di CasaPound, Forza Nuova o del «rinato» Movimento Sociale Italiano.
La «galassia nera»
Ma poi, nella variegata «galassia nera» della Capitale c’è un mondo fatto di sigle, luoghi fisici o virtuali, simbolismi, date cerchiate sul calendario.
Un sottobosco popolato di vecchi camerati e di giovanissimi neppure maggiorenni, che si ritrova nelle trattorie dei Castelli romani o nelle curve degli ultrà di Roma e Lazio, tra leader degli anni di piombo che non hanno ancora passato la mano e nuove leve che vengono soprattutto dalle periferie abbandonate.
Un pacchetto di voti consistente, che trovò una forma di «saldatura» in un momento ben preciso: la vittoria di Gianni Alemanno al Campidoglio, il 28 aprile del 2008. Quel giorno, sulla piazza, c’era di tutto.
Da Alessandra Mussolini che, quasi in lacrime, pensava agli incroci del destino («ti rendi conto, è il 28 aprile…», cioè la data della fucilazione, ad opera dei partigiani, del nonno Benito), alla bandiera della storica sezione di Colle Oppio, una sorta di rudere in una delle aree archeologiche più importanti di Roma (davanti al Colosseo, a fianco della Domus Aurea, la reggia di Nerone), che nel dopoguerra venne occupata da alcuni esuli istriano-dalmati ed è diventata luogo di ritrovo per generazioni di militanti ex Msi, poi ex An, ora in Fratelli d’Italia.
I saluti romani in Campidoglio
Al Campidoglio, i sostenitori di Alemanno festeggiarono esibendo il saluto romano e, in quell’immagine, c’era quasi il senso di una «presa»: «Abbiamo espugnato il palazzo d’inverno», dissero i «camerati».
Otto anni dopo, quella destra è dispersa in mille rivoli, il grande contenitore di Alleanza nazionale non c’è più e il risultato sono le «sette sfumature di destra» in corsa alle comunali 2016.
Di questi candidati, almeno quattro si richiamano – più o meno direttamente – alla storia missina, un tempo si diceva post-fascista, della Capitale.
I quattro candidati di destra
I più a destra sono Simone Di Stefano, leader di CasaPound e dei «fascisti del terzo millennio». Di Stefano ci provò anche tre anni fa, racimolando appena 7 mila voti.
Ma CasaPound, a Roma, non è solo una forza elettorale. È diventata un «marchio», non solo con il richiamo alla simbologia fascista, ma anche con canzoni, serate al pub, osterie (in una, all’Esquilino, lavora uno dei capi, Gianluca Iannone), l’attività nelle scuole affidata al «Blocco studentesco» dove per un periodo ha militato anche il figlio di Alemanno.
A loro, inizialmente, si era appoggiato Matteo Salvini: CasaPound, nella manifestazione leghista di un anno fa a piazza del Popolo, faceva da servizio di sicurezza. Ora, però, le strade si sono divise e Di Stefano corre da solo.
Alle comunali, c’è anche Alfredo Iorio, leader del «Trifoglio», gruppo che si ritrova nella vecchia sezione dell’Msi di via Ottaviano, due passi da San Pietro.
Da qui veniva Daniele De Santis, «Gastone» per gli amici, che il 3 maggio 2015, prima della finale di Coppa Italia Napoli-Fiorentina, uccise con un colpo di pistola l’ultrà partenopeo Ciro Esposito a Tor di Quinto.
Anche via Ottaviano è un luogo simbolo. Perchè qui, nel 1975, venne colpito a morte lo studente greco Mikis Mantakas, uno dei «Cuori neri» narrati nel libro di Luca Telese.
Roma, infatti, è anche la città del «presente», le braccia tese per ricordare i «martiri» degli anni di piombo. Paolo Di Nella, Francesco Cecchin, i poveri fratelli Mattei arsi vivi nel rogo di Primavalle.
E, naturalmente, la strage di Acca Larentia, 7 gennaio 1978, l’unico posto che riesce ancora a riunire (quasi) tutte le anime post-missine o post-fasciste.
Gli ex «avanguardisti»
Da Giorgia Meloni a Francesco Storace, entrambi candidati a sindaco, che ogni anno portano i fiori ai tre militanti missini uccisi (Francesco Ciavatta, Franco Bigonzetti, Stefano Recchioni), fino alle sigle più estreme.
Da due anni, gli unici a disertare sono gli ex di «Avanguardia Nazionale», gruppo degli anni ’70 che si autosciolse un attimo prima di essere dichiarato fuori legge dal governo, ancora capeggiati da Bruno Di Luia, ex stuntman, quello che al funerale di Pino Rauti contestò la visita di Gianfranco Fini.
Gli «avanguardisti», si ritrovano a mezzanotte del 6 gennaio sotto quella che chiamano «la stele di Mussolini», l’obelisco del Foro Italico con la scritta «Dux», che la presidente della Camera Laura Boldrini propose di cancellare.
Risposta? Una serie di foto su Facebook, a braccia tese.
Ernesto Menicucci
(da “il Corriere della Sera“)
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Marzo 18th, 2016 Riccardo Fucile
LA PREFETTURA DI MONZA IMPONE LA CESSAZIONE DELL’ATTIVITA’ ALLA DILANGROUP: PROPRIETARI UN PERSONAGGIO CITATO NELL’INCHIESTA INFINITO SULLA ‘NDRANGHETA E DOMENICO MARZIANO, SOCIO DI CALDEROLI NELLA COLLEGATA DILANCAR
Dalla mafia alla politica passando per le auto usate.
Quella che poteva sembrare una ordinaria vicenda di “infiltrazione” Made in Brianza, svela invece uno strano intreccio societario tra un personaggio in odor di ‘ndrangeta, un suo compaesano imprenditore e il vicepresidente del Senato Roberto Calderoli.
Il 10 marzo 2016 il Comune di Cesano Maderno, su indicazione della prefettura di Monza e Brianza, ha emesso l’ordinanza numero 96 che dispone la cessazione immediata dell’attività della Dilangroup Srl, società attiva nel commercio elettronico di auto nuove e usate.
Sull’ordinanza si legge a chiare lettere che la prefettura ha “acquisito sufficienti elementi per ritenere la sussistenza di possibili tentativi di infiltrazione mafiosa”.
Il destinatario del provvedimento è il rappresentante legale della società Dilangroup Srls: Giandomenico Marziano, quarantenne originario di Melito Porto Salvo e residente a Cesano Maderno.
Quest’ultimo condivide la proprietà al 50% della Dilangroup Srls con un conterraneo: Giuseppe Laganà .
Nome che compare nelle carte dell’inchiesta Infinito sulla ‘ndrangheta in Lombardia e viene considerato vicino a Candeloro Pio, detto Tonino, capo della locale di Desio, poi condannato in via definitiva.
Dalle carte si evince ad esempio che Laganà presenziò al summit del 7 marzo 2009 organizzato al ristorante “Garibaldi 24” di Desio proprio dal boss Tonino. Assieme loro c’erano Giuseppe Pensabene (protagonista del caso della “banca clandestina” di Seregno), Giuseppe Sgrò, Domenico Manna e Giovanni Paolo Antonici.
Proprio questa vicinanza di Laganà a Candeloro Pio potrebbe essere alla base del provvedimento della prefettura brianzola.
La Dilnagroup Srls di Giandomenico Marziano e del suo compaesano dalle discutibili frequentazioni, condivide la sede legale (a Cesano Maderno in via don Luigi Viganò, 47) con una società molto simile, per nome e settore d’attività , a quella chiusa con l’ordinanza del comune.
Si tratta della Dilancar Low Cost Srl di proprietà al 50% dello stesso Giandomenico Marziano e, niente meno, per l’altro 50% del senatore della Lega Nord ed ex ministro delle Riforme Roberto Calderoli, come risulta dalla dichiarazione per la pubblicità della situazione patrimoniale depositata a palazzo Madama nell’agosto del 2015 dallo stesso Calderoli (e pubblicata dal sito Infonodo, che per primo ha scritto la notizia). La società di Marziano e Calderoli (capitale sociale 900 euro) è stata fondata nel novembre del 2014, a pochi mesi dalla nascita della società sorella oggetto dell’interdittiva antimafia.
Giandomenico Marziano risulta titolare di una terza società , la Dilancar Srl, stessa sede legale delle prime due.
Questa volta la proprietà è condivisa al 50% con una socia (Luciana Fallara), titolare a sua volta della Dilan Car di Motta San Giovanni, in provincia di Reggio Calabria.
Il provvedimento che ha colpito la Dilangroup Srls di Cesano Maderno segue di pochi giorni due misure analoghe che hanno riguardato altrettanti bar della vicina Seregno. Davanti a uno dei locali chiusi su segnalazione della prefettura è addirittura comparso uno striscione di solidarietà .
Roberto Calderoli, contattato dal fattoquotidiano.it, risponde con tutte le prudenze del caso: “Ho conosciuto questa persona perchè ho comprato una macchina da lui e mi ha sempre seguito molto bene. Poi ho la passione per le macchine, ho corso per tanto tempo e sulla base di questa esperienza, un po’ per gioco è nata questa piccola società “.
Possibile che il signor Giandomenico Marziano non si sia mai accorto di aver a che fare con una persona ritenuta vicina ad un boss?
“Io l’ho sentito oggi ed è cascato anche lui dal pero, non si è mai accorto di niente”.
Alessandro Madron
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Marzo 18th, 2016 Riccardo Fucile
MILANO: SALA 39%, PARISI 34%… TORINO: FASSINO 42%, APPENDINO 25%, NAPOLI 12%…. NAPOLI: DE MAGISTRIS 30%, LETTIERI 28,5%, VALENTE 20%, BRAMBILLA 18%, TAGLIALATELA 2%… AI BALLOTTAGGI VINCENTI RAGGI, SALA, FASSINO E DE MAGISTRIS… BERLUSCONI PORTEREBBE ALMENO LETTIERI AL BALLOTTAGGIO, SALVINI E MELONI UNA CAPORETTO: BATTUTI DA FORZA ITALIA SIA A TORINO CHE A NAPOLI, LA STESSA MELONI A RISCHIO SORPASSO
L’ultimo sondaggio è di un paio di ore fa e ci offre un quadro completo sulle 4 principali città dove si voterà per le amministrative. E dell’istituto Ipr di Noto.
ROMA
Al primo posto è la Raggi con il 26% di consensi al primo turno, segue Giachetti con il 23%. Molto staccati seguono la Meloni 15%, tallonata da Bertolaso al 14%, da Marchini all’11%, poi Fassina al 6% e Storace al 3%.
Al ballottaggio ampio margine per la Raggi 57% a 43%.
E’ la conferma che la candidatura della Meloni non ha sortito effetto, Bertolaso è sul suo stesso livello, Marchini poco sotto, solo Storace avrebbe dimezzato i consensi.
Non solo, ma potrebbe rivelarsi un boomerang per Fdi, un risultato così modesto rappresenterebbe il fallimento della sua strategia: un 15% vuole dire non un voto in più rispetto ai due partiti di riferimento e la conferma che a Roma la Lega non conta nulla.
TORINO
In testa è Fassino con il 42%, segue la Appendino con il 25%, Osvaldo Napoli (Forza Italia) con l’11%, Morano (Lega+ Fdi) al 10%, Airaudo al 9%.
Al ballottaggio Fassino vincerebbe di misura sulla Appendino (52%-48%)
Anche qui debacle di Salvini e Meloni: il loro candidato viene superato da quello di Berlusconi. Senza contare che il 10% in una delle capitali del nord è una disfatta.
NAPOLI
In testa De Magistris con il 30%, segue Lettieri (Forza Italia) con il 28,5%, poi la Valente (Pd) al 20%, Brambilla (M5S) al 18%, chiude Taglialatela (Fdi+Lega) al 2%
Al ballottaggio vincerebbe De Magistris 53% a 47%.
Quindi sonora sconfitta di Renzi, soddisfazione per Berlusconi che porta il suo uomo al ballottaggio, disastro completo per Salvini e Meloni che prendono insieme un quindicesimo dei voti di Forza Italia.
MILANO
In testa è sempre Sala con il 39%, segue Parisi al 34%, il candidato Cinquestelle da definire all’11%, Passera all’8%.
Al ballottaggio Sala prevarebbe su Parisi 52% a 48%.
Milano resta l’unica città in cui l’alleanza del centrodestra non è stata messa in discussione, almeno per ora.
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Marzo 18th, 2016 Riccardo Fucile
“IN POLITICA VINCE CHI NON HA RANCORE, LAVORIAMO INSIEME PER LA SICILIA”…. ALFANO: “NESSUN RANCORE NEANCHE DA PARTE MIA, IN TUTTA EUROPA SONO I MODERATI CHE CACCIANO GLI ESTREMISTI”
Riproporre in Sicilia il ‘modello-Milano’, dove Fi e Ncd si sono alleate per sostenere un candidato indipendente. Silvio Berlusconi, prima della sua visita a Palermo, lancia un messaggio a Angelino Alfano in un’intervista al quotidiano “La Sicilia”.
“In politica -premette il presidente di Fi – vince chi non serba rancore. Ncd è un partito costituito da donne e uomini che vengono dal centrodestra, la cui collocazione naturale è con noi. E sono solo felice quando, come a Milano, si creano le condizioni perchè i moderati stiano tutti insieme; mi auguro che questo succeda anche in Sicilia”.
“Miccichè – aggiunge il presidente di Fi – sta lavorando per questo, e gli esponenti di Ncd sanno che questa è per loro l’unica strategia ragionevole. Quindi sono ottimista e so che con i moderati faremo grandi cose. La gente ci chiede di stare uniti, non divisi. La posizione di Ncd a livello nazionale ovviamente mi dispiace, ma ora stiamo parlando della Sicilia. Mi sta a cuore parlare dei temi siciliani, più che di quelli nazionali”.
“La Sicilia è una regione complessa – continua Berlusconi – fatta di tante anime diverse e con problemi davvero drammatici. Miccichè ha guidato in passato Forza Italia e la coalizione ai più grandi successi, ed oggi sta lavorando per tenere tutti uniti. In un grande partito liberale è normale che ci siano opinioni diverse e anche legittime aspirazioni, ma mi pare che Gianfranco sia riuscito ad unire. Oggi tutti i segnali che mi vengono dalla Sicilia mi dicono che nella regione c’è una gran voglia di centrodestra. Che Forza Italia è di nuovo vitale e aggregante”.
E al messaggio di Berlusconi risponde Angelino Alfano: “Ho letto l’intervista del presidente Berlusconi. Sono parole che fanno piacere. Neanche io serbo rancore nei suoi confronti. Noi abbiamo fatto la scelta giusta, abbiamo visto giusto e abbiamo visto prima, giusto in tempo per salvare l’Italia. Noi non dobbiamo spostarci, al limite possiamo essere raggiunti perchè siamo nella posizione politica giusta. In tutta Europa – ha aggiunto – sono i moderati che cacciano gli estremisti, solo in Italia accade il contrario. Spero che alle parole seguano i fatti”.
Poi Berlusconi ha parlato anche del Movimento Cinque Stelle: “Il prossimo governatore sarà di centrodestra – assicura il presidente di Fi, smontando a parole una vittorià già scritta del M5S nell’isola – già oggi il centrodestra rappresenta il 50% dei siciliani. Il Movimento 5 stelle forse sarà il primo partito, anche se su questo ho molti dubbi. Ma anche se riuscissero ad arrivare primi, non hanno capacità di coalizione”.
“E comunque i grillini non hanno la cultura di governo necessaria per gestire una regione grande e importante come la Sicilia. Non hanno le idee nè gli uomini adatti. I siciliani sono persone troppo ragionevoli per correre un rischio del genere, che peggiorerebbe ulteriormente i già gravi problemi dell’isola”.
“Quanto al Pd, dopo l’esperienza Crocetta, dalla quale Renzi ha tentato disperatamente quanto inutilmente di prendere le distanze, non vedo con quale coraggio si propongano ancora per governare. Noi siamo gli unici in grado di dare una speranza alla Sicilia. Abbiamo gli uomini giusti per farlo, e uno di loro è certamente Pogliese, ma parlare di candidature è ancora prematuro”, conclude Berlusconi.
(da “agenzie”)
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Marzo 18th, 2016 Riccardo Fucile
QUANDO IL “VEDIAMOCI” NON E’ SUFFICIENTE: GLI INTERESSI CONTRAPPOSTI TRA FDI E AZIONE NAZIONALE E IL FORZIERE DELLA FONDAZIONE AN
“Secondo me, con grande umiltà , dobbiamo tentare di dare una svolta alla campagna elettorale. È vero che stiamo impegnando ognuno attorno a sè migliaia di elettori e di elettrici, ma di fronte alle lacerazioni nel campo avverso non possiamo riprodurre le nostre. Dunque, vediamoci – se credete – e parliamone.”
Quelle che precedono solo soltanto alcune delle cose scritte da ‪FrancescoStorace‬ in una sorta di “appello a parlarsi” rivolto ai vari candidati del centro-destra per la carica di Sindaco di Roma, e pubblicato su “Il Tempo” di questa mattina.
Giusto per chiarire… ‪Storace‬ incarna un’idea di ‪destra‬ molto diversa dalla mia visione personale. Su tante questioni siamo distanti addirittura “anni luce”.
Ciò non di meno che, tra i vari contendenti del ‪centrodestra‬ “capitolino”, sia il candidato più lucido, sincero e genuino, l’ho sempre pensato.
Ovviamente, l’appello non sortirà nessun effetto: “il giochetto a dama” è iniziato e nessuno vorrà mollare la partita.
La ‪Meloni‬ si è candidata per “non scomparire”, per non perdere “la tenzone” con ‪AzioneNazionale‬ e, in prospettiva, per non diventare minoritaria “agli occhi” della ‪Fondazione‬ di ‪AlleanzaNazionale‬ che ha variamente sostenuto (soprattutto economicamente) il partito del quale è presidente.
La stessa Azione Nazionale, dal canto suo, ha tutto l’interesse alla prova muscolare, sia per provare (nell’ottica anzidetta) a ridimensionare ‪‎FdI‬, sia per proporsi come potenziale punto di riferimento alternativo per l’ex mondo di AlleanzaNazionale.
Lo scenario è parecchio triste, insomma, anche perchè (diciamola tutta) tra Fratelli d’Italia ed Azione Nazionale, dal punto di vista dei contenuti, le differenze manco si percepiscono.
Le due compagini usano (soltanto) modi diversi di dire le cose, ma la sostanza (e la sintesi) è sempre la stessa: la destra liberale, moderata, moderna ed europeista è soltanto un pallido, pallidissimo miraggio.
E “questo” accade ovunque perchè, pure in vista delle amministrative partenopee, il “dramma dell’incapacità di rappresentazione”, è variamente presente e, drammaticamente, insistente…
Il “bene comune” è l’ultimo dei pensieri per certi politici: quello che conta è giusto l’illusione del potere.
Salvatore Castello
Right BLU – La Destra Liberale
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Marzo 18th, 2016 Riccardo Fucile
PRIMA LA FRASE IN TV AD “AGORA'”, POI CI PRENDE PER FESSI
La frase, pronunciata come ospite nella trasmissione televisiva “Agorà “, non aveva sorpreso più di tanto: “Se non arrivassi al ballottaggio voterei Raggi”.
In fondo la Meloni ci ha ormai abituato al suo andare dietro ogni affermazione di Salvini e a farne la ventriloqua.
Poi deve aver pensato o qualcuno deve averle detto, data la risonanza che la sua frase aveva avuto sui media, che per una candidata che punta a fare la sindaca di Roma non era producente dare quasi per scontato il ballottaggio Raggi-Giacchetti e parte la retromarcia.
Ma il tappullo finisce per essere peggior del buco, visto che la frase è registrata.
“Non ho detto che in caso di ballottaggio appoggerei Viriginia Raggi. Ho detto che non prendo in considerazione questa ipotesi in quanto, se mi sono candidata, è perchè ritengo di poter vincere. Non mi pongo il problema. Io penso che al ballottaggio ci arrivo quindi, se ci arrivo, voterò per Giorgia Meloni”.
E così finisce per dire una bugia, facilmente riscontrabile.
A voler essere buoni si può invece pensare che abbia cambiato idea: in fondo sarebbe quello a cui ci ha abituato da diverse settimane a questa parte.
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Marzo 18th, 2016 Riccardo Fucile
“MAI PIU’ NEGLI STADI ITALIANI”… “CHIUDERE ROMA AI TIPOSI BESTIA”… “VANNO SCHEDATI”… LA MELONI NON HA NULLA DA DIRE
Rabbia, indignazione, orrore.
Il giorno dopo il video pubblicato da El Paìs che riprende un gruppo di tifosi dello Sparta Praga in trasferta a Roma orinare su una mendicante che chiede l’elemosina su Ponte Sant’Angelo esplode la polemica.
Sul web è un coro di voci contrariate.
E l’umiliazione e l’oltraggio ai danni di quella donna buca anche la campagna elettorale per il sindaco di Roma.
“Mi piacerebbe che quei sedicenti tifosi dello Sparta Praga che hanno urinato su un mendicante e hanno pure avuto il coraggio di immortalarsi su Youtube non mettano mai più piede in uno stadio italiano, a partire dall’Olimpico, e mi auguro che siano identificati nel più breve tempo possibile. Il calcio non può essere una scusa per venire a Roma a fare nefandezze” scrive su Facebook il candidato del centrosinistra, Roberto Giachetti.
“Sta facendo il giro del web questo video che mi indigna profondamente come essere umano e come romana. L’accattonaggio selvaggio a Roma è un problema, se non a volte una vera e propria emergenza, ma qui siamo di fronte a una violazione dei diritti umani. Un episodio disgustoso e deplorevole in pieno giorno davanti agli occhi di decine di passanti e nei pressi di una delle più grandi bellezze culturali del mondo. Con il MoVimento 5 Stelle al governo di Roma farò il possibile perchè a queste bestie siano chiuse le porte della città ” dice Virginia Raggi.
“I protagonisti di quel gesto orribile non vanno solo cacciati dalla nostra città ma schedati in modo che non possano andare più da nessuna parte. Cosa c’entra con lo sport una barbarie simile?” ha dichiarato nel corso della trasmissione ‘L’Aria che Tira’ Stefano Fassina, candidato sindaco della sinistra.
Il silenzio del centrodestra è rotto solo da Storace che commenta: “Roma è diventata il cesso di qualunque bestia venga da fuori”.
Un po’ poco, ma sempre meglio della vergognosa assenza degli altri.
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