Marzo 12th, 2016 Riccardo Fucile
IL SONDAGGIO DI SCENARI POLITICI: IL 67,4% DEL POPOLO DELLE PRIMARIE VOTEREBBE PER MATTEO MA IL 67,2% NON HA FIDUCIA IN LUI
A mani basse.
In caso di voto alle primarie per scegliere il prossimo segretario del Partito Democratico, Matteo Renzi vincerebbe con larghissima maggioranza.
Lo rivela un sondaggio di Scenari Politici condotto per l’Huffington Post.
In caso di consultazioni interne al partito, Matteo Renzi raccoglierebbe il 67,4 per cento dei voti. Staccati nettamente gli altri esponenti del Pd.
In particolare Enrico Rossi, governatore della Toscana e per ora unico reale sfidante di Renzi alla segreteria del Pd, ha solo il 15,8 per cento dei consensi.
Dietro di lui Roberto Speranza, ex capogruppo dem alla Camera, ha invece il 7,9 per cento dei voti dei democratici.
Un risultato positivo che però si scontra con la poca fiducia che Renzi trova nell’elettorato, dove si fa sentire l’effetto-primarie, con i brogli documentati a Napoli e il caso delle schede gonfiate a Roma.
Il 67,2 per cento degli intervistati, infatti, dice di avere poca o nessuna fiducia nell’operato del presidente del Consiglio.
In particolare, alla domanda “quanta fiducia ha in Renzi”, il 44,5 per cento risponde “nulla”, il 22,7 per cento “poca”.
Solo il 17,1 per cento del campione dice di avere “molta” fiducia, mentre il 13 per cento ne ha “abbastanza”.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 12th, 2016 Riccardo Fucile
UN’ALTRA OCCASIONE MANCATA… VERSO IL BIS DI DE MAGISTRIS
Questa mattina a Napoli si sono svolte due manifestazioni politiche.
Una l’ha organizzata ‪Bassolino‬ e si è tenuta al Teatro Augusteo.
L’altra l’ha organizzata ‪‎Rivellini‬ per lanciare la propria candidatura a Sindaco di Napoli con la lista “Napoli Capitale” di Azione Nazionale.
Bassolino ha mobilitato 1500 persone facendo il tutto esaurito a “l’Augusteo”.
Rivellini e ‪Storace‬ (che e’ intervenuto all’adunanza) hanno parlato in una saletta con una capacità di appena 120 posti.
Sul messaggio pseudo-politico e sulla conseguente capacità , per il presunto centro-destra cittadino, di “dire la propria” in vista delle imminenti amministrative, c’è poco da dire.
La destra e’ ai margini dello scenario politico, in perenne bilico tra il 1,9% “accreditato” dai sondaggi a Rivellini di ‪Azione Nazionale‬ e il 2,3% “accreditato” a ‪Taglialatela‬ di ‪FdI‬.
Il ‪PD‬, dal canto suo, con la storia delle primarie “pezzotte”, rischia un serio capitombolo. I “grillini” combineranno poco: saranno irrilevanti.
Resterebbe il “Candidato Sindaco Scugnizzo”, ‪‎Lettieri‬, ma non credo proprio che, stante la frammentazione politica in atto nell’area potenzialmente alternativa a quella “arancio-rosso”, possa andare oltre il 15, 18%…
Insomma, ‪deMagistris‬ si prepara al bis con “buona pace” delle speranze, sia di quella parte di popolo che vorrebbe vedere una politica capace di “fare” una “grande Napoli”, sempre più cosmopolita ed europea, sia della “Napoli delle periferie”, quella sistematicamente dimenticata dalla politica degli ultimi 20 anni e più…
“Panta rei”, insomma, anche nell’ennesima ridda delle occasioni mancate.
Per fortuna resta il “panorama naturale”: quello è sempre bellissimo.
Salvatore Castello
Right BLU – La Destra Liberale
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Marzo 12th, 2016 Riccardo Fucile
DOPO IL TRIONFO ALL’AUGUSTEO, IL VECCHIO LEONE CENTELLINERA’ LE MOSSE
“Abbiamo vinto moralmente, politicamente e, se si dice la verità su quei seggi, anche numericamente”.
Antonio Bassolino, cravatta rosso fuoco, arringa la folla dei suoi sostenitori riuniti al teatro Augusteo di Napoli: 1500 persone sedute, ma molti sono rimasti in piedi.
Un pienone che stupisce anche i più stretti collaboratori dell’ex sindaco.
“Non sono in campo per veder perdere il Pd o per perdere io, per fare dispetti a qualcuno ai danni della città . Se sono in campo è perchè so che posso vincere. Attendo fiducioso l’esito del nuovo ricorso per una riflessione sul nuovo punto di partenza. Una riflessione a cui invito anche i vertici di partito”.
“Abbiamo fatto un miracolo: oggi in questo teatro c’è lo stesso numero di persone rispetto agli iscritti Pd di Napoli, senza questa gente che abbiamo mobilitato il Pd non va da nessuna parte”. Standing ovation.
Ma non è (ancora) il momento della resa dei conti, del modello Liguria, come quando Cofferati nel 2015 diede vita a una lista contro il Pd. “Altro che guerre e rese dei conti, bisogna misurare le parole. A Napoli non c’è bisogno di una guerra interna, abbiamo già la camorra. Io sono qui per un atto d’amore nei confronti della città ”.
Ora è il momento della discussione dentro il Pd.
Il vertice con Lorenzo Guerini venerdì pomeriggio a Napoli è stato solo un primo passo, Renzi e i suoi non hanno ancora realmente deciso cosa fare.
E così la commissione di garanzia, nella riunione prevista per domenica mattina alle 11, potrebbe prendere tempo. Rinviare ad una ulteriore riunione la settimana prossima.
Valeria Valente, la vincitrice delle primarie, per il momento resta ferma. Ribadisce “dialogo e disponibilità ” verso Antonio, suo maestro politico, consapevole che una lista alternativa metterebbe la parola fine ad ogni speranza dei dem di arrivare al ballottaggio. Ma confida che i vertici romani non sconfessino la linea decisa già domenica scorsa, e dunque ribadire la validità della sua vittoria, senza alcun annullamento del voto nei 5 seggi incriminati.
“Ma prima di tutto Antonio deve riconoscere la nostra vittoria”, è il concetto ripetuto nello staff di Valente.
Semmai, questa è la linea, pugno duro con gli esponenti dem che hanno passato denaro agli elettori e fatto campagna fuori dai seggi.
Secondo l’agenzia Omninapoli, la commissione di Garanzia del Pd nazionale starebbe per prendere provvedimenti contro Antonio Borriello, il consigliere comunale di Napoli che è stato filmato mentre fa campagna fuori dal seggio di San Giovanni per Valente. Sospensione, o forse un provvedimento ancora più pesante, per dare un segnale di trasparenza e legalità .
Ma a Bassolino e ai suoi sostenitori, ancor più dopo il bagno di folla al teatro Augusteo, questa soluzione non può bastare. “Sarebbe come colpire il reo ma non il reato”, spiegano.
E insistono per l’annullamento dei 5 seggi, o al limite per una nuova votazione.
La battaglia si annuncia lunga e complessa, a cavallo tra carte bollate e politica.
Almeno fino a Pasqua, a quanto si apprende, Bassolino non ha alcuna intenzione di lanciare una lista civica.
“Non abbiamo alcuna fretta…”. Già , perchè dopo una campagna di quasi sei mesi, la stella di Bassolino, paradossalmente, sembra accendersi proprio dopo la sconfitta di misura ai gazebo.
“La città non ci è mai stata vicina come in questi giorni…”.
(da agenzie)
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Marzo 12th, 2016 Riccardo Fucile
AI FANS CHE URLANO: “SALVINI E’ UN PAPPONE, MOLLALO” RISPONDE “E’ POSSIBILE”… GLI ORGANIZZATORI ENTUSIASTI: “SIAMO GIA’ OLTRE 20.000 VOTANTI”… FALLITO IL BOICOTTAGGIO DI LEGA E FDI CHE NON NE AZZECCANO UNA
“Bertolaso è un fuori classe, non è un politico, il migliore in campo, otterrà i voti aldilà delle classiche divisioni partitiche”.
Così Silvio Berlusconi al gazebo allestito vicino al Pantheon di Roma dove oggi ha votato sì per Guido Bertolaso sindaco.
Mostra la carta d’identità e scherza sulla sua data di nascita: “Sono residente a Roma, fate votare un ottantenne? Ma stamattina ho fatto un’oretta di corsa”.
E per l’obolo da dare al gazebo si fa prestare 50 euro.
“Sono un noto evasore, si sa. Non ho soldi come me. Questi non vanno al comitato ma in beneficenza”, spiega inserendo la banconota nel salvadanaio.
Lo scontro nel centrodestra è ancora acceso, oltre Matteo Salvini anche Giorgia Meloni avanza dubbi sulla candidatura dell’ex capo della protezione civile . “La Lega conta poco a Roma, non avrà influenza: si decidano”.
E ancora: “Pensano alle carriere e non a Roma, io penso all’Italia, basta con i professionisti della politica, sì alle persone del fare che lavorano”.
Guido Bertolaso ha legato la sua sorte alla partecipazione dei cittadini romani: “Meno di diecimila persone ai gazebo e mi ritiro”.
Ma dal comitato arrivano dati rassicuranti: “Più di ventimila hanno già votato”
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Marzo 12th, 2016 Riccardo Fucile
VETI E RIVALITA’ MAI SOPITE, LA FINE DELLA DESTRA ROMANA
Dal miracolo sfiorato del ’93 alla piaga nel deserto della diaspora del 2016.
Dal marciare compatti per «Fi-ni-sinda-co» alla balcanizzazione della «destr-utta» per dirla con Pietrangelo Buttafuoco.
Ai nipoti della Fiamma – da Amministrative ad Amministrative – a Roma si è ristretto lo spazio, in una città dove la destra non è mai stata un dettaglio nè pura testimonianza ma militanza diffusa e pezzo di storia tracciato sui muri e fissato sulle lapidi dei martiri.
Eppure, per la prima volta dalla fine della Prima Repubblica i postfascisti rischiano davvero di uscire dai titoli di apertura della Capitale, di risultare comparse, terzi nemmeno incomodi.
Del resto tra chi sostiene Guido Bertolaso, ex Dc con simpatie rutelliane; chi Alfio Marchini, costruttore e finanziere con il cuore – di famiglia – a sinistra (vedremo se avrà il portafogli a destra); chi la galassia di presunti candidati identitari, il gradino massimo del podio a cui aspirare rimane il terzo.
Eppure, quando ancora si chiamava Movimento Sociale italiano, ci fu un momento in cui la destra a Roma sognava unita la conquista in solitaria del Campidoglio, con Gianfranco Fini che al secondo turno perdeva con Rutelli ma con un partito che superava il 30%; un momento in cui – qualche anno dopo – le sezioni di An erano prese di assalto non dagli antifascisti ma dai cittadini per tesserarsi.
Era una stagione in cui a destra non mancava di certo lo scontro ma si risolveva (anche con le sediate in testa) all’interno del partito: prima «rautiani» contro «almirantiani» poi «sociali» contro «protagonisti», con le fazioni che se le davano però mettendo in campo anche contenuti, immaginario, miti.
Con la fine di An e la rapida implosione del Pdl, le truppe si sono tramutate in clan. Non prima, però, del colpaccio.
Nel segno di una unità «di scopo» si arrivò infatti alla vittoria impensabile: quella di Gianni Alemanno nel 2008, un postmissino al Campidoglio.
In quella notte, tra braccia levate in segno di vittoria, una comunità sembrava aver trovato finalmente l’occasione per ristabilire una pax tra le tribù: quelle che, fin dal Fronte della Gioventù degli anni ’80, si erano date battaglia.
E invece fu l’inizio della frammentazione: da una parte l’opposizione di Francesco Storace – da tempo in rotta con gli aennini – dall’altra la divaricazione («l’eterna lotta», come si dice tra chi conosce l’antropologia della destra romana) tra Colle Oppio e Trieste Salario, per dirlo con una metonimia.
È su questa direttrice che si innesta lo scontro tra le sezioni che vedono di casa rispettivamente la corrente di Fabio Rampelli, uomo-partito di Fratelli d’Italia, e Andrea Augello, già rautiano e oggi sponsor del civico Marchini dopo la parentesi in Ncd.
Se questo è il processo micro (all’interno del quale si innestano codici e ritualità irriducibili), dal punto di vista macro è la crisi tra Fini presidente della Camera e Silvio Berlusconi premier a rompere gli argini.
Venendo meno il riferimento nazionale le carte si sono rimescolate tra chi – mai finiano – seguirà l’ex leader in Fli, come Umberto Croppi, e chi – da ex colonnello finiano, come Maurizio Gasparri – resterà nel Pdl.
Col ritorno a Forza Italia la situazione si ingarbuglia: al centro nasce il partito di Alfano (al quale aderiranno diversi augelliani), a fine 2012 Giorgia Meloni e Fabio Rampelli avevano già fondato FdI.
Nemmeno i funerali a Roma diventano un momento di riconciliazione: a quello di Pino Rauti, ad esempio, Gianfranco Fini – l’avversario interno di sempre – fu duramente contestato e costretto ad andare via.
E nemmeno sul patrimonio storico comune – come il simbolo, la Fiamma – i contendenti risparmieranno i regolamenti di conti: l’assemblea della Fondazione An, infatti, altro non è stata che l’ennesima tappa del congresso «missino».
Si arriva così all’appuntamento centrale – Roma – in ordine che più sparso non si può: ragion per cui non stupisce più che un avversario di Storace come Fini sia uno dei suoi sponsor per il Campidoglio; che ex An come Barbara Saltamartini sia oggi tra le speaker di Matteo Salvini a Roma; che con Marchini si siano schierati pezzi importanti della comunità del Trieste Salario e che dietro al veto di FdI su Alfio non è difficile riscontrare anche le antichi ruggini dell’«eterna lotta».
Eppure negli ultimi giorni un’occasione di concordia c’è stata: la consegna del Premio intitolato a Pinuccio Tatarella – il ministro dell’Armonia scomparso nel 1999 – dove si sono incontrati Fini, La Russa, Gasparri, Matteoli. Foto di un’era fa.
Quando le sedie volavano in casa.
E per la destra non c’era niente «maggior di Roma…».
Antonio Rapisarda
(da “il Tempo”)
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Marzo 12th, 2016 Riccardo Fucile
PD 32,2%, M5S 26,9%, LEGA 13,2%, FORZA ITALIA 13%, FDI 4,2%, %, NCD 4%, SINISTRA ITALIANA 3%… AL BALLOTTAGGIO PD VINCEREBBE IN OGNI CASO, IL CENTRODESTRA PERDEREBBE CON CHIUNQUE
Lo scontro eterno con i Cinquestelle, le primarie contestate, la rissa interna al partito con lo scontro finale tra D’Alema e i vertici renziani: niente di tutto questo scalfisce la fiducia nel presidente del Consiglio Matteo Renzi e nel governo.
Anzi, secondo il sondaggio Ipsos per il Corriere della Sera, il giudizio positivo aumenta sia rispetto alla fine del 2015 sia rispetto all’estate scorsa, quando il gradimento per l’esecutivo aveva raggiunto i minimi.
Ora registra un aumento del 2 punti, dal 38 al 40 per cento, con un leggero incremento rispetto a dicembre e con un’impennata rispetto alle rilevazioni di giugno (+8).
Oltre a Renzi — apprezzato dal 38 per cento degli intervistati — i ministri che ricevono consenso sono Padoan (29), Franceschini, Delrio e Lorenzin (25), Boschi (24) e Gentiloni (23).
Svanito l’effetto Parma (per ora), al ballottaggio avanti il Pd
Ma il caos primarie non intacca nemmeno il partito, smentendo almeno in questo caso la tesi — sostenuta dalla sinistra, ma anche da renziani della prima ora come Richetti — che c’è un governo che va a cento all’ora a scapito del Pd che resta a rincorrere, se non addirittura sulle ruote.
Niente di tutto questo, secondo Ipsos: il Partito democratico è in crescita, dal 31 al 32 per cento, rispetto all’ultima rilevazione effettuata dall’istituto di Nando Pagnoncelli nel dicembre scorso.
E quello che è più importante — dal punto di vista di Renzi — è che sembra svanito, almeno per ora, anche il rischio di un “effetto Parma” (o “effetto Livorno” se si preferisce): al ballottaggio, oggi, in una sfida tra Pd e Movimento Cinque Stelle, la spunterebbero i democratici.
Il punto è che se il centrodestra corresse unito il M5s non arriverebbe nemmeno al ballottaggio.
Il consenso per i partiti cambia, anche se di poco, se lo scenario prevede o meno una lista unica di Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega Nord.
In questo caso, cioè, ci sarebbe una maggiore polarizzazione verso le tre forze politiche più grandi: il Pd sarebbe al 32,4, il centrodestra unito seguirebbe al 29,1 e i Cinquestelle al 28.
Al ballottaggio andrebbero dunque democratici e centrodestra e vincerebbero i primi: 53,5 contro 46,5.
I partiti oggi: tra Pd e M5s 5 punti
Al momento comunque, con il centrodestra diviso, il Pd si conferma primo partito con il 32,2. Segue il M5s con il 26,9.
Il distacco — che a dicembre era di 2 punti — ora si è divaricato a oltre 5. Lontani i partiti di centrodestra: il terzo partito è la Lega Nord (13,2) che però ora è tallonata da Forza Italia, resuscitata fino al 13.
Poi i Fratelli d’Italia al 4,2. Tra le forze che riuscirebbero a superare la soglia di sbarramento ci sarebbero Area Popolare (4%) e Sinistra Italiana (3,3).
Fuori tutti gli altri, compresi i centristi di governo come Scelta Civica (0,7).
Pagnoncelli: “Elettorati non più fluidi, ora sistema stabile”
In generale, secondo Pagnoncelli, c’è una nuova mutazione nell’elettorato italiano. Fino al 2013, spiega, “le opinioni degli elettori risultavano influenzate soprattutto dall’appartenenza politica più che dal merito delle questioni (elettori-tifosi che cambiavano opinioni a seconda che la propria parte politica fosse al governo o all’opposizione).
Poi, a partire dalla nuova legislatura e fino alle Europee, è aumentata la “fluidità politica” e “un’inedita trasversalità ”, soprattutto “a favore del Pd di Renzi e del Movimento 5 Stelle che sono stati capaci di conquistare il consenso di elettori provenienti da aree politiche piuttosto diverse”.
Oggi invece, dice Pagnoncelli, il quadro si è come “ricomposto” con un “parziale ritorno ad appartenenze che rendono abbastanza stabile il consenso per i singoli partiti”.
Però le opinioni personali degli elettori spesso divergono dalla posizione del partito (si è visto su unioni civili, fisco, riforme), senza per questo far mancare il proprio voto negli appuntamenti importanti.
“Il Pd non attrae più, chi lascia M5s va nel non voto”
Sul Corriere Pagnoncelli spiega che il Pd è stabile, ma “sembra aver ridotto la capacità di espansione del proprio elettorato e non sembra capitalizzare l’aumento del consenso registrato dal governo”.
Quanto ai Cinquestelle, il Movimento ha avuto una flessione di due punti dopo il caso Quarto, ma da quei giorni è rimasto intorno al 27.
Tuttavia la distanza dal Pd che a dicembre era di 2 punti ora si è divaricata a oltre 5. Anche Ipsos conferma un dato che ricorre in diversi sondaggi: l’aumento dell’astensione.
I senza voto sono passati dal 34,3 di dicembre al 36. Questo in concomitanza con una flessione dei Cinquestelle. Secondo Pagnoncelli “i grillini delusi, infatti, difficilmente scelgono un altro partito, preferendo astenersi”.
Ballottaggio Pd-M5s, ai grillini i voti di Si, Lega e Fdi
Ipsos ha analizzato anche i flussi di voto nel caso dei tre scenari di ballottaggio possibili.
Nella sfida Pd-M5s, per esempio, come detto vincerebbero i democratici: un cambio di tendenza rispetto agli ultimi mesi, anche se il margine è quello di un testa a testa (51,2 contro 48,8).
Ma come si dividerebbero le preferenze degli elettori degli altri partiti?
La maggioranza della base di Sinistra Italiana sceglierebbe il M5s, ma lo stesso accadrebbe nell’elettorato di Lega Nord e Fratelli d’Italia.
In questo scenario oltre la metà degli elettori di Forza Italia si asterrebbe, mentre sceglierebbe il Pd la gran parte della base di Area Popolare.
Ballottaggio Pd-centrodestra, ai dem un terzo dei voti M5s
Nella seconda ipotesi c’è il ballottaggio Pd-listone di centrodestra.
Anche in questo caso vincerebbe il Pd con un distacco anche maggiore: 53,5 contro il 46,5.
Qui il panorama è più semplificato e dice che l’elettorato M5s si dividerebbe quasi in parti uguali tra chi sceglierebbe il Partito democratico, chi il centrodestra e chi l’astensionismo (le quote sono rispettivamente del 40 per cento, del 30 e del 30).
Gli elettori di Area Popolare in maggioranza sceglierebbero ovviamente il listone di centrodestra, mentre la quasi totalità della base di Sinistra Italiana sceglierebbe il Pd (80 per centro contro un 20 di senza voto).
Ballottaggio M5s-centrodestra, un terzo dei voti Pd ai grillini
Terza opzione possibile, Cinquestelle contro centrodestra.
A vincere sarebbe il M5s, con un 55,1 contro 44,9. I grillini riceverebbero i due terzi dei voti degli elettori di Sinistra Italiana e un terzo dei voti del Pd (elettorato che per metà si asterrebbe).
Ovvia la scelta di chi si ritiene un elettore di Area Popolare: due su tre voterebbe il centrodestra, nessuno i Cinquestelle.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Marzo 12th, 2016 Riccardo Fucile
“MOLLO, NON SONO SOSTENUTA”
Patrizia Bedori verso il ritiro.
La candidata sindaco del Movimento Cinque Stelle si è presa ancora 24 ore di riflessione, impegnandosi a dire domani se davvero la sua corsa per Palazzo Marino finisce qui.
Chi le ha parlato, però, ha capito che quel “io mollo” detto ai colleghi milanesi del movimento è stato più che uno sfogo.
Da tempo Bedori è in difficoltà , dopo aver vinto l’8 novembre le Comunarie con 74 voti, uno solo in più sul secondo classificato, Livio Lo Verso (che aveva comunque già annunciato di non voler correre) e sul terzo, Gianluca Corrado.
Scelta da 300 elettori non con la chiamata online ma con le urne.
Un’incoronazione che non ha convinto gli stessi vertici del movimento, rimasta a lungo in dubbio e scongelata solo dopo un confronto con la consigliera di Zona di 52 anni.
Sul ‘peso’ della candidatura di Bedori a sindaco di Milano si era espresso, manifestando tutte le sue perplessità , anche Dario Fo.
Ora il ritiro definitivo, se davvero arriverà , lascerà M5S con un problema Milano.
La base si divide in due sulla contromossa: secondo alcuni bisogna passare al secondo o terzo classificato alle Comunarie, secondo altri invece si deve ripartire da zero cercando un nome alto. L’ultima parola a Grillo e Casaleggio.
“A Milano ennesima farsa, poi arriva Casaleggio”, è invece il tenore dei commenti di diversi senatori del Pd. “La democrazia dal basso M5s è una farsa. La rinuncia della Bedori è il solito flop a 5stelle. Ora il candidato lo sceglie Casaleggio vero?”, sono state le parole di Franco Mirabellli, cui ha fatto eco Magda Zanoni: “Bedori si ritira e chissà perchè non siamo stupiti. Ennesime comunarie farsa dai 5 stelle”.
“Anche a Milano M5s – ha twittato invece Mauro Del Barba – fa le fuffarie. Il ritiro della Bedori è l’ennesimo flop a 5 stelle. Tanto poi c’è casaleggio…”.
(da “La Repubblica“)
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Marzo 12th, 2016 Riccardo Fucile
IL RILEVAMENTO DI SCENARI POLITICI RIPORTA IN PRIMA LINEA IL CARISMA DELL’EX PREMIER… SEGUONO ROSSI E BERSANI
L’anti-Renzi? Si chiama Massimo D’Alema.
Tra gli esponenti della minoranza Pd, ad avere maggiori chance di competere con Matteo Renzi per la guida della segreteria dei democratici è il lider Maximo.
Lo rivela un sondaggio di Scenari Politici condotto per l’Huffingont Post.
SP ha chiesto a un campione di elettori del Pd chi potrebbe essere l’anti-Renzi, quel candidato che in caso di primarie per la segretaria nazionale potrebbe contendersi il vertice esecutivo del partito.
Per il 28,2 per cento, gli intervistati considerano Massimo D’Alema l’anti-Renzi.
A seguire c’è il governatore della Toscana Enrico Rossi, che ha raccolto il 26 per cento delle preferenze.
Sul terzo gradino del podio c’è l’ex segretario Pier Luigi Bersani con il 19,4 per cento di preferenze.
Roberto Speranza, da molti indicato in un primo momento come uomo di spicco su cui la minoranza Pd potrebbe puntare in vista di eventuali primarie nel partito, raccoglie invece solo 14,3 per cento.
Dietro di lui, con percentuali più basse, ci sono l’ex presidente del Pd Gianni Cuperlo, il ministro della Giustizia Andrea Orlando e il ministro per le Politiche agricole Maurizio Martina.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 12th, 2016 Riccardo Fucile
OLTRE 1.500 PERSONE ALL’APPUNTAMENTO CON TOTONNO: “IL MIO UN ATTO D’AMORE PER LA CITTA'”
Bisogna cancellare “una vergogna, una schifezza, un’offesa alla dignità di 30mila votanti delle primarie e un’offesa a Napoli”.
Antonio Bassolino insiste e condanna la “sordità politica impressionante” con cui il Pd ha finora risposto alle sue proteste.
“Con caparbia passione mi aspetto giustizia a questa domanda di trasparenza, cancellando il voto nei seggi dove si è violata la democrazia e violentata la Costituzione. Nelle elezioni si prevede per i seggi il limite di propaganda a 200 metri, figuriamoci per dare soldi. C’è ancora la possibilità di ribaltare un autogol, di evitare un nuovo possibile suicidio del Pd facendo ripartire la democrazia delle primarie. Non accetterò mai che per un euro o 10 euro si possa offendere la democrazia, la libertà e dignità del voto e delle persone”.
Per Bassolino è “particolarmente grave” la ferita per quanto accaduto nel quartiere operaio di San Giovanni a Teduccio, “dove ho combattuto le mie prime battaglie. Da sindaco feci liberare lì le case occupate dalla camorra. Ora la camorra è tornata”.
“Io ho fatto solo un atto d’amore per la mia città “. Lui davanti al sipario rosso. E di fronte ad Antonio Bassolino, un teatro Augusteo gremito.
“Le rese di conti Pd non mi riguardano e non mi interessano. Se ho fatto quella scelta non è per partecipare ieri e oggi alle guerre intestine”.
“Perchè le primarie vivano, servono tre condizioni: trasparenza, trasparenza e ancora trasparenza – incalza Bassolino – non può esserci un colpo di spugna burocratico, la questione è democratica. Abbiamo bisogno di verità , per Napoli, la politica e l’opinione pubblica italiana indignata da quanto è accaduto. Finora ci hanno risposto con cavilli, sentenze preconfezionate tra Roma e Napoli. Perciò oggi siamo qui”.
Al via la convention napoletana di Antonio Bassolino, in uno dei teatri più grandi della città , l’Augusteo con molte persone in piedi.
Applausi per l’ex sindaco, che si è seduto in platea. Sul palco ha aperto la convention una giovane elettrice, che si è detta ‘sconcertata’ per la vicenda primarie e ha ribadito la convinzione che Bassolino ‘possa vincere’ la corsa a sindaco.
“La vicenda delle primarie va oltre Napoli. Molto oltre Napoli. Tutti ora sanno che non riguarda me, questa battaglia. Che non è burocratica. È democratica. Si deve cancellare questa schifezza. Siamo arrivati con una incollatura, abbiamo vinto moralmente e politicamente. E se si dice la verità su quei seggi, anche numericamente”. Cosa fare? “Voglio ascoltare di nuovo la città . Sapere se c’è a sinistra del Pd un sussulto di onestà di verità . Ma leviamoci dalla testa che io mi candido per far perdere il Pd. Io non sono come altri abituati a perdere. Io combatto per vincere sempre!”.
Bassolino però non annuncia la lista civica, non scioglie la progosi sulla sua candidatura. Dice di voler aspettare l’esito dei ricorsi. “E’ l’unico modo per ribaltare l’autogol che ci siamo fatti”.
Presenti i parlamentari Pd vicini a Bassolino tra cui la moglie, Annamaria Carloni. Sul palco il manifesto rosso ‘Con Bassolino Napoli riparte’.
Il discorso di Bassolino.
Sulle note di “Sweet dreams” degli Eurythmics, Antonio Bassolino ha preso posto in platea, prima di iniziare a parlare sul palco del teatro Augusteo, circondato da poco meno di 1500 supporter. Bassolino ricostruisce tutti i passaggi della “maturazione” della sua discesa in campo, da quel novembre 2013 a oggi.
Comincia leggendo una toccante e riservata lettera da Maria Antonietta Mattei, vedova dell’ex sindacalista ed assessore Pasquale Losa. Che, nel novembre 2013, parlava di suo marito che non aveva potuto scrivere un libro, come aveva fatto Bassolino, “perchè attendeva anche lui che si fosse definita la sua vicenda giudiziaria, aveva la sua stessa sofferenza”, vissuta da solo.
Bassolino rivendica quindi il suo “atto d’amore per la città “. Poi dice, incendiando il calore della platea. “Dopo l’assoluzione mi sarei aspettato ingenuamente che squillasse il telefono da parte di Napoli o di Roma, niente! Da parte di persone con cui ho condiviso tanto, una vita!”.
Quasi urla ora al microfono: “Così come mi sono illuso che squillasse il telefono da Napoli e da Roma dopo la fine delle primarie, per dire ‘grazie Antonio per il tuo contributo. E niente!”. Poi il voto inquinato.
(da agenzie)
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