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SALVINI PUBBLICA IL NUMERO DI TELEFONO DELLA SCUOLA E ARRIVANO LE MINACCE: SALTA L’INCONTRO CON L’IMAN CHE AVREBBE PARLATO DI PACE

Marzo 2nd, 2016 Riccardo Fucile

QUALCUNO NON AMA IL CONFRONTO, MEGLIO FIANCHEGGIARE L’ISIS SEMINANDO ODIO

Non ci sarà  alcun incontro con l’imam Kamel Layachi con gli studenti della scuola media Antonio Pertile di Agordo, in provincia di Belluno.
A far saltare l’appuntamento ci hanno pensato le minacce arrivate alla segreteria della scuola a seguito del post su Facebook del leader della Lega Nord Matteo Salvini: “Un imam a dare lezione ai bimbi di una scuola media! Accadrà  l’8 marzo all’Istituto Pertile di Agordo (Belluno). Ma che testa hanno alcuni “educatori”? Per informazioni il telefono della “scuola della pace” è…”.
Quel numero di telefono pubblicato sulla bacheca di Salvini ha scatenato il finimondo tanto da far intervenire i carabinieri e la Digos: “Dopo quel gesto dell’onorevole — racconta il sindaco Sisto Da Roit — la segreteria dell’istituto ha ricevuto una serie di chiamate di insulti e minacce. Salvini avrebbe fatto bene ad informarsi sul personaggio prima di esprimersi: doveva chiedere com’è nato questo progetto, come mai i docenti l’hanno approvato. Mi ferisce questa presa di posizione tout court senza nemmeno domandare nulla in merito alla proposta che la scuola aveva fatto”.
“Si tratta di una soluzione — continua il preside — presa a malincuore visti i ripetuti interventi di Kamel Layachi attivati con le stesse modalità  da più anni a questa parte, a stretto contatto con i coordinatori per l’insegnamento della religione cattolica, in molte scuole primarie e secondarie di varie province del Veneto e finalizzati a promuovere la conoscenza reciproca e ad eliminare il pregiudizio. L’iniziativa, presentata nelle assemblee per l’elezione dei rappresentanti dei consigli di classe e poi deliberata dagli organi collegiali con la presenza dei genitori, aveva seguito il consueto iter di approvazione”.
Ora anche l’incontro del 12 aprile con l’imam promosso dall’amministrazione in casa parrocchiale rischia di saltare: “Non so se lo faremo, non so”, spiega il primo cittadino. “E’ una brutta pagina per il nostro territorio, un popolo saldo nei propri principi non può aver paura del confronto. Sono preoccupato anch’io del fondamentalismo islamico ma ho timore anche per le intolleranze che si manifestano nel nostro Paese. Non capisco perchè una civiltà  occidentale che si ritiene la migliore, che si basa sul concetto di libertà , in realtà  impedisce un dibattito. Non ho sentito prese di posizioni di nessuno quando Etihad ha salvato Alitalia o quando le nostre imprese vincono appalti nei Paesi islamici”.
Ma anche qui sarebbe bastato identificare e denunciare gli autori delle minacce e da parte della magistratura verificare se vi fossero gli estremi del reato di istigazione a delinquere nell’invito a telefonare a scuola.
E nessuno si sarebbe più permesso di seminare odio.

(da agenzie)

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CANONE RAI, ARRIVA IL “GRANDE FRATELLO” PER STANARE I FURBETTI

Marzo 2nd, 2016 Riccardo Fucile

AGENZIA DELLE ENTRATE: “SISTEMA COMPLESSO”… L’ALLARME DEI CONSUMATORI

Un meccanismo a prova di furbetto, un vasto sistema di comunicazione tra banche dati di diventi enti e aziende per scongiurare il rischio che qualcuno alla fine non paghi il canone Rai.
E’ quanto riporta un’anticipazione di Repubblica della bozza del decreto che il ministero dell’Economia e quello dello Sviluppo economico stanno limando per fare in modo che tutti paghino il canone Rai, da luglio nella bolletta elettrica.
In campo ci sono i Comune, l’Agenzia delle Entrate, l’Anagrafe Tributaria, il garante pubblico delle forniture elettriche e tutte le aziende che portano la corrente nelle case italiane.
Scrive Repubblica
Se l’enorme radar funzionerà  come descritto negli 8 articoli del decreto, sarà  difficile per tutti scansare i 100 euro del nuovo canone televisivo.Il decreto tenterà  di regolare anche molti casi pratici che potranno realizzarsi, nelle noste vite di telespettatori elettrici, da luglio 2016.
La voltura.
In centinaia di migliaia di case, ad esempio, mamma ha intestata l’imposta della tv e papà  invece la bolletta della luce. Il decreto tenterà  di prevenire il doppio pagamento. Poichè la famiglia deve saldare il canone tv una sola volta, l’Agenzia delle Entrate (Ufficio di Torino) farà  una “voltura automatica”. Papà  che paga la bolletta elettrica diventerà  anche titolare dell’abbonamento televisivo.
Per quanto riguarda i rimborsi per chi non dispone di un apparecchio tv, va segnalato all’Agenzia dell’Entrate.
Se l’utente lo dimentica e ha, per esempio, il prelievo dal conto corrente del corrispettivo della bolletta della luce, nessun problema: “Per chiedere alla società  della corrente il giusto rimborso, avremo tempo fino a giugno dell’anno successivo ai pagamenti. Ma la società  elettrica, a sua volta, avrà  tempo 6 mesi per ridarci i soldi”, scrive Repubblica.
Un tasto dolente sta nell’attivazione di un’utenza ad anno in corso.
Se per esempio viene attivato a novembre, la bozza del decreto prevede che venga pagato tutto l’ammontare per l’annualità , quindi 100 euro, e non solo le ultime due rate mensili (20 euro). Una misura certamente impopolare ma che con molta probabilità , scrive sempre Repubblica, verrà  modificata nella versione finale del decreto.
Agenzia dell’Entrate: “Sistema particolarmente complesso”.
Tuttavia non tutti i problemi sembra siano stati risolti. Per il pagamento del canone Rai in bolletta “assume cruciale importanza la corretta individuazione della famiglia anagrafica che, in modo del tutto peculiare rispetto alle diverse imposte del nostro sistema tributario, costituisce di fatto il soggetto passivo del tributo”, ha detto il direttore gestione tributi dell’Agenzia delle Entrate, Paolo Savini, in un’audizione alla Commissione Anagrafe tributaria.
“Allo stato attuale, in attesa della costituzione della nuova Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente, l’individuazione della famiglia anagrafica risulta particolarmente complessa”.
Per superare “tale criticità “, fino al completo avvio dell’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente, il decreto attuativo in corso di emanazione da parte del Mise “dovrà  prevedere che i Comuni siano tenuti a trasmettere all’Agenzia delle entrate, su richiesta della stessa Agenzia delle entrate, i dati relativi alle famiglie anagrafiche”.
L’allarme dei consumatori.
Sul canone Rai in bolletta il “caso è complesso” perchè servono i dati delle famiglie” da parte dell’Agenzia delle Entrate è arrivata “una grave ammissione”, inoltre sono “inaccettabili sei mesi per i rimborsi, i consumatori vanno rimborsati nella prima bolletta utile”. A sollevare gli scudi è l’Unc che denuncia “possibili errori per ben 5 milioni di famiglie”.
E’ una “grave ammissione” afferma Massimiliano Dona, Segretario dell’Unione Nazionale Consumatori, commentando le affermazioni del direttore gestione tributi dell’Agenzia delle Entrate, Paolo Savini, che ha detto, riguardo al pagamento del canone Rai in bolletta, che “assume cruciale importanza la corretta individuazione della famiglia anagrafica”, ma questa individuazione “risulta particolarmente complessa” e dovranno essere i Comuni a trasmettere i dati relativi alle famiglie anagrafiche.
“Il fatto che l’Agenzia delle Entrate, dopo 2 mesi dall’entrata in vigore della Legge di stabilità , ammetta che l’individuazione della famiglia anagrafica non solo non sia stata al momento risolta e sia particolarmente complessa, ma richieda ancora l’invio dei dati da parte dei Comuni, dimostra che a luglio verrà  fatta pagare al consumatore il costo di questa operazione” incalza Dona.
“Per questo, se è vera l’ipotesi di bozza di decreto apparsa oggi su Repubblica, è ancor più inaccettabile -prosegue il Segretario dell’Unc- che le società  elettriche abbiano 6 mesi di tempo per restituire il maltolto al consumatore per i pagamenti non dovuti del canone. Chiediamo che i rimborsi avvengano nella prima bolletta utile dopo l’invio della richiesta da parte del cliente e della dovuta autocertificazione”.
“Inoltre -aggiunge ancora Dona- il primo avviso di richiesta di pagamento del canone non può avvenire già  a luglio, ma nella bolletta precedente, in modo che al consumatore sia dato il giusto tempo per far valere l’autocertificazione ed impedire il prelievo in automatico sul conto corrente”.
L’Unione Nazionale Consumatori ricorda quindi che “tra la data di emissione della bolletta della luce, non quindi quella di ricevimento a casa dell’utente, e la scadenza della fattura passano solo 20 giorni, e che a luglio, periodo di invio della prima maxi rata del canone Rai, molti italiani sono in vacanza, ivi compresi i portalettere. Il rischio, quindi, di ritrovarsi ad aver pagato un canone non dovuto è alto”.
Parte del gettito andrà  nel fondo per il pluralismo.
La Camera ha dato il via libera al fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione, previsto nell’articolo 1 della proposta di legge sul sostegno pubblico all’Editoria all’esame. L’articolo che rappresenta uno dei cardini della nuova normativa, dispone che il fondo verrà  istituito al Mef e non a palazzo Chigi, come era inizialmente previsto nel testo.
La ripartizione delle risorse verrà  stabilità  con un decreto del presidente del Consiglio e avrà  un importo massimo di 100 milioni di euro l’anno ma – unicamente per il triennio 2016-2018 – potrà  usufruire di eventuali disponibilità  aggiuntive che potranno arrivare dal canone Rai che, da quest’anno, viene pagato insieme alla bolletta dell’energia elettrica.

(da “Huffingtonpost”)

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AGNELLI A NOZZE CON DE BENEDETTI: “LA STAMPA” ALL’ESPRESSO E FIAT LASCIA IL CORRIERE DELLA SERA

Marzo 2nd, 2016 Riccardo Fucile

DALL’UNIONE NASCERA’ UN’AZIENDA DA 750 MILIONI DI FATTURATO CHE CONTROLLERA’ IL 20% DEL MERCATO

L’operazione “dimostra l’impegno di lungo periodo di Cir, del suo management, della mia famiglia e mio personale nello sviluppo del Gruppo Espresso”.
Con queste parole Rodolfo De Benedetti, presidente della holding che controlla il gruppo Espresso, ha annunciato la firma del memorandum di intesa con Itedi, la società  che controlla La Stampa e il Secolo XIX, in vista della fusione delle due case editrici in un nuovo polo a cui faranno capo il quotidiano torinese, quello ligure e Repubblica.
L’operazione segna l’inizio dell’uscita della Fiat dall’editoria italiana dopo oltre un secolo.
Oggi il capitale dell’ItEdi è per il 77 per cento di Fca (Fiat Chrysler) e per il 23 dell’Ital Press Holding, la società  di Claudio Perrone, l’ex editore del Secolo XIX.
La società  verrà  inglobata dal gruppo presieduto da Carlo De Benedetti.
Nel 2014 l’Espresso ha registrato ricavi netti consolidati per 643,5 milioni e un risultato positivo di 8,5; mentre ItEdi ha avuto soltanto 110 milioni di fatturato e un utile di 624mila euro.
Considerati i rapporti di forza, agli azionisti di Itedi andrà  quindi una piccola quota di minoranza del gruppo Espresso.
Il passaggio cruciale: la porzione del Gruppo Espresso che spetterà  a Fca sarà  redistribuita fra i suoi azionisti.
In questo modo la Fiat, una compagnia che produce automobili e non giornali, come ripete sempre l’ad Sergio Marchionne, uscirà  dall’editoria italiana.
La holding Exor, cassaforte degli investimenti della famiglia Agnelli presieduta da John Elkann, avrà  un peso molto ridotto. Perchè Exor è titolare del 30 per cento di Fca, che corrisponde a un terzo della quota spettante ai soci di ItEdi nel gruppo di De Benedetti.
La conseguenza è chiara. Visto che non ci saranno patti di sindacato (cioè accordi tra azionisti per prendere decisioni comuni) — e a meno di pesanti nuovi investimenti di Exor — quando verrà  scelto il consiglio di amministrazione del Gruppo Espresso allargato, non sarà  Elkann a decidere, ma l’asse Rodolfo De Benedetti-Monica Mondardini.
Magari l’Ingegnere Carlo De Benedetti, 82 anni, continuerà  a mantenere la presidenza e una voce sulla scelta dei direttori, ma è chiaro che c’è un salto generazionale: si passa dagli assetti dell’editoria determinati dall’epoca dominata da Gianni Agnelli e Carlo De Benedetti (e Silvio Berlusconi), a un nuovo equilibrio. John Elkann, nipote prediletto di Giovanni Agnelli, resta in Italia, ma i soldi di Exor li ha investiti sul settimanale globale The Economist.
Manca soltanto un tassello per rinnovare lo scenario: Rcs e il Corriere della Sera, da sempre sotto la responsabilità  finanziaria e civile degli Agnelli.
Da tempo John Elkann ha deciso di uscire e in questo caso Fca e Marchionne non c’entrano: l’investimento del 16,7 per cento è tramite l’accomandita Giovanni Agnelli e C. Elkann ha perso il suo amministratore delegato, Pietro Scott Jovane, e non ha alcuna intenzione di partecipare al possibile aumento di capitale che potrebbe essere necessario da qui a un anno.
L’operazione ItEdi-Espresso offre all’erede di Gianni Agnelli l’occasione di disimpegnarsi da Rcs presentando l’addio come una scelta obbligata: è chiaro che neppure nel Paese di Mondazzoli (Mondadori + Rizzoli) si può sommare la presenza nel capitale dei due principali gruppi che editano i grandi quotidiani.
Pare che John Elkann abbia già  individuato il percorso finanziario per lasciare Rcs, anche se sarà  doloroso, con inevitabili minusvalenze.
Ancora non è chiaro se qualcuno degli altri soci è interessato a rilevare la quota di controllo, Diego Della Valle e Urbano Cairo hanno spesso contestato la gestione ma non sono pronti a spendere abbastanza da comandare.
Quando è nata ItEdi accorpando Secolo XIX e Stampa, l’alleanza è stata pensata fin da subito con una declinazione editoriale: articoli condivisi per ridurre i costi, visto che i due mercati regionali (Piemonte e Liguria) non sono sovrapposti.
Nel caso della fusione tra ItEdi e Gruppo Espresso, invece, l’operazione è tutta finanziaria. Non nasce un giornale unico.
Il nuovo direttore di Repubblica, Mario Calabresi, è già  espressione della sintonia tra due mondi sempre tangenti ma distanti (De Benedetti è anche stato ad di Fiat per i famosi 100 giorni), cresciuto da giornalista a Repubblica e da direttore a La Stampa. Intorno a Calabresi, il nuovo Gruppo Espresso costruirà  l’editoria post-Fiat.

Stefano Feltri e Carlo Tecce
(da “il Fatto Quotidiano”)

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IL PROBLEMA DI RENZI SONO I NUMERI, NON I GUFI

Marzo 2nd, 2016 Riccardo Fucile

L’OCCUPAZIONE CRESCE SOLO TRA GLI OVER 50 A CAUSA DELLA LEGGE FORNERO, ALTRO CHE JOBS ACT

E ora chi lo dice a Renzi e al Pd che nel 2015 l’occupazione è cresciuta solo tra i lavoratori over 50 di 359 mila unità , mentre solo a gennaio hanno perso il posto 31 mila giovani tra i 15 e i 24 anni, portando il relativo tasso al 39,3%, +0,7% sul mese precedente?
L’Istat nella stima preliminare sul primo mese del 2016. È la conferma uno dei dualismi costitutivi del mercato del lavoro italiano: quello tra «giovani» e «anziani».
Senza contare che aumentano i disoccupati nella fascia di età  tra i 35 e i 49 anni: 69 mila in più senza lavoro nella parte più produttiva della forza-lavoro attiva. è la fotografia della Riforma Fornero sulle pensioni quattro anni dopo: l’estensione dell’età  pensionabile oggi favorisce il «riciclo» dei vecchi contratti precari in quelli «a tempo indeterminato» finanziati dagli sgravi contributivi predisposti dal governo.
Altro che Jobs Act, è la riforma del governo Monti a diminuire il numero degli inattivi (-63 mila) soprattutto tra i 50-64enni.
Più a lungo al lavoro e presumibilmente spremuti come limoni, questi lavoratori partecipano involontariamente all’uso politico delle statistiche sull’occupazione condotto dal governo al gran completo e dal suo partito di riferimento.
Renzi ha scritto su twitter: «Con questo Governo le tasse vanno giù, gli occupati vanno su, le chiacchiere dei gufi invece stanno a zero».
Il premier si riferiva al dato generale sulla disoccupazione, ferma all’11,5% e invariata da agosto 2015.
A questo ha aggiunto il dato sull’aumento di 70 mila unità  degli occupati. Anche qui si torna sui livelli di agosto.
L’Istat ha registrato una ripresa della quota dei dipendenti a tempo indeterminato a partire da settembre pari a 99 mila persone.
Si tratta della «coda lunga» di dicembre, quando le imprese hanno fatto la corsa per aggiudicarsi il «bonus» da 8 mila euro per ogni neo-assunto.
Da gennaio, infatti, lo sgravio sarà  più che dimezzato: a 3 mila euro. è probabile che, a partire da febbraio, questo dato sarà  molto più contenuto e seguirà  l’andamento ciclotimico del mercato del lavoro, drogato dagli incentivi renziani.
A riprova che il Jobs Act non è servito a produrre nuova occupazione, e non solo a contribuire al gran ballo dei contratti, c’è il tasso di occupazione: fermo, drammaticamente, al 56,8%, uno dei più bassi dell’Eurozona, in misero aumento dello 0,1% rispetto a dicembre, nonostante la pazza corsa all’incentivo.
Le riforme del governo hanno consolidato il dualismo anche in questo indicatore.
A gennaio, infatti, l’occupazione tra i giovani è rimasto fermo alla percentuale dello stesso mese del 2015: 15,4%.
Per il resto della popolazione è invece aumentato dell’1,5%. Dai dati emerge anche lo stallo del tasso di disoccupazione femminile al 54,3%, mentre quello maschile è al 74,5%. Ecco un altro dualismo.
Il problema di Renzi è con i numeri, non con i gufi.

Roberto Ciccarelli

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CAMORRA BIPARTISAN: INDAGATI IL SINDACO E IL SUO AVVERSARIO

Marzo 2nd, 2016 Riccardo Fucile

CASAVATORE, 15 AVVISI DI GARANZIA… IL CANDIDATO PD, SOSTENUTO DA UN SORVEGLIATO SPECIALE, PICCHIATO DAL GRUPPO RIVALE A SOSTEGNO DEL CANDIDATO UDC

A Casavatore la camorra fu “bipartisan”. Appoggiò sia il sindaco che l’avversario.
Lo afferma la Dda di Napoli: le elezioni comunali del giugno 2015 furono il teatro di una guerra intestina al clan Ferone, una fazione degli Amato-Pagano, gli Scissionisti. Le indagini dicono che il candidato Pd, Salvatore Silvestri, fece campagna tramite una persona sottoposta alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale perchè ritenuto vicino ai Ferone.
Costui stazionò stabilmente davanti al comitato elettorale Silvestri, e quando non era lì si prodigava a cercare voti nel quartiere di Corso Europa.
Le indagini dicono anche che l’avversaria Udc, Lorenza Orefice, si avvalse invece di altri tre personaggi dalle maniere forti, uno dei quali nipote del boss Ernesto Ferone.
I tre intimidirono gli elettori del Parco Acacie a Casavatore Vecchia per raccogliere consensi ‘porta a porta’ in favore della signora e di un candidato imparentato al capo clan.
E per mandare un messaggio chiaro alla cittadinanza, due giorni prima del ballottaggio, i tre picchiarono per strada l’uomo di Silvestri.
Un messaggio che secondo i pm Vincenza Marra e Maurizio De Marco probabilmente ebbe un effetto sul risultato. Il dem Silvestri era in testa al primo turno (41% contro il 35%), ma l’Udc Orefice sovvertì i pronostici e al ballottaggio venne eletta col il 56%.
Per la campagna elettorale di Silvestri venne a Casavatore anche un pezzo grosso del Pd, il vicesegretario Lorenzo Guerini (foto).
Nella galassia dem, Silvestri è ritenuto vicino ai ‘Giovani Turchi’, la corrente di Mario Orfini, del ministro della Giustizia Andrea Orlando e della deputata Valeria Valente, candidata alle primarie Pd di Napoli.
La compagna di Silvestri, Mariangela Portinaio, lavora a Roma come assistente parlamentare della Valente.
L’inchiesta è chiusa, i carabinieri della Stazione di Casavatore hanno notificato quindici avvisi di garanzia.
Il sindaco in carica, Orefice, risponde di minaccia agli elettori con l’aggravante del metodo camorristico. Silvestri invece risponde di voto di scambio con l’aggravante camorristica. Indagati anche altri candidati al consiglio comunale, il comandante e un maresciallo della polizia municipale.
Casavatore, città  di 18.000 abitanti a un tiro di schioppo dal capoluogo.
Qui le intercettazioni dipingono un quadro desolante, la politica ridotta a mercimonio o terreno di scontro fisico tra personaggi vicini alla camorra.
Si ascoltano voti ‘comprati’ da Silvestri e da alcuni suoi candidati con promesse di denaro, buoni pasto, pacchi di generi alimentari, posti di lavoro.
Si legge di vigili urbani che fanno propaganda elettorale e spacciano normali operazioni di disinfenzione del territorio come conquiste ottenute grazie all’intercessione di questo o quel candidato.
Persino l’orientamento delle telecamere di videosorveglianza fu modificato per venire incontro alle esigenze di un candidato collegato all’esponente Pd: dovevano vigilare i suoi manifesti elettorali, affinchè non venissero strappati.
Il comandante fu telefonicamente informato di alcune notizie di reato: le minacce subite da una elettrice per non farle votare la Orefice, una segnalazione della candidata sindaco Udc su un presunto scambio “soldi-voti” durante il primo turno elettorale.
Ma non fece rapporto all’autorità  giudiziaria, e per questo è indagato anche per omessa denuncia.

Vincenzo Iurillo
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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PIETRO MASO MINACCIA DI MORTE LE DUE SORELLE CHE VENGONO POSTE SOTTO PROTEZIONE: A NESSUNO E’ VENUTO IN MENTE CHE ERA PIU’ LOGICO RIPORTARE LUI IN GALERA?

Marzo 2nd, 2016 Riccardo Fucile

HA SCONTATO SOLO 22 DEI 30 ANNI DI CONDANNA PER AVER AMMAZZATO I GENITORI PER L’EREDITA’ … E ORA LO STATO DOVREBBE SPENDERE RISORSE PER PROTEGGERE LE SORELLE?

I carabinieri di San Bonifacio (Verona) hanno intensificato la protezione alle sorelle di Pietro Maso in seguito alle minacce di morte che il fratello avrebbe rivolto alle due donne, Nadia e Laura.
Maso, 44 anni, nel 2013 ha finito di scontare 22 dei 30 anni di condanna per avere, quando era appena maggiorenne, massacrato assieme a tre amici i genitori nel febbraio 1991 a Montecchia di Crosara (Verona).
Secondo quanto riporta Il Corriere di Verona,   Maso — che il mese scorso era già  stato denunciato in seguito ad un esposto presentato dalle sorelle, adesso avrebbe rivolto gravi e “concrete minacce di morte” alle sorelle Nadia e Laura.
Per questo i militari dell’Arma, che già  le tenevano sotto controllo, martedì 1 hanno informato le due donne delle minacce intercettate in alcune telefonate di Pietro Maso, rafforzando il servizio di protezione nei loro confronti.
Maso aveva evitato l’ergastolo per una “seminfermità  di mente”, poi la avuto lo sconto di 3 anni per l’indulto, di altri 5 per “liberazione anticipata”.
Già  nel 2008 ottiene la semilibertà  .
Il 20 aprile 2011 Pietro Maso viene denunciato da un uomo che aveva con lui affari economici per minacce di morte (gli avrebbe detto “Ti ammazzo”) e gli viene revocata la semi-libertà . Nel luglio 2011 gli viene di nuovo concessa la semi-libertà .
Dal 15 aprile 2013 Pietro Maso è a tutti gli effetti un uomo libero.

(da agenzie)

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BERTOLASO ATTACCA LE PRIMARIE DI SALVINI: “I MIEI VOTI NON ERANO TAROCCATI, FORSE QUELLI DI ALTRI”

Marzo 2nd, 2016 Riccardo Fucile

STILETTATA ANCHE PER STORACE E MARCHINI: “SI AGGIRAVANO BELLI E FELICI TRA I BANCHETTI, MA IO NON HO BISOGNO DI TRUPPE CAMMELLATE”

“’Salvinarie’ a Roma? Mi pare che, alla luce dei fatti, queste consultazioni ai gazebo le ho stravinte io. I voti per me non erano taroccati, mentre sicuramente sono andate le truppe cammellate di altri candidati in diverse occasioni e su diversi tavoli. Quindi, mi sembra che la matematica mi dia assolutamente ragione”.
Così il candidato di centrodestra per il Campidoglio, Guido Bertolaso, commenta ai microfoni di Ecg Regione, su Radio Cusano Campus, le primarie informali volute da Matteo Salvini a Roma con l’allestimento di 41 gazebo in tutti i municipi.
“Ho visto le foto di Marchini e Storace” — continua — “che si aggiravano, belli, felici e contenti, in mezzo a quei banchetti. Evidentemente c’era proprio il desiderio di far vedere che qualcuno non era desiderato, mentre invece poi i numeri stanno lì a dire con chiarezza che anche chi si riconosce nella Lega qui a Roma sa colui che deve scegliere per far rinascere questa città ”.
E aggiunge: “Io sono uno abituato a risolvere i problemi. Mi pare che sia indiscutibile. Sto girando per tutta la città : mentre gli altri chiacchierano e criticano, io lavoro e cerco di capire come possiamo risolvere i drammatici problemi della nostra Capitale”. L’ex capo della Protezione Civile poi si sofferma sul leader della Lega: “A Salvini ho fatto sapere che sono disponibilissimo e lieto di incontrarlo, così, guardandoci nelle palle degli occhi, forse su qualche cosa potremmo chiarirci e lui si renderebbe conto della persona che gli starebbe davanti, invece di ascoltare consiglieri più o meno interessati a seminare zizzania. Come potrei escludere che gli stiano facendo il lavaggio del cervello contro di me? Non credo che queste persone siano quelli vicini a Salvini a Milano. Penso che qui a Roma” — prosegue — “lui si sia organizzato una truppa variopinta e multiforme che ha avuto esperienze anche in altre realtà  politiche capitoline. E forse non sono le persone più adatte a dargli i consigli giusti”.
Infine, l’annuncio: “Sul mio sito pubblicherò un calendario sulle mie prossime visite nei quartieri di Roma. State tranquilli che io girerò per strada per strada, vicolo per vicolo, buca per buca, casa per casa”

(da “il Fatto Quotidiano”)

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UN POSTO SOLO PER 4.800 CANDIDATI: L’ITALIA DOVE I GIOVANI DEVONO METTERSI IN FILA PER MENDICARE UN LAVORO

Marzo 2nd, 2016 Riccardo Fucile

LA ASL DI VERONA AFFITTA IL PALAZZETTO DELLO SPORT PER 8.000 EURO, ALLA FINE INCASSA TRE VOLTE LA CIFRA CON LA TASSA SULL’ISCRIZIONE

Com’è andata? “Su trenta domande, tredici erano di storia o di diritto. Roba che, poi, sai quanto ti serve quando sei in corsia?”.
Appoggiato allo sportello della sua Panda azzurra, Matteo addenta l’enorme panino che si è portato per pranzo: “Per risparmiare”.
Jennifer, la sua fidanzata viareggina, annuisce: “Sì, era difficile”. E ora, dopo due ore e mezzo di coda e tre quarti d’ora per compilare il questionario, sono pronti a tornare a Livorno e aspettare il 7 marzo, giorno dei risultati della preselezione.
In palio c’è un posto da “collaboratore professionale sanitario”, un’assunzione a tempo indeterminato da infermiere all’Ulss 20 di Verona.
I seicento che passeranno dovranno affrontare il muro della prova scritta, della pratica, dell’orale. Se non sei quell’uno su 1.253 che ce la fa, riprovare, altrove.
Al casting della sanità  non si canta, non ci si esibisce. Si spera.
Dovevano essere 4.800 i candidati e per questo era stato affittato il PalaOlimpia, dove si allenano e giocano la Bluvolley e la Scaligera Basket a due passi dal Bentegodi, ma oltre trecento domande non avevano la documentazione necessaria.
Dei 4.493 che hanno versato i 5 euro per provare il concorso, se ne sono presentati un quarto.
“Forse – sospira la dottoressa Laura Bonato, dirigente amministrativa dell’Ulss che coordina la prova – perchè gli altri nel frattempo hanno trovato lavoro”.
C’erano anche Matteo e Jennifer tra i forzati dei questionari e la loro è una traiettoria non banale. Dieci mesi fa erano emigrati a Colchester, Inghilterra. Assunti. Tempo indeterminato. “Reparto emergenza e urgenza – racconta Matteo, 25 anni, uno in più della sua ragazza – come il mio master, dopo un colloquio via Skype. Ci presentammo in sessanta, anche ragazzi bulgari e spagnoli, ci presero tutti. Turni da 12 ore, tre giorni a settimana, 1.750 sterline al mese. Ma non è il massimo”.
E infatti Jennifer, dopo sei mesi, è tornata. “Perchè sono italiana – confessa – sto bene qui e alla mia età  ci si prova ancora a stare a casa”.
Lavora nel privato, a Pisa, a chiamata, a 700 euro al mese. Ha fatto concorsi ad Asti, a Brescia, a Trieste. “Ma altri sono già  al ventesimo. Siamo sempre gli stessi”.
E si ritrovano al parcheggio, si salutano, ripassano gli ultimi appunti mentre ai banchetti dentro al palazzo si formano le prime file per il controllo della carta d’identità , la consegna dello smartphone dentro una busta bianca sigillata e l’ingresso sulle tribune.
Erano al Politecnico di Milano lo scorso aprile, 13mila domande per 25 posti al Niguarda. Sono stati a Trieste e a Parma, a Torino e a Sondrio, a Modena e a Garbagnate Milanese.
A far che? “A provare a farti un futuro, perchè da precaria non ti compri nemmeno la macchina”, allarga le braccia Enza, foggiana, ancora per un mese in clinica privata, poi chissà . “L’importante è entrare in graduatoria, poi per tornare giù c’è tempo”, pianifica Valeria, 24enne abruzzese con due mesi residui di contratto all’Asl di Teramo.
“Tanto poi le graduatorie scorrono”, aggiunge la barlettana Fabiana, precaria a Modena. “Io, in realtà , avevo pensato alla Germania, dove però gli infermieri hanno una mansione più bassa”, calcola Mara, brindisina part-time in Friuli.
“Si spera, e un po’ si perde tempo, perchè i laureati aumentano e non vengono assorbiti”, riassume Ivan, livornese finito a San Daniele del Friuli grazie a un avviso. Intanto girano l’Italia, sempre a proprie spese.
“Una volta – ricorda Luigi, siciliano di Ravanusa ma laureato a Novara – misero una prova al venerdì di Pasqua. Il biglietto aereo costava 450 euro. Ma che fai, non vai? Muoviamo un’economia”.
I conti, a Verona, sorridono all’Ulss. “L’affitto del palazzo – elenca la dottoressa Bonato – veniva 1.800 euro: alla Fiera ne chiedevano 20mila”. Altri 400 tra vigili del fuoco, la quota per l’impresa di pulizie, la spesa maggiore non supera i 5mila euro per la società  che fornisce i test e il totale sta sotto gli 8mila. Il monte delle iscrizioni lo copre per tre volte.
Disposti in fila con un seggiolino di distanza l’uno dall’altro, i 1.253 candidati aprono le buste al via delle commissione, ore 12.08 e scatta il cronometro.
Fuori dai finestroni, a guardare per i 45 minuti della prova, restano i parenti. Stefano ha cinque mesi, mamma Angela l’ha portato su da Perugia con papà  Claudio che lo regge in braccio mentre il pupo gioca con le chiavi di plastica: “Lui è al suo primo concorso, noi al quinto”.
Il signor Massimo, 49 anni, ha accompagnato su da Lodi la sua Ilaria. Infermiere lui, la moglie, e ora la figlia, per ora a partita iva: “Ci si alza alle 5 e si parte”.
Francesco, 65enne bidello di Latina, trascina un trolley sulle scale del PalaOlimpia e si siede: “Non li contiamo più i concorsi col mio Alessandro. Stavolta avevo anch’io un giorno libero e abbiamo preso l’albergo. Qualcosa, per questi ragazzi, bisogna pur trovare”.
Il suo ragazzo un concorso l’aveva vinto, a Castelfranco Veneto, ma dopo due anni e a 27 di età  Alessandro si è ritrovato per strada. “Sta a casa. E dove deve andare?”. È l’una, operazioni di consegna completate, nonno Gaetano aspetta la sua Agnese.
Ha 75 anni, arriva da Bondeno, nel ferrarese. “Un’ora e mezza di macchina e siamo a casa. Facevo il camionista, sa, queste strade le conosco bene”.

Massimo Pisa
(da “La Repubblica”)

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DONNA ASSUNTA: “MELONI? NO, SERVE QUALCUNO PIU’ INTELLIGENTE”

Marzo 2nd, 2016 Riccardo Fucile

“UNA DONNA SENZA NESSUNO SOPRA NON PUO’ GOVERNARE ROMA”… “NEANCHE BERTOLASO E’ CAPACE, SERVE UN BUON AMMINISTRATORE”

Non crede alle primarie, donna Assunta Almirante. E non ha fiducia nelle capacità  femminili in un agone politico così complesso come quello della Capitale.
La vedova del fondatore e leader storico del Movimento sociale italiano, Giorgio Almirante, parla a LaPresse, e boccia l’ipotesi di candidatura di Giorgia Meloni alle elezioni per il sindaco di Roma.
No alle primarie
«Non credo alle primarie, ha ragione Berlusconi in pieno», dice la signora Almirante, 90 anni. Che poi aggiunge sulla fondatrice di Fratelli d’Italia: «Penso sia molto difficile che una donna ce la faccia oggi a ricostruire e mantenere una città  come Roma. Meloni la stimo, ma dovrebbe avere qualcuno al di sopra, qualcuno superiore per capacità  e intelligenza».
Bocciato anche Bertolaso
Questo, tuttavia, non significa che Raffaella Stramandinoli – questo il vero nome della vedova Almirante – tifi per l’unico candidato ufficiale (almeno per ora) del centrodestra, vale a dire Guido Bertolaso: «Non lo conosco e non posso dare pareri positivi o negativi, ma non so se il capo della Protezione civile sia in grado di amministrare una città  difficile come Roma».
Secondo la voce storica del Movimento sociale, infatti, la Capitale avrebbe bisogno «di un capo che sia al di sopra di tutto, che sia civile, educato e ottimo amministratore».
«Governare Roma – conclude – è un premio di Dio, perchè Roma è una città  del mondo, non è Milano o Firenze».

Massimiliano Del Barba
(da “il Corriere della Sera”)

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