Marzo 8th, 2016 Riccardo Fucile
MARCHINI PARLA DI COMPLOTTO, LA MELONI PENSA ALLA PAROLA, BERTOLASO NON SI PREOCCUPA DEL SISMA, LA PIVETTI PARLA DA CANDIDATA SENZA AVERE UNA LISTA, ORA SCENDE IN CAMPO ANCHE IL FRONTE NAZIONALE DI TILGHER: BENVENUTI AL PIU’ GRANDE SPETTACOLO CIRCENSE DEL MONDO
Che spettacolo, ragazzi: benvenuti al grande Barnum del centrodestra che ha piantato le tende nella capitale.
Ma quanti sono al momento i candidati del centrodestra in vista delle elezioni comunali a Roma? – si chiede l’elettore.
Vediamo.
C’è Alfio Marchini (sostenuto da fittiani, Area Popolare ed ex Ncd) che però non vuole sentirsi definire di destra.
Poi c’è Guido Bertolaso (Forza Italia e Fratelli d’Italia), ma forse prima deve passare attraverso il plebiscito delle gazebarie, quindi in teoria è ancora in sospeso.
Poi tocca a Francesco Storace, sostenuto da Alemanno e finiani in libera uscita, sempre che non cambi idea e si fermi a pranzo in un ristorante indiano.
La quarta incomoda, Irene Pivetti, conferma la propria candidatura: «Bertolaso perde, con me il centrodestra può arrivare al ballottaggio. Le primarie su Guido? Roba da Stalin, da voto sovietico».
Ma manca un dettaglio: chi rappresenta la Pivetti?
Per non farci mancare nulla oggi anche il Fronte Nazionale annuncia la propria discesa in campo per il Campidoglio.
«Saremo presenti alle elezioni romane con un nostro candidato sindaco – spiega Adriano Tilgher – Destra e sinistra ormai ci hanno stufato, ci hanno tradito. Fingono di farsi la guerra e poi, tenendosi a braccetto, ci regalano i peggiori governi di questa Repubblica. Vogliono truffarci ancora una volta, dividendoci in due tribù contrapposte, solo per potersi accaparrare poltrone, per poi vederli uniti nella svendita della nostra Nazione. Io non ci sto, non voglio più essere truffato».
Se non altro una posizione chiara.
Giochi fatti? Per nulla.
E a chi sottolinea che “molto dipenderà dall’esito del referendum di sabato e domenica prossimi” (gestito da Forza Italia, va sottolineato) Bertolaso replica: “ho una lettera che mi è stata scritta a gennaio dai tre leader del centrodestra, Meloni, Salvini e Berlusconi, che mi chiedevano in modo fermo di candidarmi a sindaco”.
Come dire: mi avete cercato voi.
Sentiamo la Meloni: “a differenza degli altri quando do la mia parola la mantengo: sono impegnata a sostenere Bertolaso se rimane in campo. Se non sarà così, FdI sa già cosa fare». Due le ipotesi: schierare Fabio Rampelli o considerare l’extrema ratio e optare per la discesa in campo della stessa Meloni (fantascienza).
E Marchini ha sospetti: “ai gazebo della Lega ci sono stati brogli? non vedo perchè se quelle di Salvini erano false, quelle su Bertolaso debbano essere vere. L’unico complotto in atto sembra non far vincere me».
Salvini invece, dopo aver squassato la coalizione per non farsi contare, si porta avanti e dà già l’indicazione di voto al ballottaggio Cinquestelle-Pd: “se ci fosse un ballottaggio tra Pd e Grillo, voterei certamente per i candidati del M5S” dice, ospite de La Zanzara, su Radio24.
Poi aggiunge: “Renzi ha fatto benissimo ad andare dalla D’Urso. Non lo critico per questo”. Poi commenta con toni entusiastici la sua ospitata televisiva a “C’è posta per te” (Canale 5): “Voglio ringraziare Maria De Filippi che mi ha ospitato sabato sera”.
E’ lotta aperta tra esibizionisti da giardinetti, ormai.
Roma può attendere.
argomento: Roma | Commenta »
Marzo 8th, 2016 Riccardo Fucile
IL CONTROLLO SUL SISTEMA DELLA WR NETWORK, UN FORNITORE DELLA CASALEGGIO ASSOCIATI
Massimo Artini, ex parlamentare del Movimento 5 Stelle ora iscritto alla componente Alternativa
libera, torna sul caso delle mail dei parlamentari che sarebbero state spiate dalla Casaleggio Associati e pubblica alcuni documenti.
Con un lungo post racconta che fu l’assemblea dei parlamentari 5 Stelle a deliberare “che il gruppo di lavoro informatico (di cui faceva parte ndr) si occupasse di reperire un tecnico informatico, dipendente del Gruppo Camera del MoVimento 5 Stelle, premurandosi che tale soggetto fosse al di fuori delle regole di comunicazione imposte dal codice etico. In modo che tale soggetto riferisse direttamente ai deputati e non alla Casaleggio”.
Invece a distanza di poco tempo “si viene a scoprire – racconta Artini – che il direttivo del gruppo camera del Movimento 5 Stelle, su richiesta espressa da parte della Casaleggio Associati, per il tramite del capogruppo Paola Carinelli, aveva contrattualizzato con la WR Networks un controllo sul sistema (indicando il nome di un tecnico di fiducia della Casaleggio associati, come riportato da Paola Carinelli durante la riunione del gruppo Camera del 6 ottobre 2014)”.
La WR Networks srl è un’azienda torinese fornitrice di servizi per la Casaleggio.
Il 3 ottobre, dopo che il server parlamentari5stelle.it era stato inaccessibile per qualche giorno, arriva una mail. Ecco il testo:
Da: “Staff”
Data: 03 ottobre 2014 18:32:35 GMT+02:0
Oggetto: Tua email su @parlamentari5stelle.it
Caro Cittadino 5 stelle, abbiamo riscontrato una situazione non sanabile nella gestione attuale della posta e dei calendari riferiti al dominio @parlamentari5stelle.it che risulta compromessa nonostante alcuni interventi che sono stati adottati nelle ultime settimane. Ti invitiamo a svuotare la posta e non utilizzare questo account fino a quando il servizio non verrà esternalizzato su un servizio in cui il controllo della propria posta e calendario non sia gestibile solo direttamente dall’utente. Ad ora risultano meno di 30 persone che stanno utilizzando in modo continuo o la posta o il calendario su questo dominio per cui suggeriamo venga dismesso nell’immediato.
Lo staff di Beppe Grillo
Saluti
“Questo messaggio — scrive Artini – provocò lo sgomento di molti parlamentari. Lo stupore fu quello di ricevere un messaggio che era stato scritto da una entità terza che non aveva e non doveva avere relazione nel rapporto tra Movimento 5 Stelle Camera e WR Networks srl.
Il messaggio era proveniente direttamente dalla sede della Casaleggio Associati”.
“Si può chiaramente notare — scrive Artini – nella riga Received il PC da cui è stato inviato il messaggio: trinettaPC.
Chiara Trinetta è una dipendente della Casaleggio Associati (come si evince facilmente da internet).
Dalla mail si evince con chiarezza che chi ha scritto il messaggio è a conoscenza del sistema parlamentari5stelle.it senza averne nessun titolo legale”.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: Grillo | Commenta »
Marzo 8th, 2016 Riccardo Fucile
DA NOI RAPPRESENTANO SOLO LO 0,6% SU 54.252 DETENUTI TOTALI… LA RICERCA DELL’UNIVERSITA’ DI LOSANNA
L’Italia è tra i Paesi in cui si tengono meno persone dietro le sbarre per reati finanziari. Solo 228 detenuti, lo 0,6% della popolazione carceraria, sono stati condannati con sentenza definitiva per reati che vanno dal riciclaggio all’insider trading al falso in bilancio, oltre a corruzione e reati contro la pubblica amministrazione.
In Germania il dato è dell’11%, in Spagna del 3,1, in Gran Bretagna dell’1,9 per cento. Sono alcuni dei dati, registrati all’1 settembre del 2014 sulla popolazione carceraria, finiti nell’indagine Space commissionata dal Consiglio d’Europa all’Istituto di criminologia e diritto penale dell’Università di Losanna.
L’indagine, condotta dal professor Marcelo Aebi e da altri due docenti, è un sondaggio che contiene informazioni provenienti da 50 su 52 amministrazioni carcerarie nei 47 Stati facenti parte del Consiglio d’Europa
Anche dell’Italia, dunque, che si posiziona all’undicesimo posto per sovraffollamento delle carceri dopo Ungheria, Belgio, Grecia, Albania, amministrazione statale della Spagna, Francia, Slovenia, Portogallo e Serbia.
In media, in tutta Europa, stando ai dati dell’indagine dell’Università di Losanna ci sono 124 detenuti ogni 100mila abitanti.
Un numero che è diminuito del 7% rispetto al 2013, quando si stimavano 133,4 detenuti ogni 100 mila abitanti. La media dell’età è 34 anni, cifra rimasta invariata rispetto al 2013 ma anche al 2012.
In Italia ci sono 54.252 detenuti, di cui il 95,7% sono uomini, il restante 4,3% donne (2.308 in tutta la penisola).
In cella ci sono 119,5 detenuti ogni 100 posti. Ossia 9 metri quadri per persona.
Per lo più, nella Penisola, si finisce in carcere per reati legati alla droga: si tratta del 34,7% dei casi, la quarta percentuale più alta tra i 47 Paesi considerati.
L’indagine Space conta 6.513 sentenze definite per omicidio, 1.945 per stupro, 5.542 per rapina.
Le condanne definite per droga ammontano a 1.245, 56 quelle legate a fatti di terrorismo, 362 per organizzazioni criminali.
Poche volte però si finisce in carcere per reati finanziari, che nelle tabelle dell’indagine dell’università di Losanna vengono identificati nella categoria “economic and financial offencies”: insider trading, falso in bilancio, aggiotaggio o fondi neri.
Al primo settembre 2014, i detenuti con sentenza definitiva in carcere per reati di questo tipo rappresentano appunto solo lo 0,6% del totale della popolazione carceraria: 228 persone. Una cifra molto inferiore alla Spagna, con 1.789, alla Turchia, con 3.526, e al Regno Unito con 1.352 detenuti per questo tipo di violazioni.
Altro dato sul quale si è concentrata la ricerca dei professori dell’Università Losanna riguarda la percentuale dei suicidi in carcere.
In Italia, nel 2013, ci sono stati 153 decessi. Di questi, 42 sono suicidi: il 27,5 %. Il numero è inferiore alla Francia, dove i suicidi rappresentano il 62% dei decessi in carcere, alla Germania (41%) e alla Russia (dove nel 2013 si contano 461 suicidi su 4200 decessi nelle celle russe).
In generale, nelle carceri europee la media dei suicidi ammonta al 7,6 %. Una cifra ridotta rispetto al 2013, (11,2 %) e al 2012 (7,7%).
Valeria Pacelli
(da “il Fatto Quotidiano“)
argomento: denuncia | Commenta »
Marzo 8th, 2016 Riccardo Fucile
“SI FUGGE DAL PAESE PER NON MORIRE, LE RIAMMISSIONI DI MASSA SONO ILLEGALI”
Il futuro sembra sempre più buio per i migranti afghani, che rischiano di finire inghiottiti in una delle
falle più clamorose della politica (anti)migratoria dell’Unione europea.
Mentre l’Ue, nei suoi negoziati con la Turchia, sostiene di concentrarsi soprattutto sul contrasto dei pericolosi viaggi in mare dei siriani verso la Grecia, un’altra comunità di migranti denuncia di essere finita nel dimenticatoio dei leader occidentali.
Si tratta degli afghani, un popolo sempre più in fuga ma poco tutelato dal punto di vista del diritto d’asilo.
Eppure, secondo un servizio della Reuters, gli afghani rappresentano oltre un quarto dei migranti che ogni giorno rischiano la vita nelle piccole imbarcazioni che partono dalle spiagge turche per sfuggire dalle crescenti violenze perpetrate, a seconda dei casi, dai talebani o dagli affiliati di Abu Bakr al-Baghdadi.
Di questi solo una minoranza riesce ad avviare le procedure per richiedere l’asilo, e solo una piccola parte ottiene alla fine la protezione internazionale e un ricollocamento in Europa.
“Fare uno screening dei richiedenti asilo in base alla nazionalità è una pratica contraria alla Convenzione di Ginevra, al diritto europeo e al diritto internazionale”, spiega ad HuffPost Carlotta Sami, portavoce UNHCR per il Sud Europa.
“Lo status di rifugiato non può essere assegnato sulla base della nazionalità : è necessario valutare la situazione di ogni singolo individuo. Oggi sappiamo che molti afghani sono rifugiati in Pakistan, ma altrettanti vivono come sfollati in altri Paesi limitrofi o nello stesso Afghanistan. Nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di persone costrette a fuggire da aree controllate o minacciate da milizie di varia natura”, continua Sami.
Parlare di “riammissioni di massa in Turchia” — come è emerso dagli ultimi negoziati tra i leader Ue e Ankara — “va contro le più basilari regole del diritto”. “Fortunatamente ieri non c’è stato nessun accordo — precisa Sami — ma il nostro primo appunto è di grande preoccupazione per una serie di decisioni che potrebbero essere contrarie al diritto umanitario internazionale”.
Se l’intesa con Ankara dovesse concretizzarsi così come delineata finora, infatti, gli afghani sarebbero le prime vittime di queste “riammissioni di massa”.
Questa crisi nella crisi si è già aggravata dopo la decisione congiunta delle polizie di Austria, Croazia, Macedonia, Slovenia e Serbia di lavorare insieme per identificare i migranti nel campo di Gevgelija per poi organizzare il trasporto direttamente verso il confine austriaco, che sarà valicabile soltanto per 3.200 persone al giorno provenienti da “paesi in guerra”.
La prima conseguenza — spiega il sito Osservatorio Afghanistan – è stata la chiusura delle frontiere per gli afghani.
Peccato che l’Afghanistan di oggi sia un paese tutt’altro che sicuro, come sintetizza Goran Bilic, responsabile del team di Save the Children per la risposta all’emergenza nell’area balcanica: “Siamo molto preoccupati — ha riferito a MeltingPot – per la recente decisione dell’Europa di chiudere le proprie porte ai rifugiati afghani, specialmente in questo periodo in cui il numero delle vittime civili in Afghanistan ha raggiunto livelli altissimi. Nel solo 2015 un quarto dei civili che hanno perso la vita nel conflitto erano bambini”.
Migranti afghani intervistati dalla Reuters in Turchia hanno denunciato l’impossibilità di accedere, negli ultimi anni, ai colloqui con le agenzie delle Nazioni Unite necessari a determinare formalmente il loro status di rifugiati, un passaggio chiave per un eventuale ricollocamento.
Polat Kizildag, coordinator di ASAM, un’organizzazione che si occupa della registrazione dei richiedenti asilo in Turchia, ha spiegato che di solito agli afghani viene detto che sono ineleggibili per lo status di rifugiati perchè la Turchia è il terzo paese del loro viaggio, mentre la domanda dovrebbe essere presentata nella seconda tappa, che in molti casi è l’Iran.
Ma il guaio è che, come denunciano diverse ong, le forze dell’ordine iraniane deportano migliaia di afghani senza dare loro la possibilità di dimostrare il loro diritto all’asilo, spingendoli così a lasciare il paese il più velocemente possibile.
Il ministero afghano dei Rifugiati e dei Rimpatriati stima che siano circa 3mila gli afghani che ogni giorno partono alla volta della Turchia attraverso l’Iran: di questi almeno 2mila vengono rispediti a casa.
Secondo ASAM, solo l’anno scorso più di 63mila afghani sono arrivati in Turchia, un’impennata notevole rispetto ai 15.652 arrivi registrati nel 2014.
Un dato che non tiene conto di tutti i migranti non registrati.
Alcuni sono arrivati direttamente dall’Afghanistan, altri dall’Iran, dove hanno cercato accoglienza invano.
Secondo la Commissione europea, nel corso del 2015 sono state registrate in Turchia 64.109 domande d’asilo; tra queste, oltre 11mila sono state presentate da cittadini afghani, ma solo 459 sono state portate a termine, sia con l’accettazione che con il rifiuto dello status di rifugiato.
L’esodo si spiega con il progressivo peggioramento della situazione, che rende l’Afghanistan un Paese dove è sempre più rischioso vivere: solo nel 2015 oltre 11mila civili sono stati uccisi o feriti. Kabul e altre città afghane hanno subito un’ondata di attentati suicidi e altri attacchi, monito della rinnovata forza acquistata dai talebani dopo il ritiro delle truppe internazionali su diversi fronti.
Gli insorti, deposti dal potere con la campagna militare guidata dagli Usa nel 2001, stanno cercando di reimporre la legge islamica, la ShariÊ¿ah, nella sua linea più dura. Si stima che oggi controllino o minaccino circa un terzo dell’intero paese.
Secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (IOM), gli afghani compongono il secondo più grande gruppo di richiedenti asilo in Europa, dopo i siriani.
Sono in molti anche quelli che tornano in patria, per scelta o — più spesso — per necessità .
Secondo dati del Dipartimento afghano per i Rifugiati e i Rimpatri, nel 2015 un totale di 544.016 afghani è ritornato volontariamente o è stato deportato dall’Iran — un numero molto superiore rispetto ai 306.392 del 2014.
A questi bisogna aggiungere anche i rimpatri dall’Europa: almeno 145 nel 2015, con Svezia, Germania e Finlandia che hanno intenzione di aumentare i rimpatri forzati nei prossimi mesi.
L’IOM ha riferito ad Al Jazeera di aver assistito il ritorno di 960 afghani dall’Europa lo scorso anno.
Le pratiche di rimpatrio devono superare un’arena politica complessa, spiega ancora Al Jazeera.
L’Afghanistan ha fatto sapere che non intende accettare ‘deportati’ visto che dovrebbero tornare in luoghi non sicuri.
I rimpatri sembrano destinati a diventare un argomento sempre più spinoso nei rapporti tra Afghanistan e governi europei, ha spiegato Laurence Hart, a capo della missione dell’IOM in Afghanistan.
Il governo afghano ha già respinto numerose richieste di rimpatrio da parte di governi europei.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: emergenza | Commenta »
Marzo 8th, 2016 Riccardo Fucile
INTERVISTA A JUSTIN TRUDEAU: “OCCORRE GARANTIRE STABILITA’ E SICUREZZA NEI PAESI DA CUI FUGGONO, ASSAD NON PUO’ RIMANERE”
Un’ora di domande e risposte. Da una parte i giornalisti di tutte le edizioni mondiali Huffpost e i loro lettori, dall’altra Justin Trudeau, il giovane premier canadese Justin Trudeau.
Al centro del faccia a faccia “virtuale” organizzato da Huffington Post Canada una vasta platea di temi, dalla lotta al terrorismo all’immigrazione, dall’economia al clima, dai rapporti con gli Usa all’emergenza migranti. “Accogliere i rifugiati – ha spiegato – è un investimento per il Canada”.
Alla base, ha comunque spiegato Trudeau, resta comunque la ricerca di una rapida soluzione per la crisi politica in Siria.
“Se puntiamo a un futuro stabile nel medio periodo per la Siria è necessario pensare a una leadership diversa da quella di Assad. Ma per arrivare a quel punto molto dipende dalla Russia e dagli sforzi diplomatici che verranno fatti”, ha spiegato il premier.
E proprio a proposito dei migranti, anche Huffpost ha rivolto a Trudeau un quesito.
“Dall’inizio dell’anno almeno 400 persone sono morte nel tentativo di attraversare il Mediterraneo e raggiungere l’Europa. Come combinare la necessaria assistenza umanitaria con il bisogno di sicurezza che sentono i cittadini europei?”
“Questa è la grande questione che i Paesi democratici si stanno ponendo in questi anni. Io temo che a seconda di quanto riusciremo a far convivere queste due esigenze dipenderà come sarà effettivamente questo ventunesimo secolo. Non c’è dubbio che parte della soluzione vada trovata nei Paesi che stanno accogliendo i migranti – ha spiegato il premier – ma è anche vero che dobbiamo fare in modo che ci sia stabilità e sicurezza nei Paesi che stanno causando la fuga di queste persone”.
“Così come noi ci occupiamo di come accoglierli nei nostri Paesi dobbiamo anche preoccuparci sui motivi che li portano a lasciare i loro Paesi”.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: Immigrazione | Commenta »
Marzo 8th, 2016 Riccardo Fucile
ERA TUTTO PRONTO PER LO SCAMBIO DEGLI ITALIANI IN LIBIA, MA GLI EVENTI SONO PRECIPITATI
Quarantotto ore. Questa la finestra che faticosamente la nostra intelligence (con l’apporto della
diplomazia e della rete di contatti dell’Eni) era riuscita ad aprire per riportare a casa i quattro ostaggi italiani dopo sette mesi di prigionia nelle mani di una banda di criminali specializzata in traffico d’armi, droga ed esseri umani.
Quarantotto ore ritagliate tra il primo e il 2 marzo, dopo avere contribuito ad allentare su Sabrata la pressione dei jihadisti (termine improprio, perchè nella Libia di oggi jiahdisti si diventa e si smette di essere a seconda delle convenienze di denaro, potere politico e territorio da controllare), soprattutto dopo avere allertato le autorità locali e dopo avere predisposto il necessario per la consegna sul campo degli ostaggi in cambio di un riscatto da depositare in un Paese terzo.
Tutto questo non è bastato a evitare che una serie di concause trasformasse il piano perfetto in una tragedia, proprio quando gli uomini dell’intelligence erano in attesa dei tecnici della Bonatti in due punti prestabiliti e diversi.
Qualcosa che drammaticamente riporta alla mente un epilogo analogo, quello che il 4 marzo di undici anni fa costò la vita a Nicola Calipari lungo l’autostrada per l’aeroporto di Bagdad, dopo la liberazione della giornalista del “Manifesto” Giuliana Sgrena.
Concause, dunque. Difficilmente prevedibili in quell’area dove si combatte a terra e si bombarda dal cielo, dove le milizie locali contendono ogni giorno pezzi di città e territorio a gruppi armati che si autoproclamano affiliati all’Isis ma dove tutto spesso è il frutto di faide che si consumano all’interno di una stessa famiglia, di una stessa tribù, che magari con una mano governa e con l’altra consuma affari sporchi profittando del caos del paese e di una pacificazione che neanche un pezzo di carta sottoscritto dalle parti in causa sembra garantire.
Il prologo, l’ultima fase della trattativa che doveva portare alla liberazione di Salvatore Failla, Fausto Piano, Filippo Calcagno e Gino Pollicardo comincia alla fine di gennaio.
Dal 19 luglio 2015, giorno del loro sequestro, fino quasi allo scorso Natale si sapeva soltanto che erano stati portati via nella notte da una banda di uomini armati subito dopo avere attraversato il confine tra Tunisia e Libia, sulla strada verso l’impianto petrolifero di Mellitah.
Forti sospetti concreti sulla complicità dell’autista, lasciato incolume sul posto dai rapitori, e null’altro.
Che si trattasse di criminali comuni e non di jihadisti era apparso abbastanza chiaro dall’inizio.
Ma dove fosse la prigione in cui i quattro italiani erano stati condotti è rimasto un mistero fino appunto a gennaio. Quando ai primi contatti triangolati da mediatori libici, è seguita la consegna di una serie di foto degli ostaggi.
La “prova in vita” che l’intelligence attendeva per avviare la trattativa.
Poi, poco alla volta, si è riusciti anche a circoscrivere la zona in cui si trovava la prigione, cioè la città di Sabrata e i suoi dintorni.
Ed è stato questo, più che la definizione del riscatto, il nodo da affrontare e cercare di risolvere: come far uscire indenni gli ostaggi da un’area ad intensa conflittualità , sotto il controllo di più tribù in lotta fra loro, e con la presenza di campi di terroristi locali e foreign fighters tunisini, tra cui gli americani puntavano una delle menti dell’attentato al museo del Bardo (Noureddine Chouchane), che hanno poi cercato di eliminare con il pesante bombardamento del 19 febbraio scorso che ha causato 49 morti.
È questo bombardamento a ritardare l’operazione di rilascio dei quattro ostaggi e a provocare una vendetta mordi e fuggi di un gruppo jihadista all’interno della città di Sabrata, che lascia una scia di undici vittime e alza il livello della tensione nell’area. Intanto la trattativa con la banda di criminali è al penultimo passaggio, la cifra del riscatto concordata, e in una settimana frenetica di contatti con quasi tutte le forze sul campo gli uomini dell’intelligence e i mediatori libici riescono a costruire una nuova finestra possibile per la fase finale del piano di liberazione.
Il giorno stabilito per lo scambio è martedì 1 marzo.
Secondo le fonti interpellate dall’Huffington Post, l’operazione prevede che gli ostaggi siano condotti lontano dalla città e consegnati agli uomini dei servizi che sono arrivati sul posto.
Forse in punti diversi (da qui la separazione di Failla e Piano da Calcagno e Pollicardo), per poi essere ricongiunti e trasferiti su un aereo che li preleverà nell’aeroporto di Mittiga.
Ma qualcosa va storto. Sul piano degli accordi tra i criminali e chi li controlla o protegge (che vorrebbe alzare il prezzo del riscatto) e su quello logistico, che i banditi non sono in grado di gestire. E l’operazione abortisce.
Mercoledì 2 marzo, ultimo giorno della finestra possibile per garantire il via libera ai banditi che devono trasferire gli ostaggi, c’è il secondo tentativo.
Un convoglio con Failla, Piano e altre cinque persone tra cui una donna e un bimbo, lascia la prigione e imbocca la strada che da Sabrata porta verso l’interno del Paese. Sulla carta, dovrebbero essere tutti avvertiti. Anche la milizia.
Invece, secondo la versione del governo di Sabrata, ad una trentina di chilometri dalla città , i pick up vengono scambiati per un convoglio di jihadisti.
E i miliziani di un check point aprono il fuoco a raffica senza dare l’alt.
Una dinamica che sembra la fotocopia di quella che causò la morte di Nicola Calipari a Bagdad. Alcuni degli occupanti dei pick up rimangono uccisi.
Altri (forse tra questi Failla e Piano, che erano stati fatti sdraiare sul pianale) sono gravemente feriti. I miliziani cercano di tamponare il sangue con degli assorbenti da donna. Ma è tutto inutile.
Immediatamente viene dato l’allarme. E i nostri agenti bloccano il pagamento del riscatto (che avrebbe dovuto avere luogo contestualmente alla consegna degli ostaggi). Poi è il caos, con un rimpallo di responsabilità locali.
Mentre la notizia del fallimento dell’operazione raggiunge i criminali rimasti a guardia della prigione che, vistisi perduti, fuggono abbandonando il covo e i due ostaggi che sono rimasti nelle loro mani.
Il resto è la cronaca della lotta disperata di Calcagno e Pollicardo per rompere il lucchetto della cella e fuggire a loro volta.
Adesso, due interrogativi.
Primo. C’è stata qualche collusione tra la banda di criminali che da mesi deteneva gli ostaggi nella zona e uomini del governo di Sabrata, che poi hanno rivendicato politicamente la liberazione di Calcagno e Pollicardo?
Secondo. L’attacco al convoglio che trasportava Piano e Failla è stato un errore o un regolamento di conti consumato all’interno di uno stesso gruppo di criminali che non avevano trovato un accordo per la spartizione del riscatto?
Le risposte probabilmente non arriveranno mai. Ma questa è la Libia. Oggi.
(da “Huffingtonpost“)
argomento: governo | Commenta »
Marzo 8th, 2016 Riccardo Fucile
COSENTINIANO & CUFFARIANO BUTTADENTRO AI GAZEBO PD PER FAR VOTARE LA VALENTE
Anche esponenti di centrodestra a presidio di seggi delle primarie Pd a Napoli minano in maniera grave la credibilità delle primarie del centrosinistra
Nel nuovo video, uscito su Fanpage, si vedono storici esponenti del centrodestra locale impegnati ai seggi del principale partito di centrosinistra.
C’è Claudio Ferrara, assessore di centrodestra dell’ottava municipalità : era stato candidato alle Politiche del 2013 con Forza Italia, poi si ritirò dopo l’esclusione dalla lista del suo referente politico, Nicola Cosentino (che fu tolto dai candidati perchè ritenuto “impresentabile” dal partito).
E poi c’è Giorgio Ariosto, candidato alle elezioni del 2011 nella stessa municipalità con Popolari Italia Domani, partito fondato da Totò Cuffaro, anche se poi non eletto.
Ariosto nel video dà a una persona anche l’euro per il voto ed è anche presente nel comitato della Valente la sera dei festeggiamenti.
Esponenti conosciuti del Pid, per capire di cosa stiamo parlando, facevano parte tra gli altri gli ex ministri Francesco Saverio Romano e Calogero Mannino.
Il Pid nel 2013 si è poi dissolto, confluendo dentro Forza Italia dopo la scissione del Pdl.
E’ singolare la loro presenza alle primarie Pd, salvo che non esista un accordo e un interesse trasversale per far vincere la candidata renziana a Napoli.
(da agenzie)
argomento: Primarie | Commenta »
Marzo 8th, 2016 Riccardo Fucile
“SILVIO SI SENTE UNA QUERCIA, MA SOTTO LE QUERCIE NOM CRESCE MAI NULLA”… LA MELONI TENTENNA TROPPO, SALVINI HA ASPIRAZIONI SBAGLIATE
Oggi il candidato sindaco a Roma del centrodestra pare sia Guido Bertolaso, lo conferma Silvio
Berlusconi. Ieri no. Domani forse. Napoli la danno (quasi) per persa, meglio mandare un commissario in Campania; Matteo Salvini oggi è coeso, ieri meno, domani chi può dirlo; Giorgia Meloni aspetta, a volte si “veste” da intrepida e rassicura tutti “tranquilli, la coalizione è unita, abbiamo i candidati”; in altre le sorge qualche dubbio e scompare dai giornali. Meglio non dichiarare.
E lo stesso Berlusconi?
“Pensa sempre come Alberto Sordi nel Marchese del Grillo, lo ricorda? ‘Io sono io e voi non siete un cazzo’…”, sintetizza Vittorio Feltri.
Con lui cerchiamo di comprendere le condizioni politiche (e psicologiche) del centrodestra.
Direttore, sembra il caos.
Questi sono in uno stato confusionale, ma non da oggi, da almeno un paio di anni, da quando Berlusconi si è adattato al governo presieduto da Enrico Letta: da qual momento sono nate le prime contraddizioni esplicite, con alcuni componenti di destra da una parte e altri finiti dall’altra.
Poi la situazione si è aggravata con l’arrivo di Matteo Renzi.
Sì, con lui è giunto il tonfo.
Va bene, ma qual è o quali sono stati i momenti chiave di questo crollo?
I tanti, troppi addii: in poco tempo si è passati da un centrodestra forte e unito, a liti perenni e divisioni, con Berlusconi imperterrito nel mantenere un atteggiamento cesaristico, quando perdere sia Fini che Casini è stato eccessivo.
Per proseguire con Alfano, definito senza “quid”…
Già , poi ancora Fitto e soprattutto Denis Verdini. Oggi è chiaro che non c’è più niente, ed è anche chiaro che ricostruire una coalizione comporta delle difficoltà insormontabili.
Oggi poi rispetto a Berlusconi sono cambiati i pesi specifici e gli interlocutori.
Con la Meloni che guida un partitino, mentre Salvini ha un partitone che comanda e determina.
Non è chiara la strategia dell ex Cavaliere.
Oltre alla “debolezza” da Marchese del Grillo, lui sogna di abbandonare la politica in un momento nel quale non è più in disgrazia.
Questa è una sua riflessione o ha ricevuto una confidenza?
Una mia riflessione, però lo conosco bene. Comunque una questione importante sono i soldi…
Che mancano o che nessuno vuole mettere.
E invece sono fondamentali per una campagna elettorale: ai tempi di Gabriele Albertini candidato sindaco di Milano, nessuno lo conosceva, tutti pensavano al mediano del Milan (Demetrio). Affissioni e appuntamenti sono stati fondamentali e bisognerebbe muoversi ancora su quella strada.
Renzi ora appare irraggiungibile.
Tutti questi attacchi rivolti al premier hanno certamente una giustificazione, come voi del Fatto quotidiano sapete bene, ma prima di Renzi abbiamo assistito a dei governi comici. Questo non è assolutamente peggio dei passati.
Si riferisce solo a Monti prima, Letta poi?
No, anche all’ultimo Berlusconi. Lui (l’ex Cavaliere) fu bravissimo nella campagna elettorale del 1994, ma poi la coalizione creata non stava insieme nemmeno con lo sputo, piano piano sono uscite fuori tutte le contraddizioni come tra Fini e Casini, Fini e la Lega. Il collante era Berlusconi e solo Berlusconi.
Anni fa il centrosinistra schiacciato sembrava sognare un “Obama bianco” per risollevare le sorti. Ora lo stesso “Obama” appare il miraggio del centrodestra…
È esattamente così. Oggi il centrosinistra ha più il problema dei 5Stelle, Renzi vuole loro al ballottaggio per puntare ai voti della destra, così ora attacca i sindacati. E per carità , vista la mia storia, su questo sono anche concorde.
Ma a Parma, nel 2012, la destra ha votato per Pizzarotti (5Stelle) come sindaco, con l’obiettivo di non far vincere il Pd.
Altro periodo: allora c’era euforia e curiosità verso il Movimento, oggi sono abbastanza conosciuti e anche loro puntano ai voti del centrodestra.
L’ex Pdl da coalizione è diventato un bacino da conquistare.
A quanto pare, ma è facile se non c’è nessuno a catalizzare.
Giudizio sulla Meloni.
È anche simpatica, ma in questo periodo non ho capito il suo atteggiamento.
Su Salvini.
Cerca un modo di condurre il gruppo, perchè crede sia ricomponibile, ma in questo sbaglia, non c’è più un assetto.
A Roma c’è chi pensa al commissario straordinario Francesco Paolo Tronca come possibile exit strategy del centrodestra.
Lo conosco come Prefetto di Milano, non so molto di più; ma Roma vive una situazione straordinaria, particolare, e magari una scelta del genere sarebbe giustificata più dal momento giudiziario che da quello politico.
Roma è un problema così grande da terrorizzare i candidati.
Secondo me Renzi vuole far vincere i 5Stelle, in questo modo se governano positivamente bene per loro, ma se sbagliano li elimina dal suo orizzonte.
Berlusconi insiste su Bertolaso.
Assurdo candidare e mettere la faccia e le energie verso uno che è sotto processo.
Il centrodestra dovrebbe organizzare delle primarie?
Vuole scherzare? Sono una cagata pazzesca, non sono disciplinate per legge, sembra piuttosto di stare dentro una bocciofila dove ognuno si fissa le regola che preferisce. Negli Stati Uniti sono regolate, mica improvvisate.
Lei voterebbe Trump o Clinton?
Non sono statunitense, quindi non posso dare un giudizio, ma lì, oggi, il voto mi sembra più indirizzato verso l’aspetto emotivo che razionale, e per questo credo vincerà Trump.
I sondaggi lo danno in svantaggio.
Perchè su di lui la gente, l’elettorato non dice la verità , accadeva lo stesso processo nell’Italia negli anni Settanta, quando non conoscevo una persona che ammettesse: sì, io voto Democrazia cristiana. Eppure vincevano sempre loro.
Di tutti gli abbandoni che ha elencato prima, qual è stato il più grave per Berlusconi?
Verdini, un addio micidiale, sapeva organizzare, tenere i contatti, gestire il partito.
Era una sorta di Carlo Ancelotti nel centrocampo del Milan anni Ottanta.
Sì, esattamente così. Poi la questione è una: Berlusconi non ha costruito la sua successione.
Troppo concentrato su se stesso?
Si è sempre sentito e si sente ancora oggi una quercia; ma lo sanno tutti: sotto le querce non cresce mai nulla.
Alessandro Ferrucci
(da “il Fatto Quotidiano”)
argomento: Stampa | Commenta »
Marzo 8th, 2016 Riccardo Fucile
LA COMMISSIONE DI PRESUNTA GARANZIA: “SENZA RICORSO NON ESAMINEREMO IL FILMATO”… LA PROCURA APRE UN FASCICOLO… BASSOLINO HA PERSO PER SOLI 452 VOTI
I video sui presunti brogli alle primarie di Napoli non saranno esaminati dalla commissione di garanzia.
Se nessuno dei candidati presenterà un esposto per approfondire l’esito di domenica, è come se quegli episodi non ci fossero mai stati.
A dirlo è il presidente della commissione, Giovanni Iacone, che ha riunito l’organismo che deve giudicare la regolarità del voto in una riunione fissata per domani pomeriggio, 9 marzo.
Nel frattempo però ad aprire un fascicolo per un’indagine al momento solo conoscitiva è la Procura di Napoli: al momento non ci sono ipotesi di reato, ma l’inchiesta è affidata alla sezione che si occupa di reati contro la pubblica amministrazione.
Tutto questo avviene, per il momento, nel silenzio dei vertici del Partito democratico.
Al momento l’unico che sta pensando all’ipotesi di un ricorso è Antonio Bassolino che è stato sconfitto per 452 voti dalla deputata Valeria Valente.
“Sono disgustato dalle immagini — dice — ed anche dalle ridicole interpretazioni che ne sono state date. Questo mercimonio è una ferita profonda per tutti quelli che hanno creduto nelle primarie come libera partecipazione democratica”.
Una decisione sul ricorso non è stata ancora presa. Dallo staff trapela che in moltissimi messaggi, giunti a Bassolino sui social dopo la pubblicazione del video, i suoi sostenitori gli chiedono di presentare un ricorso.
Il presidente dei garanti Iacone spiega che i fatti evidenziati dal video “non sono stati riportati in nessuno dei verbali che ci sono pervenuti dai 78 seggi” e che quindi non sono stati notati da nessuno dei presidenti e degli scrutatori dei seggi e neanche dai delegati dei candidati, dal momento che nessuno li ha fatti mettere a verbale.
Se non sarà la commissione di garanzia a occuparsi di quel video, sarà la commissione provinciale di garanzia, che però “potrà decidere di prendere provvedimenti nei confronti degli iscritti”. Quindi non interverrà sulla validazione (o meno) del risultato.
Gli unici che nel Pd lato Renzi rompono il silenzio sono Francesco Nicodemo e Roberto Giachetti.
Il primo, napoletano, è ex responsabile della Comunicazione del partito e ora nello staff di Palazzo Chigi: “Grazie al lavoro di bravissimi giornalisti, che io ringrazio per il loro lavoro anche quando raccontano cose che non mi piacciono, abbiamo visto scene brutte che non possono essere accettate dalla comunità del Pd. Sono singoli episodi ma singoli episodi da sanzionare. Spero che il Pd Napoli prenda provvedimenti esemplari nei confronti dei protagonisti di quelle immagini, fino alle estreme conseguenze”.
Per il candidato sindaco di Roma Giachetti “bisognerà verificare come stanno le cose: lo deve verificare innanzitutto il comitato organizzatore delle primarie a Napoli e poi se ci sono cose peggiori deve intervenire anche la magistratura. Io penso che, per il bene delle primarie, noi le dobbiamo garantire e difenderle essendo rigorosi”.
Il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca le definisce invece “babbarie”, cioè cose di poco conto nel dialetto dell’agro nocerino-sarnese.
De Luca scherza dicendo che quel consigliere comunale che dava un euro a un elettore era “forse ispirato particolarmente dal giubileo della misericordia”, ma “al di là di qualche sbavatura” non pare “ci siano fatti clamorosi”.
Ad approfittarne è il sindaco uscente Luigi De Magistris, tra l’altro dato ancora in testa nei sondaggi sulle amministrative. “Da napoletano e da sindaco trovo che siano immagini squallide, la stessa fotografia di 5 anni fa”.
Il riferimento non è causale. Il successo di De Magistris era nato proprio sui guai del Pd: le primarie vinte da Andrea Cozzolino e annullate e poi il flop del candidato ufficiale dei democratici, il prefetto Mario Morcone, che non arrivò neanche al ballottaggio.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
argomento: Primarie | Commenta »