Ottobre 12th, 2016 Riccardo Fucile
I SI’ CHE NON TI ASPETTI DEGLI EX “MILITANTI DELLA RIVOLUZIONE” DIVENUTI BUONI BORGHESI
A meno di due mesi dal fatidico 4 dicembre e all’indomani di una disastrosa direzione del Pd, Matteo Renzi incassa un sì inaspettato: quello di 68 ex militanti, dirigenti o semplici attivisti del movimento del 1968. Addirittura.
In sostanza, un pezzo di vecchia guardia, quella dalla quale il premier-segretario si è sempre smarcato, quella che ha voluto in tutti i modi superare: troppo ideologizzata. Ebbene, tra i sessantottini c’è chi non si sente attaccato o messo da parte da Renzi. Anzi. Ed è così che nasce l’idea di un appello per il sì, firmato da chi viene da Avanguardia operaia, la stessa organizzazione in cui militò Pier Luigi Bersani, per dire.
E ci sono i sì di chi ha un passato in Lotta Continua, Movimento studentesco, Movimento Lavoratori per il Socialismo, organizzazioni che tra l’altro all’epoca facevano fatica a esprimere istanze unitarie, molta fatica.
Eccoli qui, dunque, uniti a dire sì alle riforme di Renzi.
Ed ecco il testo in anteprima per Huffington Post.
“Lungo gli anni di un mai cessato impegno pubblico, abbiamo appreso che la democrazia — recita l’appello – non è un tram che si prende e dal quale si scende alla fermata improbabile di qualsiasi tipo di rivoluzione; non significa solo gridare nelle piazze, nelle assemblee, sui social-media le proprie ragioni; non è soltanto rappresentanza, ma anche governo; non è solo popolo, ma anche istituzioni. La Costituzione è bella, ma anche perfettibile. Il tempo presente richiede decisioni tempestive, apparati leggeri, eliminazione di doppioni inutili e costosi e l’allineamento istituzionale con le democrazie più avanzate. Ecco perchè noi voteremo Sì e invitiamo a votare Sì nel referendum costituzionale del 4 Dicembre 2016”.
Tra i promotori dell’appello, Renzo Canciani, Sergio Vicario, Giovanni Cominelli, Agnese Santucci, Aldo Tropea, Mario Martucci, Franco Origoni, tutti esponenti del Movimento Studentesco e oggi professionisti nel campo della comunicazione, dell’educazione scolastica, della consulenza aziendale e della grafica.
Ancora: Giovanni Lanzone ed Emilio Genovesi, ex dirigenti di Avanguardia Operaia; Carlo Panella e Giuseppina Pieragostini, scrittori e al tempo militanti di Lotta Continua a Roma; Piero Pagnotta, attivo nei collettivi studenteschi della Capitale e oggi dirigente d’azienda in pensione e collaboratore di Mondoperaio.
Con loro Gabriele Nissim, scrittore e promotore dei Giardini dei Giusti nel mondo, Maurizio Carrara, presidente del Pio Albergo Trivulzio, Erminio Quartiani, già deputato del Pd, Ennio Rota, già Presidente di Legambiente Milano e i giornalisti Lorenzo Fuccaro, Nino Bertoloni, Cesare Paroli, Luigi Quaranta e Danilo Taino, corrispondente da Berlino del Corriere della Sera.
Ma non c’è solo l’appello. C’è anche l’idea di organizzare un’iniziativa pubblica a novembre a Milano. E sono sì preziosi per il premier.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 12th, 2016 Riccardo Fucile
SOTTO ACCUSA LE PRESSIONI VIA MAIL A CHI NON SI E’ ANCORA ESPRESSO: “E’ SCORRETTO, C’E’ UN QUORUM DA RAGGIUNGERE”… MA SOLO LA CASALEGGIO SA CHI SONO E QUANTI SONO GLI ISCRITTI
Alla Casaleggio Associati scuotono la testa: “Non ce la faremo mai”. Ci sono ancora quindici giorni per
votare online il nuovo regolamento del Movimento 5 Stelle.
Quello che – sulla carta – dovrebbe consentire al capo politico Beppe Grillo di non incappare ancora nei ricorsi degli espulsi e nelle successive sconfitte in tribunale.
Perchè la votazione sia valida, era scritto nel post che ha dato il via alle votazioni, è necessario che partecipi il 75 per cento degli iscritti.
“È quel che prescrive il codice civile per le associazioni non riconosciute – spiegano i vertici M5S – ma noi puntiamo a far votare più persone possibile, poi, in caso di ricorsi, sarà il giudice a valutare se è sufficiente”.
Insomma, al quorum si è già rinunciato. Perchè se si tiene conto di quel che disse Gianroberto Casaleggio a Imola un anno fa, gli attivisti certificati dal blog erano, già allora, 130mila.
E ponendo che nei successivi due mesi siano rimasti quelli (il voto è aperto a chi si è iscritto entro il 2015) il quorum sarebbe già di 97.500 persone.
Un obiettivo stratosferico se si pensa che a una delle ultime votazioni importanti, quella per togliere il nome di Beppe Grillo dal simbolo, avevano votato “solo” 40.995 iscritti.
All’interno del Movimento, poi, sono in tantissimi a non aver ancora votato.
“Che noia, non ci ho proprio pensato”, dice Girolamo Pisano chiacchierando con Francesco Cariello a Montecitorio.
“È importante – ribatte il deputato – c’è anche la possibilità di fare modifiche se si raccolgono 500 firme tra gli iscritti”. “E come le prendi le firme? – risponde ancora Pisano – Tu lo sai chi sono gli iscritti? No, lo sanno solo loro. E ti sembra democratico che sappiano anche chi ha votato e chi no e che mandino email continue a chi non l’ha fatto?”.
È quello che sta succedendo. Non ci sono solo i videoappelli sul blog, l’ultimo – ieri – della sindaca di Roma Virginia Raggi.
Ma lettere che arrivano un giorno sì e uno no sulle caselle di posta degli iscritti intimando: “Non hai ancora votato! È importante! Fallo subito “.
Sulle pagine Facebook molti attivisti parlano – ironicamente – di stalking. E un eletto storico come Vittorio Bertola, ex capogruppo in consiglio comunale a Torino, fa un post per sfogarsi: “Supponiamo che il referendum avesse un quorum e che Renzi – volendo far passare la riforma – decidesse di facilitarne il raggiungimento permettendo di votare da casa e allungando il tempo di votazione a diverse settimane. Scommetto che i sostenitori del NO starebbero già urlando”.
E ancora: “Supponiamo poi che Renzi, a votazione aperta, tenesse traccia di chi ha votato e chi no, e, soltanto a quelli che non hanno votato, ogni giorno mandasse una mail dicendo: “Allora?”.
Una situazione che scalda i dissidenti storici, che nelle chat private si lamentano: “Sanno chi vota, sanno quando, sanno come. Siamo tutti schedati perchè vogliono che sia così”.
Nel frattempo, ieri a Parma si è consumato l’ultimo strappo. I consiglieri M5S del comune – tutti tranne uno – hanno annunciato il loro addio al Movimento.
Escono anche loro, come il sindaco Federico Pizzarotti. Il nuovo gruppo si chiamerà “Effetto Parma”. E sarà il nucleo della lista civica che Pizzarotti presenterà alle prossime comunali, cercando ganci nel resto del Paese con la rete di quelli che furono i sindaci arancioni.
(da “La Repubblica”)
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Ottobre 12th, 2016 Riccardo Fucile
DOPO LA FIGURA INFAME SULLO STRISCIONE PER REGENI, DIPIAZZA CAMBIA IDEA SUI DIRITTI CIVILI: SI ERA DEFINITO “OBIETTORE”… E NEL CENTRODESTRA ORA C’E’ CHI LO ACCUSA DI TRADIMENTO
Unioni civili? Mai dire mai.
“Tra poco celebrerò un’unione civile. A dimostrazione che tutte le polemiche sono infondate”:
Roberto Dipiazza smentisce se stesso e spiazza i colleghi del centrodestra.
Aveva annunciato al mondo che “mai e poi mai avrebbe “unito civilmente” coppie dello stesso sesso.
“Non ho mai lordato la mia città , non porto orecchini, non mi sono mai drogato, farò l’obiettore di coscienza e delegherò un mio assessore” aveva annunciato al mondo.
Lunedì sera il cambio di rotta, nella sua coscienza di paladino della famiglia tradizionale si deve essere aperta una crepa e l’obiezione di coscienza è andata in fumo.
E ora il sindaco ha dichiarato all’Ansa che è pronto a dare la propria disponibilità a celebrare le unioni civili, mettenedo a disposizione “una delle sale più belle, la sala Bazlen a palazzo Gopcevich”.
La prima celebrazione da parte del sindaco è prevista nei prossimi giorni.
La sua decisione ha preso in contropiede un po’ tutti, anche chi era in bagno come il consigliere Porro di Fratelli d’Italia: “Oh madonna, oh madonna. Ero al bagno quando lo ha detto, gli devo chiedere il motivo per cui ha detto questa fesseria, sono amareggiato”.
Il vicesindaco leghista Roberti: “E’ una sua iniziativa personale, non abbiamo mai parlato di questo, se mi delegasse mi darei malato”.
Ci sono unioni che dividono e legami che si allentano.
(da “il Piccolo”)
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Ottobre 12th, 2016 Riccardo Fucile
CHIARA GERONI: “RENZI HA SNATURATO IL PD, IL PARTITO E’ SENZA IDENTITA'”
L’amarezza ha il volto della pasionaria Chiara Geloni, giornalista, già direttore della tv del Pd in epoca
Bersani: “È un periodo in cui è difficile sentirsi capiti”.
A che ti riferisci?
Ho appena visto l’apertura del vostro sito, con le parole di Saviano. Lui dice: inconcludenti, ricordate Ecce bombo. Un’altra delle amarezze di questi giorni.
Parliamo di questa amarezza che, immagino, sia di fondo per come è diventato il Pd
Ho letto questo grandioso e tragico pezzo di Ezio Mauro. Dice che Renzi ha snaturato il Pd, che il partito è senza identità , disarmato, che ha abbandonato i suoi valori e c’è una montante marea di destra. Ora, se questo il punto, dico: si potrà riconoscere che chi lo critica ha qualche ragione? Chi ha tenuto fermo un punto di vista, in questa fase di conformismo, di marcia trionfante del renzismo, forse, non è da disprezzare. C’è nel Pd una posizione che in condizioni difficilissime cerca di salvare un’esperienza, un’esperienza in grave pericolo come dice Ezio Mauro.
Da giornalista a giornalista, andiamo al punto. Tu hai la sensazione o la convinzione che, in fondo, Renzi vi vuole cacciare?
Beh… Accadono cose che sono oggettivamente umilianti. Prova a immaginare, durante altre segreterie, il sito del giornale di partito che ospita articoli dove c’è scritto che Bersani vuole solo far cadere Renzi e di tutto il resto non gli importa nulla, gli account di parlamentari e dirigenti che fanno tweet con offese personali o minacce di non ricandidatura. Io quando tweettavo durante le primarie venivo accusata perchè non ero imparziale, ma dal mio account nè da direttore di Youdem nè dopo ho mai offeso nè minacciato nessuno.
Ce l’hai con Rondolino?
L’hai detto tu, io non faccio nomi. Ma questo è il clima. Ma l’hai sentito l’intervento di Renzi di ieri? Aveva il tono di sfida di uno che non è lì per dire: abbiamo un problema, risolviamolo. Ma di uno che diceva: vi ho dato questo, quello, ora vi do anche questo così vi tolgo gli alibi e vediamo che fate. Non è il modo di pacificare un partito diviso. E mi ha colpito che prima della riunione nessuno avesse la minima idea di cosa avrebbe detto il segretario, nemmeno i suoi. Una mediazione non si fa così. In un partito ci sono canali aperti, ci si ascolta, si crea un clima, si cerca un punto di caduta. E il partito che accetta questo metodo? Orfini dopo la relazione ha detto “non ho nessun iscritto a parlare”. Sai perchè? Non sapendo fino all’ultimo cosa avrebbe detto Renzi nessuno, neanche i suoi, sapeva che tono prendere, che parte recitare…
Concordo nell’analisi. Renzi ha preso a schiaffi la sua sinistra. E c’è un conformismo devastante. Però ti aggiungo. Su queste premesse, uno che dissente, si alza e gli dice: bello mio, ti voto contro, faccio i comitati del no e il 5 dicembre vediamo chi dei due sta in piedi. Invece la minoranza crede ancora in un accordo. O no?
Per come sono andate le cose avanti, una ricomposizione è difficile. Certo Cuperlo e Speranza, che pure sono andati al cuore del problema senza fare sconti, hanno lasciato aperto un filo di comunicazione. Però a questo punto… Io vedo che molte persone sul territorio hanno già deciso e non è facile che tornino indietro.
Stefano Di Traglia, l’ex portavoce di Bersani, ha fatto il comitato del no.
Democratici per il no non è un comitato, è una rete. Stefano mi ha invitato e c’ero anch’io a quella riunione. C’erano molti iscritti ed ex iscritti al Pd.
A me questo travaglio pare un po’ inconcludenza. Vivaddio, D’Alema almeno l’ha letta da subito, dicendo “quello non cambia l’Italicum, l’Italicum si abbatte con il no” e gira l’Italia organizzando il no.
La differenza è che D’Alema non ha votato la riforma, non è parlamentare, è un cittadino che esprime liberamente le sue opinioni. Come me.
Un cittadino che però fa imbestialire il premier. Ma il punto è che ormai nel Pd ci sono due mondi, segnati da sfiducia, una diffidenza direi quasi antropologica. Renzi è il nemico in casa che snatura il Pd, gli altri sono dei ferri vecchi da rottamare. Questa rappresentazione la condividi?
Seguo il Pd da 20 anni, e da sempre è un partito plurale. Quello che c’è di nuovo è che ora non c’è la volontà di tenerlo insieme. Si procede per strappi e c’è un problema di rispetto: il “lanciafiamme”, il “certi voti non servono”, “c’è Verdini”, “se non ci siete voi c’è chi mi vota”. C’è stato un momento in cui tutto poteva cambiare, una grande occasione. Quando eleggemmo Mattarella, Renzi capì che su un candidato “Nazareno” il Pd si sarebbe spaccato, chiamò la minoranza e cercò una proposta condivisa di tutto il Pd. E la minoranza mica ha detto ok per finta, mica ha organizzato la vendetta per i 101. Da quel momento, dopo quella prova di lealtà , Renzi poteva davvero diventare il leader di tutto il Pd, rappresentarlo tutto nonostante le asprezze precedenti. Invece dopo 15 giorni ha buttato fuori i parlamentari che non erano d’accordo sull’Italicum dalla commissione affari Costituzionali.
Mi dai ragione. Renzi capisce solo i rapporti di forza. Lì andava sotto e ha mediato. Gli si poteva votare contro altre volte: jobs act, riforme. Invece è prevalso il riflesso unitario.
La fai facile tu. È che se decidi di stare in un partito… Il mio non è un riflesso da centralismo democratico, è una convinzione profonda che il Pd sia la risposta giusta per l’Italia. Secondo te è un’alternativa uscire dal Pd? Per fare cosa? Secondo me se esci fai un doppio danno. Gli regali il 100 per cento del partito e affondi un progetto, il Pd, che con tutti il limiti serve ancora al paese.
Il problema è che, sui territori, il Pd è diventato un’altra cosa. È già il partito della Nazione. O sbaglio
Si fa fatica a riconoscerlo, ma io non lo do per perso.
Dunque, tutti dentro anche il 5 dicembre. Cuperlo ha detto che se vota no si dimette.
Lucido e amaro. Spero che non dia corso al suo annuncio. Che non si dimetta da deputato. Tanti democratici per il no devono essere rappresentati, io voglio essere rappresentata nel Pd.
Che cosa c’è di sinistra in questo Pd?
C’è Cuperlo no? Lui, Speranza, le nostre idee. La rottamazione vince se lasciamo il Pd, non se restiamo.
E se vince il sì?
Renzi potrebbe essere tentato di capitalizzare la vittoria e portarci al voto in primavera. Poi, sai, dipende da come vince. Se vince 52 a 48 magari poi perde le elezioni, sarebbe un azzardo. C’è una questione di fondo che lui sottovaluta: le amministrative dimostrano che tutti questi voti di destra non arrivano a compensare i voti di sinistra che il Pd lascia per strada. Non ne parla nessuno, però il Pd ha perso parecchi milioni di voti.
Secondo te Bersani andrà in giro a fare campagne e comizi per il no?
Comizi non credo, farà dibattiti e dirà la sua.
Tu hai scritto il libro Giorni bugiardi. Sono ancora bugiardi i giorni che si vivono nel Pd
Sì, i Giorni bugiardi continuano. Quel clima l’ho rivissuto più volte, almeno altre due: quando è caduto Letta, poi in piccolo quando è caduto Marino. Di nuovoun partito che non riesce mai a comporre i conflitti rimanendo comunità . Deve sempre uscire umiliato qualcuno: Marini, Prodi, Bersani, Letta, Marino…
Chi sarà la prossima vittima della bugia?
Prima o poi la vittima sarà lui.
Renzi?
Sì, quando vai avanti per prove di forza ci può essere il momento in cui la vittima sei tu. Fatti un giro a Montecitorio: la situazione è mossa rispetto a qualche mese fa. Molti si guardano intorno, si interrogano su che succederà . C’è molto conformismo di facciata verso il capo ma non senti l’amore per il leader.
Che senti?
Timore. Renzi ha una certa presa sul partito. Sai, da palazzo Chigi hai argomenti per far valere le tue ragioni che altri segretari non hanno avuto…
Quando lo vedi in tv, che pensi?
Che è sempre lì… Prima dice “sbaglio a personalizzare”, poi tutti i giorni è in tv o in radio… Ma forse sbaglio io, quello è il vero punto di forza.
Da pasionaria a pasionaria: dai un consiglio alla Boschi.
Essere più spontanea, trasmette una certa rigidità .
Ci andresti a cena con Lotti?
Se non c’è Verdini volentieri.
L’ultimo: a Renzi.
Di rilassarsi. Lo vedo un po’ ansiogeno ultimamente. Dovrebbe essere un po’ più…
Un po’ più?
C’è una parola… Ecco: sereno. No?
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 12th, 2016 Riccardo Fucile
L’AMBASCIATORE TERRACCIANO ESPRIME LO SDEGNO AL GOVERNO INGLESE: “E’ DISCRIMINATORIO”
“Italiani”, “Italiani-Siciliani” e “Italiani-Napoletani”: è polemica sui moduli d’iscrizione messi online da alcune circoscrizioni scolastiche britanniche di Inghilterra e Galles in cui spunta questa inopinata distinzione etnico-linguistica riservata ai bambini provenienti dalla Penisola.
Distinzione che suscita sdegno nelle famiglie e innesca una pungente nota di protesta verbale dell’ambasciata d’Italia nel Regno Unito: “Siamo uniti dal 1861”, fa presente al Foreign Office l’ambasciatore Pasquale Terracciano, lasciando trasparire un’evidente punta di sarcasmo dietro il rispetto delle forme codificate della diplomazia.
A denunciare l’accaduto sono stati per primi alcuni genitori, allibiti di fronte all’indicazione – fra i dati richiesti – di questa stravagante tripartizione di etnia e di idioma come una sorta di variante italiana.
Il loro racconto, rimbalzato su un paio di media in Italia, ha indotto a compiere subito una verifica. E in effetti si è scoperto che era tutto autentico.
Nessuno scherzo, nessun equivoco. “Si tratta di iniziative locali – spiega all’ANSA l’ambasciatore Terracciano – motivate probabilmente dall’intenzione d’identificare inesistenti esigenze linguistiche particolari” e garantire un ipotetico sostegno.
“Ma di buone intenzioni – aggiunge – è lastricata la strada dell’inferno”: specie quando diventano “involontariamente discriminatorie, oltre che offensive per i meridionali”.
Di qui la decisione di un passo ufficiale attraverso la nota al Foreign Office, il ministero degli Esteri di Sua Maestà , nella quale si chiede “l’immediata rimozione” di questa indebita caratterizzazione pseudo-etnica, che nulla ha a che fare con l’importanza dei genuini connotati regionali o dei dialetti italiani.
E si conclude ricordando appunto come “l’Italia sia dal 17 marzo 1861 un Paese unificato”.
L’episodio s’inquadra in una stagione delicata per la Gran Bretagna, alle prese con la prospettiva della Brexit, il divorzio dall’Ue, in un clima nel quale su temi come il flusso dei migranti o l’apertura agli stranieri non sono mancate fibrillazioni nè eccessi: nella società come nella politica.
Un clima che a livello locale, nota Terracciano, si riflette anche “nella grave carenza di conoscenza della realtà italiana”, di fatto nell’ignoranza diffusa su altri Paesi, che questa vicenda testimonia.
Riproponendo, come in una sgangherata macchina del tempo, “una visione tardo ottocentesca della nostra immigrazione”.
E forse dell’Italia tout court.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 12th, 2016 Riccardo Fucile
RISARCIMENTO AL 100% PER CHI AVUTO LA CASA DISTRUTTA, ANCHE SE SI TRATTA DELLA SECONDA ABITAZIONE… ECCO TUTTE LE MISURE
Subito trecento milioni di euro per la ricostruzione post terremoto che ha colpito il Centro Italia il 24
agosto scorso con il decreto legge varato oggi dal Consiglio dei ministri.
Le risorse totali, invece, ammonteranno a 4,5 miliardi di euro e saranno contenute nella legge di bilancio che sarà varata dal Governo entro la fine di questa settimana.
Una cifra che corrisponde al margine di flessibilità al centro della trattativa tra il governo e la Commissione europea.
A dare i numeri della ricostruzione sono stati il commissario straordinario per la ricostruzione, Vasco Errani, e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Claudio De Vincenti, nel corso di una conferenza stampa a palazzo Chigi.
Nello specifico 3,5 miliardi saranno destinati agli edifici privati, 1 miliardo a quelli pubblici.
Ok al decreto sulla ricostruzione, subito 300 milioni
“Nel decreto legge varato oggi dal Consiglio dei Ministri vengono stanziati subito 200 milioni per fronteggiare l’avvio della ricostruzione delle zone colpite dal terremoto del 24 agosto, oltre al completamento della fase di emergenza e ulteriori misure, in totale sono oltre 300 milioni, per la copertura delle imposte e delle tasse che vengono differite”, ha dichiarato De Vincenti.
Risarcimenti al 100% per le case e gli edifici distrutti. Tutelate anche le seconde case
Nel testo della bozza del decreto si legge che per gli immobili distrutti è previsto “un contributo pari al 100 per cento del costo delle strutture, degli elementi architettonici esterni, comprese le finiture interne ed esterne, e delle parti comuni dell’intero edificio per la ricostruzione da realizzare nell’ambito dello stesso insediamento, nel rispetto delle vigenti norme tecniche che prevedono l’adeguamento sismico e nel limite delle superfici preesistenti, aumentabili esclusivamente ai fini dell’adeguamento igienico-sanitario ed energetico”.
Il risarcimento integrale sarà assicurato a tutte le case, sia prime che seconde, e per gli edifici danneggiati dal terremoto che si trovano nei 62 Comuni del cosiddetto cratere.
Al di fuori del cratere il risarcimento sarà concesso solo se sarà dimostrato il nesso di casualità tra il terremoto e i danni subiti e l’indennizzo per le seconde case sarà pari al 50%, come riferito da Errani.
Supervisione Anac e Corte dei Conti sugli appalti
Al Viminale nascerà una “Struttura di missione” per le attività relative “alla prevenzione e al contrasto delle infiltrazioni della criminalità organizzata” negli appalti per la ricostruzione. A questa struttura sarà affidato il compito di rilasciare la certificazione antimafia per i contratti.
E’ previsto il controllo dell’Anac e della Corte dei Conti sugli atti del commissario straordinario, Vasco Errani.
Un accordo tra la struttura guidata da Raffaele Cantone, Errani e la Centrale unica di committenza, disciplinerà i controlli sugli appalti. La magistratura contabile controllerà , in via preventiva, “i provvedimenti di natura regolatoria e organizzativa, ad esclusione di quelli di natura gestionale”, adottati dal commissario.
Elenco dei professionisti per i lavori della ricostruzione, obbligo Durc
“Al fine di assicurare la massima trasparenza nel conferimento degli incarichi di progettazione e direzione dei lavori, è istituito un elenco speciale dei professionisti abilitati”. Spetterà ad Errani indire un avviso pubblico per raccogliere le manifestazioni di interesse dei professionisti, “definendo preventivamente con proprio atto i criteri generali ed i requisiti minimi per l’iscrizione nell’elenco”.
All’elenco possono accedere solo i professionisti che saranno in regola con il Durc, il documento unico di regolarità contributiva che attesta l’assolvimento, da parte dell’impresa, degli obblighi legislativi e contrattuali nei confronti di Inps, Inail e Cassa edile.
Aiuti alle piccole e medie imprese, fino a 30mila euro per riavviare le attività
Per sostenere il ripristino ed il riavvio delle attività economiche sono concessi finanziamenti agevolati, a tasso zero, a copertura del cento per cento degli investimenti fino a 30 mila euro, alle micro, piccole e medie imprese.
I finanziamenti agevolati sono rimborsati in 10 anni con un periodo di 3 anni di preammortamento. Arriveranno anche risorse per la nascita e la realizzazione di nuove imprese e investimenti. Nei settori della trasformazione di prodotti agricoli, dell’artigianato, dell’industria, dei servizi alle persone, del commercio e del turismo sono concessi a micro, piccole e medie imprese finanziamenti agevolati, a tasso zero, a copertura del cento per cento degli investimenti fino a 600 mila euro.
I finanziamenti sono rimborsati in 8 anni con un periodo di 3 anni di preammortamento.
(da agenzie)
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Ottobre 12th, 2016 Riccardo Fucile
A SPINGERLO SONO RIMASTI SOLO I SOCIAL MEDIA E L’ESTREMA DESTRA XENOFOBA
L’ultimo a gettare la spugna è stato il St. Louis Post Dispatch , il quotidiano della città che ha ospitato il secondo dibattito presidenziale: un glorioso giornale conservatore fondato (anzi, rifondato dopo un avvio problematico) nel 1878 da Joseph Pulitzer.
Il Dispatch non appoggiava candidati democratici alla Casa Bianca dai tempi di Woodrow Wilson, un secolo fa.
Fin qui aveva sempre dato il suo «endorsement» ai repubblicani. Ma con Donald Trump non ce l’ha fatta: ieri, quasi scusandosi coi lettori, ha deciso di appoggiare Hillary Clinton considerando improponibile una presidenza del «tycoon» conservatore
Ieri anche il Boston Globe ha preso la stessa decisione, mentre nei giorni precedenti altri quattro grandi giornali locali di solidissime tradizioni conservatrici hanno scelto di schierarsi con la candidata democratica alla presidenza: l’ Arizona Republic che si è sempre schierato col pretendente repubblicano alla Casa Bianca negli ultimi 126 anni, il San Diego Union Tribune il cui record di sostegno ai politici di destra è, addirittura, di 140 anni, il Cincinnati Enquirer (100 anni tondi, come il Dispatch ), mentre l’ultimo democratico, prima di Hillary, appoggiato dal texano Dallas Morning News risale a 75 anni fa
Trump non se ne preoccupa troppo: demonizza la stampa «liberal» e si cura poco anche di quella conservatrice, considerandola elitaria, parte dell’establishment politico.
Sta di fatto, però, che a oggi nessun organo di stampa di peso si è schierato con lui.
Il giornale conservatore più importante, il più diffuso d’America in termini di copie vendute, il Wall Street Journal , non dà «endorsement» ufficiali e, comunque, nei confronti di Trump ha assunto un atteggiamento molto critico.
Lo attacca soprattutto per la sua radicale opposizione agli accordi di libero scambio e per una visione economica che contiene notevoli elementi di dirigismo.
Un altro segnale, piccolo ma rilevante, è venuto ieri da Foreign Policy , una delle più autorevoli riviste di politica estera degli Stati Uniti.
Certamente non si tratta di un media che sposta masse di voti, ma è significativo che un «magazine» geloso della sua indipendenza abbia deciso di mettere in pericolo la sua reputazione di obiettività scegliendo, per la prima volta in mezzo secolo, di schierarsi con un candidato, Hillary Clinton.
Lo fa perchè giudica quella attuale una vera emergenza vedendo in Donald Trump un pericolo grave per la politica estera Usa e anche per la stabilità del mondo: «E’ pericolosissimo» scrive la direzione della rivista «quello che dice su temi come l’uso della tortura o la diffusione delle armi nucleari».
Con le sue idee sul libero scambio, l’uso della forza, i toni duri usati anche nei confronti di Paesi amici e l’amicizia ostentata, invece, nei confronti di un «tiranno minaccioso» come Vladimir Putin, Trump rischia di «danneggiare l’economia internazionale, di compromettere la sicurezza globale e di provocare una crisi nei rapporti con gli alleati degli Stati Uniti».
Per Foreign Policy è «scioccante che una parte del Paese pensi a un personaggio come Trump per la Casa Bianca: è il peggior candidato che sia mai stato prodotto da un grande partito americano»
Come detto, però, una simile presa di posizione fa riflettere, ma non è destinata a influenzare un numeri significativo di elettori.
E anche l’importanza dell’endorsement degli organi di stampa è andata calando negli anni. Ha un suo significato, soprattutto nelle realtà locali e ancora ieri un commentatore della Fox , rete che ha molto criticato Trump ma ormai è decisamente schierata dalla sua parte, notava con rincrescimento e sconcerto che a questo punto, dopo lo scandalo delle registrazioni, probabilmente nessun giornale americano di peso sosterrà il candidato repubblicano.
Ma a gonfiare le vele della campagna di Trump sono stati altri media: soprattutto i «social media» a cominciare dal suo abilissimo uso di Twitter, gli «anchor» arciconservatori della rete televisiva Fox come Sean Hannity, conduttori radiofonici come Rush Limbaugh e poi i siti dell’estrema destra come Breitbart e quello di Matt Drudge che negli ultimi anni sono diventati una vera potenza.
Tanto che, alla fine,Trump si è preso il capo di Breitbart come stratega della sua campagna.
Ma in questo mondo sempre più influente dei commentatori dei media digitali, la candidatura dell’imprenditore populista ha prodotto una spaccatura che è ormai una sorta di guerra civile tra i trumpiani senza se e senza ma, eredi dei radicali che bollano i moderati come RINO (acronimo per repubblicani solo di nome) e, sull’altro fronte, i «never Trump»: da Erick Erickson del sito RedState a Bill Kristol del Weekly Standard , la squadra della National Review e, soprattutto, George Will, bastione conservatore all’intero del progressista Washington Post .
Massimo Gaggi
(da “il Corriere della Sera”)
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