Febbraio 18th, 2017 Riccardo Fucile
“ONESTA’, TRASPARENZA E RIGORE MORALE”: QUESTE LE CARATTERISTICHE DI MARRA E ROMEO SECONDO VIRGINIA
“Onestà , trasparenza e rigore morale”. Doti che Virginia Raggi riconosceva ai suoi fedelissimi,
Raffaele Marra e Salvatore Romeo.
Il primo in carcere per corruzione (e con lei indagato per abuso d’ufficio per la nomina del fratello, Renato, a capo del dipartimento Promozione Turismo); il secondo inquisito (abuso, sempre insieme alla sindaca) per la sua nomina a capo della segreteria politica del Campidoglio e invischiato in una faccenda assai confusa di polizze vita intestate alla prima cittadina. Eppure per lei, erano due collaboratori indispensabili, E, soprattutto, persone di specchiata moralità .
È il 14 agosto.
La sindaca gira nella chat “Quattro amici al bar”, un messaggio lunghissimo che, dice, “ho inviato oggi a Casaleggio”. Lo manda a Frongia, Romeo e Marra. Un testo lunghissimo che riassume tutto il “Raggi pensiero”.
Le sue, tante, difficoltà , le amicizie, i progetti. Confidenze che fa a Davide Casaleggio, spiegando anche perchè: “Sino ad oggi sei stato l’unico a darmi una motivazione che non fosse: noooooo”. La questione è quella delle nomine della sua giunta e del suo staff.
“Se a tuo avviso la non opportunità politica della nomina risiede nel fatto che alcune persone hanno lavorato con le amministrazioni precedenti, circostanza normale essendo dipendenti, e quindi non “vergini”, allora lo stesso ragionamento deve essere applicato all’assessora all’Ambiente Paola Muraro. Sul suo capo, peraltro, oltre ai 12 anni di lavoro come consulente in Ama (che è un disastro totale), ci sono telefonate con Buzzi, sue dichiarazioni del 2014 a favore degli inceneritori, ecc. Inoltre, lei ha anche un 335 positivo, ossia hanno iscritto un presunto reato a suo carico (lo staff romano lo sa e ha fatto quadrato, come anche noi del resto), del quale ignoriamo gli estremi. Non è un avviso di garanzia ma potrebbe diventarlo”.
Come detto, era il 14 agosto. Appena 4 giorni prima, il 10 agosto, Raggi aveva detto: “L’avviso di garanzia per Muraro? È un’ipotesi al momento irreale”.
Bugia: sapeva bene che stava per arrivare.
L’avvocata grillina continua: “Non la conoscevo. Ce l’ha presentata Stefano Vignaroli. Ti dico una cosa: mi sembra brava e proprio il fatto di aver lavorato all’interno del sistema fa sì che lei possa “girare la chiave nel quadro e far partire la macchina”. I nostri detrattori chiedono “discontinuità “, ma è proprio questa esperienza che ci consente di produrre risultati”.
L’assessora (dimessasi il 13 dicembre perchè indagata dopo un tira e molla durato mesi) usata come esempio per difendere gli “amici al bar”.
“Così è per le altre persone che sono di nostra fiducia. Romeo è iscritto al M5S dal 2012, lo conoscono tutti i consiglieri perchè li ha sempre aiutati durante le sessioni di bilancio, ha collaborato con alcuni dei nostri senatori”.
Romeo, il suo capo segreteria. Quello delle polizze. Lo stesso che lei, due giorni fa, ha denunciato.
Poi l’ex capo del personale: “Marra lavorava più con noi consiglieri. Loro, come gli altri nostri collaboratori storici, possono “girare la chiave e far partire la macchina” e lo stanno già facendo. Ed è questo che, unitamente all’onestà , al rigore morale, al rispetto ferreo della legge, ci aiuta a non sbagliare a produrre da subito i risultati che servono per far vedere ai romani (e al mondo) che questa amministrazione sta già lavorando e fa cose. Se mettessimo tutte persone anche preparate ma “vergini di amministrazione”, starebbero i primi sei mesi solo a capire dove è il bagno. E non abbiamo tutto questo tempo, non ce lo daranno i nostri nemici”.
Il tempo non lo concederà la giustizia. Il suo staff è stato fatto a pezzi da arresti e avvisi di garanzia. Ma lei non sospetta nulla. Anzi, sponsorizza.
“Se loro non vanno bene, a maggior ragione, non dovrebbe andare bene neanche la Muraro: applichiamo due pesi e due misure a una persona che non conosco e che, a differenza degli altri, potrebbe vedersi complicato il percorso da un “intoppo processuale” già esistente? Questo voglio che rimanga scolpito nella pietra: io non credo che siamo tutti insostituibili, ma se vogliamo raggiungere risultato, dobbiamo capire chi ci può aiutare a farlo nel migliore dei modi. Con onestà , trasparenza, rigore morale e, soprattutto, nello spirito del M5S. E a Roma, sebbene non siano molte, queste persone ci sono”.
E per la sindaca si chiamano Salvatore Romeo e Raffale Marra.
(da “La Repubblica“)
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Febbraio 18th, 2017 Riccardo Fucile
L’IPPODROMO DI TOR DI VALLE VA VINCOLATO COME BENE ARTISTICO E QUESTO BLOCCHEREBBE IL PROGETTO DELLE TORRI
Romani e romanisti dovranno mettersi il cuore in pace, “FamoStoStadio” sarà sempre più complesso.
Nella intricata vicenda del nuovo stadio della Roma arriva un colpo di scena importante: la titolare della Soprintendenza statale archeologia, belle arti e paesaggio per il Comune di Roma, l’architetto Margherita Eichberg, ha comunicato “l’avvio di dichiarazione di interesse particolarmente importante” dell’Ippodromo di Tor di Valle per quanto riguarda la tribuna e area della pista.
In sostanza, la Soprintendenza ha posto un vincolo che potrebbe ritardare di molto tutte le procedure.
Nella nota, inviata ai vertici del ministero e al sindaco Virginia Raggi, si legge che vengono anche avviate “misure di tutela indiretta per assicurare le condizioni di prospettiva e di visuale del complesso”.
Di fatto, il vincolo protegge l’area già esistente mettendo paletti difficilmente compatibili con il nuovo stadio: “La tribuna progettata dall’architetto di fama internazionale Julio Garcia Lafuente è un esempio rilevante di architettura contemporanea ma anche di soluzione tecnico-ingegneristica e di applicazione tecnica industriale in fase di realizzazione. Costituisce un unicum dal punto di vista dimensionale” e la forma “del paraboloide iperbolico permette soluzioni continue di spessori minimi”.
L’Ippodromo “rivela una concezione progettuale fondata sullo studio del contesto territoriale” proteggendo “le caratteristiche tipologiche di contesto agrario”. Insomma, tutti vincoli indiretti che indicano che “l’area dovrà essere lasciata libera da ogni opera in elevato, tranne che nella zona degli attuali manufatti”.
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 18th, 2017 Riccardo Fucile
TUTTI I BIG IN PRIMA FILA…OVAZIONE PER BERSANI… SPERANZA, EMILIANO E ROSSI CONTRO IL RENZISMO CONTINUANO A EVOCARE LA SCISSIONE
“O si svolta, o si da vita un nuovo inizio, una nuova sinistra”. E’ questo il concetto chiave del patto a 3
(Emiliano-Speranza-Rossi) in chiave anti Renzi in vista del congresso.
E’ il messaggio unico e inequivocabile lanciato la segretario.
“Serve un gesto di responsabilità , se questo ci verrà negato sarà compito nostro dare inizio a una nuova storia. Ci auguriamo un gesto di responsabilità . Ci auguriamo che cambiando si possa proseguire sotto lo stesso tetto. Se non sarà così nessun patema. Anche perchè in futuro saremo chiamati a collaborare per il bene del paese”.
E’ chiarissimo Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana e candidato alla segreteria del partito, nel suo intervento all’assemblea della minoranza Pd. Un’assemblea per decidere il vero futuro della minoranza del Partito Democratico. Concetto ribadito poco dopo anche da Roberto Speranza: “Se le cose dovessero andare non come vogliamo sarà normale un nuovo inizio. Ma non sarà una casa chiusa, stretta e piccole in cui si sente meglio perchè ci sono i nostri colori e le nostre bandiere. Ci sarà bisogno di offrire al paese un nuovo centrosinistra”
“Di fronte a una situazione molto meno grave di quella in cui si trova oggi Renzi, Bersani si è dimesso e ha consentito al partito di superare le difficoltà . Se quel partito è sopravvissuto ed ha dato la possibilità a Renzi di diventare presidente del consiglio è perchè il suo segretario è stato capace di vincere il personalismo e di vivere la politica come comunità . Un segretario di partito non è una persona che ha paura del confronto e teme che chi ha idee diverse dalle sue possa avere consenso e che passi il tempo. Che paura ha Matteo Renzi del passare del tempo?”.
Dopo queste parole di Michele Emiliano la platea del teatro Vittoria ha dedicato un lungo applauso a Bersani.
Bersani è seduto nel teatro in prima fila con Guglielmo Epifani e Massimo D’Alema . La kermesse è stata organizzata da Enrico Rossi con Roberto Speranza e Michele Emiliano.
Il teatro è pieno e in sala si vedono numerosi deputati e senatori della minoranza Dem.
Sul palco campeggia la scritta “Democratici socialisti per cambiare l’Italia, la sinistra il Partito democratico” e poco dopo vengono trasmesse immagini di Guerre Stellari, con Yoda e che la “forza sia con te”.
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 18th, 2017 Riccardo Fucile
IL QUOTIDIANO DELLA CITY: “UN DURO COLPO ALLE SPERANZE DI GRILLO DI ESIBIRE L’AMMINISTRAZIONE COME UN’ESPERIENZA DI SUCCESSO”
Il Financial Times si occupa del “calvario” che sta attraversando Virginia Raggi, sindaco di Roma, inizialmente vista come “il simbolo delle crescenti ambizioni nazionali del movimento 5 Stelle, il partito populista più forte in Italia”.
“Se la signora Raggi, 38 anni – scrive il giornale – , avesse governato con successo la problematica capitale in nome del (partito) ultimo arrivato guidato dal ‘robusto’ comico Beppe Grillo, allora gli italiani sarebbero stati più convinti di scegliere i 5 Stelle anche per guidare il Paese. Ma otto mesi dopo, la prova (della Raggi, ndr) sembra essersi rivelata un fiasco”.
I guai della Raggi, come titola il foglio salmone della City, “stanno lasciando il segno sulle ambizioni nazionali del Partito.
Le dimissioni e lo scandalo lasciano la rivolta del comico populista (Beppe Grillo, ndr) con poco da ridere”, scrive il corrispondente James Politi che ricorda come “membri di spicco della giunta Raggi si siano dimessi con risentimento.
I suoi più stretti consiglieri sono stati inseguiti dai guai giudiziari, tra cui l’ex capo del personale (Raffaele Marra, ndr) è ora in carcere accusato di corruzione”.
Il FT ricorda come “lo stesso sindaco sia sotto inchiesta per abuso di ufficio ed è stata vittima (cosa deprecabilissima) di attacchi sessisti (il riferimento è al titolo del quotidiano LIbero, ndr). Ma benchè i romani siano abituati alle politiche inefficaci, stavolta sembrano aver perso la pazienza. Tra quanti hanno votato Raggi il 41% in un recente sondaggio ha detto che sceglierebbe qualcun altro”.
Il problema, sottolinea la Bibbia della City, “è che i problemi della signora Raggi (che ha rifiutato di essere intervistata dal Financial Times) hanno implicazioni che vanno molto oltre la capitale. La terza economia dell’Eurozona andrà alle elezioni entro il prossimo anno. Il duello principale sarà tra i 5 Stelle e il partito di maggioranza al potere, il Partito Democratico, guidato da Matteo Renzi, l’ ex premier. E i 5 Stelle sono ora leggermente dietro il il Pd nei sondaggi nazionali”.
Per il Financial Times, “ciò che i 5 Stelle stanno sperando e che molti italiani non si concentreranno sul caos di Roma credendo che la capitale sia comunque ingovernabile, chiunque sia il sindaco”.
Il quotidiano economico finanziario britannico chiude con una dura analisi: “Ogni speranza su cui ancora Grillo contava di poter usare la signora Raggi come un successo da esibire, ha subito un duro colpo”.
(da agenzie)
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Febbraio 18th, 2017 Riccardo Fucile
NON REGGONO IL PASSO CON QUELLI FRANCESI, TEDESCHI E INGLESI
Gli stipendi degli italiani continuano a essere fra i più bassi d’Europa. 
Secondo gli ultimi dati resi noti dall’agenzia europea di statistica, relativi al 2014, in quasi tutti i settori i salari medi non reggono il passo con quelli francesi, tanto meno con tedeschi o inglesi.
Fra le nazioni principali soltanto quelli spagnoli sono inferiori – sebbene serva tenere in considerazione anche i diversi costi della vita nei vari paesi nonchè il variabile peso del fisco.
Sia nei principali settori industriali che nei servizi gli stipendi risultano minori per centinaia – in qualche caso persino migliaia – di euro al mese.
Dove invece sono grosso modo nella media è nel campo degli alloggi e della ristorazione, nonchè nella sanità e nei servizi sociali.
Decisamente buoni, d’altra parte, gli stipendi medi all’interno delle attività di estrazione di combustibili fossili.
Dalle stesse informazioni possiamo anche ricostruire quanto prendono i giovani rispetto ai lavoratori maturi.
Quasi sempre l’anzianità paga e, con qualche eccezione minore, il reddito cresce con l’età . La distanza fra matricole e veterani appare particolarmente ampia nei servizi finanziari o di informazione e comunicazione nonchè – di nuovo – nelle attività estrattive.
Lo scarto appare invece molto più corto in diversi altri settori, dove magari a inizio carriera non si prende molto meno rispetto a campi più blasonati, ma neppure ci si può aspettare di andare chissà quanto avanti.
È il caso, per esempio, dell’istruzione o del trasporto. Per parte sua, invece, il commercio è fra i pochi settori in cui lo stipendio medio cresce fino ai 60 anni, ma da lì poi torna un po’ indietro.
Ma che il salario debba sempre e per forza crescere con l’età è un’idea forse più diffusa in Italia che altrove, o comunque in quelle nazioni dove si tende a premiare l’anzianità di servizio come un valore in sè.
Altrove, in Europa, le cose vanno in modo diverso, e quanto si riceve tende a essere collegato in maniera più stretta a quanto si produce, a prescindere dall’età .
Succede per esempio in Germania e nel Regno Unito, dove praticamente in tutti i campi il picco arriva intorno ai 50 anni, quando l’esperienza si coniuga alla capacità di imparare cose nuove.
In seguito però lo stipendio medio tende a calare, invece che continuare a crescere come avviene appunto in Italia o in Spagna.
Dando un’occhiata agli stipendi, emerge subito anche la differenza fra uomini e donne. Dai settori in cui appare relativamente piccola, come negli alloggi e nella ristorazione dove vale un centinaio di euro al mese, per arrivare alla finanza o alle professioni scientifiche e tecniche – quando invece vale quasi mille euro.
Ci sono varie ipotesi per spiegare un divario tanto ampio.
Potrebbe trattarsi, sostengono alcuni studi, di campi in cui spesso è necessario lavorare al di là delle tradizionali ore da ufficio, e questo in qualche modo risulta uno svantaggio per le donne.
C’è poi il problema istruzione: una volta le donne erano spinte verso studi che portavano a redditi più bassi, anche all’interno dello stesso settore, e questo non può che ripercuotersi sulla loro vita lavorativa – anche se oggi forse un po’ meno di ieri. Resta comunque che anche se le giovani hanno una retribuzione simile a quella dei loro colleghi, per le età più avanzate il divario diventa sempre maggiore – e a fine carriera porta a un reddito medio doppio, triplo o ancora superiore
Quando si parla di stipendi, bisogna comunque tenere a mente che si tratta di valori lordi, cioè prima che arrivino a mordere le tasse.
Per capire quanti soldi – concretamente – restano in tasca alle persone bisogna poi sottrarre anche imposte e contributi previdenziali che incidono in maniera molto diversa da nazione a nazione e da persona a persona.
Nel fare confronti fra nazioni diverse bisogna anche ricordare che sì, la moneta può anche essere unica, ma questo non significa che sia per forza identica ovunque.
Mille euro guadagnati in Italia non sono uguali a mille euro guadagnati in Spagna o in Francia, perchè a cambiare è il potere d’acquisto.
A volte con la stessa cifra è possibile comprare più cose, a volte meno – per esempio perchè c’è maggior concorrenza e i prezzi sono più bassi -, e questo significa che a conti fatti il valore reale del nostro stipendio dipende anche da dove lo guadagniamo.
Ma possiamo tenere in conto anche questo: fatta 100 la media di 28 paesi europei, viene fuori che un euro francese vale circa 7 punti percentuale in meno, uno tedesco 4. Viceversa, la stessa somma in Italia compra grosso modo 3 punti in più di beni o servizi, 8 nel Regno Unito e 11 in Spagna.
Tutto considerato, quindi, gli stipendi nel paese iberico sono abbastanza più alti rispetto a quanto sembrerebbe a prima vista, quelli italiani leggermente di più; francesi e tedeschi al contrario vanno aggiustati in una certa misura nell’altra direzione.
Eppure, anche con tutti gli aggiustamenti del mondo, il problema dell’Italia resta.
(da “L’Espresso”)
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Febbraio 18th, 2017 Riccardo Fucile
40 SUDANESI RIMPATRIATI DI FORZA IN SPREGIO ALLE CONVENZIONI INTERNAZIONALI VERSO UN REGIME MILITARE COLLUSO CON TRAFFICANTI E CON UN PRESIDENTE COLPITO DA MANDATO DI CATTURA INTERNAZIONALE
Cinque anni dopo essere stata condannata per i respingimenti in alto mare verso la Libia, l’Italia torna di fronte alla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo per il rimpatrio – nell’agosto 2016 – di 40 cittadini sudanesi.
A firmare il documento sono stati cinque degli uomini forzatamente rimpatriati, assistiti dagli avvocati Salvatore Fachile e Dario Belluccio.
Secondo il testo inviato alla cancelleria della Corte lo scorso 13 febbraio da uno dei ricorrenti, il governo italiano era “consapevole che lo stesso sarebbe stato sottoposto a trattamenti disumani e degradanti”.
La denuncia del Tavolo Asilo.
Sarebbe insomma una violazione voluta, che si inserisce, denuncia l’avvocato Fachile, “in un piano preciso dell’Unione Europea, che chiede a Italia e Grecia di violare i trattati internazionali per fermare l’arrivo di persone via mare, trasformando il nostro paese in un’enorme frontiera, dotata di centri di espulsione”.
Una prospettiva aspramente criticata dal Tavolo Nazionale Asilo, che riunisce diverse organizzazioni di tutela dei diritti umani, fra cui Centro Astalli, Caritas, Asgi, Arci, Amnesty International e Federazione delle Chiese Evangeliche.
Trumpismo all’italiana.
“Quello del rimpatrio dei sudanesi è uno degli episodi di un dilagante ‘trumpismo’ all’italiana”, ha dichiarato Filippo Miraglia, vicepresidente di Arci, durante la conferenza stampa indetta per pubblicizzare il ricorso. “Sono politiche di corto respiro”, ha proseguito, “confermate dal recente accordo con la Libia e dal cosiddetto piano Minniti per costruire nuovi centri di espulsione”.
Se la Corte UE si esprimesse, ha spiegato però Fachile, “potrebbe mettere in discussione le basi di queste operazioni di rimpatrio collettivo, come il Memorandum di intesa fra Italia e Sudan dello scorso agosto”.
L’accordo segreto con il Sudan.
La vicenda del rimpatrio nasce infatti da un accordo di cooperazione fra le polizie di Italia e Sudan, firmato il 3 agosto 2016 e mai reso pubblico (oggi disponibile sul sito dell’Associazione Studi Giuridici per l’Immigrazione), per la “gestione delle frontiere e dei flussi migratori e in materia di rimpatrio”.
Il documento è applicato per la prima e – secondo gli estensori dei ricorsi – unica volta, nelle settimane successive, quando una sessantina di cittadini sudanesi è stata fermata nei pressi di Ventimiglia.
Quaranta rimpatriati.
In uno dei ricorsi depositati, il firmatario – giunto il 29 luglio sulle coste italiane – racconta di essere stato “prima preso a schiaffi e poi forzato dito per dito a lasciare le proprie impronte” e quindi “detenuto per la durata di cinque giorni all’interno di una caserma di polizia o di altra struttura militare”.
Altri concittadini, secondo le ricostruzioni degli avvocati, sarebbero stati condotti nell’hotspot di Taranto. In 40 sarebbero stati infine rimpatriati, come confermato da una lettera inviata al L’Espresso da Giovanni Pinto, direttore della Direzione Centrale dell’Immigrazione e della Polizia delle Frontiere.
Rischio di trattamenti disumani.
A differenza di quanto scritto da Pinto, il ricorso sostiene però che i cittadini sudanesi sarebbero stati privati “di fatto dell’informazione relativa al rimpatrio”.
In sette sarebbero stati poi fatti scendere dall’aereo, in partenza da Torino per Khartoum, a seguito della “strenua resistenza fisica opposta”.
Tutti e sette, ha spiegato Filippo Miraglia di Arci, hanno poi ottenuto lo status di rifugiato, “a riprova dei rischi che avrebbero corso tornando in Sudan”.
Le carte invocano dunque gli art. 3 e 4-4 della Convenzione Europea per i Diritti dell’Uomo, che proibiscono l’esposizione a “tortura e trattamenti disumani e degradanti” e le espulsioni collettive.
Avvocati e parlamentari in Sudan.
“Si tratta di un ricorso complicato”, ha sottolineato Fachile, “che ci ha costretto a lavorare in condizioni difficili per noi e pericolose per gli assistiti”.
Le procure sono state infatti raccolte lo scorso dicembre durante una visita in Sudan di una delegazione di parlamentari UE, del gruppo della SUE/Sinistra Unitaria Europea. Le conversazioni fra avvocati e ricorrenti sarebbero state ascoltate dai servizi segreti del regime di Khartoum, che hanno poi interrogato a lungo i legali italiani.
“Possiamo solo dire che i nostri assistiti hanno ricevuto un divieto di espatrio per cinque anni”, ha spiegato l’avvocato, “e vivono nascosti nei dintorni della capitale, non potendo tornare nella regione del Darfur, da cui sono partiti a causa delle persecuzioni”.
La partnership Bruxelles – Khartoum.
L’operazione di rimpatrio è un tassello, segnalano le associazioni, di una rinnovata partnership tra UE e Sudan, avviata con il “processo di Khartoum” nel 2014, e rafforzata dall’Agenda Europea sulle Migrazioni e dal meeting UE-Africa de La Valletta, nel novembre 2015.
“Ci sono in gioco fondi per centinaia di milioni di euro”, dice Sara Prestianni, che ha partecipato alla missione in Sudan per conto di Arci. E’ di 115 milioni il primo stanziamento all’interno del Fondo Fiduciario per l’Africa. E soprattutto, come segnala un rapporto preparato dai parlamentari SUE, “c’è il grosso nodo degli equipaggiamenti per il controllo delle frontiere”.
Equipaggiamenti per gruppi paramilitari.
Il Sudan chiede infatti tecnologie, mezzi militari e fondi per centri di trattenimento alle frontiere, che l’UE potrebbe fornire all’interno di progetti come il Border Migration Management, e tramite il ROCK, acronimo per centro operativo regionale di Karthoum, da avviare nel 2017.
Ma c’è il rischio che i materiali abbiano poi un altro impiego. Secondo gli europarlamentari, che citano attivisti e leader locali, la frontiera più “calda”, ovvero quella con la Libia, è infatti controllata dalle Rapid Response Forces. Un gruppo paramilitare legato al presidente Omar al-Bashir, con cui condivide un mandato di cattura della Corte Penale Internazionale, per crimini commessi nella regione del Darfur.
Sicurezza contro diritti umani?
Per il parlamentare portoghese Pimenta Lopes, fra i membri della delegazione GUE, “l’UE sta supportando le forze armate di un governo repressivo, legate a milizie e trafficanti, contribuendo così a violazioni dei diritti umani su scala sempre più ampia”.
Paese di origine e transito per migranti diretti in Libia ed Egitto, il Sudan di al-Bashir è dunque un partner importante per un’Unione Europea timorosa di nuovi arrivi via mare. Il ricorso di cinque cittadini sudanesi potrebbe aprire una crepa in una relazione che si gioca su dinamiche complesse, in cui l’UE cercherà , come dichiarato nel progetto del ROCK, “il giusto equilibro fra il sostegno a agenzie di sicurezza e l’approccio dei diritti umani”.
(da “La Repubblica”)
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