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COMUNALI PALERMO, ORLANDO PUO’ FARCELA AL PRIMO TURNO, MA AL BALLOTTAGGIO RISCHIEREBBE

Maggio 26th, 2017 Riccardo Fucile

ORLANDO 38,2%, FERRANDELLI 28,1%, FORELLO 24,2%… MAGRO RISULTATO PER IL CANDIDATO UNITARIO DI FDI-LEGA, APPENA IL 4,7%

Così come cinque anni fa, potrebbe fermarsi a pochi punti dal traguardo la speranza di Leoluca Orlando di chiudere la partita al primo turno.
Ma l’eventuale replay del ballottaggio con Fabrizio Ferrandelli, oggi sostenuto dal centrodestra, avrebbe un esito molto più incerto rispetto alla precedente tornata. Secondo le stime dell’Atlante politico di Demos, il sindaco uscente parte nove punti più in basso: a circa il 38%, contro il 47% di allora.
Anche la soglia per accedere direttamente a Palazzo delle Aquile, però, è stata portata dal 50 al 40%, rendendo difficile da prevedere l’esito del prossimo 11 giugno.
Nel 2012, Orlando, in aperta contestazione con le primarie del centrosinistra (vinte proprio da Ferrandelli), decise di correre con il sostegno dell’Idv e di altre forze della sinistra. Ottenendo addirittura il 72% al ballottaggio.
Ora, tuttavia, la città  si presenta spaccata a metà  nel giudicare il lavoro del primo cittadino: 51% le valutazioni favorevoli, 48% quelle negative.
Altamente divisivo il nome stesso di Orlando: il più criticato (54%), tra i candidati in lizza per le comunali, e allo stesso tempo il più apprezzato (45%).
Del resto, le situazioni problematiche del capoluogo siciliano restano molte e molto sentite dai cittadini.
La disoccupazione, innanzitutto, che quasi un intervistato su due considera un’urgenza irrisolta: prima grande criticità  con cui il nuovo sindaco sarà  chiamato a confrontarsi, ribadita soprattutto dagli elettori che, sul piano nazionale, si identificano in Forza Italia e M5s. Rimane ampia la richiesta di una città  più decorosa (27%) e pulita (20%), che porta con sè la domanda di maggiore attenzione alla viabilità  e alla manutenzione urbana.
Orlando è in questa occasione riuscito a compattare il centrosinistra, riproponendo su scala siciliana l’attuale alleanza (nazionale) di governo, attraverso la lista – non del tutto riconoscibile, nel simbolo sulla scheda – dei Democratici e popolari.
Dietro di lui, ancora una volta, Ferrandelli, sostenuto però in questo caso da una coalizione di centrodestra formata da Forza Italia, Udc, insieme alle civiche de I coraggiosi e Cantiere popolare.
Nonostante il mancato appoggio della destra radicale di Fratelli d’Italia e Noi con Salvini, che sostiene invece il giovane Ismaele La Vardera (appena il 4,7%) arriverebbe al 29%.
E nel ballottaggio potrebbe costringere Orlando a un testa a testa: 52 a 48 (in favore di Orlando) gli equilibri registrati dal sondaggio a quindici giorni dal voto.
Possibile outsider il pentastellato Ugo Forello, poco noto ma già  contestatissimo per le accuse sulla gestione dell’associazione antiracket Addiopizzo.
Il candidato del M5s si ferma al 24%: dovrebbe recuperare cinque punti a Ferrandelli per accedere al ballottaggio con Orlando, nel quale partirebbe comunque dal 46%.
E sappiamo che quella dell’eventuale secondo turno è, in ogni caso, una partita del tutto nuova.

(da “la Repubblica”)

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IL NEONAZISTA CHE DIVENTA TERRORISTA ISLAMICO: MA NESSUNO PARLA DI TERRORISMO BIANCO

Maggio 26th, 2017 Riccardo Fucile

DEVON ARTHIRS E’ UN SUPREMATISTA BIANCO CHE SI E’ CONVERTITO ALL’ISLAM…   HA UCCISO I COINQUILINI NEONAZISTI PERCHE’ NON RISPETTAVANO L’ISLAM… UNO DEI NEONAZISTI DETENEVA ESPLOSIVO

Si parla molto della radicalizzazione delle giovani generazioni di figli di immigrati provenienti da paesi a maggioranza musulmana. Sono ragazzi nati e cresciuti in Europa che scelgono di andare a combattere con l’ISIS in Siria o in Iraq.
Altri invece decidono di portare la battaglia del Califfato a casa loro, facendosi esplodere come ha fatto Salman Abedi a Manchester o come hanno fatto gli attentatori di Parigi e di Bruxelles.
La storia di Devon Arthurs è diversa, lui è un terrorista islamico ma prima era un neonazista.
Cosa succede però quando a commettere un atto terroristico sono maschi bianchi? Si parla sempre di sbandati, pazzi o psicopatici. In poche parole fanno meno notizia.
E forse è per questo che la storia di Devon Arthurs non ha riempito le prime pagine. Eppure se Arthurs fosse stato un Mohammed e non un ventiduenne originario di Tampa, Florida le cose sarebbero state raccontate in maniera diversa. Senza dubbio con molta più enfasi.
Arthurs fino a qualche tempo fa si identificava come neonazista. Di recente però si è convertito all’Islam (pare usasse online il nickname “PatricianSalafist99”) e questo ha iniziato a creare dei problemi convivenza con i suoi coinquilini.
Le tre persone con cui Devon abitava infatti erano anche loro neonazisti. Solo che al contrario di lui erano rimasti tali.
Devon, stanco dell’antislamismo di due di loro — Jeremy Himmelman, di 22 anni, e Andrew Oneschuk, di 18 — li ha uccisi.
Successivamente il ragazzo si è barricato all’interno di un negozio prendendo in ostaggio tre persone e urlando ““Allah Mohammed!” al momento dell’arresto.
Agli agenti Arthurs ha detto che è stato costretto a fare quello che a fatto e che nessuno sarebbe morto se gli americani “non avessero invaso e bombardato il mio paese”.
Devon si riferiva alla guerra in Iraq (o in Libia?), ma lui è un americano, bianco, della Florida.
La vicenda è già  abbastanza assurda ma quando la polizia ha fatto irruzione nell’abitazione dei quattro ha scoperto anche qualcos’altro. Non c’erano solo i corpi di Himmelman e Oneschuk ma anche una grande quantità  di materiale esplosivo. Nell’appartamento è anche stato trovato un poster con la foto di Timothy McVeigh, l’attentatore autore dell’attacco terroristico di Oklaoma City.
Gli esplosivi artigianali però non erano stati preparati da Arthurs per un attentato. Erano di proprietà  di Brandon Russell, il terzo coinquilino scampato alla strage che è stato arrestato per detenzione illegale di esplosivi.
Anche Russell è un neonazista, ed è anche un membro della Guardia Nazionale.
Di nuovo cosa sarebbe successo se i federali avessero trovato armi ed esplosivo a casa di un Mohamed o di un Abdullah? Probabilmente si sarebbe scritto della cellula islamista che stava preparando un attentato sul suolo americano.
Nel caso di Russell invece i titoli dei giornali sono stati molto meno sensazionalistici. Eppure come fa notare Arwa Mahdawi sul Guardian questa non è una novità .
Il terrorismo di matrice neonazista o di destra viene considerato meno pericoloso. Eppure secondo un report dell’Anti Defamation League gli estremisti di destra si sono resi responsabili di 150 episodi di violenza terroristica che hanno causato in 25 anni 225 morti e 600 feriti.
A quanto pare sia Russel che i due ragazzi uccisi erano membri della “Atomwaffen Division” un gruppo neonazista accusato di diffondere l’odio nei confronti degli ebrei e di inneggiare ad Hitler.
Su un sito di suprematisti bianchi l’associazione viene descritta come un gruppo di bravi ragazzi che hanno commesso un solo errore: fidarsi di   un musulmano.
Dimenticando ovviamente che fino a poco prima quel musulmano era uno di loro e che si era nutrito del loro stesso odio.
La cosa divertente è che i suprematisti ritenevano che Arthurs fosse un agente provocatore dell’FBI.

(da “NextQuotidiano”)

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DI MAIO EQUILIBRISTA: “SE ANCHE LA RAGGI FOSSE RINVIATA A GIUDIZIO NON DOVREBBE DIMETTERSI”

Maggio 26th, 2017 Riccardo Fucile

LE REGOLE VALGONO SOLO PER GLI ALTRI… E SUL REFERENDUM SULL’EURO CAMBIA ANCORA IDEA

Luigi Di Maio rilascia oggi un’intervista al Messaggero nella quale dice due cose molto interessanti su Virginia Raggi e sul referendum sull’euro. Vediamole.
Anche Virginia Raggi è indagata per falso e abuso d’ufficio.
«Non è accusata di aver sabotato un’inchiesta sulla stazione appaltante d’Italia, ha messo una firma sotto a un foglio. In casi analoghi non abbiamo chiesto dimissioni di altri sindaci
Ma se la sindaca fosse rinviata a giudizio, in tal caso dovrebbe lasciare?
«Il nostro codice etico prevede che in caso di condanna in primo grado si venga esclusi dal M5S, o sospesi o espulsi. Ma ci riserviamo discrezionalità : ricordo che sono state adottate misure anche solo in caso di avviso di garanzia, se dalle carte legate all’avviso risultano evidenze immorali interveniamo immediatamente. Ma anche senza avviso: abbiamo espulso il sindaco di Gela perchè rifiutava di tagliarsi lo stipendio nonostante l’impegno preso».
Innanzitutto, Luigi ha ragione: è vero che i grillini non hanno chiesto le dimissioni di sindaci per un avviso di garanzia per abuso d’ufficio. Loro hanno soltanto chiesto le dimissioni del ministro dell’Interno per un avviso di garanzia per abuso d’ufficio. Il che è moooolto diverso, vero?
In secondo luogo va segnalato che a Roma nessuno — nemmeno Virginia Raggi — si taglia lo stipendio.
Così non c’è rischio di doverla cacciare per non averlo fatto. Machiavellico, eh?
Ma è più interessante quello che dice Di Maio riguardo il referendum sull’euro:
Il referendum anti euro fa ancora parte del programma M5S?
«Per indirlo ci vorrà  almeno un anno e in quell’anno io spero che il M5S possa portare ai tavoli europei la modifica dei trattati, come ormai chiede anche l’asse franco-tedesco. Io non sono d’accordo con Trump sugli interventi in Siria, ma quando dice “Voglio abbassare le tasse alle imprese facendo un po’ di deficit e faccio gettito per lo Stato per ripagare il debito” va in una direzione opposta a quella dell’Europa che vuole l’austerity contro le manovre espansive.
Ecco, anche noi dobbiamo investire su larga scala anche attraverso deficit e spending review, quindi nell’anno in cui indiremo il referendum speriamo che l’Europa possa tornare indietro su tutti i suoi parametri di austerity».
Di Maio infatti in un’intervista rilasciata a Ballarò disse di preferire “l’euro 2 o monete alternative”. Ora in questa risposta sembra preferire l’opzione “cambiare l’Europa”: l’argomento utilizzato da tutti i candidati moderati e democratici in campagna elettorale, contro l’austerity non contro l’Europa.
Da quel poco che si capisce dalla risposta piuttosto confusa, poi, il vicepresidente della Camera immagina che l’azione politica del M5S in Europa sia in grado di far cambiare idea all’Europa “in un anno” sotto la minaccia del referendum in Italia. Quello che succederà , invece, è l’esatto contrario.
Come ha spiegato il Financial Times dando a lui e a Grillo dei ciarlatani, infatti, nel momento in cui si annunciasse la procedura per un referendum consultivo sulla moneta unica comincerebbe una fuga di capitali che in breve tempo metterebbe in ginocchio il paese e lo farebbe precipitare di nuovo in una crisi da spread.
Quale tipo di potere negoziale possa avere l’Italia in condizioni simili è un mistero che Luigi Di Maio dovrebbe spiegare alla luce della storia recente del Vecchio Continente (la Grecia di Tsipras) e dei fondamentali dell’economia.
Ma forse stiamo chiedendo troppo.

(da “NextQuotidiano”)

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LA FALSA (E PROVOCATORIA) LETTERA APERTA DELLA APPENDINO AI CITTADINI DI TORINO

Maggio 26th, 2017 Riccardo Fucile

“VOI MI VOTATE E POI IO COMANDO: QUESTA E’ LA PARTECIPAZIONE DAL BASSO”

«Cari cittadini. Vi scrivo questa lettera per spiegarVi meglio il concetto di partecipazione dal basso. È molto semplice: Voi mi votate e poi io comando.Con questo intendo dire che chiunque voglia opporsi a me finirà  arrestato oppure bastonato dalla polizia.Mi sento pronta a comandare e per farlo devo fare in modo che la polizia e i magistrati mi siano amici, di modo tale che se la prendano con chi non ubbidisce.
Per questo li ho ringraziati per le cariche del 1 maggio e per gli arresti all’asilo occupato di pochi giorni dopo. Ho infine ringraziato il PM Rinaudo da sempre in prima linea nel reprimere tutte le opposizioni e in particolare i No Tav.
Un ultimo avvertimento a chi si sentisse deluso dal mio operato: se siete senza casa, senza soldi, se non volete un altro supermercato sotto casa oppure se pensate che io stia solo finendo il lavoro iniziato dal PD…Vi conviene stare zitti e rigare dritto perchè io sono l’unica alternativa possibile».
Sul manifesto, insieme al simbolo del Movimento 5 Stelle, compaiono anche i loghi della Polizia di Stato, della Compagni di San Paolo, della Lavazza e di Telt, società  italo-francese che si occupa della costruzione e poi della gestione della Torino-Lione. La lettera, che fino ad ora non è stata rivendicata, contiene riferimenti alle tensioni del primo maggio e all’arresto di alcuni anarchici nell’asilo occupato di via Alessandria. Scrive l’ANSA che del caso si sta occupando la Digos, che ha segnalato l’episodio alla Procura.
Potrebbe trattarsi del gesto di esponenti di area antagonista.

(da “NextQuotidiano”)

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M5S E LA BENEFICENZA CON LA PUBBLICITA’: IL LOGO DEL PARTITO SU UNA SCUOLA RICOSTRUITA A BENEVENTO

Maggio 26th, 2017 Riccardo Fucile

LA DENUNCIA DEL SINDACO MASTELLA: “E’ SCONCERTANTE FAR APPORRE UNA TARGA CON IL SIMBOLO DEL PARTITO”

La ricostruzione di una scuola danneggiata dall’alluvione del 2015 a Benevento è diventata oggetto di una contesa politica tra il sindaco ed ex ministro della Giustizia, Clemente Mastella, e il Movimento 5 Stelle.
«È davvero sconcertante e scandaloso quanto accaduto oggi all’Istituto Rampone di Benevento. Gli esponenti del Movimento 5 Stelle, guidati dall’onorevole Luigi Di Maio, hanno fatto apporre una targa con il simbolo del loro partito all’interno di una scuola a cui, con finta generosità  mediatica, avevano elargito un contributo in denaro dopo l’alluvione del 15 ottobre 2015», denuncia il sindaco Mastella in una nota.
Per Mastella «è ancora più grave che ciò sia avvenuto alla presenza di un parlamentare che, rivestendo la carica di vicepresidente della Camera, avrebbe dovuto far prevalere un atteggiamento di tipo istituzionale piuttosto che l’irresponsabilità  del militante politico qualsiasi. Quanto accaduto stamani conferma, se ancora ce ne fosse bisogno, l’assoluta mancanza di cultura istituzionale da parte dei rappresentanti del Movimento 5 Stelle».

(da “La Stampa”)

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SONDAGGIO IXE’: IL PD STACCA IL M5S

Maggio 26th, 2017 Riccardo Fucile

PD 29,3%, M5S 28%, FORZA ITALIA 13%, LEGA 12,6%, FDI 4,3%, MDP 2,7%, AP 2,6% … IL MOVIMENTO ANIMALISTA TRA IL 2,5% E IL 5%

Secondo le intenzioni di voto elaborate dall’Istituto Ixè per Agorà  (Raitre), nell’ultima settimana il Pd si rafforza sul M5S, staccandolo di 1,3 punti.
Il partito guidato da Matteo Renzi guadagna lo 0,7%, raggiungendo il 29,3%. Il M5S perde, invece, lo 0,5%, scendendo al 28 per cento. Nel centrodestra, Forza Italia resta in vantaggio sulla Lega Nord (13% contro 12,6%).
Questo il sondaggio in dettaglio: Pd 29,3% (+0,7%), M5S 28,0% (-0,5%), Forza Italia 13,0% (+0,1%), Lega 12,6% (+0,2%), Fratelli d’Italia 4,3% (-0,3%), Mdp 2,7% (-0,1%), Area Popolare 2,6% (-0,2%), Si 2,4 per cento.
La forbice di voti che il sondaggio attribuisce al Movimento animalista tenuto a battesimo da Silvio Berlusconi è compresa tra il 2,5 e il 5 per cento.
Il 16% degli elettori, inoltre, prende in considerazione l’ipotesi di poter votare per il movimento, grazie (o nonostante) l’appoggio dell’ex Cavaliere.
Cresce di un punto e arriva al al 34% la fiducia nel premier Paolo Gentiloni mentre Matteo Renzi scende dal 31% al 30%. Il governo sale dal 30% al 31% di fiducia.

(da agenzie)

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RIMPALLO FRA GOVERNO E PD SUI NUOVI VOUCHER

Maggio 26th, 2017 Riccardo Fucile

ROSATO SI DICE DISPONIBILE AL PASSO INDIETRO “SE IL GOVERNO LO VUOLE”

Palazzo Chigi smentisce i “fantasiosi retroscena” attorno all’emendamento del Pd alla manovrina che prevede i nuovi buoni lavoro per famiglie e microimprese, sottolineando che “non è certo la reintroduzione dei voucher”.
Ma il Pd, con Ettore Rosato, si dice pronto al passo indietro per salvaguardare la salute del Governo, dopo che ieri Mdp ha minacciato di non votare la fiducia su un provvedimento che faccia rientrare i voucher dalla finestra dopo aver fatto saltare il referendum Cgil. E proprio la Cgil protesta al Pantheon contro le mosse della maggioranza.
Ieri attorno ai voucher si stava consumando l’incidente che minacciava di far cadere il Governo Gentiloni. Pesanti le prime dichiarazioni del capogruppo di Mdp alla Camera, Francesco Laforgia, che affermava la volontà  di uscire dalla maggioranza. Parole presto stemperate con un più cauto pronunciamento sulla volontà  di non votare la fiducia su un provvedimento che contenesse l’emendamento del Pd sui nuovi buoni lavoro.
Oggi Palazzo Chigi smentisce i retroscena, specie “ogni riferimento a dubbi del presidente del Consiglio circa la proposta di buoni lavoro per le prestazioni occasionali delle famiglie e delle imprese. Si tratta di strumenti indispensabili per evitare che tali prestazioni si svolgano in nero. Non è certo la reintroduzione dei voucher che il governo aveva abrogato. È diverso lo strumento, è del tutto diversa la platea” afferma la presidenza del Consiglio in una nota.
A fronte di questo sostegno chiaro, prende tuttavia la parola Ettore Rosato, presidente dei deputati Pd, disponibile a ritirare l’emendamento se il Governo lo chiederà .
“Leggo ricostruzioni assurde sul Pd che vuole utilizzare la questione voucher per mettere in difficoltà  Gentiloni. Noi difendiamo il nostro premier e abbiamo sempre concordato la linea da seguire. Siamo pronti tuttavia a ritirarlo se questo è il volere del Governo. Non cerchiamo nessun incidente parlamentare avendo sempre parlato il linguaggio della chiarezza. Adesso aspettiamo indicazioni da Palazzo Chigi” dice il capogruppo alla Camera.
Nel frattempo la Cgil, in prima linea nella battaglia contro i voucher, è schierata in presidio al Pantheon “per manifestare contro l’eventuale approvazione da parte del Parlamento di emendamenti che prefigurerebbero il ritorno dei voucher con norme peggiori” di quelle che erano in vigore e che il Governo aveva abolito proprio per scongiurare il referendum proposto dal sindacato di Corso d’Italia.
Susanna Camusso incontrerà  i sindacati e potrebbe annunciare altre iniziative di protesta.

(da “La Repubblica“)

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GENTILONI TEME LA TRAPPOLA SUI VOUCHER: “SI RISCHIA DI SFASCIARE TUTTO”

Maggio 26th, 2017 Riccardo Fucile

SOSPETTI SU RENZI PER ARRIVARE ALLE ELEZIONI ANTICIPATE

Far perdere la pazienza a Paolo Gentiloni è impresa titanica, eppure i renziani sono sulla buona strada. «Così rischiano di sfasciare tutto», si lamenta in privato con un paio di ministri, nelle ore frenetiche della battaglia dei voucher.
Ce l’ha con chi ha alzato al massimo la tensione, è infastidito dall’attivismo con cui l’ala dura guidata dal segretario tira incessantemente la corda.
Una preoccupazione condivisa anche con il Colle. Matteo Renzi nega ogni addebito, naturalmente. Ma è pronto comunque a capitalizzare ogni evento che lo avvicini alle urne.
Sia chiaro, Gentiloni considera sacrosanta una norma che regoli il lavoro occasionale. Però conosce anche il fragile equilibrio di una maggioranza consunta. E bada soprattutto a dribblare gli scogli all’orizzonte.
Quando qualche giorno fa qualcuno gli aveva suggerito di intervenire sui voucher con un emendamento del governo, allora, il premier aveva respinto brutalmente il “consiglio”: «Non esiste, Palazzo Chigi non farà  nulla, mi sembra una trappola per metterci in crisi».
La trappola, in realtà , è scattata lo stesso. E la maggioranza è piombata nel caos. Nulla di imprevedibile, visto che già  durante la convention di Milano i bersaniani avevano minacciato di togliere la fiducia nel caso di un ritorno ai voucher. È proprio a questo punto della storia che tornano in scena i renziani, con l’emendamento della discordia. Il resto è cronaca, con Gentiloni costretto a travestirsi da artificiere per disinnescare la mina Mdp: «Tranquilli, medierò io – promette al telefono in serata al capogruppo scissionista Francesco Laforgia – non fate il gioco di chi vuole far cadere il governo».
Ecco il nodo, il cuore del problema: c’è davvero un piano per ribaltare Palazzo Chigi? Ed è questo l’incidente degli incidenti?
Renzi, in viaggio per Pontassieve, nega tutto con chi riesce a contattarlo. «Un’accusa volgare», sostiene lapidario Ettore Rosato, che però non arretra di un millimetro sull’emendamento: «Mdp vota sempre contro – è la sua linea da tempo – non possiamo accettare altri compromessi». In effetti, la corda è davvero sul punto si spezzarsi. Basta ascoltare Lorenzo Guerini, di solito il più “democristiano” tra i renziani. «Le maggioranze – sostiene adesso – non si reggono sugli ultimatum». Ovunque sia la verità , un dato resta innegabile: al segretario dem non dispiace duellare con gli scissionisti, anzi. «Non sanno neanche se supereranno il 5% – ripete in privato – per questo provano a cercare il sostegno dei sindacati»
L’impressione è che la situazione stia sfuggendo di mano. E che Gentiloni faccia sempre più fatica a sedare le spinte centrifughe.
Gli scissionisti di Mdp, ad esempio, provano a tradurre in azione la tesi esposta mesi fa da Pier Luigi Bersani ai compagni di corrente: «Noi Renzi dobbiamo abbatterlo sul lavoro». L’ex premier non aspetta altro.
Sogna elezioni il prossimo 22 ottobre e nel clima elettrico di fine legislatura si muove con una certa disinvoltura. La corrida sui voucher, se possibile, lo invita a pigiare ancora di più il pedale sull’acceleratore della legge elettorale.
Questa partita è ancora tutta da giocare. Vanno consumati una serie di passaggi, dalla direzione del Pd convocata per martedì fino al fragile accordo con Berlusconi. Il leader dem ha già  in agenda incontri con Matteo Salvini, Angelino Alfano e Nicola Fratoianni.
E il Cavaliere? I rispettivi staff giurano che il faccia a faccia pubblico potrebbe tenersi mercoledì prossimo (e vociferano di contatti telefonici), ma la verità  è che Renzi è assai dubbioso. Mettersi in posa per far scattare la foto del Nazareno bis è davvero la scelta giusta, a poche settimane dalle amministrative? E non rischia di far gridare alla larghe intese preventive i grillini?
Per questo, il piano A è quello di limitarsi a un incontro con Gianni Letta.

(da “La Repubblica”)

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IL GENERO DI TRUMP E’ INDAGATO DALL’FBI PER IL RUSSIAGATE

Maggio 26th, 2017 Riccardo Fucile

IL MARITO DI IVANKA POTREBBE ABBANDONARE LA VISITA IN EUROPA AL SEGUITO DEL SUOCERO-PRESIDENTE

Jared Kushner è indagato. Quella che la scorsa settimana era solo un’ipotesi fatta circolare alla vigilia del primo viaggio internazionale di Donald Trump, adesso è realtà .
Il marito di Ivanka, il genero che è diventato il più potente tra i consiglieri del presidente, è finito nell’inchiesta sulle interferenze di Putin e del Cremlino durante la campagna elettorale 2016 come ‘persona di interesse’.
Gli investigatori del Bureau ritengono che abbia “informazioni rilevanti” ai fini dell’indagine ed è probabile che Kushner sia costretto ad abbandonare la visita in Europa al seguito del suocero-presidente, un viaggio in cui – soprattutto nelle tappe in Arabia Saudita e Israele – aveva avuto un ruolo di grande rilievo accanto al presidente
Lo scoop (di Washington Post e NbcNews) arriva nel tardo pomeriggio di Washington e raggiunge The Donald, il genero e la figlia in Europa quando è già  passata la mezzanotte.
Le diverse fonti del quotidiano e della rete tv sono d’accordo su un punto, Kushner al momento non è incriminato e la sua posizione nel Russiagate non è grave come quelle di Paul Manafort (l’ex direttore della campagna elettorale di Trump) e del generale Michael Flynn (il consigliere per la sicurezza nazionale costretto a dimettersi) i due ‘pesci grossi’ dell’indagine che rischiano pesanti incriminazioni (comprese quelle per reati finanziari).
Per Trump e per l’intera Casa Bianca è un brutto colpo. Gli agenti federali stanno seguendo la pista dei vari incontri che Kushner ha avuto con funzionari russi di primo piano e con uomini che fanno parte della cerchia ristretta degli amici di Putin.
In particolare gli incontri che si sono svolti a dicembre (con Trump già  eletto, ma non ancora insediato) con l’ambasciatore russo negli Usa Sergey Kislyak e con un banchiere di Mosca.
Uno degli avvocati del marito di Ivanka, Jamie Gorelick, ha dichiarato al Washington Post che il suo cliente “si era già  offerto volontariamente di rivelare al Congresso tutto quello che sa su questi incontri” e che quindi avrà  lo stesso atteggiamento “se contattato in relazione a qualsiasi altra inchiesta”.
La scorsa settimana, proprio mentre il presidente Trump era in partenza per il suo primo viaggio all’estero, proprio il Washington Post aveva rivelato che una persona a lui vicina e che lavora alla Casa Bianca era oggetto di interesse del Fbi nell’ambito dell’inchiesta Russiagate. Non era stata resa nota l’identità  ma il nome di Jared Kushner era circolato su diversi organi di stampa internazionali.
“Non posso confermare o negare l’esistenza o la non esistenza di indagini o soggetti di indagini”. Sarah Isgur Flores, portavoce del ministero di Giustizia, ha usato la classica formula che di fatto conferma quanto rivelato da Washington Post e da NbcNews ed anche il ‘no comment’ del Fbi è piuttosto indicativo. Le indagini stanno procedendo a ritmo serrato ed il ‘procuratore speciale’ (ed ex direttore del Fbi con Bush e Obama) Robert Mueller III ha garantito al Congresso che andrà  fino in fondo.
Il presidente della commissione vigilanza della Camera, il repubblicano Jason Chaffetz, ha intanto chiesto all’Fbi di produrre documenti circa i contatti dell’ex direttore del Bureau James Comey con la Casa Bianca e con il dipartimento di Giustizia, compreso materiale che va indietro nel tempo fino al 2013 e quindi all’amministrazione Obama. La richiesta in una lettera inviata al direttore dell’Fbi ad interim Andrew McCabe.

(da “La Repubblica”)

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