Maggio 28th, 2017 Riccardo Fucile
UN ATTO CONCRETO: DUE MILIONI DI DOLLARI PER RICOSTRUIRE LA CITTA’, MA HA VOLUTO FARLO DI PERSONA, ONDE EVITARE CHE FINISCANO NEI MEANDRI DELLA BUROCRAZIA ITALIANA… L’ABBRACCIO CON IL SINDACO PIROZZI
Il premier canadese Justin Trudeau è arrivato ad Amatrice. Trudeau è giunto in elicottero ed è
accompagnato dal ministro degli Esteri, Angelino Alfano, e dal capo del Dipartimento della Protezione civile, Fabrizio Curcio.
Il premier canadese e Alfano visiteranno la zona rossa, il Coi e il memoriale, nel giorno della processione al Santuario della Madonna di Filetta, a cui gli amatriciani sono particolarmente legati.
«Sono qui per dimostrare l’amicizia con il popolo italiano. La comunità italo-canadese e anche tutta la popolazione canadese è stata molto colpita da quanto successo qui e vogliamo esprimere vicinanza», ha detto Trudeau durante la visita.
Il premier canadese è stato accolto, all’inizio di corso Umberto I, dal sindaco di Amatrice Sergio Pirozzi.
Insieme al ministro degli Esteri Angelino Alfano, al capo della Protezione civile Fabrizio Curcio e al presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, il premier canadese è entrato a piedi nella zona rossa del comune reatino colpito dal sisma della scorsa estate. Attraversando a piedi Corso Umberto I insieme al capo della Protezione civile Curcio, Trudeau, molto colpito dalla distruzione nella zona rossa di Amatrice, si è fermato più volte a osservare gli edifici crollati. Il gruppo sta raggiungendo la torre civica, a metà corso Umberto, dove si concluderà la visita nella zona rossa
«Ringrazio la grande solidarietà del popolo canadese. La presenza del premier Trudeau oggi qui ad Amatrice è un grande regalo per la mia comunità . Mi piacerebbe che il Canada ricostruisse il nostro Municipio», ha detto il sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi. «Mi farebbe immensamente piacere se il Canada realizzasse la nostra nuova casa comunale, che oggi non c’è più. Sarebbe un passaggio ideale nell’amicizia che c’è all’interno della comunità canadese».
«Ieri ho fatto un giro sulle aree dove stanno lavorando le ditte che hanno avuto l’appalto dalla Regione e sono rimasto un po’ male perchè in pochi stavano lavorando. Sono arrabbiato con chi non stava lavorando perchè è vero che c’è un contratto ma qui è in gioco la solidarietà dell’Italia e se una ditta rinuncia a un 1 o due per cento di utile farebbe quello che sta facendo tutta l’Italia per queste aree», ha continuato Pirozzi, «Ho fatto una white list e una black list perchè chi lavora in queste aree deve farlo con il cuore o non per il profitto, altrimenti i tempi si dilatano ed è difficile mantenere alta la speranza della comunità . Le ditte facciano le ditte ma lavorino con il cuore perchè le case sono la vera emergenza. C’è chi lavora anche la domenica e a queste ditte va il mio plauso. Agli altri tiro le orecchie, anche se non dovrei farlo io perchè c’è un direttore dei lavori della regione. Martedi c’è la partita del cuore: facciamo le ditte del cuore e diciamo al mondo chi lavora col cuore e chi no».
A margine della visita si è saputo che il governo canadese ha stanziato per le zone terremotate la cifra di due milioni di euro, ma il premier Trudeau ha voluto un contatto personale e relative garanzie per finalizzare il contributo a qualcosa di concreto.
Onde evitare che la donazione si perda nel calderone della buricrazia italiana.
Come dargli torto…
(da agenzie)
argomento: terremoto | Commenta »
Maggio 28th, 2017 Riccardo Fucile
AL VERTICE NATO IL PRESIDENTE FRANCESE DEVIA E LASCIA DI SASSO IL PRESIDENTE USA… E SULLA STRETTA DI MANO IN CUI MACRON HA “STRITOLATO” QUELLA DI TRUMP ORA EMERGE CHE AD AVVISARLO ERA STATO L’AMBASCIATORE FRANCESE
Lo ha “abbandonato” intenzionalmente? Nel filmato postato dallo stesso Emmanuel Macron su Twitter si vede il presidente francese camminare in direzione di Donald Trump per poi deviare bruscamente in direzione di Angela Merkel per salutarla al vertice Nato di giovedì scorso.
Nella clip, Macron cammina verso il gruppo di leader mondiali. Sembra che stia procedendo verso Trump che lo aspetta a braccia distese per dargli un caloroso benvenuto, ma a pochi metri di distanza, Macron devia e abbraccia la cancelliera tedesca .
Poi stringe le mani agli altri leader, prima di dare una vigorosa stretta a Trump.
Il post di Macron sta diventando virale, con molti altri utenti che sembrano apprezzare il suo apparente snobbismo nei confronti di Trump.
E’ emerso poi che l’ambasciatore francese a Washington aveva avvertito Emmanuel Macron a fare attenzione alla stretta di mano di Donald Trump.
A raccontarlo è il Washington Post, dopo che le immagini della prima stretta di mano fra i due presidenti hanno fatto il giro del mondo. A Bruxelles il francese e l’americano sembravano far gara a chi stringeva con più forza e alla fine è stato Trump a levare la mano per primo.
Lunedì scorso, un giornalista del Post ha incontrato l’ambasciarore francese Gerard Araud ad un pranzo all’ambasciata belga. Naturalmente si è parlato di Trump e del primo incontro che avrebbe avuto con il presidente francese al summit Nato di giovedì a Bruxelles.
“L’ha avvertito della stretta di mano di Trump?”, ha chiesto uno dei presenti ad Araud, che l’ha guardato con sopresa. E’ seguita una breve descrizione della stretta di mano da ‘maschio alfa’ di Trump che ha messo in difficoltà più di un interlocutore.
Araud ha risposto che avrebbe avvertito Macron. E infatti il presidente francese è apparso ben preparato.
(da agenzie)
argomento: Europa | Commenta »
Maggio 28th, 2017 Riccardo Fucile
PORTLAND: L’ASSASSINO E’ UN BIANCO VICINO AI SUPREMATISTI RAZZISTI
Cercano di fermarlo mentre lancia insulti a due donne, una delle quali musulmana con indosso il velo.
Ma non ci riescono e il bilancio è di due morti e un ferito.
L’uomo, Jeremy Joseph Christian di 35 ani, è stato fermato dalla polizia ed è in carcere con l’accusa di omicidio aggravato.
L’incidente è accaduto a Portland venerdì sera, all’inizio del Ramadan. Christian ha iniziato a insultare le due ragazze e alcune persone sono intervenute per fermarlo: due sono rimaste uccise sotto i colpi del suo coltello, un’altra è ferita.
Secondo quanto riporta il Guardian, Christian, considerato vicino ai suprematisti bianchi, avrebbe tagliato la gola alle due persone che sono intervenute per placare gli insulti all’indirizzo delle donne musulmane, una delle quali indossava il velo.
Dalla pagina facebook del 35enne, riporta ancora il quotidiano britannico, si evince la sua vicinanza al mondo della destra. Sul suo profilo c’è materiale antisemita e neonazista.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: Razzismo | Commenta »
Maggio 28th, 2017 Riccardo Fucile
“SPERIAMO CHE NON LO METTANO IN CROCE, I GRANDI COME LUI DI SOLITO NON DURANO”
«Un grande saluto ai genovesi e un grande grazie per l’accoglienza che mi hanno riservato ieri», queste le parole di Papa Francesco durante il Regina Coeli oggi in piazza San Pietro. Così il Pontefice ha rivolto un pensiero a Genova dopo la visita di ieri in città terminata con la messa in piazzale Kennedy a cui hanno partecipato centomila persone.
Genova, le emozioni alla messa in piazzale Kenned
C’è Teresa Repetto, novantaquattrenne in sedia a rotelle, che spera «in una grazia per i miei malanni» aspettando il passaggio della papamobile a Boccadasse.
Yolanda Angeles, badante cilena, che s’è presa il pomeriggio libero «perchè l’ho visto in televisione stamattina, tra gli operai, e mi sono emozionata. Non potevo perdermelo. Ma poi racconto tutto alla signora, che lei ha cent’anni e non poteva uscire».
Renato Barbieri, “vecchio mangiapreti” che però ne apprezza le parole: «Ormai certe cose le dice solo lui, la sinistra se l’è dimenticate».
E la famiglia Carmarozzo, papà mamma e due bambini, che vanno incontro ad una messa di due ore sotto il sole in un sabato pomeriggio, con un sorriso a trentadue denti: «Anche solo vederlo da lontano sarà una grande emozione, è un personaggio che è già storico». C’è chi si è affacciato dal balcone solo per curiosità e chi ha fatto chilometri e chilometri per poterci essere.
Sono i centomila modi diversi in cui i genovesi hanno vissuto la visita di Papa Francesco .
E tanti di loro sono passati dal mugugno (per le strade chiuse e le misure di sicurezza) all’entusiasmo. In un crescendo, «come un diesel», come ha detto il cardinale Angelo Bagnasco. Sino a quel “Ma se ghe pensu” finale in piazzale Kennedy che forse ha colpito pure il Pontefice. «Ho visto il suo volto quando è partito il canto di”Ma se ghe pensu” – sostiene Raffaele Arnera – ma anche quando il cardinale Bagnasco ha detto che siamo un po’ orsi e ci mettiamo in moto lentamente ma poi ci facciamo sentire. È proprio così».
Uno striscione un po’ liso, rosso e blu, penzolava da una finestra in piazza Cavour, ieri mattina. Ma non era del Genoa, c’era scritto “San Lorenzo”.
Anche così, con una bandiera della sua squadra (argentina) del cuore, i genovesi hanno dato il benvenuto in città al Papa. E poi, sulla piazza della messa finale, tanti striscioni “vaticani” gialli e bianchi, bandiere dell’ Argentina, cori quasi da stadio per il Papa venuto “dalla fine del mondo”. «Un’emozione pazzesca – dice alla fine di tutto, risalendo la fiumana umana verso Brignole, una ragazza stanchissima che si regge al fidanzato – l’ho visto da lontano, ho preso il sole in faccia per tre ore, ho parcheggiato lontanissimo. Ma ne valeva la pena».
L’hanno pensato in tanti, ieri, nelle varie tappe della visita papale: gli operai che hanno ascoltato le parole sul lavoro all’Ilva , i sacerdoti e le suore che hanno seguito con attenzione la sua “lezione” in Cattedrale , i giovani che hanno scarpinato sino alla Madonna della Guardia, i bambini ricoverati al Gaslini . I genovesi hanno visto sfilare la Papamobile per via San Lorenzo, dietro le transenne. E poi nel pomeriggio in corso Italia, dove tutti gli stabilimenti balneari, ieri, “battevano” bandiera vaticana.
Tantissimi i pullman di fedeli arrivati dalle parrocchie di tutta Italia, ma anche i genovesi hanno fatto sentire la loro voce. Conquistati dallo stile di Bergoglio.
«È un papa “popolare”, sembra un nostro compaesano – spiega Alessandra Robba -è diverso da Ratzinger ma anche da Wojtyla, che pure erano grandi papi. A me ricorda più Giovanni XXIII». E anche i sacerdoti se lo tengono stretto, dopo il dialogo con il mondo ecclesiastico a San Lorenzo: «Per me oggi è una “domenica delle Palme” anche se è sabato- spiega un anziano prete arrivato da Campo Ligure, mentre mangia un gelato in piazza De Ferrari – Ma speriamo che non ce lo mettano in croce, quelli buoni di solito non durano…».
(da “Il Secolo XIX“)
argomento: Papa | Commenta »
Maggio 28th, 2017 Riccardo Fucile
L’ATEO E MARXISTA ARMANDO PALOMBO SPIEGA L’ENTUSIASMO DEGLI OPERAI PER PAPA FRANCESCO
Nel capannone magazzino dell’Ilva lavoratori in tuta sventolano le bandierine bianche e gialle con la
scritta ‘W il Papa”, scrosciano gli applausi, partono cori da stadio al grido di “Francesco, Francesco”.
Armando Palombo, delegato Fiom della Rappresentanza sindacale unitaria Ilva, marxista, dichiaratamente ateo, di Lotta Comunista, non si stupisce.
«Qui in fabbrica abbiamo tanti iscritti cattolici al sindacato, anche alla Fiom. Don Franco Molinari, il cappellano del lavoro, è in stabilimento con noi e su tanti temi la dottrina sociale della chiesa e il sindacato dicono le stesse cose, non da oggi. Se gli imprenditori facessero anche solo la metà di quello che dice papa Francesco, le cose andrebbero molto meglio »
Nel suo discorso in fabbrica il Papa ha usato parole forti, ha parlato di imprenditori che non sono buoni imprenditori se sono speculatori e ha anche detto che non è un lavoro buono quello che impone di lavorare senza orari. Voi come sindacati non vi sentite scavalcati a sinistra?
«La verità che è esiste una debolezza di fondo: quando c’è un esercito industriale che preme per inserirsi a qualsiasi condizione, diventa difficile resistere. Quando abbiamo una disoccupazione giovanile al 48%, la debolezza è inevitabile. Noi per altro nel nostro piccolo il nostro dovere proprio qui all’Ilva lo abbiamo fatto, penso all’accordo di programma, che ci ha dato appigli giuridici per resistere nel corso degli anni e per garantire una tutela efficace ai lavoratori. La verità è che non sempre e non tutti sono in grado di resistere alla pressioni, mentre a volte bisognerebbe buttare il cuore oltre l’ostacolo, in questo la visita di papa Francesco può essere un aiuto, anche per chi non è credente».
Papa Francesco sostiene che l’obiettivo è avere lavoro per tutti, non reddito per tutti, siete d’accordo?
«Lo siamo al punto che proprio al l’Ilva noi abbiamo chiesto e ottenuto di inserire nell’accordo di programma i lavori di pubblica utilità , per integrare il reddito certo, ma anche per garantire dignità alle persone».
D’accordo anche sul fatto che i problemi non si risolvono andando in pensione prima?
«Cosa vuol dire andare in pensione prima? Qui all’Ilva da quando ci sono io in pensione prima ci si si va solo con l’amianto, parliamo di gente che ha anni di contributi alle spalle, la pensione se l’è guadagnata e se va prima è solo perchè ha un’aspettativa di vita inferiore, non è una cosa da poco».
Il Papa divide i lavori fra buoni e cattivi, e mette nei cattivi l’industria delle armi, cosa ne pensate?
«Attenzione, io come sindacato faccio parte di un’organizzazione che difende i lavoratori, qualsiasi lavoro facciano, ovviamente nei limiti della legalità , il resto attiene a scelte politiche e di grandi sistemi, non può certo essere una competenza del sindacato».
E il gioco d’azzardo?
«Ho le mie idee in merito, ma il problema è sempre lo stesso, è vero che abbiamo temi in comune con la dottrina sociale della chiesa, ma non tutto. Ad esempio la chiesa predica la rassegnazione, che io non condivido, anzi sono convinto che i lavoratori devono lottare, e da marxista non credo che lavoratori e imprenditori siano dalla stessa parte, hanno interessi contrapposti».
(da “La Repubblica”)
argomento: Papa | Commenta »
Maggio 28th, 2017 Riccardo Fucile
PAPA FRANCESCO HA RICORDATO A TUTTI CHE SENZA AMORE E SOLIDARIETA’ QUESTO MONDO NON PUO’ PIU’ ANDARE AVANTI
Le cose, a volte, accadono per caso: ed è comunque difficile capire sino in fondo quanto negli eventi sia programmato, quanto casuale, quanto legato a contingenze inaspettate.
La visita di papa Francesco a Genova è caduta in un momento molto denso della vita sociale e civile d’Italia e, si può dire, del mondo. Una giornata particolare all’interno di una settimana senza dubbio non ordinaria ma il bilancio del quale non è stato lusinghiero.
Si è appena chiusa la “Tre-Giorni” mozzafiato forse ma non granchè conclusiva di Donald Trump, fra Riad, Gerusalemme e Roma, con argomenti come la lotta al terrorismo, le prospettive di pacificazione del Vicino Oriente, i pericoli nucleari, il ruolo di Gerusalemme rispetto allo stato d’Israele, l’eterna questione palestinese: e non è mancato chi, senza dubbio non senza un certo azzardo, ha ipotizzato che dietro l’atroce attentato di Manchester e dietro il massacro dei copti egiziani si possano leggere altrettante e tempestive repliche jihadiste alla dichiarazione di “guerra al Terrore” pronunziata a Riad dal presidente degli Stati Uniti dinanzi a un’assemblea di sceicchi dal volto non meno impenetrabile dei loro autentici sentimenti e delle loro vere intenzioni. Poi, mentre papa Bergoglio si accingeva a raggiungere Genova, ecco il summit G7 di Taormina con le sue ambiguità e le sue delusioni: genericità tinte di buone intenzioni sul terrorismo, disaccordo sui migranti e sul clima.
Alle contraddizioni emerse a Riad e a Gerusalemme, all’inconclusiva futilità della “giornata romana” del presidente Usa, all’ambiguità alquanto freddina della sua “visita di cortesia” al pontefice, si è veramente contrapposto non solo il trionfo — è il caso di dirlo — che la città di Genova ha tributato a Francesco, ma anche la lucida struttura della sua intensa giornata in città .
Va subito detto che il papa è giunto come un pellegrino, ma anche come un viandante che torni a casa, nella città da cui partirono quasi novant’anni fa i suoi nonni e il suo allor giovane padre.
Se ne andarono allora, pieni di dolore ma anche di speranza: e approdarono dall’altra parte dell’Atlantico proprio nella più ligure delle metropoli dell’America Latina, in quella Buenos Aires nella quale — come si vede nel popolare quartiere della Boca — vivissime sono le memorie della “Superba”.
Chissà che non abbia sorriso dentro di sè, questo papa che non manca di humour, definendo Genova, nel suo indirizzo di saluto ai suoi abitanti, “una città generosa”: non poteva non sapere di star in tal modo rovesciando un vecchio topos, l’immagine dei genovesi sobri fino alla taccagneria.
E’ venuto da pellegrino, il papa: e lo ha sottolineato più volte aggiungendo che siamo tutti pellegrini, che la vita è un pellegrinaggio, che nessuno ha la possibilità e in fondo nemmeno il diritto di fermarsi.
E’ la condizione umana: quella che fa di noi tutti dei migranti e ci affratella ai migranti di tutto il mondo. Lo ha detto di primo mattino, appena arrivato all’aeroporto Colombo, agli operai dell’Ilva, in quello che si è profilato fin dalle prime battute come uno splendido discorso di etica sociale e di teologia del lavoro: il lavoro come diritto ancora negato o contestato a troppi, il lavoro ch’è divenuto merce rara e preziosa per chi gestendolo ci guadagna sopra ma ch’è al tempo stesso disprezzato da chi lo distribuisce male e non lo retribuisce abbastanza.
A metà mattinata, in San Lorenzo, lo aspettava il clero in tutti i suoi ordini: i sacerdoti secolari, i membri degli Ordini monastici e mendicanti, gli uomini e le donne che hanno scelto di consacrarsi a Dio. Lì si è svolto un franco, straordinario dialogo tra Francesco e i religiosi presenti: si è parlato della crisi delle vocazioni, delle chiese che si spopolano dei fedeli, del senso della testimonianza di chi crede in un mondo che per un verso sembra affondare nel materialismo più greve e per un altro lasciarsi deviare da qualunque malefico richiamo: il vizio, la droga, la violenza, me anche i falsi idoli della superstizione e gli ambigui richiami delle “nuove religioni”.
A mezzogiorno, finalmente, l’omaggio alla Patrona, al santuario della Guardia: e lì un altro incontro di spontaneità e di freschezza inaspettate. Una raffica di domande rispettose certo, ma stringenti, da parte dei giovani presenti: sul senso della vita, sul bisogno di solidarietà in un mondo che sembra viceversa sull’orlo di guerre civili e sociali come di possibili cataclismi ecologici. E le risposte del papa: dense e profonde nella loro disarmante semplicità : come nell’invito a non giudicare mai, a resistere alla tentazione di separare sempre con rigore (ma senza carità ) il supposto bene dall’apparente male; con l’invito a non scambiare mai le proprie sia pur legittime ragioni soggettive con una verità obiettiva ch’è sempre ardua a conseguirsi, che va conquistata con verità e umiltà .
E’ stato un peccato, ma anche un bene, che la refezione comune del pontefice con i poveri, i migranti, i carcerati — gli “Ultimi”, i veri pellegrini perchè come Gesù non posseggono nulla -, si sia svolta lontano dalla magari devota curiosità dei media. I veri festeggiati, i veri privilegiati, per il papa erano loro.
Come lo erano i bambini sofferenti del Gaslini (e, come ha giustissimamente sottolineato il cardinal Bagnasco, i loro eroici sostenitori che li assistono in situazioni talora davvero dolorose), ai quali il Santo Padre ha riservato, nel pomeriggio, un’attenzione e un affetto del tutto particolari.
La messa solenne in Piazzale Kennedy — non dimentichiamo che si trattava della messa dell’Ascensione, grande festa della Chiesa — ha concluso una giornata tutta dedicata (il pontefice lo ha ricordato durante il sermone) alla condizione umana come condizione di erranza, di povertà , di bisogno. Ciascuno di noi ha bisogno degli altri: e ciascuna nostra azione non può non essere se non un servire.
Nel suo intenso e commosso indirizzo di saluto in chiusura della giornata, il cardinal Bagnasco ha davvero chiuso il cerchio aperto con l’arrivo del papa dedicando alcune belle, sentite parole proprio a Genova, il porto dal quale i Bergoglio partirono quasi nove decenni or sono e al quale è tornato adesso un anziano prete vestito di bianco che per certi versi è oggi forse l’uomo più potente — o comunque più autorevole della terra — e che tuttavia porta il peso di questo suo potere, di questa sua autorità , con lo stesso umile atteggiamento con cui porta la croce pettorale e l’anello di metallo bianco perchè ha rinunziato all’oro.
Il pontefice ha ricordati che il nucleo della fede è l’amore. Senza comprensione e solidarietà questo mondo non può più andare avanti.
Franco Cardini
(da “il Secolo XIX”)
argomento: Papa | Commenta »