Agosto 24th, 2017 Riccardo Fucile
E’ FAMOSO PER IL RICCO RIMBORSO SPESE CHE INCASSAVA PER IL TRAGITTO CASA-LAVORO (30.000 EURO) E PER AVER AUMENTATO LE TASSE
Gianni Lemmetti fa le valigie e lascia il posto di assessore al bilancio e alle partecipate del
Comune di Livorno per andare a ricoprire quello di assessore al bilancio a Roma.
La campagna acquisti della sindaca Virginia Raggi dopo Luca Lanzalone strappa a Nogarin anche uno dei pesi massimi della sua giunta.
Ed è curioso che il M5S abbia dimenticato alcuni principi chiave della sua proposta politica. Non la trasparenza, ma ad esempio il fatto che il politico pentastellato deve terminare il mandato per il quale è stato eletto (no, non basta il generico “assessore al bilancio”) oppure il fatto di non potersi candidare come amministratore locale al di fuori del proprio Comune.
Quanto prenderà di rimborso spese di viaggio a Roma?
Non tutti a Livorno però rimpiangeranno Lemmetti, e c’è già chi dà consigli ai romani sull’ex-assessore livornese che prenderà il posto di Andrea Mazzillo.
Ad esempio Lemmetti potrebbe costare parecchio in rimborsi spese di viaggio.
A Livorno infatti uno dei primi provvedimenti della giunta fu quello di approvare una delibera che consentiva agli assessori pendolari (tra cui lo stesso Lemmetti) di ottenere un rimborso per le spese per il tragitto casa-lavoro.
Un piano da circa 30.000 euro all’anno che causò una prima frattura nel M5S livornese con il consigliere (ora ex-pentastellato) Marco Valiani che chiese la restituzione delle somme percepite principalmente da Lemmetti, Giovanni Giordani e da Nicola Perullo (che vive a Cuneo).
Chissà se e quanto chiederà di rimborso Lemmetti per andare a lavoro a Roma ogni giorno. Ma evidentemente Virginia Raggi per il bene dei romani non ha badato a spese.
La cura Lemmetti a base di tasse
Ci sono poi le tasse. I 5 Stelle e Lemmetti ne hanno aumentate molte.
La tassa sui rifiuti, la Tari, ad esempio nel 2015 è aumentata mediamente del 14% facendo di Livorno la città della Toscana con il maggiore aumento della tassa (la sesta su base nazionale).
Certo, non si è trattato del primo aumento della Tari a carico dei livornesi, ma probabilmente non era questo il genere di cambiamento a cui pensavano gli elettori che hanno dato la vittoria al M5S.
Per far quadrare i conti il Comune di Livorno ha poi deciso di portare l’addizionale IRPEF allo 0,8% per tutti gli scaglioni di reddito (ovvero per chi guadagna meno di 15.000 euro a chi ne guadagna più di 75.000) e c’era anche l’intenzione di portare la TASI al 3,5 per mille (che avrebbe comportato nel 2015 un gettito pari a 6,7 milioni di euro) ma a bloccare questo proposito intervenne il tetto al 2,5 per mille stabilito dal governo.
Andrea Romano del Partito Democratico contesta a Lemmetti e Nogarin di aver tagliato le social card.
Questo è vero solo in parte perchè dopo aver sospeso per un anno le social card (causando non pochi problemi a chi le percepiva) l’Amministrazione ha varato un nuovo piano per il reddito di cittadinanza locale al quale è stato successivamente affiancato il SIA, il Sostegno all’Inclusione sociale Attiva, che secondo l’assessora Ina Dhimgjini la SIA è un po’ figlia della ex social card.
Il risanamento delle casse comunali è proseguito con l’aumento dell’IMU dal 9,6 al 10,6 per mille, per fondi commerciali e tutti gli immobili non rientranti nell’abitazione principale e un generalizzato aumento della “pressione finanziaria” ovvero il gettito derivante da multe e sanzioni che comprende anche le entrate extratributarie.
Virginia Raggi ci spiegava come mai ha scelto di chiamare Lemmetti a Roma.
Il motivo è semplice e riguarda un problema che Roma non è riuscita ad affrontare: ATAC.
Raggi ritiene insomma che Lemmetti possa fare alla municipalizzata dei trasporti quello che è fatto all’azienda dei rifiuti livornesi. Il che sarebbe una cosa fantastica, se solo Lemmetti conoscesse Roma.
La Raggi, spiega che Lemmetti “ha portato una macchina inefficiente con oltre 40 milioni di debiti ad essere una realtà solida che nel 2016 ha prodotto 2,3 milioni di utili”, lasciando intendere che i debiti sono stati azzerati grazie a sforzi mirabili quando in realtà si tratta del risultato del concordato preventivo con i debitori (e i debiti non sono stati azzerati).
Non bisogna dimenticare poi che Lemmetti proprio per la vicenda Aamps è attualmente indagato per per bancarotta fraudolenta, falso in bilancio e abuso d’ufficio (assieme al sindaco Nogarin) e che in ossequio alla trasparenza grillina ha deciso di non dimettersi.
È Stato infatti Lemmetti che a Livorno ha gestito la delicata questione di Aamps, la partecipata al 100% del Comune che si occupa di igiene ambientale e raccolta di rifiuti, gravata da una pesante situazione finanziaria.
Fu proprio l’assesore a caldeggiare l’idea di portare l’azienda sulla strada del concordato preventivo in continuità .
Ed è ipotizzabile che a Roma Lemmetti assuma anche le deleghe alle partecipate, dopo l’addio annunciato di Colomban, l’imprenditore veneto amico di Gianroberto Casaleggio.
Spianando la strada proprio all’ipotesi di concordato per Atac.
(da “NextQuotidiano”)
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Agosto 24th, 2017 Riccardo Fucile
PARLA L’ASSESSORE CACCIATO: “SE NON SI INTERVIENE SUBITO IL DISSESTO ATAC E’ GARANTITO”
Andrea Mazzillo aveva detto basta ai nomi calati dall’alto per volontà dei vertici del Movimento, senza che questi abbiano alcuna conoscenza della realtà di una capitale disastrata.
E un mese dopo l’intemerata per tutta risposta gliene arriva un altro, di quei nomi, direttamente sul capo. Da Livorno, per l’esattezza: 310 chilometri più a Nord.
Davvero una brutta sorpresa, ex assessore al Bilancio. Se lo aspettava un benservito simile?
«Sinceramente no. Capisco che certe esternazioni giornalistiche possano produrre qualche mal di pancia. Ci sta. Mai però avrei immaginato di essere ripagato in questo modo».
Si consoli: non è successo soltanto a lei.
«Per anni ho condiviso i progetti e le aspirazioni del Movimento. Fino in fondo. In campagna elettorale sono stato il mandatario della sindaca e ho tutelato gli interessi suoi come quelli dell’intero Movimento. Il mio è stato un ruolo di garanzia per tutti».
Ma le sue critiche non sono state apprezzate. Ricorda cosa disse Virginia Raggi dopo il suo colloquio con Repubblica? «Chi critica si mette fuori da solo». Ed è andata proprio così.
«Delle mie preoccupazioni ne parlai anche con i vertici del Movimento, che le condivisero ».
Di quali vertici parla?
«Luigi Di Maio, vicepresidente della Camera. Lui si mostrò sensibile, e non penso che sia irrilevante. Era appena scoppiato il caso Atac e mostrò di comprendere le mie perplessità ».
A differenza della sindaca. Ma non mi dica che non sospettò un gioco delle parti.
«Sono certo che le preoccupazioni erano condivise. Qui servono persone che conoscono i problemi di Roma. Il Movimento ha al proprio interno queste risorse. Purtroppo nelle logiche successive alla vittoria elettorale ha prevalso l’idea di un meccanismo che forse serviva a evitare la diaspora, i cambi di casacca… »
Allude forse al famoso contratto con penale di 150 mila euro fatto firmare ai consiglieri
«Proprio a quello. Credo che condizionare la partecipazione democratica debba essere oggetto di una valutazione molto attenta. Quello è un elemento sostanziale per il governo della città ».
Ricordo bene ciò che lei ci disse un mese fa: «Così si va a sbattere ». Conferma?
«Lo sa di cosa ho discusso ieri con la sindaca e la giunta?»
Visto che si parla si andare a sbattere, immagino che si sarà trattato dell’Atac.
«Esatto. Ho detto come la penso sul concordato preventivo che si vuole fare. Nella pancia dell’Atac ci sono 429 milioni di crediti verso il Comune che con il concordato si rischiano di perdere. E questo non è un elemento facilmente digeribile per i conti di Roma Capitale».
Traduca.
«Che si rischia di passare dal commissariamento dell’Atac a quello del Comune».
Questo gli ha detto?
«Questo».
E loro?
«Mi è parso che capissero».
Però poi Virginia Raggi l’ha sostituita, come già più o meno era successo con l’ex direttore dell’Atac Bruno Rota, che invece il concordato voleva farlo. Curioso, no?
«Ho fatto presente che quella perdita sarebbe catastrofica. Si rischierebbe il dissesto. Veda lei».
Vedo che l’hanno cacciata. E l’Atac ha tutta l’aria di essere un mezzo pretesto. Per conto mio, se un mese fa non se ne fosse uscito con la storia delle nomine calate dall’alto starebbe ancora al suo posto.
«Quella storia ha di sicuro accelerato. Che io abbia parlato con la stampa di certe criticità non è sicuramente piaciuto. Ma la storia dell’Atac ha pesato eccome. La situazione non è facile, l’azienda ora deve pagare gli stipendi».
E i soldi ce l’ha?
«Sta chiedendo un’anticipazione alla tesoreria del Comune ».
Rimorsi, a questo punto?
«Nessuno. Ho svolto il mio compito con coscienza. Ho iniziato a sistemare le vecchie partite. Ho approvato il bilancio in anticipo. Ho messo a posto i debiti fuori bilancio. Ho reperito le risorse per le strade e le scuole. Ho risolto rogne indicibili, come quella di Multiservizi. Sarei riuscito a far quadrare anche la vicenda dell’Atac, in bonis, senza mettere in mezzo tribunali, avvocati, periti…»
E ora c’è un altro al suo posto. Mica male per uno che fino a qualche settimana fa era considerato un fedelissimo di Virginia Raggi.
«Le sensibilità del Movimento cinque stelle sono molto vicine alle posizioni che ho espresso. Ma nella gestione amministrativa di questa città si è perso purtroppo il contatto con il progetto al quale i cittadini avevano dato il loro voto».
(da “La Repubblica”)
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Agosto 24th, 2017 Riccardo Fucile
QUANTO SI DOVRA’ ATTENDERE PERCHE’ I RESPONSABILI VENGANO IDENTIFICATI E DENUNCIATI?… RAZZISTI IMPUNITI, PROFUGHI ERITREI MANGANELLATI, E’ IL NUOVO CORSO DEL PD
Scritta razzista sul muro e balloni di fieno accatastati per murare gli ingressi della struttura
destinata a ospitare quindici profughi minorenni.
È questa la protesta andata in scena nelle ultime ore in un Comune della provincia di Piacenza, a Breno di Borgonovo Valtidone.
Vi erano attesi i giovani richiedenti asilo (provenienti da Senegal, Sierra Leone, Ghana, Nigeria, Bangladesh, Gambia, Guinea) ma alcuni abitanti della frazione hanno protestato, e qualcuno non ha esitato a chiudere tutti gli accessi della ex scuola – struttura rimessa a nuovo di recente proprio per accogliere i profughi – bloccando ogni ingresso con delle pesanti balle di fieno accatastate l’una sull’altra.
Sul muro la scritta a sfondo razzista e contro la cooperativa Ippogrifo che ha in gestione la struttura.
Sono intervenuti i carabinieri della compagnia di Piacenza, il sindaco del paese e personale della prefettura, che si sono occupati di far liberare gli accessi e permettere l’ingresso dei quindici richiedenti asilo.
Nessuno ha identificato e denunciato finora i responsabili.
(da agenzie)
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Agosto 24th, 2017 Riccardo Fucile
SGOMBERI A ROMA, LE STORIE DEGLI ESSERI UMANI CHE CHIEDONO SOLO QUELLO DI CUI HANNO DIRITTO, IL RISPETTO
«Vogliamo giocare!» gridano i bambini affacciati alla finestra dello stabile sotto sgombero, sventolando un lenzuolo bianco con scritto «Non siamo terroristi, vogliamo una casa dove vivere».
Decine di piccole teste che si sporgono dalla balaustra: « Vogliamo andare ai giardini!».
Da quattro giorni non escono di casa. Casa, per loro che qui sono cresciuti, è lo stabile sotto sgombero in Piazza Indipendenza, a due passi dalla stazione Termini e dalla scuola che frequentano.
Un palazzone di sei piani che appartiene a un fondo immobiliare, in disuso da anni prima che qui trovassero rifugio centinaia di rifugiati provenienti dall’Etiopia e dall’Eritrea.
Bambini, donne e uomini che — secondo quanto ha stabilito la legge esaminando ogni caso — hanno diritto alla protezione umanitaria, perchè fuggono da guerre e persecuzioni.
Lo sgombero è arrivato all’alba di un sabato di metà agosto, pianificato nel giorno e nell’ora in cui la città era deserta e solo un paio di turisti avrebbero assistito all’operazione di polizia.
Cinquecento uomini in divisa per sgombrare altrettanti adulti e bambini: i primi a far rispettare la legge che tutela la proprietà del Fondo Omega Immobiliare gestito dall’Idea Fimit Sgr; i secondi a chiedere che venisse rispettata la legge che tutela gli esseri umani in fuga dalla guerra.
«Dicono che prendiamo 35 euro al giorno, ma non è vero!», protesta Alem seduta sulla sua valigia, una delle decine accatastate in strada: sacchi neri, scarpe, stampelle, scolapiatti, peluche.
Si riferisce alla bufala che circola in rete, periodicamente rilanciata dai giornali di destra. Trentacinque euro a persona — quasi interamente provenienti da fondi europei erogati allo scopo — sono in realtà i soldi percepiti dalle cooperative e che gestiscono i centri di accoglienza per richiedenti asilo.
«Se non vi piace stare in Italia, perchè non ve ne andate?», le ha chiesto un ragazzo attirato in piazza dalle proteste. «Perchè non possiamo», risponde Alem: «La legge ci obbliga a restare qui».
Alcuni ci hanno anche provato ad andarsene, come del resto ci proviamo noi.
Un diciottenne italiano su due sogna di andare a lavorare all’estero, e da anni il numero di italiani che lasciano il paese per sfuggire al lavoro precario e sottopagato e agli affitti astronomici è superiore al numero dei migranti che sbarcano qui.
«Mi hanno rispedito indietro», racconta Buru, infermiere: «Dal Belgio, dove ho provato a raggiungere mio fratello, e dalla Francia dove abitano i miei cugini che mi avrebbero ospitato. Mi hanno detto che dovevo tornare in Italia».
Anche questo prevede la legge. L’obbligo di chiedere asilo nel paese dove si approda, l’obbligo di restarci se la domanda viene accolta.
«Ma vivere in Italia è impossibile. Il lavoro non si trova. Quando lo trovi, non trovi la casa: leggi l’annuncio, telefoni, prendi appuntamento per visitare l’appartamento e quando vedono che siamo neri non ce le danno. Sono mesi che cerco una casa da dividere con due amici. Potremmo pagare, ma niente».
«Io sono venuta qui per stare vicino a mia figlia», racconta Bogalech, diventata madre a 15 anni. Vivevo a Lecce, facevo le pulizie, guadagnavo abbastanza per pagare l’affitto, che a Lecce era di 250 euro».
A Roma, con quella cifra, non ti affittano nemmeno un posto letto in una stanza doppia. «Lavoravo tutto il giorno e non sapevo a chi lasciare la bambina. Non avevo nessuno. È dura senza la mamma», dice parlando di sè stessa, e di sua figlia. «È venuta a Roma per stare con il padre, che ora ha un’altra compagna. Soffrivamo troppo a stare lontane, la bambina piangeva sempre, così ho lasciato la Puglia e ho cercato lavoro qui. Però qui non ce la faccio a pagare l’affitto».
Cinque piani sono stati sgomberati da uomini e cose. Al primo piano resistono, asserragliati, donne e bambini: «Vogliamo giocare! Vogliamo giocare!».
«Ho visto su Facebook le foto del terremoto. Persone rimaste senza la casa, come noi, con tutte le loro cose rimaste dentro, sotto ai sassi. E tutti offrivano aiuto perchè senza la casa non si può vivere».
È un terremoto anche questo, per chi lo subisce, ma previsto e innescato dalle istituzioni.
Dalla prefettura che spiega che la responsabilità è del Comune, dal sindaco e dall’assessora ai servizi sociali che non si sono fatti vedere.
Dalla sala operativa del Comune che spiega che gli occupanti hanno rifiutato la soluzione proposta ad alcuni di loro: un centro accoglienza dall’altra parte della città o, per qualche famiglia, una villetta per sei mesi, a Rieti. «A Rieti?! Ma i bambini vanno a scuola qui! Hanno fatto le iscrizioni a giugno, tra pochi giorni cominciano… Ora scriveranno che siamo degli ingrati, che abbiamo rifiutato le villette, ma se ai terremotati di Ischia proponessero come soluzione la villetta a Rieti? Sarebbero considerati ingrati, se rifiutassero?».
E se ai terremotati proponessero un centro accoglienza, con orari per entrare e uscire e camerate separate per uomini e donne?
Tanti di questi uomini e donne parlano un italiano fluente, romanaccio i bambini, che pretendono quello che pretendono i bambini che parlano romanaccio: «Annà al parco».
Annà a scuola e a giocà , dormì a casa. È più facile comprendere i torti e le ragioni vedendo questa storia con gli occhi dei bambini.
La casa è un diritto fondamentale di tutti, come ribadisce la Costituzione e numerose sentenze della Consulta («È doveroso da parte della collettività intera impedire che delle persone possano rimanere prive di abitazione», «Il diritto a una abitazione dignitosa rientra, innegabilmente, fra i diritti fondamentali di una persona»).
Così l’istruzione e un lavoro decente («che concorra al progresso materiale o spirituale della società ») e decentemente pagato («il lavoratore ha diritto a una retribuzione in ogni caso sufficiente ad assicurare a sè e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa»).
È la stessa Costituzione che enuncia tra i principi fondamentali la tutela dello straniero e la protezione del richiedente asilo: «Lo straniero al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione Italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica».
L’emergenza abitativa — collegata a quella lavorativa dei gli impieghi sottopagati, in costante violazione della Costituzione — non è tale. Non è una circostanza imprevista, un accidente: è la conseguenza voluta di scelte politiche che hanno legalizzato le speculazioni immobiliari e il lavoro precario e sottopagato.
Gli stranieri diventano il capro espiatorio. Sono le vittime — come lo sono gli italiani — di quelle scelte, ma vengono accusati dai responsabili di essere la causa della disoccupazione e della carenza di alloggi.
«Vengono qui a rubarci il lavoro», «Prima gli italiani», «Aiutiamoli a casa loro», dicono i politici, anche nei confronti degli esuli che la Costituzione ci impone di aiutare a casa nostra, perchè a casa loro vengono perseguitati dai regimi che si sono insediati con la complicità dei nostri governi, sterminati dalle guerre combattute con le armi prodotte in Italia.
Una delibera regionale del 2014 ha previsto lo stanziamento di 200 milioni per affrontare “l’emergenza abitativa”.
Centoventi appartamenti sono già stati acquistati. Altri, con quei fondi, verranno ristrutturati. Ma sono vuoti. Una delibera del commissario Tronca, confermata dalla giunta Raggi, ha reso di fatto inapplicabile l’assegnazione: per procedere, la Regione chiede al Comune di compilare una lista delle famiglie senza casa — circa 2500 — mentre il Comune esige gli appartamenti senza presentare la lista di chi ne ha bisogno.
È questione di ore — tempo che sfollino i giornalisti e i curiosi — e lo sgombero sarà condotto a termine.
Le famiglie sbattute in strada o dall’altra parte della città , le loro cose gettate nella spazzatura, l’edificio restituito al fondo Omega che ne farà un centro commerciale. Gli italiani se la prenderanno con gli stranieri che si accampano in strada, gli stranieri con l’Italia che non li lascia andare via, la Costituzione resterà lettera morta e questa storia sarà archiviata nei server dei giornali online sotto la categoria “emergenza immigrazione” mentre è l’ennesima storia di diritti negati, sistematicamente, a chi non è ricco abbastanza.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 24th, 2017 Riccardo Fucile
LO SCRITTORE CHRISTIAN RAIMO CONTRO LO SGOMBERO DEI PROFUGHI A ROMA
“Questa non è la mia città “: è con queste lapidarie parole che lo scrittore Christian Raimo lancia il
suo j’accuse verso l’operazione di polizia per lo sgombero di centinaia di migranti accampati in piazza Indipendenza a Roma, vicino la stazione Termini. “Una città in cui alle sei di mattina i poliziotti fanno le cariche e buttano gli idranti contro i rifugiati, comprese donne incinte e bambini” continua su Facebook l’intellettuale, in un post che ha ottenuto molti apprezzamenti e condivisioni.
“Questa non è la mia città , indifferente contro i deboli, ostile contro gli stranieri. Che parla di legalità solo quando deve usare la violenza contro i poveri. Che riempie le strade di transenne, posti di blocco, camionette”.
Raimo non ci sta a tacere di fronte alla decisione delle forze dell’ordine capitoline di non tollerare oltre l’occupazione dei migranti – alcuni dei quali in attesa di una risposta alla loro richiesta d’asilo – di una palazzina nei pressi della stazione più grande di Roma, dove da tempo si erano accampati.
“La mia città è aperta, solidale, attenta, la mia città è fatta dalle persone che si danno da fare ogni giorno per la dignità degli ultimi: gente comune che fa offre condivisione, accoglienza, educazione. La mia città è di chi si batte per allargare i diritti, non per togliere a chi li ha. La mia città è bellissima, anche se ogni giorno fate di tutto per farne un luogo di paura e tristezza” ha concluso poi lo scrittore.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 24th, 2017 Riccardo Fucile
PD VERGOGNA D’EUROPA, GENTILONI CACCI MINNITI PRIMA CHE CI SCAPPI IL MORTO
Dopo essere stati sgomberati dal piazzale in cui avevano dormito gli ultimi giorni, i rifugiati ex occupanti del palazzo di piazza Indipendenza sono rimasti per diverse ore seduti sotto il sole nelle vie adiacenti al luogo.
Alla fine hanno deciso di dirigersi verso uno spazio verde vicino alla stazione Termini. Ma anche qui le forze dell’ordine hanno nuovamente caricato i rifugiati che sono fuggiti in direzione della stazione.
La polizia in assetto antisommossa ha continuato l’inseguimento, usando anche le camionette fra lo stupore dei passeggeri che si trovavano nel piazzale dello scalo ferroviario.
Durante l’inseguimento il funzionario che guidava la celere ha gridato: “Devono sparire, peggio per loro. Se tirano qualcosa spaccategli un braccio” come risulta dal video che finirà sui media internazionali.
Una pagina vergognosa per le nostre forze dell’ordine e per i mandanti di questa operazione.
(da agenzie)
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Agosto 24th, 2017 Riccardo Fucile
“CI BUTTATE VIA COME UNA SCARPA VECCHIA, VOI ITALIANI SIETE STATI 55 ANNI IN ERITREA, MAI VI ABBIAMO TRATTATO COSI'”
Genet solleva un lembo della maglietta, si allarga in vita i pantaloni e mi invita a toccare. Sono
bagnati, l’acqua è arrivata dagli idranti della polizia all’alba, ci spiega, puntando il dito verso Piazza Indipendenza.
Lei stava dormendo lì, dopo essere stata sgomberata dal palazzo che aveva occupato a via Curtatone. È lei la donna che piange mentre un poliziotto le fa una carezza, nella foto da molti considerata il simbolo di questa giornata, l’ennesimo sgombero consumato a Roma negli ultimi mesi. Ma Genet non ci sta.
È arrabbiata per il modo in cui lei e gli altri, in gran parte rifugiati, che vivevano nel palazzo di via Curtatone sono stati cacciati via.
Viene dall’Etiopia, dice di avere 40 anni e per meglio rendere in italiano lo stato d’animo in cui si trova si rivolge a Tareke Brhane, mediatore culturale eritreo, in Italia da anni, accorso a Roma per supportare i rifugiati “in questo momento così drammatico per loro”, spiega.
Genet guarda la foto sua col poliziotto e strabuzza gli occhi. “La usano per mostrare la faccia bella di questa storia, ma la verità è che la polizia ci ha spruzzato l’acqua addosso. Siamo stati buttati via come una scarpa vecchia”, sibila.
La voce della donna si fa più alta, Genet quasi grida: “Per cinquantacinque anni gli italiani sono stati in Eritrea, ma non gli abbiamo fatto quello che ci state facendo voi italiani. Non abbiamo neanche lo spazio per seppellirci”.
È sola, qui in Italia. “Ma ho una figlia che ho lasciato in Sudan, a metà strada”, dice in un soffio.
Proviamo a chiedere cosa le è stato detto, quale alternativa le è stata prospettata dopo lo sgombero. Genet guarda Tareke, aspettando la traduzione. Poi risponde agitando le mani e alzando gli occhi al cielo.
“Avevano detto che ci sono delle strutture, ma i posti sono insufficienti, non sono soluzioni. La trattativa, ieri sera – spiega il mediatore – si era interrotta con la promessa che sarebbe ripresa stamane. Abbiamo visto stamattina com’è ripresa, a colpi di idrante”.
“Tocca, senti vestiti ancora bagnati?”, insiste la donna. Non sa dove finirà ora.
“Non lo so, come faccio a saperlo – mi ride in faccia Genet – So solo che mi sento come una cosa buttata via”.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 24th, 2017 Riccardo Fucile
IN PIAZZA INDIPENDENZA VA IN SCENA LA VERGOGNA, CHIESTE LE DIMISSIONI DI MINNITI… LA DENUNCIA DELL’UNICEF E DI MEDICI SENZA FRONTIERE
Secondo la questura, sono stati sgomberati i giardini della piazza, occupati da circa 100 cittadini stranieri sgomberati sabato scorso da un palazzo in via Curtatone. L’intervento, secondo la velina di regime, “si è reso urgente e necessario” dopo il rifiuto di ieri della sistemazione “alloggiativa offerta dal comune di Roma”.
Balle! Visto che tutti i media hanno riportato che la soluzione proposta era di un alloggio solo per 107 persone su 400.
Gli immigrati si sono dispersi nelle strade limitrofe alla stazione Termini. Piazza Indipendenza è stata chiusa e presidiata dalle forze dell’ordine.
Un gruppo di manifestanti si sono spostati verso la stazione Termini e piazza dei Cinquecento. Siu sono registrati ancora momenti di tensione con le forze dell’ordine che hanno cercato di disperdere i manifestanti. La polizia ha poi bloccato l’incrocio di via Cavour.
Durante l’intervento delle forze dell’ordine in piazza Indipendenza alcuni migranti soprattutto donne, sono rimaste comunque ferme con le braccia alzate nonostante fossero investite dal getto dell’acqua degli idranti. Una di loro è caduta a terra, colpita dall’acqua. La donna che si è poi ripresa è stata soccorsa e assistita dagli operatori di Medici senza Frontiere.
“Siamo stati svegliati con l’acqua degli idranti. Hanno preso alcune di noi per i capelli colpendole anche con i manganelli. È assurdo: siamo rifugiati politici, abbiamo i documenti in regola”, racconta una delle donne sgomberate.
“Ci hanno preso per i capelli – racconta un’altra – quella donna con il braccio fasciato è stata colpita con un manganello e ora sta andando in ospedale. Anche io ho i segni sul fianco. Non è giusto. Abbiamo dormito per strada per 5 notti. Vogliamo solo una casa”.
Unicef: “Situazione molto triste”.
“Questa mattina all’alba in piazza Indipendenza è avvenuto lo sgombero dei rifugiati che vivevano nel palazzo occupato di via Curtatone, sotto gli occhi terrorizzati dei bambini che erano stati lasciati al primo piano insieme alle loro famiglie dopo lo sgombero di sabato scorso” dichiara Andrea Iacomini, portavoce di Unicef Italia che aggiunge:
“Questi bambini, dopo aver assistito a scene di guerriglia urbana, sono stati caricati sui pullman delle forze dell’ordine e portati in questura, alcuni testimoni ci hanno raccontato che continuavano a gridare e battere le mani sui vetri durante tutto il tragitto, in preda al terrore. Sconvolti. È una situazione molto triste: parliamo di 800 persone con status di rifugiato, sopravvissute a guerre, persecuzioni o torture che in alcuni casi hanno anche ottenuto la cittadinanza italiana, buttate in strada in condizioni disumane senza una reale alternativa sostenibile (non il meno peggio) da parte del Comune di Roma, che abbiamo invano atteso in piazza”.
Medici senza frontiere.
Medici senza frontiere, su Twitter, ha detto di di aver curcato almeno sei persone ferite durante lo sgombero. In più secondo Msf sarebber ostati “usati idranti e manganelli”.
“Risposta inadeguata”.
Per il vescovo delegato Migrantes della Conferenza episcopale del Lazio, monsignor Paolo Lojudice, vescovo ausiliare di Roma “è arrivato il momento di stabilire politiche di convivenza pacifiche per una integrazione reale. Gli sgomberi, come quello di oggi, non sono certamente una risposta adeguata”. A riportare le sue parole è l’agenzia Sir (Servizio informazione religiosa).
Lojudice ha poi aggiunto: “Sono seriamente preoccupato per quanto avvenuto perchè non porta a nulla senza risposte concrete e capillari in tutta la città “.
Per il vescovo ausiliare “c’è bisogno di una risposta progettuale e strutturale” e per questo “siamo disponibili a partecipare a incontri di programmazione con le istituzioni e con chi ha a cuore questi problemi per trovare vere e proprie soluzioni per garantire un futuro diverso a questi uomini, donne e bambini che hanno solo la colpa di essere fuggiti da realtà di guerra e povertà nella speranza di un futuro diverso”.
La polemica politica.
E in queste ore non manca la polemica politica. Su twitter Gianluca Peciola, ex capogruppo Sel in Campidoglio scrive: “#Roma non può essere tomba diritti. Dimissioni di #Minniti e di Sindaca #Raggi. Basta con questa vergogna su pelle #rifugiati. #restiamoumani”. E non è l’unico a intervenire. Su Facebook la vice presidente del Partito democratico,
Barbara Pollastrini, scrive: “Donne in ginocchio con le braccia alzate e bambini che piangono è l’immagine di una sconfitta. Nella Capitale, nel 2017, sembra impossibile tutto questo. È difficile trovare l’equilibrio tra diritti: quello alla legalità e quello dei singoli. Ma per questo nella gerarchia la dignità di ogni persona, tanto più se donna e bambino, dovrebbe venire prima. Era doveroso un altro metodo”.
(da “La Repubblica”)
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