Agosto 28th, 2017 Riccardo Fucile
MENTRE 700.000 ESSERI UMANI SONO IMBOTTIGLIATI IN LIBIA, IN PARTE NEI LAGER DI STATO, I LEADER EUROPEI PENSANO SOLO A MISERAILI INTERESSI DI BOTTEGA… CON PUNTE DI INVOLONTARIO UMORISMO PER LA CORBELLERIE CHE ANNUNCIANO
E’ terminato il vertice organizzato a Parigi dal presidente francese Emmanuel Macron con i capi di Stato o di Governo di Italia, Germania, Spagna, Libia, Niger e Ciad.
All’Eliseo si è parlato della gestione delle migrazioni verso l’Europa e si è fatta la solita passerella uso media perchè l’operazione di “respingimento” verso la morte era già stata sentenziata un mese fa.
Vediamo le principali contraddizioni che vogliono far passare per grande successo:
1) Tutti a sottolineare la necessità di una cooperazione con la Libia, quale non si sa visto che esistono due governi che non si sopportano, varie guardie costiere, decine di tribù, tutti collusi con gli scafisti da cui riscuotono tangenti per far passare o meno i disperati. Si parla di altri 6 miliardi da regalare a dei cialtroni che da una vita taglieggiano l’Europa reclamando ieri danni di guerra presunti, oggi quattrini per bloccare i migranti.
2) La Guardia costiera libica che fino a ieri scortava gli scafisti che avevano pagato il pizzo fino alle acque internazionali oggi è nostra interlocutrice privilegiata dopo che il pizzo di Stato lo abbiamo elargito noi. La marina di Tripoli chiede all’Italia pure mitragliatrici pesanti modello Breda da montare sulle motovedette. Una richiesta che contraddice le risoluzioni Onu che vietano di inviare armi in Libia, tanto per farsi un’idea con chi abbiamo a che fare.
Come sempre, quando avremo pagato fino all’ultimo dollaro, se ne inventeranno un’altra, con la minaccia di far ripartire i profughi.
3) L’ipocrisia dell’Europa quando parla di contrasto ai trafficanti. Ma lo volete capire che i disperati partono indipendentemente che esistano o meno i trafficanti? Che siamo di fronte a un esodo che non si può fermare ma solo gestire al meglio? I trafficanti esisteranno sempre, come i trafficoni dei servizi segreti che usiamo per criminalizzare le Ong .
4) Mentre la Merkel ha detto qualche cazzata ma almeno ha accolto un milione di siriani, la palma del ballista oggi spetta a Macron.
“Abbiamo dato il via libera ad un piano d’azione che prevede “un’identificazione già nei Paesi di transito” attraverso “una cooperazione con i Paesi africani” e che “comprende anche una presenza militare sul campo” con “la possibilità di organizzare un rientro nei Paesi di origine”.
E bravo Macron, hai capito tutto: per chi scappa da guerre e persecuzioni rientrare nel Paese di origine è la cosa più sensata, magari con il cappio già al collo, così si rende più facile il compito dei boia che li aspettano.
E ancora: “Daremo asilo ai migranti avviando la procedura nei Paesi di provenienza”: come no, andiamo da Boko Haram che massacra i cristiani, bussiamo alla porta e diciamo: “scusare il disturbo, potete gentilmente far passare qualche migliaia di cristiani che vorrebbero venire in Europa, così nell’occasione gli facciamo compilare la scheda della richiesta?”
E se fossero migranti economici? Li rimandiamo nel luogo delle carestie con una baguette farcita, così gli passa la fame, certo…
5) Il blocco delle partenze sta causando l’imbottigliamento di 700.000 profughi in Libia, quasi la metà “ospiti” degli hotel a 5 stelle libici, noti centri democratici dove i migranti vengono taglieggiati, pagano tre volte il pizzo, le donne e i minori sono violentati, si vive nella sporcizia e senza assistenza medica e si fa la fame.
Dire che devono essere resi più vivibili o essere affidati a organizzazioni umanitarie dopo aver sparato sulle Ong è il massimo dell’ipocrisia: ma se neanche vengono fatte entrare a controllare, di che cazzo parlate?
O per far entrare l’Unhcr (l’Alto commissariato Onu per i rifugiati) a gestire i centri bisognerà staccare ai libici un altro assegno di qualche miliardo?
Quattro personaggi in malafede che per correre dietro a un elettorato di dementi nascondono l’unico scopo delle loro “cene di lavoro”: respingere i disperati del mondo da dove sono venuti perchè al “borghese di Occidente” (per dirla alla Leo Valeriano) fa senso vedere che esistono i poveri.
Per quelli basta una monetina alla messa della domenica e la coscienza è a posto.
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Agosto 28th, 2017 Riccardo Fucile
IL SISTEMA DI PREMI E PUNIZIONI CON CUI LA FAMOSA LINEA DI VOLI LOW COST RETRIBUISCE IL PERSONALE
A giudicare dagli annunci nei portali per la ricerca di lavoro, sembra che sul mercato esistano solo tre tipi di occupazioni disponibili: sistemista Java, dialogatore e operatore call center.
Se non conosci Java e hai zero voglia di vendere il tuo tempo per delle chiacchiere con degli sconosciuti, al telefono o dal vivo, la ricerca pare senza possibili sbocchi.
Aggiungi che la percentuale di risposta ai curriculum inviati rasenta lo zero e che la laurea e/o i master di cui sei in possesso non sono particolarmente quotati nella borsa degli skills… il quadro si complica parecchio.
Perciò, quando qualcuno ha finalmente risposto alla mia “iscrizione a un’offerta di lavoro” ho provato una strana sensazione, di affetto quasi.
Ho pensato di dover ricambiare, presentandomi al colloquio.
Ho detto “qualcuno”, ma in realtà avrei dovuto dire “qualcosa”: un algoritmo, un dispositivo automatico di risposta alle mail, un bot del portale.
Non posso saperlo, ma l’invito a comparire in un hotel nella zona di Tor Vergata è arrivato pochi millesimi di secondo dopo l’invio della mia iscrizione.
Ciò esclude la mediazione umana e, dunque, una seppur minima selezione del curriculum, che avrebbe potuto equivalere a qualche decimale in più nella stima probabilistica di un’assunzione.
Il lavoro non era proprio quello dei miei sogni, ma provavo a vederci delle sfumature positive: la possibilità di viaggiare, avere un contratto decente, ricevere uno stipendio non troppo basso. Ovviamente, mi sbagliavo.
Nell’atrio dell’hotel di lusso, nella periferia sud-est di Roma, una quarantina di ragazzi e ragazze tirati a lucido, con la barba fatta, il vestito e la cravatta siedono in silenzio. Tra loro, io.
Alcuni si muovono sicuri nei completi eleganti, camminano come se nulla fosse, bevono il caffè senza bisogno di sistemarsi di continuo la giacca, muovono le mani sullo smartphone senza domandarsi perchè la camicia faccia capolino solo da una delle due maniche.
Altri sono impacciati, si toccano insistentemente la cravatta temendo che il nodo si sciolga, cercano delle tasche in cui infilare le mani senza trovarle, provano a controllare la continua fuoriuscita della camicia dalla giacca senza alcun successo.
Evidentemente, non sono abituati a conciarsi così. Tra loro, sempre io.
C’è anche un ragazzo che deve aver letto male le istruzioni per l’uso: si è presentato in jeans e camicia a quadrettoni, rossi e blu. È imbarazzato, ma resta. Sembra simpatico.
In sala nessuno fiata. Quasi che tailleur e vestiti abbiano trasmesso per metonimìa un certo dovere di contegno, di formalità .
“Dicono che l’abito non fa il monaco, ma non è vero”, argomenta il Totò ladro vestito da carabiniere, nei ‘Due marescialli’ , “Io a furia di indossare indegnamente questa divisa, marescià … mi sento un po’ carabiniere”.
Ci chiamano e andiamo tutti insieme nel seminterrato dell’albergo, in una sala conferenze. Eliminata la prima decina di candidati con un test di inglese da seconda media, la selezione entra nel vivo. O meglio, nel video.
Proiettano una presentazione del lavoro, divisa per sezioni: informazioni tecniche sulle diverse mansioni; procedure di inizio; questioni retributive e contrattuali; possibilità di carriera; criteri di premialità ; caratteristiche dell’azienda che offre il lavoro e dell’agenzia di recruitment che assume (due cose diverse: una è Ryan; l’altra una fusione tra Crewlink e Workforce International… sì, si chiama proprio così!).
In questa seconda fase, si rivolgono a noi come fossimo già assunti. L’uomo sulla cinquantina, inglese o irlandese, responsabile del reclutamento allude più volte a quanto staremmo bene con indosso le nuove divise da hostess e steward.
Dalle immagini del video e dagli interventi del selezionatore si capisce che ci sono soprattutto tre caratteristiche importanti per fare questo lavoro: essere disponibili alla relocation immediata; parlare inglese; essere flessibili-e-sorridenti (insieme).
Le immagini mostrano giovani di tutti i colori, che sembrano felici e raccontano la loro esperienza con Ryan di fronte a un bastone per i selfie.
In particolare, insistono su quanto sia utile e divertente il corso di formazione per diventare personale di bordo. Si nuota, si spengono incendi, si salvano bambolotti, si incontrano persone. “You grow up like a man, not just cabin crew”.
Ma è più avanti che le orecchie dei candidati si aguzzano: quando si inizia a entrare nel dettaglio del salario e dei tempi di lavoro.
La retribuzione è organizzata secondo una serie di premi e possibili punizioni, un incrocio tra un videogioco e una raccolta punti del supermercato. “Your performance is continually monitored and assessed”. Monitorare e valutare.
Punire solo come ultima ratio.
Soprattutto premiare: per far rispettare le regole, per aumentare la produttività , per migliorare le prestazioni. I like dei clienti danno diritto a delle ricompense: monetarie, ma soprattutto relazionali. Ad esempio, la penna nel taschino è indice di un certo numero di apprezzamenti. Costituisce dunque, tra i colleghi e nell’azienda, l’indicatore di uno status particolare.
Si viene pagati un po’ in base all’orario e un po’ a cottimo. Nel senso: un fisso non esiste; sono retribuite solo le ore di volo; si percepisce il 10 per cento su ogni prodotto venduto (…adesso lo capite il perchè di tanto rumore?).
Il contratto è registrato in Irlanda o nel Regno Unito. Si hanno delle agevolazioni sui viaggi in aereo.
Il salario mensile dovrebbe oscillare tra 900 e 1.400 euro lordi, in base al luogo di ricollocamento. “We try to keep the wages homogeneous among our workers”.
“Bella l’uguaglianza, quando non schiaccia tutti verso il basso”, penso io.
Viene poi fatto cenno a un periodo annuale in cui non si lavora e non si ricevono soldi: da uno a tre mesi.
Ma il selezionatore ci assicura che questa pausa non supera (quasi) mai i 30 giorni.
Fino a qui, niente di eccezionale. Il rapporto premi-punizioni, però, è più complesso e configura per intero il sistema di retribuzione.
Ovviamente, se i diritti diventano premi e i doveri debiti, tutto cambia. Non si parla di tredicesima e/o quattordicesima, ma di bonus, che si ricevono solo il primo anno. Trecento euro il primo mese di lavoro, altrettanti il secondo, il doppio il sesto.
Chi va via prima della conclusione dei primi 12 mesi, però, deve restituirli tutti.
Inoltre, la divisa (quella bella di cui sopra) costituisce un costo esternalizzato al lavoratore: il primo anno sono 30 euro al mese scalati direttamente dalla busta paga; successivamente pare si ricevano dei soldi, ma non si capisce bene per cosa, se per lavarla o non perderla.
Per ultimo, il corso di formazione per diventare hostess o steward si rivela qualcosa di più di un parco giochi in cui fare festini con altri esponenti multikulti della generazione Erasmus.
Principalmente, si rivela un’enorme spesa. Se all’inizio era stato comunicato che, in via eccezionale, le registration fees del corso erano dimezzate a 250 euro, è alla fine che viene fuori il vero prezzo da pagare.
Ci sono due modalità differenti: 2.649 euro se paghi prima dell’inizio e tutto in un colpo; 3.249 se decidi di farti scalare il costo dallo stipendio del primo anno (299 euro dal secondo al decimo mese, 250 gli ultimi due).
Si aprono le domande. Dopo alcune irrilevanti su sciocchezze burocratiche, alzo la mano. “Ci avete parlato di un massimo di ore di volo a settimana, ma mai delle ore totali di lavoro. Quante sono?”, chiedo.
“Voi siete pagati in base alle block hours, cioè le ore calcolate dalla chiusura delle porte prima del decollo, all’apertura dopo l’atterraggio. I tempi di preparazione dell’aereo, prima e dopo il volo, possono variare”.
Varieranno pure, ma di sicuro non vengono pagati, nonostante siano tempi di lavoro.
Alza la mano quello dietro di me. “Scusi la domanda, ma ho bisogno di fare dei conti. Diciamo che uno stipendio per una destinazione non troppo cara è di 1.000 euro. Ve ne devo restituire 330 al mese tra corso e divisa. Ne rimangono 670. Dovrò prendere una stanza in affitto, diciamo almeno 300 euro. Ne rimangono 370. In più avrò bisogno di pagare un abbonamento ai mezzi per raggiungere l’aeroporto e coprire almeno le spese della casa anche nella pausa annuale in cui non si lavora. Diciamo che, se va bene, rimangono 300 euro. E non ho scalato le tasse, perchè non so come si calcolano in Irlanda o UK. Secondo lei, con questi soldi si può vivere?”. Sbem.
Il selezionatore della società di recruitment, fino a quel momento cordiale e spiritoso, accusa il colpo. Deglutisce. Tossisce. Arrossisce.
Si butta sulla fascia, prova un diversivo. “With this work you don’t get rich, but it’s in accordance with your capacity and affords your lifestyle”. Alla fine, anche qui le nostre capacità valgono poco più di un pacchetto di sigarette al giorno.
Chissà , invece, come ha calcolato il nostro stile di vita!
Finito il video, io e gli altri candidati usciamo e andiamo a mangiare insieme. Da come siamo vestiti, sembriamo un gruppo di giovani businessmen in carriera, lanciati alla conquista del mercato e pronti a scalare colossi finanziari. Invece siamo lì per un colloquio che, se va bene, ci farà guadagnare meno della persona che ci serve la pizza.
Comunque, i calcoli veloci del ragazzo che ha fatto la domanda dopo di me hanno sciolto l’iniziale freddezza tra i candidati.
In molti hanno perso interesse per il lavoro. Anche per questo, si scherza e si chiacchiera. Alcuni hanno appena finito la scuola superiore, altri l’università . Altri ancora hanno già diversi anni di precarietà sulle spalle e i capelli brizzolati. Tra loro…
Rimango fino all’intervista, per sport. Mi capita la collaboratrice del selezionatore. Legge il mio curriculum. Niente di eccezionale, però insomma… neanche da buttare. Tutti i titoli di studio con il massimo dei voti, laurea e due master, cinque lingue, numerose esperienze di lavoro materiale e immateriale, in Italia e all’estero.
“Are you sure you want to do this work?”, mi chiede. Bleffo: “Eeeeeh. Why not?”. “Do you know people working for us?”. “No”. “So, what do you know about this work?”. “What you told me today”, rispondo.
Lei arriccia il labbro inferiore e muove la testa dal basso verso l’alto e poi in senso inverso, fissandomi con gli occhi corrucciati. Ho l’impressione che stia pensando sardonicamente “Devi essere proprio una volpe, tu!”.
Saluto, me ne vado. Sulla vespa faccio i conti: due caffè al bar dell’albergo = 3 euro; un pezzo di pizza e una bottiglia d’acqua = 4 e 50; benzina per giri vari alla ricerca di vestito, cravatta e scarpe e poi fino al colloquio = almeno 5 euro; stirare la camicia = 2 euro; stampare 7 fogli di curriculum dal cristiano-copto su via di Torpignattara, che sembra sapere quando non puoi dirgli di no = 2,10 euro. Barba e capelli costo zero, taglio autoprodotto in casa. Alla fine, non mi è andata nemmeno tanto male.
Qualcuno è arrivato in treno da lontano, spendendo molto di più. Per l’ennesima offerta di lavoro precario e sottopagato.
Almeno una cosa l’ho capita: nella compagnia aerea, quel low che precede il cost non è riferito soltanto ai prezzi dei biglietti, ma anche al costo del lavoro.
Il racconto di Sandro Gianni è stato pubblicato originariamente sul sito delle Camere del lavoro autonomo e precario (Clap) e fa parte di una rubrica che si occupa di raccogliere le storie sulla precarietà lavorativa dei giovani.
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Agosto 28th, 2017 Riccardo Fucile
SE LA RESPONSABILITA’ ORMAI NON E’ INDIVIDUALE MA COLLETTIVA, PREPARIAMOCI A “PERCEPIRE” DIFFIDENZA VERSO I FORNAI: “IMPASTINO A CASA LORO”
Continuava ad abusare di suo figlio di 5 anni, nonostante fosse già stato allontanato dalla moglie e dal bambino e gli operatori stessero verificando da poche settimane la possibilità di ricomporre un rapporto familiare.
Ma i carabinieri di Alessandria lo hanno scoperto in flagranza di reato durante un incontro protetto, concordato con magistratura, assistenti sociali e la madre del piccolo.ù
L’uomo — un panettiere di 31 anni residente in provincia di Alessandria — è quindi finito in manette.
Un anno fa era stato denunciato dalla mamma del piccolo che si era confidato con lei sulle molestie sessuali che il papà gli riservava. ù
Le accuse non trovarono riscontri consistenti, tuttavia la donna e il bimbo vennero trasferiti in una comunità protetta.
All’uomo era stato proibito qualsiasi contatto con il figlio fino ad alcune settimane fa, quando sono stati autorizzati incontri di poche ore allo scopo di verificare la possibilità di instaurare un nuovo e sano rapporto familiare.
Ma, dopo un paio di visite, il bambino ha di nuovo parlato alla madre delle molestie che subiva e sono scattati gli accertamenti che hanno portato i carabinieri a cogliere sul fatto il 31enne.
Vistosi scoperto, il panettiere ha ammesso le proprie responsabilità e si trova attualmente detenuto nel carcere di Alessandria.
(da agenzie)
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Agosto 28th, 2017 Riccardo Fucile
A ROMA E’ TUTTO BELLO, CON LA RAGGI LA CITTA’ E’ RINATA: IL COLOSSEO E’ ANCORA AL SUO POSTO E A PIAZZA DI SPAGNA SI FANNO FOTO BELLISSIME
Niente dà la misura del disastro della giunta romana guidata da Virginia Raggi quanto il patetico tentativo di Beppe Grillo di raccontare ai suoi elettori una realtà alternativa.
Il Capo Politico del MoVimento 5 Stelle ci aveva provato qualche mese fa raccontandoci dei 43 (poi diventati rapidamente 91) successi della Raggi in meno di un anno di governo della Capitale.
La verità è che se la Raggi non ha distrutto Roma non ha nemmeno fatto quanto promesso. Ed è in base alle promesse di cambiamento che i romani la hanno eletta. Per il momento però l’unica cosa che la sindaca è riuscita a cambiare sono stati gli assessori.
Raccontare che a Roma ci sono ancora molte cose che non funzionano non vuol dire che i giornali e le televisioni stiano cospirando contro la Raggi.
Una sindaca che del resto non è del tutto immune dal complottismo. Ad esempio quando ci ha spiegato dell’esistenza di un complotto dei frigoriferi fatto da persone che abbandonavano rifiuti ingombranti per strada al fine di screditare l’immagine del M5S e della sua Amministrazione.
Ci sono tante cose che a Roma non funzionano, come è logico per la maggior parte di esse la colpa della Raggi e della sua giunta.
Lo è solo nella misura in cui non sono in grado di amministrare l’esistente. Si veda ad esempio la gestione di ATAC dove il MoVimento 5 Stelle, dopo aver silurato manager, non ha ancora capito cosa vuole fare dell’azienda dei trasporti.
La Raggi però non è stata eletta solo perchè aveva promesso di amministrare “bene” Roma. Ma perchè aveva promesso miracoli, salvo poi accorgersi che miracoli non se ne fanno.
Emblematica in questo senso la promessa fatta dall’assessore Daniele Frongia che in campagna elettorale aveva promesso di trovare in un anno 1,2 miliardi di euro grazie ai tagli agli sprechi. Di quei soldi però non c’è nemmeno l’ombra.
Ma i romani che hanno votato la Raggi lo hanno fatto anche per un altro motivo: la speranza in un cambiamento della politica. In fondo i 5 Stelle sono o non sono quelli della trasparenza, della democrazia diretta, della conoscenza del territorio e della valorizzazione delle competenze?
Guardando la vicenda della cacciata di Mazzillo e il curriculum di Lemmetti (che tra l’altro non è nemmeno di Roma) è impossibile non notare il tradimento dei valori fondamentali del M5S
Il grande inganno di Virginia Raggi
Non è quindi un caso che lo staff della comunicazione del Blog abbia deciso di lasciare spazio all’articolo di Maurizio Alesi che promette di raccontare “tutta la verità su Roma”. Alesi è un ex consigliere comunale di Palermo, eletto tra le fila dell’IDV che ha trascorso qualche giorno di vacanza a Roma.
La sua esperienza è diventata un articolo dal titolo “Roma e Virginia Raggi. Il grande inganno” che è stato ripubblicato il blog.
La prospettiva da cui Alesi racconta “tutta la verità su Roma” è quindi quella del turista, non quella del cittadino romano. Ad ogni modo Alesi ce la mette tutta e va a caccia di “sacchetti di immondizia in pieno Vaticano, crateri sul manto stradale dei Fori Imperiali, cassonetti stracolmi a Piazza di Spagna”. Ma non ne trova, incredibile, in tre dei luoghi turstici principali di Roma non si annega nell’immondizia.
Il tutto a qualche mese di distanza dalla reale emergenza rifiuti. Emergenza la cui esistenza è stata riconosciuta dalla stessa sindaca e dall’assessora Montanari.
L’Autore, nel suo girovagare, non riesce a trovare nemmeno una prova di misfatto della giunta. E c’è da crederci, in fondo quali prove ci sono che la Raggi non stia facendo sostanzialmente nulla per amministrare la Capitale?
L’aver cambiato quattro assessori al bilancio potrebbe di per sè essere un buon indizio della carenza di programmazione. Ma Alesi non è riuscito a fotografare nemmeno un assessore al bilancio.
Ci parla invece delle sue foto “foto costrette ad immortalare una città impeccabile, fioriere ovunque, marciapiedi puliti ovunque ti giravi, di buche nemmeno l’ombra e molte strade avevano addirittura il tappetino rifatto da poco”.
L’unico problema riconosciuto? L’ATAC, ma anche lì la Raggi si salva grazie ai “tanti nuovi autobus moderni e confortevoli” di cui ha dotato l’azienda.
Saranno i “nuovi” filobus o quelli inaugurati dalla Raggi (ma comprati da Ignazio Marino)?
Tutto quello che ci raccontano di Roma è un grande inganno. E Alesi da Roma è in grado di dirci che pure il lago di Bracciano non è vero che sia prosciugato.
Non si sa bene come abbia fatto a constatarlo se non per il fatto di aver visto i nasoni zampillare acqua fresca e cristallina. E se questo è il livello del fact checking di Alesi perchè non si dovrebbe dubitare anche del resto?
Ma soprattutto come sono presi al Blog di Grillo se per rilanciare l’immagine della Raggi devono ricorrere a questi mezzucci?
Fa in ogni caso piacere che Alesi — che a Roma Today ha rivelato di essere un elettore pentastellato e che voterà Cancelleri alle prossime regionali — abbia trovato, dopo un anno di amministrazione a 5 Stelle la Capitale ancora come la ricordava. Piazza Navona è al suo posto, il Tevere scorre ancora verso il mare e non nel senso opposto e sul lungotevere ci sono ancora i chioschi (non certo una novità dei 5 Stelle), al Colosseo ci sono ancora i Centurioni (nonostante le ordinanze), le associazioni e le ONLUS sono ancora a rischio sfratto e a Tor Di Valle c’è ancora una discarica a cielo aperto.
Ma vuoi mettere con l’album delle vacanze romane di Maurizio Alesi?
(da “NextQuoidiano”)
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Agosto 28th, 2017 Riccardo Fucile
IL SENATORE CITA COME FONTE LA SIULP-CGIL CHE PERO’ LO SMENTISCE: “CHI FA GIRARE QUESTE BUFALE E’ UN IMBECILLE”
Abbiamo già parlato della bufala della “registrazione integrale” della frase “Spezzategli le braccia” che ha cominciato a circolare ieri tra Whatsapp e Facebook per poi approdare sulla carta stampata grazie a “il Giornale” e su Twitter grazie al senatore del Partito Democratico Stefano Esposito, che parla — con il condizionale — di registrazione integrale della frase “spezzategli le braccia” e, generosamente, consente poi che ognuno si faccia l’opinione che vuole leggendo quello che definisce “il dialogo completo”.
Abbiamo spiegato perchè la registrazione pubblicata nel video che riporta la frase del poliziotto oggi sotto inchiesta al ministero dell’Interno è invece integrale e non è stato operato nessun taglio in malafede.
Il video, inoltre, è stato girato intorno alle 13:30 del 24 agosto, quando gli agenti non si stanno dirigendo verso piazza Indipendenza ma si spostano in Piazza dei Cinquecento dirigendosi verso Termini mentre inseguono i rifugiati in fuga.
Le cariche di piazza Indipendenza sono quindi già avvenute — compreso l’episodio della bombola di gas — e quindi non è possibile che il funzionario stia dando istruzioni su come eseguire lo sgombero.
Quelli a cui gli agenti sono invitati a “spezzare le braccia” sono i manifestanti in corteo nei pressi di Termini. Ma il senatore Esposito ieri su Twitter aveva anche rivelato chi fosse la fonte della fantomatica rivelazione che andava propalando su Twitter senza alcuna verifica, come (non) si conviene a un senatore della Repubblica pagato con i nostri soldi.
Sul sito del SIULP si specifica che il segretario del SIULP Piemonte è Antonio Ciaramella, che a questo punto abbiamo contattato per chiedergli se fosse in possesso della registrazione audio di cui parlava Esposito.
Ciaramella ci ha detto di non aver mai ascoltato l’audio di quella presunta registrazione e ci ha confermato di aver soltanto fatto circolare la “trascrizione” (bufala).
Ci ha indicato che a girargliela era stato il segretario generale del SIULP Torino Eugenio Bravo.
Anche Bravo ci ha confermato che la registrazione lui non l’ha ascoltata: “Non possiamo esprimerci perchè la frase è stata ricevuta in forma testuale da un casino di gente in chat, tra cui anche noi. Ma non sappiamo da dove arrivi neanche noi”.
Quindi la trascrizione potrebbe essere inventata?
“Purtroppo sì. Il problema è che chi fa girare queste cose è un imbecille”.
Già .
(da “NextQuotidiano”)
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Agosto 28th, 2017 Riccardo Fucile
IL GIORNALISTA SICILIANO DI 34 ANNI VIVE DA 4 ANNI SOTTO SCORTA PER LE SUE INCHIESTE SULLA MAFIA
Sotto ferragosto le grandi città sono tutte uguali. Sole a picco, turisti in giro, parcheggi finalmente vuoti e la sensazione un po’ surreale che il mondo sia, improvvisamente, andato tutto da un’altra parte.
Ero in una di queste lo scorso ferragosto, di passaggio per fare colazione con un amico ospite lì per qualche giorno.
Doveva essere una colazione normale, un abbraccio al volo fra persone che si vogliono bene e hanno il piacere di rivedersi un momento.
Ma, arrivata nella casa in cui era ospite, guardatolo in viso per un solo secondo, mi sono accorta subito che qualcosa non andava. Che stava male, malissimo. Diciamo anche più teso e pallido del solito, se mai fosse possibile, per un ragazzo di 34 anni che da quattro della sua vita vive “sotto scorta” ogni momento.
Paolo, perchè di Paolo Borrometi sto scrivendo, è giornalista.
Ma giornalista di quelli veri, direi come “si faceva una volta” se non suonasse retorica la cosa, anche se sono sempre più convinta che tutto quello che oggi si liquida come “retorico” sia rivoluzionario.
Paolo non è giornalista come tanti che vanno per la maggiore oggi. Personaggi a cui basta la tessera dell’ordine in tasca per urlare da una tastiera o da un microfono invettive personali e, spesso, di dubbio gusto.
Paolo Borrometi è della schiera di quei trenta giornalisti che, ad oggi, in Italia vivono sotto protezione (dati Ossigeno) per fare, semplicemente, il loro lavoro “bene”.
Per fare giornalismo di inchiesta… con inchieste, appunto.Strumento principe e fondamentale del loro lavoro.
Qualcosa che, come da Treccani, è un'”indagine svolta… per determinare lo stato oggettivo di fatti, […]avvenimenti o comportamenti che interessino un gruppo sociale o una intera società “… e renderne consapevoli noi che leggiamo, aggiungo io.
Ecco, per fare questo, con nomi, cognomi, indicazioni di situazioni precise, non urlando a destra e a manca, c’è gente nell’Italia del 2017, che rinuncia completamente alla sua vita.
Insomma, Paolo è davanti a me, seduto al tavolo di questa casa dalle grandi mura che lo accoglie in questi giorni ed è pallido.
Fuma una sigaretta dietro l’altra e mi racconta che: “Sono entrati in casa sua”. In casa sua.
Sono entrati, non è ben chiaro chi ancora, senza far danni, con mani leggere, quasi invisibili. Entrati e “certe cose”, frutto del suo lavoro, sparite.
Non ha paura Paolo, non credo. Perlomeno non è questo che avverto in lui ora. Lo guardo e vedo in lui l’amarezza, la tristezza, la rabbia repressa solo con l’abitudine alla pacatezza signorile del suo argomentare, di un’altra, ennesima, violazione di un suo spazio.
Di quello in cui cerca ancora di immaginare, una volta salutati i suoi “angeli custodi” e chiusa la porta, di essere “libero”. Immaginare, solo immaginare.
Perchè, purtroppo, non è la prima volta che questo suo unico spazio privato rimasto viene violato… Anche se non lo ha mai reso pubblico.
Neanche stavolta vuole farlo, assurdamente. Viviamo in un paese in cui, in situazioni come la sua, a volte solo se ti ammazzano ti concedono la dignità del pericolo che corri nel fare il tuo dovere, raccontando la tua vita e ciò che ti accade.
Rischi perfino di non essere creduto, di essere delegittimato con il cercare “protagonismo mediatico”.
Lo fecero con Falcone, figuriamoci se non può essere oggi con un giovane cronista siciliano nella Roma che tutto ingoia, digerisce o può distruggere in un attimo.
Insomma, sono qui con lui, fuori è caldo da morire, la città è semivuota e mezza Italia è al mare.
Difficile stemperare la sensazione di tenerezza, affetto, preoccupazione e anche rabbia che proviamo noi che siamo lì, intorno a lui. Gli diciamo che deve denunciare, raccontare cosa è accaduto.
Lui non vuole. Lo farà per lui, però, e con la puntualità di una presenza sempre speciale, il Presidente Grasso qualche giorno dopo, durante un evento in Sicilia.
Ne parlerà Lui dell’ “strano furto” in casa di questo giovane giornalista che gli è caro.
Come a tutti noi, che amiamo lui, ma non solo lui.
Che amiamo quello che fa, perchè attraverso persone come Paolo Borrometi viviamo possibile un’Italia migliore di quella che qualcuno vuole farci intendere, intimorendo chi ancora osa, semplicemente, fare con dignità il proprio lavoro.
In qualunque campo, anche banalmente il nostro quotidiano essere cittadini onesti.
Insomma, mentre oggi scrivo mi rivedo lì, con lui, mentre fuori ci sono quaranta gradi, quella città è semivuota e mezza Italia è al mare. Penso che ho già scritto di Paolo tempo fa, ma stamani è uscita un’altra sua inchiesta.
Il lavoro di un anno. L’ho appena letta, come avranno fatto già molti di voi. L’ho appena letta e penso che anche se avessi scritto solo ieri di Paolo Borrometi, lo rifarei anche oggi.
Perchè serve a non far rimanere sole persone come lui. Perchè anche voi che leggete, se siete arrivati a farlo fin qui, avete capito che è importante farlo.
Ognuno, per quello che può. Io con le parole semplici di una amica che gli vuole bene e vuole sia tenuta accesa la luce su quello che fa lui, ma non solo lui, quello che fanno tutti quei giornalisti in Italia “come lui”.
Fuori è caldissimo, mezza Italia è ancora al mare. Paolo viene dal mare e da uno bellissimo. Pochi lo sono, belli, come quello della sua Sicilia. Ma sono quattro anni che Paolo, il suo mare, lo vede da lontano. Che anche un semplice tuffo non può farlo.
Logisticamente troppo complicato per chi vive sotto scorta. Strano vero? È stata una sorpresa anche per me scoprirlo…
Non ci avevo pensato, così come ogni volta che mi imbatto in un gesto semplice per tutti noi, che scopro invece di una complicazione insormontabile se vivi sotto scorta.
Quindi, una piccola cosa… Andando al mare oggi o domani se ricapiterà , in questi ultimi scampoli d’estate che, fra l’altro nella sua Sicilia, scampoli non sono perchè settembre è il mese più bello, insomma, andando al mare, quando ci troveremo con la testa in acqua, lo sguardo volto verso il cielo mentre le nuvole scorrono e godremo di tutta questa meraviglia, pensiamo un attimo.
Pensiamo, anche solo un secondo, che quel tuffo è un regalo che la nostra libertà di essere ci dona mentre c’è chi, per averla e mantenerla con la stessa dignità , anche quel semplice tuffo non può farlo.
E il mare, il suo mare, ancora una volta e per un’altra estate ancora, anche per tutti noi, lo guarda, come tante delle infinite cose che ama, da lontano.
A Paolo Borrometi. Giornalista.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 28th, 2017 Riccardo Fucile
LE CAPRE A CAPO SAN MARCO CI SONO DA SEMPRE, SONO A CASA LORO… MA GUAI AD AVVICINARSI AI PREZIOSI ASCIUGAMANI DI QUALCHE TURISTA, VENGONO PICCHIATE DAI “BUONI CITTADINI BENPENSANTI”
C’erano prima le capre dei turisti, sul promontorio di Capo San Marco. Ci sono da sempre. Le ha abbandonate lì, chissà quando, qualche vecchio pastore.
E loro, come natura impone, si sono riprodotte. Incuranti, bontà loro, del possibile arrivo dei vacanzieri.
Ora non sono tante, perchè in quel lembo di terra, tra le acque placide del Golfo di Oristano e il mare burrascoso che guarda verso la Spagna, il cibo non abbonda.
Sono sopravvissute in poche e agli occhi dei visitatori rispettosi dell’ambiente sono sempre state le simpatiche mascotte di questo angolo di Sinis, sulla costa occidentale della Sardegna.
In primavera, sulla collina che si affaccia sulla città romana di Tharros, i fotografi si appostano tra i cespugli per immortalare le capre innamorate, mentre si rincorrono e mentre si arrampicano sulle scogliere intorno al vecchio faro.
Quest’ anno invece sono arrivati i turisti cafoni e le capre del Sinis sono diventate un fastidio.
Un colpa, in effetti, ce l’hanno: si avvicinano agli asciugamani, incuriosite da quelle presenze a cui loro non si sono mai abituate.
Sfrontate, perchè quella è casa loro e si sentono in diritto di difendere il territorio.
Non sono aggressive, ma solo un po’ impiccione. Per farle felici e tenerle a distanza di sicurezza basterebbe un tozzo di pane e un po’ di rispetto.
Ma i bagnanti cafoni hanno deciso di usare un comportamento poco amichevole e contro due caprette affamate si è usata la violenza.
Qualcuno ha filmato il branco in costume da bagno e prima ancora che arrivi una denuncia le immagini che circolano sul web mostrano con chiarezza la poca sensibilità umana.
(da agenzie)
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Agosto 28th, 2017 Riccardo Fucile
E’ IL RESPONSABILE DEL FOGGIANO… ORA QUALCUNO SI ACCORGE CHE E’ ISTIGAZIONE A DELINQUERE (UNA DELLE MIGLIAIA CHE OGNI GIORNO I CLANDESTINI DELL’UMANITA’ COMMETTONO SUL WEB SENZA CHE NESSUNO VADA MAI IN GALERA)
“Ma alla Boldrini e alle donne del Pd, quando dovrà succedere?”. Saverio Siorini, segretario cittadino di San Giovanni Rotondo (Foggia) di Noi con Salvini, il 26 agosto ha commentato così sulla sua bacheca Facebook la notizia dello stupro di gruppo di Rimini.
Dopo insulti e accuse, cuor di leone Siorini è tornato sulla questione, tentando in qualche modo di smorzare le proprie affermazioni: “Capisco che il mio post è stato frainteso e anche strumentalizzato a favore di qualcuno. Ovvio che non era mia intenzione augurare il male a nessuno ma con questo non cambio idea: auguro una castrazione chimica a tutti gli stupratori e la rabbia del popolo a tutti i complici del Pd”.
Forse farebbe meglio a leggersi le statistiche sulla violenza alle donne in Italia: se dovessimo chiedere per chi votano ai mariti, compagni, amici, conoscenti violenti nelle mure di casa troverebbe delle belle sorprese.
Non si è fatta attendere la reazione del Partito democratico: “A San Giovanni Rotondo — hanno scritto — si è superato ogni limite: questa non può essere definita neanche lontanamente ‘politica’ è l’istigazione a delinquere, un reato”
Ma che bravi, se ne sono accorti pure loro…
Magari ditelo a chi sta al Viminale che sul web ogni giorno vengono perpetuati migliaia di reati di istigazione a delinquere da parte di rifiuti delll’umanità che godono di una speciale immunità da parte di uno Stato latitante.
Per i cazzari pubblichiamo l’ultimo rapporto Istat
Istat, una donna su 5 vittima di violenza sessuale. Oltre 8 mln sottomesse psicologicamente. Un milione ha subito lo stupro
Atti sessuali degradanti e umilianti, rapporti non desiderati e subiti come violenza, abusi o molestie fisiche sessuali gravi come stupri o tentati stupri: il 21% delle donne, oltre 4,5 milioni, li ha subiti nel corso della propria vita, un milione e 157 mila nelle sue forme più gravi, lo stupro (653mila) e tentato stupro (746mila).
E ancora: il 20,2% delle donne tra i 16 e i 70 anni, 4,3 milioni, è stata vittima di violenza fisica, minacce, schiaffi, pugni, calci.
Un crescendo che in una minoranza dei casi, l’1,5%, ha portato a danni seri e permanenti, per strangolamento, ustione, soffocamento.
E il 40,4% delle donne, oltre 8,3 milioni di donne, è stata vittima di violenza psicologica.
I numeri dell’Istat, al centro di una giornata di approfondimento, al convegno scientifico ‘La violenza sulle donne: i dati e gli strumenti per la valutazione della violenza di genere’, parlano di un fenomeno “ampio, diffuso, e polimorfo che incide gravemente sulla loro quotidianità “.
Non solo affermazione della forza fisica, ma anche svalutazione e sottomissione.
Se il 31,5% delle donne ha subito nella propria vita una forma di violenza fisica o sessuale, il 13,6% da parte del partner o dell’ex, l'”asimmetria di potere” può sfociare anche in gravi forme di svalorizzazione, limitazione, controllo fisico, psicologico ed economico. Il 40,4% delle donne, oltre 8,3 milioni di donne, è stata vittima di violenza psicologica.
Oltre cento donne in Italia ogni anno vengono uccise da uomini, quasi sempre quelli che sostengono di amarle. E’ una vera e propria strage. E ai femminicidi si aggiungono poi violenze che sfuggono ai dati ma che, se non fermate in tempo, rischiano di fare tante altre vittime. Sono migliaia le donne aggredite, picchiate, perseguitate, sfregiate. Quasi 7 milioni, secondo i dati Istat, quelle che nel corso della propria vita hanno subito una forma di abuso.
Nel 2016 se ne sono contate 120. E dal primo gennaio 2017 a oggi sarebbero almeno oltre 20 le donne uccise per mano maschile: una media di una vittima ogni tre giorni. Negli ultimi dieci anni le donne uccise in Italia sono state 1.740, di cui 1.251 (il 71,9%) in famiglia.
Gli omicidi in ambito familiare, comunque, secondo le forze dell’ordine, sono in lieve ma costante calo: 117 nel 2014, 111 nel 2015, 108 nel 2016. Ad accumunare i tanti casi spesso ci sono incomprensioni e tensioni familiari, il desiderio di separarsi, l’affidamento dei figli.
Dall’inizio di aprile, oltre alle 4 vittime tra il primo e il 2 maggio (a Genova, Roma, nell’hinterland di Cagliari e nel salernitano), c’e’ stato il caso della ragazza ventunenne uccisa a coltellate per gelosia dal fidanzato a Pietra Ligure, e quello della donna di 47 anni ammazzata nel sonno dal compagno nel catanese. L’uomo si era stancato della loro relazione e per liberarsene l’ha accoltellata mentre dormiva accanto a lui. Secondo un’analisi dell’associazione Sos Stalking, nel 32,5% degli omicidi avvenuti negli ultimi dieci anni e’ stata utilizzata un’arma da taglio, nel 30,1% l’assassino ha dato fuoco alla vittima.
Infine il 12,2% dei killer ha fatto uso di “armi improprie”, il 9% ha strangolato la vittima e il 5,6% l’ha soffocata.
Il preoccupante fenomeno dello stalking
Sono 3 milioni e 466 mila in Italia, secondo l’Istat, le donne che nell’arco della propria vita hanno subito stalking, ovvero atti persecutori da parte di qualcuno, il 16% delle donne tra i 16 e i 70 anni. Di queste, 2 milioni e 151 mila sono le vittime di comportamenti persecutori dell’ex partner. Ma il 78% delle donne che ha subito stalking, quasi 8 su 10, non si è rivolta ad alcuna istituzione e non ha cercato aiuto.
Tra il 2004 e il 2014 le denunce sono aumentate del 40,1% (da 480.371 a 672.876) per gli italiani, nonostante questi siano diminuiti (da 56.060.218 a 55.781.175).
Le denunce sono invece cresciute del 34,3% per gli stranieri, che nel frattempo, però, sono più che raddoppiati: gli immigrati regolari sono passati da 2.402.157 a 5.014.437.
(da agenzie)
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Agosto 28th, 2017 Riccardo Fucile
LA FRASE DEL MERCENARIO INTERCETTATO: “GLI INTERESSI SONO FERMARE TUTTE LE ONG, HAI CAPITO?”… SEMPRE PIU’ EVIDENTE IL DISEGNO DI SCREDITARE LE ONG: GLI STRANI RAPPORTI TRA AGENZIE DI SICUREZZA, MERCENARI, SERVIZI SEGRETI, COPERTURE POLITICHE
“Incontrai Ballestra e ne usai e diffusi anche le informazioni assolutamente interessanti, purtroppo senza riscontri immediati. Ma il signor Gallo non lo conosco. Buon lavoro”. Firmato Matteo Salvini, segretario della Lega Nord.
Floriana Ballestra e Pietro Gallo sono i due addetti alla sicurezza, imbarcati sulla nave Vos Hestia di Save The Children che, a ottobre, denunciano in procura le anomalie viste in navigazione e, con le loro dichiarazioni, danno avvio all’inchiesta siciliana sulle Ong.
E Ballestra al Fatto ha tenuto a sottolineare: “Sono grata alla Lega e a Salvini per il supporto morale ricevuto”.
Prima osservazione: Balestra e Gallo risultano ufficialmente “due ex poliziotti” che entrano in una agenzie di sicurezza che “casualmente” lavora per Save The Chidren (per garantire la sicurezza a bordo). Altrettanto “casualmente” riescono a imbarcarsi sul Von Hestia della stessa Ong, ma passano il loro tempo a mandare rapporti ai servizi segreti, a scattare foto per segnalare anomalie del loro datore di lavoro e a telefonare a Salvini. Domanda a cui potete rispondere da soli: chi li ha mandati?
Continua il Fatto:
A 11 giorni dalla nostra prima richiesta di chiarimenti, quindi, e soltanto dopo le dichiarazioni al Fatto di Ballestra, Salvini ci contatta e ammette di averla incontrata. Ma andiamo con ordine.
Il Fatto ha rivelato che, prima ancora di denunciare in procura, Ballestra, d’accordo con Gallo, contatta prima il M5S, con una mail inviata ad Alessandro Di Battista il 24 settembre 2016. Di Battista, spiega Ballestra, non risponde.
Nelle stesse ore — è il 25 settembre — i due inviano una relazione ai servizi segreti. E contattano Salvini che, già il 26 settembre, mentre s’imbarcano sulla Vos Hestia, con un sms le scrive: “Buon viaggio! E cambieremo questa vergogna, promesso!”.
Da quel momento inizia una corrispondenza di messaggi, anche durante la navigazione, attraverso un uomo di fiducia del leader del Carroccio.
Il punto, come rivelato ieri, è che la denuncia in procura avverrà soltanto venti giorni dopo, il 15 ottobre, durante i quali Ballestra relaziona costantemente l’uomo fidato di Salvini sui loro sospetti. “Noi eravamo in navigazione”, dice Ballestra al Fatto, “e anche se non l’ho mai chiesto, in realtà , mi aspettavo che la Lega denunciasse. Ma non li ho contattati per questo”, conclude, “bensì perchè volevamo che la politica intervenisse per risolvere il problema”.
Abbiamo chiesto a Salvini perchè non abbia denunciato in procura le notizie ricevute: “La mia denuncia è stata politica, non faccio il magistrato”.
Ma che fine fanno le informazioni confluite, prima ancora che in procura, alla segreteria della Lega Nord?
Dai primi contatti con Ballestra, si contano quattro interrogazioni parlamentari a firma leghista sulla questione migranti e Ong. Ma non v’è cenno alla donna e alle sue informazioni.
Si cita l’audizione del procuratore di Catania Carmelo Zuccaro e un suo riferimento alle “agenzie” (servizi segreti, ndr). Si accenna a un dossier in mano all’Aise, sì, ma pervenuto dai servizi segreti di Germania e Paesi Bassi. Non da Ballestra e dall’Italia. A maggio, però, Salvini parla in tv dell’esistenza di un rapporto in mano all’Aise e cita informazioni effettivamente ricevute da Ballestra. “Mi risulta che ci sia un dossier dei servizi italiani sui contatti tra Ong e scafisti: se esiste, e il premier Gentiloni lo tiene nel cassetto, sarebbe gravissimo”.
A sentire Ballestra, è già nel cassetto di Salvini, perchè la donna dichiara di avergli consegnato, il 13 marzo, la documentazione inviata all’Aise.
Salvini viene però smentito dal presidente del Copasir, Giacomo Stucchi, del suo stesso partito: “Notizie prive di fondamento”.
I casi sono due: o Salvini non gli aveva comunicato le sue informazioni, o Stucchi ha mentito.
Negli stessi giorni il governatore lombardo Roberto Maroni dichiara: “Dossier ong-scafisti? Io non ce l’ho”. Interviene il vice presidente del Senato, Roberto Calderoli: “Il dossier esiste”.
Incrociamo queste informazioni con un’intercettazione emersa dagli atti dell’inchiesta trapanese.
Teniamo presenti le date.
È il 27 febbraio 2016 quando il titolare dell’agenzia di sicurezza a bordo della Vos Hestia, Cristian Ricci, parla con Gallo, che gli dice: “… gli interessi so’ soltanto… blocca’ tutte ‘ste Ong, capito Cristian?”. A chi si riferisce? Interpellato dal Fatto, Gallo non risponde. Ricci invece spiega: “Credo si riferisse ad ambienti politici”.
L’unico partito con il quale era in contatto, già da settembre, era la Lega.
Era la Lega, in contatto con loro, al corrente delle denunce in procura, in quel momento coperte, a voler bloccare tutte le Ong? D’intesa con chi?
(da “il Fatto Quotidiano”)
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