Agosto 9th, 2017 Riccardo Fucile
CANCELLERI: “BISOGNA DISTINGUERE QUELLI PER NECESSITA'”… MENO MALE CHE ERANO PER LA LEGALITA’
«Il M5S ha cambiato posizione sull’abusivismo edilizio, allineandosi al pensiero di vari sostenitori di una categoria di comodo, talvolta inesistente, che essi definiscono “abusivismo di necessità ”»: l’accusa è di Claudia Mannino, deputata eletta con il MoVimento 5 Stelle a Palermo e poi catapultata fuori da Beppe Grillo dopo il caso delle firme false insieme a Riccardo Nuti e Giulia Di Vita.
La Mannino su Facebook linka un video che riporta la posizione di Giancarlo Cancelleri, candidato governatore del M5S per l’isola, e poi parte all’attacco: «Sono davvero sorpresa nel prendere atto che il M5S abbia cambiato posizione sull’abusivismo edilizio, allineandosi al pensiero di vari sostenitori di una categoria di comodo, talvolta inesistente, che essi definiscono “abusivismo di necessità ”. Lo apprendo guardando il candidato governatore di Sicilia Giancarlo Cancelleri, ospite ieri sera a La 7. Parlare di abusi di necessità significa non affrontare un cancro che devasta quotidianamente la Sicilia e tante altre regioni d’italia. Non è solo una questione di legalità e rispetto dell’ambiente ma anche di sicurezza. Non lamentiamoci poi quando dopo qualche precipitazione le case vengono giù».
E ancora: «Gli argomenti di Cancelleri sono gli stessi di chi tenta di far passare l’ipotesi dell’ennesima sanatoria e del Governatore campano De Luca (se dovesse essere eletto anche Cancelleri assisteremo ad un regno abusivo delle due Sicilie?). Delle ordinanze di demolizione infatti la regione non si occupa affatto, le emettono magistratura e comuni, e non eseguirle costituisce reato. Il “modello Bagheria ” non esiste, c’è una legge e va rispettata….sempre che non si pensi ad una nuova sanatoria regionale».
L’attacco di Mannino arriva dopo un periodo di relativa tregua tra i deputati palermitani e i militanti a loro vicini e il resto del M5S Sicilia, rotta però già da tempo dall’azione legale di Mauro Giulivi, che, assistito dall’avvocato Borrè, ha chiesto l’annullamento delle regionarie siciliani perchè non gli è stato permesso di candidarsi. La prima decisione del tribunale civile sul caso arriverà alla fine di agosto.
In seguito alcuni attivisti che erano stati buttati fuori o messi sotto procedimento disciplinare sono stati reintegrati nel M5S.
Non però i tre deputati e gli altri rinviati a giudizio per le firme false, che sono ancora iscritti al gruppo misto e fuori dal M5S perchè la prima sospensione, quella semestrale comminata da Beppe Grillo dopo che si era saputo che i tre si erano avvalsi della facoltà di non rispondere davanti al pubblico ministero, era scaduto.
Nel frattempo i tre sono stati sentiti dal PM ma Grillo ha deciso di costringerli a lasciare anche il gruppo M5S alla Camera e ha reiterato la sospensione per altri sei mesi.
Anche perchè i tre onorevoli hanno presentato un esposto alla procura di Palermo insieme ad altri due accusati in cui hanno preso di mira Salvatore Ugo Forello e Giancarlo Cancelleri, deputato all’Assemblea Regionale Siciliana.
Il candidato in pectore alla presidenza della Regione Sicilia, secondo i parlamentari, avrebbe agito di concerto con l’avvocato oggi candidato a Palermo: i due, sempre secondo la versione dei parlamentari, avrebbero così manovrato Claudia La Rocca, che insieme a Giorgio Ciaccio è l’unica che ha deciso di collaborare con i magistrati di Palermo.
L’esposto, privo di riscontri documentali, è stato successivamente archiviato dalla procura di Palermo.
I tre deputati hanno poi deciso di farsi interrogare dal pubblico ministero prima della chiusura dell’indagine.
Nell’occasione, come racconta un articolo di Felice Cavallaro uscito il 30 marzo sul Corriere della Sera e mai smentito dagli interessati, sono tornati ad accusare Forello di un complotto ai loro danni e hanno addossato responsabilità anche al deputato dell’Assemblea Regionale Siciliana Giancarlo Cancelleri oggi candidato governatore.
(da “NextQuotidiano”)
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Agosto 9th, 2017 Riccardo Fucile
A TRE MESI DALLE ELEZIONI BERLUSCONI E RENZI NAVIGANO A VISTA
I fan del pallone la paragonano a più riprese al calciomercato estivo: solo che al posto dei centravanti da 40 gol a stagione ci sono gli acchiappavoti da diecimila preferenze a elezione.
È per questo motivo che i digiuni di calcio sono molto meno forbiti: per loro la campagna elettorale siciliana è soltanto un normalissimo mercato delle vacche.
E d’altra parte non potrebbe essere diversamente: le regionali sull’isola, infatti, sono l’ultimo banco di prova prima delle politiche del 2018.
E per il momento hanno persino la squadra campione già ad Agosto come accade in Serie A: è il Movimento 5 Stelle accreditato da tutti i sondaggi — ma con cifre diverse — come la prima forza tra le preferenze dei siciliani.
I grillini hanno ricandidato Giancarlo Cancelleri (terzo col 18% nel 2012) e da qualche giorno hanno cominciato a girare la Sicilia: una campagna elettorale che da qui al 5 novembre durerà 3 mesi tondi.
Stanno quasi fermi, invece, gli uomini di Forza Italia e di Gianfranco Miccichè: non intendono appoggiare l’autocandidatura a destra di Nello Musumeci (che ha incassato solo il sostegno di Giorgia Meloni e Matteo Salvini) e inseguono il ritorno alla coalizione schiacciasassi capace di vincere per dieci anni di seguito con Totò Cuffaro prima, e con Raffaele Lombardo poi.
Anche il Pd di Matteo Renzi naviga a vista: il segretario ripete continuamente che c’è bisogno di discontinuità nonostante abbia sostenuto per cinque anni la non esaltante esperienza di Rosario Crocetta.
Il governatore si è ricandidato in solitudine visto che il suo partito non intende appoggiarlo, ma i dem dopo il doppio rifiuto di Piero Grasso non ha ancora un candidato e nemmeno una coalizione.
Un asso pigliatutto con la faccia di Alfano
È in mezzo a questa caotica situazione che spunta un jolly, un asso pigliatutto con la faccia di Angelino Alfano: tutti lo vogliono, tutti lo cercano, tutti sono persino disposti a cedergli la scelta del candidato governatore pur di aggiudicarsene il sostegno.
Ecco per capire in che condizioni sono i partiti a tre mesi dalle elezioni regionali in Sicilia, occorre andare a rileggersi una dichiarazione rilasciata dal ministro degli Esteri appena dieci giorni fa. “Attualmente io sono corteggiatissimo come non mai dalla sinistra in Sicilia”, aveva detto Alfano al quotidiano il Tempo.
Era il periodo in cui il ritorno alla corte di Silvio Berlusconi sembrava ormai cosa fatta.
Un’alleanza che secondo Miccichè — tornato a fare il luogotenente di Berlusconi dopo un lustro da figliol prodigo — era propedeutica per tornare a al governo dell’amata Sicilia, la terra dei 61 seggi su 61 conquistati alle politiche del 2001.
In cambio gli alfaniani chiedevano due cose: ovviamente la poltrona (e quando mai) di candidato governatore e soprattutto la rimozione della fatwa a livello nazionale.
Ai piani alti di via del Plebiscito, però, hanno chiuso le porte: con Alfano mai più.
E anche se Berlusconi è tornato recentemente a sentire l’ex pupillo al telefono, (“chiamata gradita e amichevole, ma tutto ci divide da Salvini”, l’ha definita Angelino) gli azzurri continuano a essere divisi da Ap: impossibile includere gli Alfaniani nella coalizione con Matteo Salvini e Giorgia Meloni.
E in attesa di capire che strada sceglierà Forza Italia ecco che in pochi giorni il ministro degli Esteri ha cominciato a flirtare con il Pd, come se nulla fosse.
Il Pd flirta con Angelino
Per incoraggiare l’accoppiamento tra dem e alfaniani è intervenuto persino Pierferdinando Casini, in vacanza a Scicli dove ha convocato una surreale conferenza stampa agostana. “Alfano ha un percorso di coerenza cristallino. È stato ministro con Renzi e Gentiloni. In Sicilia collabora con il Pd”, ha detto l’ex leader dell’Udc, incensando il leader di Alternativa Popolare per provare a trascinarlo col centrosinistra.
Un corteggiamento serrato ammesso persino da Giuseppe Castiglione, luogotenente degli Alfaniani in Sicilia. “Col Pd c’è un dialogo in corso”, ha detto il sottosegretario all’Agricoltura. Come dire: siamo pronti ad andare col miglior offerente.
“Il tema non è con chi andiamo noi, ma chi viene con noi“, rettifica gongolante il ministro.
Ma chi sono gli Alfaniani di Sicilia, esponenti di un partito che non supera il 3% a livello nazionale ma che sull’isola è ambito manco fosse il jolly capace di sottrarre la Regione ai pentastellati?
Manco a dirlo si tratta di una serie di ras delle preferenze: quei centravanti da 40 gol a stagione che potrebbero forse cambiare il destino delle elezioni. Portandosi dietro, tra l’altro, una serie di indagini giudiziarie in corso
Il primo della lista è sicuramente lo stesso Castiglione, genero ed erede del potentissimo Pino Ferrarello (ex senatore berlusconiano, già prescritto per una storia di tangenti dieci anni fa), autore dei successi del partito a Est dell’isola, cioè a Mineo, città nota soprattutto perchè dal 2011 ospita il centro per richiedenti asilo più grande d’Europa.
Se a livello nazionale Ncd ha collezionato risultati modesti, infatti, nella città in provincia di Catania è stata capace di sfiorare il 40%.
Il motivo lo spiegano i magistrati della procura etnea nella richiesta di rinvio a giudizio per il luogotenente di Alfano e altre 17 persone, accusate di turbativa d’asta e corruzione elettorale (per le sue accuse Castiglione ha chiesto e ottenuto il giudizio immediato).
Si tratta della costola siciliana dell’inchiesta su Mafia capitale nata dalle dichiarazione di Luca Odevaine che ha fatto luce sulla gara d’appalto da 100 milioni per gestiste il centro d’accoglienza. Il sistema, per i pm, era semplice: a Mineo andava in scena “una spregiudicata gestione dei posti di lavoro (circa 400) per l’illecita acquisizione di consenso elettorale”. Tradotto: voti in cambio di posti di lavoro. In più ai dipendenti del Cara veniva addirittura chiesto di prendere la tessera di Ncd.
I voti che seguono Angelino
È in questo modo che il centro per richiedenti asilo è diventato una gigantesca macchina elettorale capace di garantire preferenze a vari partiti: alle politiche del 2013 — quando Alfano era ancora il delfino di Berlusconi — i voti della zona vanno al Pdl, alle amministrative dello stesso anno a una lista civica alfaniana (che elegge sindaco Anna Aloisi, anche lei indagata), mentre alle europee del 2014 vengono indirizzati verso la neonato partito del ministro agrigentino.
È lo stesso turno in cui Giovanni La Via (ex assessore di Cuffaro ora tra i papabili candidati governatore) sbarca a Bruxelles come primo degli eletti: prende 56mila preferenze, 10mila in più rispetto a Maurizio Lupi, che all’epoca era ancora ministro. È una vera e propria prova di forza di Castiglione, che infatti è ancora in carica nonostante l’inchiesta che lo vede coinvolto.
Vicari, rolex e traghetti
Si è dovuta dimettere da sottosegretario, invece, Simona Vicari, altra alfaniana a 24 carati indagata per corruzione nell’inchiesta sulle tangenti per il trasporto marittimo: è accusata di aver intascato un Rolex dall’armatore Ettore Morace, arrestato insieme all’ex sindaco di Trapani Girolamo Fazio.
In cambio la senatrice avrebbe fatto inserire nella legge di Bilancio un emendamento per tagliare dal 10 al 5 % l’Iva prevista per i servizi di trasporto marittimo urbano, fluviale e lagunare: in pratica quella norma dimezza l’aliquota agli armatori come Morace.
La villa di Cascio e il finanziamento da 6 milioni
Ha favorito due imprenditori che avevano chiesto un finanziamento europeo da sei milioni di euro, invece, Francesco Cascio, ex presidente dell’Assemblea regionale siciliana: soldi utilizzati per realizzare un resort con campo da golf sulle Madonie. In cambio ha ottenuto la sistemazione gratuita della sua villetta a Collesano, proprio nei pressi della lussuosa struttura turistica costruita grazie al denaro ottenuto da Bruxelles. Per questi fatti il gup di Palermo lo ha condannato a 2 anni e 8 mesi di carcere: una condanna che ha fatto scattare la sospensione del deputato dal consiglio regionale siciliano. Ma che non ha scalfito il rapporto con Alfano: subito dopo la sentenza il ministro ci ha tenuto a chiamare Cascio per ribadirgli “amicizia, stima e fiducia”.
È ancora saldamente in carica, invece, Giovanni Lo Sciuto, consigliere regionale di Castelvetrano finito più volte tra le polemiche per i suoi vecchi rapporti di conoscenza con Matteo Messina Denaro.
I due sono persino ritratti insieme in una fotografia — mostrata da Sandro Ruotolo — scattata al matrimonio della cugina del superlatitante.
“All’epoca dei fatti, la famiglia Messina Denaro non aveva, per quelle che erano le mie conoscenze di ragazzino, problemi con la giustizia e, non avendo io il dono della chiaroveggenza, non potevo prevedere quello che sarebbe successo dopo la fine degli anni 80”, si è giustificato Lo Sciuto con Fanpage.it.
Quella vecchia conoscenza con il boss di Cosa nostra, d’altra parte, non ha mai avuto conseguenze sulla sua carriera politica che nel 2012 ha raggiunto il livello più alto con l’elezione nella commissione antimafia dell’Assemblea regionale siciliana.
Il Parlamentino dell’isola dove gli Alfaniani sono corteggiatissimi a destra e a sinistra, nonostante indagini, condanne e vecchie foto.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 9th, 2017 Riccardo Fucile
A BERGAMO UN ORGANIZZATORE HA SOTTRATTO 5.000 EURO DAI PROVENTI DELLA FESTA
Bergamonews racconta oggi una storia molto divertente sulla scorsa edizione di Bergamo
Sotto le 5 Stelle, festa estiva del MoVimento di Beppe Grillo. Uno degli organizzatori, di cui il sito non fa il nome, ha sottratto una fetta dell’incasso della manifestazione dell’anno scorso, pari a 5mila euro.
La scoperta della ruberia è stata fatta dagli altri organizzatori che, assieme ai vertici del Movimento, qualche mese dopo la manifestazione hanno iniziato a stilare i conti per saldare le spese: a bilancio tutto perfettamente riuscito, mentre a livello di liquidi ecco risultare l’evidentissimo ammanco.
Messo con le spalle al muro, il grillino traditore ha ammesso le proprie colpe, scusandosi e promettendo di riconsegnare nel giro di qualche settimana il malloppo.
Promessa mantenuta, come confermano i vertici del Movimento: i 5mila euro sono puntualmente tornati dove dovevano stare, sul conto corrente aperto appositamente per gestire le risorse dell’evento di Ghisalba.
L’autore della ruberia, ai tempi della festa del 2016, aveva un gran bisogno di quattrini, ma dopo la confessione ha riconsegnato il maltolto.
Il “malfattore” ha così pagato il suo debito con gli “ex” amici di partito che, per l’appunto, non l’hanno perdonato: la mossa è infatti costata al militante l’iscrizione al Movimento 5 Stelle e, ovviamente, il posto nella macchina organizzativa di “Bergamo sotto le 5 Stelle 2017”.
(da “NextQuotidiano”)
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Agosto 9th, 2017 Riccardo Fucile
INTERVISTA A MATTEO NUCCI, SCRITTORE FINALISTA AL PREMIO STREGA: “AL NORD LA SERA STANNO CHIUSI IN CASA A CONTARE I SOLDI CHE SI PORTERANNO NELLA TOMBA”
“Agli sbarchi dei migranti si contrappone sempre l’Italia del nord, “l’Italia che produce”, l’Italia della fabbrichetta che sarebbe minacciata da una supposta invasione: ma il Nord d’Italia, salvo poche città , è morto. Il nord d’Italia è un luogo desolante, che vive di individualismo, dove alle 20 non c’è nessuno per strada e dove stanno tutti davanti alla loro televisione, chiusi in casa, protetti da qualche muro, a contare spiccioli che si porteranno nella tomba”.
Parli con Matteo Nucci di “È giusto obbedire alla notte” – il romanzo, pubblicato da Ponte delle Grazie, con cui è entrato per la seconda volta nella cinquina del Premio Strega – e ovviamente arrivi a parlare di migranti, della “supposta invasione”, della paura.
“Dà fastidio la povertà ?”, gli chiedo. “Pensa sia questa la chiave per capire quel che sta accadendo nel nostro Paese, dalla stretta sugli sbarchi ai dibattiti sul degrado urbano?”.
“In parte sì – mi risponde Nucci – ma non solo. La gente difende un’idea di benessere che gli è stata suggerita. Lo fa inconsapevole, spesso, di vivere, in realtà , vite che non sono felici ma desolanti”.
Il suo è anche un libro sull’accoglienza, giusto?
“Non nei termini in cui se ne parla in queste settimane. È un libro pieno di immigrati, di gente che viene da diversi paesi, ma è un libro su una comunità di persone che si ritrovano unite per casi vari, per rispettive necessità , e trovano un loro equilibrio senza farsi troppe domande. Sul fiume, non a caso. Si ritrovano e anche si aiutano, senza che ci sia una Ong, senza che ci sia una qualche istituzione, senza chiedersi perchè”.
A proposito di Ong. Su twitter ha criticato il codice Minniti, l’aiutiamoli a casa loro di Renzi, l’uscita della sindaca di Codigoro sulle tasse da alzare a chi ospita i migranti. Poi le ho sentito ricordare come l’Occidente sia nato dalle migrazioni…
“La difesa delle migrazioni l’ho fatta ospite di una trasmissione di La7. Lì ho detto una banalità : che i migranti portano ricchezza. E sa cosa mi ha colpito di più nelle reazioni? Ci fosse uno che ha pensato che io mi riferissi a una ricchezza non economica. Io parlavo di ricchezza culturale, della storia e del destino del nostro Paese che è aperto sul Mediterraneo, ma il pensiero di tutti è andato sui conti più elementari – che peraltro, a sentire l’Inps, confermano come l’immigrazione sia anche una risorsa economica. È incredibile”.
Capelli in disordine, un orecchino, romano, Nucci, scrittore, è però anche uno studioso del pensiero antico, di Socrate, di Platone e degli eroi omerici, al cui pianto ha dedicato un bellissimo saggio narrativo pubblicato da Einaudi – “Le lacrime degli eroi”, appunto.
Studioso è Nucci o meglio “appassionato”, come ci dice quando ci racconta di aver abbandonato l’idea di una carriera universitaria perchè lui voleva viaggiare, “mentre gli accademici devono studiare tutto il tempo e spesso viaggiano con fatica”, e con fatica dunque “vedono il mondo”.
Anche il suo ultimo romanzo, però, alla fine è un poema, in cui Nucci riversa i suoi studi. Un padre lotta contro il dolore, poi va in esilio in una piccola comunità , torna e poi riparte. Il tutto sulle rive del Tevere, sul confine umido della città , tra chiatte, baracche di lamiera, slot machine, canneti, fango, un campo rom e uno da golf.
Nucci, c’è un che di provocatorio, visti i tempi, nello scrivere un libro la cui protagonista indiscussa è una Roma fatta di baracche sul Tevere, immigrati, prostitute e nutrie – che alla fine sono grossi topi. Non trova?
“Non nelle mie intenzioni, lo giuro. Ma siccome dalla storia esce la mia idea di Roma e delle città in generale, non mi posso sottrarre alla discussione. Il romanzo nasce però per raccontare vicende universali”.
Potrebbe esser ambientata altrove, la storia di Ippolito, detto Il Dottore?
“Potrebbe, astrattamente”.
Ma siamo a Roma, e diciamo che su una foto dell’Anaconda – l’osteria attorno a cui ruota la storia, rimediata su una chiatta che galleggia sul Tevere – molti giornali camperebbero tutta l’estate, cavalcando l’emergenza degrado…
“Questo è sicuro. Ma tutto nasce da un fraintendimento. Perchè – a Roma e non solo – il degrado è in realtà è al centro, e non nelle zone che definiamo periferiche, “ai margini”. L’Anaconda – e ci si può andare, esiste – non è degradata: lo sembra a noi, forse, che non conosciamo quei luoghi, a noi a cui sembrano periferici i luoghi di chi si arrabbatta. Ma se andate sotto al ponte di Mezzocammino, seguendo il Tevere quasi fino al mare, trovate una realtà di rispetto, di cura, di pulizia. Non trovi i protagonisti della mia storia – non per come li ho raccontati io – ma trovi gli anguillari, trovi chi sul fiume vive, con poco, magari, ma non per forza nel degrado. E sai perchè? Perchè lì, su fango del Tevere, c’è una piccola comunità e solo le comunità hanno cura del posto in cui vivono, dei loro territori, delle loro patrie: lì ce ne è una, al centro delle città , spesso, no”.
Questa Roma umida a lei sembra piacere. Ma ai più, una città come quella che racconta lei, infastidisce. Si è chiesto perchè?
“Il punto è sempre lo stesso: abbiamo paura dei mondi diversi dal nostro, che ci rassicura nel suo pensiero unico, globale, con la sua precisa idea di igiene, di pulizia, di sanità . Ci rassicura solo il nostro mondo, che invece avrebbe proprio bisogno di esser messo in crisi. Noi, ad esempio, usiamo “benestante” per definire chi ha i soldi. Per me non è così, e per questo racconto dell’Anaconda, una delle realtà che sono marginali solo perchè minoritarie, ma mostrano un futuro dove conta più il tempo del denaro. Che poi è la cosa più logica, mi pare, visto che le vite che viviamo, per quanto lunghe, sono comunque brevissime”.
“È giusto obbedire alla notte” è allora un libro sul dolore?
“È un libro sul dolore più grande che possa capitare a un uomo. Quella che ho scritto è fondamentalmente una storia su come il dolore si può e deve affrontare – ed è questa un’altra delle questioni che più mi stanno a cuore, un’urgenza in tempi in cui si tende ad aggirare l’ostacolo. Oggi non si soffre, non si muore, non si invecchia, oggi c’è solo l’eterna giovinezza, l’eterna felicità : è questo il delirio occidentale”.
È un eroe – uno di quelli che lei studia – Ippolito, detto Il Dottore, che arriva nella piccola comunità del Tevere, dopo aver combattuto la sua battaglia privata?
“È un eroe lui e sono eroi altri dei personaggi del libro, e non tanto perchè compiono azioni memorabili o straordinarie. Anche perchè i veri eroi – quelli di cui ho raccontato il pianto – non sono imbattibili, non sono straordinari: Achille, Ulisse, Agamennone sono tutti perdenti, che hanno forza morale, capacità di scegliere, di prendere una strada, ma che vivono la propria fragilità . Gli eroi omerici sono eroi che piangono, tutti e senza vergogna. L’unico che non piange mai, anzi, è l’unico che non è un eroe, è il seduttore, quello che il padre chiama “ballerino”: è Paride. E Paride, che non piange, è considerato per questo una femminuccia. Il ribaltamento dovrebbe dirci qualcosa”.
(da “La Stampa”)
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Agosto 9th, 2017 Riccardo Fucile
IL 40% DELLA RICCHEZZA DERIVA DAL PASSAGGIO DI ESSERI UMANI IN FUGA… E IL GOVERNO ITALIANO CONTINUA A VERSARE MILIONI A FONDO PERSO
Era l’Agosto del 2008 e l’allora premier Berlusconi e il colonnello Gheddafi firmavano il “Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra Italia e Libia”. «Grazie a questo Trattato l’Italia potrà vedere ridotto il numero dei clandestini che giungono sulle nostre coste e disporre anche di maggiori quantità di gas e di petrolio libico, che è della migliore qualità »: questo il commento di Berlusconi, che sotto la tenda di Gheddafi aveva contemporaneamente siglato l’intesa che prevedeva che il nostro Paese risarcisse l’ex colonia con circa 5 miliardi di dollari diluiti in 20 anni.
Gli accordi prevedevano, tra gli altri, investimenti per un’autostrada costiera che avrebbe dovuto attraversare tutta la Libia, dall’Egitto alla Tunisia, la costruzione di alloggi e borse di studio.
L’Italia si diceva certa della piena collaborazione da parte della Libia nel contrasto all’immigrazione clandestina.
Sono passati quasi 10 anni da allora, Gheddafi è morto, Berlusconi non è più al potere, le primavere arabe hanno percorso il Mediterraneo, vi è stata un escalation nei flussi migratori e, tuttavia, in Italia nulla pare essere cambiato, inclusi gli incessanti tentativi di compiacere la Libia e anzi, l’intenzione è di ripartire da dove eravamo rimasti.
E così l’8 luglio scorso si è svolto ad Agrigento il “primo” Forum Economico Italia-Libia organizzato dal ministro degli Affari Esteri Angelino Alfano,e dal vice primo ministro libico Ahmed Maiteeg.
Ha commentato Alfano: «vogliamo consolidare ulteriormente il partenariato bilaterale, fondato sulla cooperazione economica, infrastrutturale ed energetica e promuovere in entrambi gli Stati ulteriori attività di cooperazione economica e commerciale» inclusa, pare, la ripresa delle attività da parte di Anas International Enterprise (Aie) per la realizzazione dell’autostrada Ras Ejdyer-Emsaad (quella prevista dal Trattato di amicizia del 2008) per un valore di 125,5 milioni di euro.
E così, sempre a seguito degli accordi siglati nel 2008, in questi anni sono state cedute gratuitamente sei motovedette a Tripoli per il pattugliamento delle acque e per contrastare le partenze di migranti.
Peccato però che a distanza di pochi anni, due delle sei unità navali cedute siano state affondate, mentre le altre 4 abbiano dovuto essere riportate in Italia per essere riparate: 3,6 milioni di euro dal governo italiano per garantire la manutenzione dei mezzi.
Nel corso degli anni in Libia hanno operato inoltre molte missioni militari, supportate dall’Unione Europea e strenuamente volute dall’Italia.
Si pensi a “Eufor Libya” (Csdp) un’operazione militare (poi fallita) costata 7milioni e 900 mila euro a sostegno dell’assistenza umanitaria nella regione, con comando operativo a Roma; dopo il semi-fallimento di “Eubam Libya” “Missione UE per il controllo dei confini in Libia”, costata 56,5 milioni di Euro, che avrebbe dovuto durare due anni a partire dal maggio 2013 e che nonostante le difficoltà a realizzarla e l’evidente inefficacia (dal 2013 al 2014 gli sbarchi dalle coste libiche verso l’Italia sono aumentati del 6.000% ) è stata protratta fino a febbraio 2016.
Missione fortemente sostenuta dall’Italia che la considerava come un’azione all’interno di un potenzialmente rinnovato dialogo Ue—Libia; il Consiglio Affari Esteri dell’Ue ci hai poi riprovato, avviando Euformed e, nel giugno 2015, “Eunavfor Med operazione Sophia”, il cui costo è pari a quasi 43 milioni di euro, comando operativo a Roma e durata fino a Dicembre 2018.
E, tuttavia, a oggi quasi il 40% dell’attuale Pil della Libia deriva — di fatto – dal traffico di migranti, secondo quanto affermato da Eunavfor Med.
Il 2017 ha in particolare visto un’escalation da parte dell’Italia in termini di aiuti, accordi e finanziamenti a favore della Libia.
Un vigoroso aumento delle spese per le missioni militari italiane in Libia nel 2017, di fatto quasi triplicato rispetto all’anno scorso: da 17 a 48 milioni di euro, ai quali vanno aggiunti quelli per il pattugliamento del Mar Libico (l’operazione denominata Mare Sicuro ha un costo di 84 milioni di euro).
A ciò si aggiungano i fondi richiesti dall’Italia e oramai praticamente concessi dalla missione Triton per la cooperazione fra Italia e Libia: 46 milioni di euro per il coordinamento navale alla Libia e altri 35 milioni destinati all’Italia per lo stesso motivo.
Ed è di questi giorni la decisione del Consiglio dei ministri di dare il via alla missione della Marina militare italiana in acque libiche allo scopo di contrastare il traffico illegale di migranti e comunque di contenerne il flusso e di addestrare la guardia costiera libica.
Per fermare l’arrivo di migranti in Europa, l’Italia sta investendo anche sul controllo della frontiera meridionale libica, un’area di confine in mezzo al deserto, da secoli attraversata dalle rotte migratorie e controllata dai trafficanti.
Il 31 marzo a Roma il governo italiano si è fatto garante di un accordo di pace firmato da una sessantina di gruppi tribali che vivono nel sud del paese e che dall’inizio della guerra civile se ne contendono il controllo.
Dopo la firma dell’accordo di pace, il ministro Minniti ha precisato che «una guardia di frontiera libica pattuglierà i cinquemila chilometri della frontiera meridionale del paese».
Dall’Italia 50 milioni al Niger per rinforzare le sue frontiere in chiave anti migranti.
Si tratta di una zona isolata, dove non ci sono infrastrutture, reti di comunicazione, strutture sanitarie.
In quella regione, inoltre, sono in gioco importanti interessi economici internazionali: passano i principali traffici illeciti diretti in Europa e in Nordafrica (commercio di droga e di armi) e ci sono pozzi petroliferi.
A questo punto il dubbio sorge spontaneo: non è che tutto questo affanno dell’Italia nel tentare di ristabilire i rapporti con la Libia abbia una chiave di lettura diversa e collegata al business del gas e del petrolio?
Questo potrebbe forse spiegare perchè dopo Gentiloni e Minniti, il terzo uomo ad incontrare al-Serraj il 31 luglio scorso a Tripoli , è stato l’Ad dell’Eni, Descalzi. L’incontro è stato l’occasione «per fare il punto sullo sviluppo economico e politico della Libia, alla luce delle recenti evoluzioni che hanno interessato il paese».
Nello stesso giorno, Descalzi ha incontrato il presidente della Noc, la società nazionale libica alla quale le multinazionali versano una parte dei proventi.
Rispetto al passato, la Noc versa oggi le quote della rendita petrolifera sia al governo di Tobruk sia a quello di Tripoli.
Al centro dei colloqui i possibili futuri sviluppi di affari Italia- Libia. Eni è il principale fornitore di gas del Paese, nonchè il maggiore produttore di idrocarburi straniero in tutte le regioni della Libia che rappresenta per l’Italia uno dei principali fornitori di petrolio e gas.
Fra le attività , il completamento di 10 pozzi offshore, di cui 9 già perforati nel 2016 e per cui Eni si è aggiudicata il contratto di fornitura e installazione delle strutture. Il primo gas è previsto per il 2018.
Tutte scadenza molto importanti per Eni, ma anche per i libici, che godono di un esenzione dalle quote di produzione Opec. Non dimentichiamo che Eni è presente in Libia dal 1959, dove attualmente produce oltre 350.000 barili al giorno di olio equivalente.
Non vanno inoltre dimenticati i pagamenti dell’Eni verso la Libia che nel 2016 sono stati pari a 1,42 miliardi, di cui quasi 1,3 di imposte e poco più di 155 milioni in forma di royalty.
Forse la parola chiave per comprendere i rapporti Italia-Libia è “petrolio dintorni”
(da “L’Espresso”)
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Agosto 9th, 2017 Riccardo Fucile
UN CONSIGLIERE E’ FINITO IN OSPEDALE PER UN COLPO DI UN ASSESSORE, UN ALTRO E’ STATO MINACCIATO
A governare, vabbeh. Ma ad alzare le mani a quanto pare ci riescono benissimo. Abbiamo raccontato dello schiaffo ricevuto dal consigliere M5S Domenico Milano e dato dall’assessore ai lavori pubblici Alessandro Pirrone.
E mentre i grillini dell’IV Municipio non forniscono alcuna spiegazione e Milano, a quanto pare, non ha ancora sporto denuncia, Repubblica Roma racconta di un altro ring che sarebbe pronto.
L’assessore grillino del IX Municipio, Alessandro Drago, racconta il quotidiano, ha infatti minacciato il consigliere del PD, Alessandro Lepidini: «Ti dico che prossima volta che ti becco ti meno».
Una frase che, dicono i dem del parlamentino, rappresenta una vera e propria «istigazione alla violenza».
La bagarre sarebbe nata da una discussione online sugli orti urbani di Casal Brunori, per i quali, dicono i consiglieri pd, «la maggioranza 5S si è intestata tutti i meriti, mentre Lepidini si è limitato ad osservare come il merito sia dei cittadini».
Intanto Francesco Brizzi, capogruppo del M5S in IV Municipio, è l’unico ad aver espresso pubblicamente solidarietà a Domenico Milano “per il grave atto di violenza subito questa mattina”.
Si può notare che Brizzi non dice chi abbia esercitato violenza nei confronti del povero collega: forse teme uno schiaffo anche lui.
Secondo il racconto bipartisan dei consiglieri che si trovavano nella sede del Municipio, i due avrebbero iniziato a litigare in un corridoio prima della commissione Affari generali e, dopo pochi minuti, sarebbero venuti alle mani.
Sembra che l’assessore Pirrone abbia sferrato una ‘cinquina’ al collega Milano, che è rimasto piegato sulle gambe, quasi tramortito e con problemi alla vista.
E Massimiliano Umberti, capogruppo del Pd, conferma: «Ho visto Milano in ginocchiato davanti al muro, è andato in ospedale ma sta bene».
Intanto Marina Loi, assessora alla scuola nel IX Municipio, sta per lasciare l’incarico. «Non mi faccia commentare — dice il capo dei vigili del IV Massimo Magi al Messaggero — non posso rilasciare dichiarazioni, la municipale non è intervenuta».
La pagina facebook del consigliere schiaffeggiato non è aggiornata dal 6 agosto.
Ma Milano, scrive ancora il quotidiano romano, si è recato in ospedale perchè per alcuni minuti dopo il gancio ha accusato problemi alla vista. Fortunatamente non ci sono state complicazioni fisiche.
Drago si è poi scusato — e ha cancellato il suo commento — con Lepidini: «Chiedo scusa, non era mia intenzione attacare a testa bassa una persona che si impegna sul territorio. Le mie parole sono state fraintese da un intercalare sbagliato e grottesco in risposta ad un post polemico. E’ giusto che siano riconosciuti i contributi di tutti quelli che hanno concorso alla realizzazione del lavoro. Per il resto posso solo dire che mi impegnerò, come sto facendo da un anno, a fare altri progetti che coinvolgeranno i cittadini del nostro Municipio».
La politica muscolare dei 5 Stelle a Roma ha raccolto anche altri episodi tragicomici, come il calcio preso dal consigliere Marco Giudici (FdI) dalla grillina Antonella D’Angeli un paio di mesi fa.
Ma soprattutto tutti questi episodi, oltre a tradire un certo nervosismo (e l’aumento delle temperature in agosto), sono lo specchio del solito nervosismo politico che si rispecchia nelle due fazioni, i raggiani e i lombardiani, che si danno battaglia all’interno del M5S Roma.
Senza esclusione di colpi, come abbiamo visto.
(da “NextQuotidiano”)
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Agosto 9th, 2017 Riccardo Fucile
QUANDO CI SARANNO LE SENTENZE IN TRIBUNALE QUALCUNO PAGHERA’ PER LA CAMPAGNA DI DIFFAMAZIONE DELLE ONG
A fare il suo nome agli inquirenti sono stati i due addetti della security imbarcati a bordo della nave Vos Hestia di Save the children che hanno rivelato (o inventato) l’esistenza di una chat tra i team leader a bordo delle navi umanitarie (il che non costituisce reato”.
Giova ricordare che i due addetti alla security sono in realtà due mercenari che operano per la multinazione di Defende Europe, quella della nave razzista che gira davanti alla Tunisia senza che nessuno gli abbia chiesto di presentare i libri contabili per dimostrare chi li finanzia e senza che nessun giudice abbia contestato ai razzisti la violazione delle norme internazionali vigenti in zona Sar.
Don Mussie Zerai, sacerdote eritreo che da anni vive in Italia ed è punto di riferimento per migliaia di suoi concittadini che affrontano il viaggio verso l’Europa, è tra gli indagati della Procura di Trapani nell’ambito dell’inchiesta per favoreggiamento all’immigrazione clandestina che ha già portato al sequestro della nave Juventa della Ong tedesca Jugend Rettet.
Secondo quanto riferito dai due testimoni, il sacerdote che riceveva le comunicazioni dai migranti imbarcati sui gommoni dei trafficanti, avrebbe fatto da tramite con i membri delle Ong segnalando giorno, ora e posizione delle imbarcazioni da soccorrere.
Cosa perfettamente legittima, come avverrebbe per qualsiasi cittadini che fosse informato di un naufragio da parte di chi si trova alla deriva.
Candidato al Nobel per la pace nel 2015, fondatore e presidente dell’agenzia di informazione Habeshia, definita “il salvagente dei migranti”, con la quale offre assistenza telefonica ai migranti, stimolando l’intervento delle autorità nei luoghi in cui si trovano imbarcazioni in difficoltà , a Don Zerai glòi uomini della squadra mobile di Trapani hanno notificato un avviso di garanzia.
“Ho saputo soltanto lunedì dell’indagine – dice Mussie Zerai – e voglio andare a fondo in questa vicenda. Sono rientrato a Roma dall’Etiopia di proposito. In passato – aggiunge – ricevevo moltissime telefonate ogni giorno. Oggi ne ricevo molte meno, non saprei dire perche,’ ma il mio intervento è sempre stato a scopo umanitario”. “Prima ancora di informare le Ong – dice il religioso -, ogni volta ho allertato la centrale operativa della Guardia Costiera italiana e quella maltese. Mai ho avuto rapporti con la Iuventa ne aderisco a chat segrete. Ho sempre comunicato attraverso il mio telefono cellulare”.
(da agenzie)
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Agosto 9th, 2017 Riccardo Fucile
UN ALTRO CAZZARO DA AVANSPETTACOLO CHE CITA MUSSOLINI A SPROPOSITO… NEL VENTENNIO AVREBBE RAGGIUNTO IL SUO SEGRETARIO A SPACCARE LE PIETRE A PIANOSA
Enrico Mentana su Facebook ha pubblicato un manifesto affisso a firma “Noi con Salvini” a Giffoni Valle Piana e firmato dal ragionier Guido Carpinelli, che guida il movimento a Salerno.
Due fotografie, da un lato quella di Benito Mussolini e dall’altro quella di Matteo Renzi. Sotto un elenco di frasi che inneggiano al fascismo. Sono i manifesti che il gruppo “Noi con Salvini” ha affisso alle bacheche di due paesi campani, Giffoni Valle Piana e San Cipriano Picentino, in provincia di Salerno.
Una lista, quella che campeggia sotto il duce, che attribuisce al regime una serie di traguardi come l’istituzione delle pensioni, l’attribuzione delle case popolari, una legislazione per gli invalidi, con un eloquente commento finale: “Ha reso grande l’Italia e faceva lavorare tutti, perchè nella patria non dovevano esistere parassiti”. Dall’altro lato, sotto l’immagine Renzi, un elenco di presunte colpe della democrazia, che avrebbe tolto le pensioni, la casa agli italiani per darla ai migranti, ai quali spetterebbe anche un fantomatico sussidio di 1.200 euro al mese.
Il manifesto, firmato “Comitato Noi con Salvini di Giffoni Valle Piana”, si chiude infine con il provocatorio post scriptum: “L’onorevole Fiano è avvisato: accettiamo querele per l’apologia del fascismo, Guido Carpinelli già consigliere provinciale con An”.
Immediate le reazioni al manifesto provocatorio, prima fra tutte quella di Enrico Mentana che in un post su Facebook commenta: “Questo è il manifesto affisso a firma ‘Noi con Salvini’ a Giffoni Valle Piana. Spero davvero che l’interessato faccia pulizia nei ranghi del ‘Noi’, prima che si trasformi in LVI con Salvini“.
La vicenda dimostra alcune cose:
1) Al Sud “Noi con Salvini” raccoglie i trombati dei vari partiti di destra in cerca di poltrone, uno spaccato di fasci da avanspettacolo da circo Barnum, reazionari della peggiore specie.
2) Privi di argomenti e idee proprie, pensano che per fare politica sia sufficiente mutuare regimi di 70-90 anni fa. Se avessero letto qualche libro, invece che il bignami dei cazzari, avrebbero compreso che proprio il primo Mussolini fu uomo di rottura degli schemi della classica destra reazionaria e borghese al pari di quelli della sinistra massimalista. Il nuovo si crea, non si fanno brutte copie del passato.
3) Se questi cazzari fossero vissuti nel Ventennio, con le stronzate sulla padagna, sull’autonomia del Nord, sul tricolore da usare come carta igienica, su Napoli colera, sul comunista padano, con i lingotti in Tanzania e le ruberie, sarebbero da tempo a spaccare le pietre con il loro segretario a Pianosa.
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Agosto 9th, 2017 Riccardo Fucile
LA SIGNORA DI BOLOGNA CHE CERCA DI CONVINCERE I POLIZIOTTI CON SCUDI E VISIERE
Epiche, a modo loro, le immagini della signora bolognese che parla a una falange di poliziotti in tenuta antisommossa durante lo sgombero di un centro sociale.
La signora è una piccola commerciante, che nè nell’abito (pulito) nè nel linguaggio (chiaro) tradisce parentele con i radical chic o con i ragazzi del centro, che continuano a esprimersi nello stesso italiano sociologico e indecifrabile dei padri sessantottini.
La donna si rivolge con rispetto, quasi con dolcezza, alla parete di poliziotti mascherati dietro scudi e visiere. E sciorina loro un breve trattato di buonsenso metropolitano.
La città , dice, brulica di aree in cui imperano lo spaccio e il degrado: perchè, invece di andare là , siete venuti qui a cacciare chi ha trasformato un rudere in un punto di incontro del quartiere, con il doposcuola per i bambini, il dormitorio per i senzatetto, le lezioni di italiano per i migranti, la pizzeria biologica e il mercatino?
Oltre la signora, molti altri residenti sono scesi in strada e tra loro si contavano più pensionati che bolscevichi.
Del centro sociale non difendevano le idee, che probabilmente ignorano, ma il ruolo. E si chiedevano se fosse davvero indispensabile cominciare la bonifica dei mali del mondo proprio da chi, occupando un luogo abbandonato, aveva costruito qualcosa di cui lo Stato non si occupa più. Una comunità .
La proprietà privata va fatta rispettare persino quando i suoi detentori la lasciano andare in malora.
Però gli abitanti del quartiere che sostengono il centro sociale «buono» ci ricordano come le priorità delle istituzioni hanno smesso da tempo di corrispondere a quelle dei cittadini.
(da “il Corriere della Sera”)
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