Agosto 8th, 2017 Riccardo Fucile
ERANO NUOVI, ECOLOGICI, IN NUMERO DI 45… A 5 MESI DI DISTANZA NE CIRCOLANO SOLO DUE
Ieri il consigliere comunale del M5S, nonchè Presidente della Commissione mobilità , Enrico Stefà no ha scritto su Facebook quello che tutti — romani e giornalisti — sapevano da mesi.
I filobus messi in funzione dalla giunta Raggi sono rotti. E non saranno in circolazione fino a settembre, quando ripartirà il contratto di manutenzione.
Per la verità anche questa volta Stefà no riesce a non dire tutta la verità perchè si limita a dire che il numero di filobus attualmente circolanti “in questi giorni è calato vertiginosamente”.
Ma si tratta di un eufemismo. Perchè come scrivono oggi Erika Dellapasqua e Andrea Arzilli sull’edizione locale del Corriere della Sera dei 45 filobus che costituiscono il parco mezzi (acquistato nel 2009) ne circolano attualmente solo due.
I restanti 43 sono tutti in attesa di essere riparati e sono parcheggiati al deposito di Tor Pagnotta. Non tutti i mezzi però erano stati messi in circolazione. Eppure Virginia Raggi le cose le aveva presentate diversamente. Al grido di #riprendiamoci i filobus la giunta aveva proclamato la restituzione dei mezzi alla cittadinanza.
Appena cinque mesi (il 27 marzo) fa la sindaca Virginia Raggi annunciò assieme all’assessora Linda Meleo che quindici filobus sarebbero stati messi subito in circolazione.Su Facebook la Raggi rincarò la dose parlando dell’attenzione della giunta per la salute dei romani con un trasporto pubblico “più green”.
“A chi ci accusa di non fare niente per Roma rispondiamo con i fatti: potenziamo il trasporto pubblico e lo rendiamo più sostenibile per l’ambiente, senza ulteriore impiego di fondi ma rimediando agli sprechi delle precedenti amministrazioni. Oggi abbiamo restituito ai cittadini romani quello che gli è stato tolto in precedenza.”
Ma il giorno dopo la grandiosa inaugurazione di Raggi&Meleo i filobus erano già fuori servizio.
Il 28 marzo quattro mezzi erano stati costretti a tornare al deposito per guasti alle centraline e problemi ai motori. Non si può nemmeno dire che fosse trattato di un imprevisto: il personale ATAC aveva avvertito che rimettere in circolazione i mezzi avrebbe comportato non poche difficoltà perchè le vetture non sono sicure e persino in fase di collaudo avevano presentato problemi di affidabilità . In una lettera alla Sindaca i lavoratori della municipalizzata avevano parlato di «improvvisazione operativa». Anche perchè il servizio di manutenzione dei filobus non era ancora stato affidato: ovvero i bus rotti sarebbero rimasti fermi.
Due giorni dopo, il 29 marzo, al conteggio dei filobus fuori servizio se ne aggiunsero altri tre. Ma la vicenda dei “nuovi” filobus — uno dei grandi successi della giunta Raggi — si complicò ulterioremente un mese dopo la corsa inaugurale. Il 18 aprile infatti quindici filobus su quindici erano fermi in deposito. Come spesso accade nella Roma a 5 Stelle ci fu chi si affrettò a bollare la notizia come una bufala. È il caso del capogruppo del MoVimento 5 Stelle in Campidoglio, Paolo Ferrara che su Facebook parlò di una bufala.
Ma a smentirlo ci pensò direttamente l’ATAC che scrisse di «problemi che sono una evidente conseguenza del lungo fermo delle vetture prima della messa in esercizio». Inizialmente in una nota l’ATAC aveva negato che i filobus fossero tutti i fermi, ma dopo un rapido calcolo emerse che quindici mezzi su quindici (o 45 su 45 se preferite il conto totale) erano fermi per guasti.
All’epoca dei primi guasti Enrico Stefà no se la prese direttamente con il Corriere della Sera. Il quotidiano a suo dire era in contraddizione perchè prima si lamentava dei 45 filobus fermi mentre dopo l’operazione della giunta si lamentava “perchè camminano”
In realtà , come gli fecero notare nei commenti, «Enrico sei abbastanza intelligente da capire che si grida allo scandalo perchè sono fermi, e si grida allo scandalo perchè oggi camminano a Benzina . E sono filobus, cioè elettrici.
Tanto è che di 15, 4 si sono già guastati». In effetti a Stefà no sembrava sfuggire un dato importante: le vetture sono state progettate per viaggiare con il motore elettrico, il diesel è previsto solo per piccoli spostamenti, per evitare ostacoli improvvisi, in caso di caduta nella tensione di rete.
Appena quattro giorni fa l’assessora Linda Meleo rivendicava con orgoglio il successo della sua amministrazione nel rimettere in funzione i filobus spiegando che “a luglio sono state collaudate 32 vetture su 45“.
Mezzi tolti dalla polvere e restituiti ai cittadini, chiosava con una punta d’orgoglio. Chissà come mai però in circolazione oggi di quei 32 mezzi ce ne sono solo due. Perfino Stefà no è stato costretto ad ammettere che qualche problema c’è. Forse l’immobilismo (dei filobus) rappresenta il modello di buona politica del M5S. Se ne parlerà , forse, a settembre.
E intanto i romani ringraziano.
(da “NetxQuotidiano”)
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Agosto 8th, 2017 Riccardo Fucile
C’E’ TRASPARENZA NEI BILANCI, AL PRIMO POSTO UNICEF, MEDICI SENZA FRONTIERE ED EMERGENCY…355.000 DONATORI, 403 MILIONI LE DONAZIONI, 78.000 VOLONTARI… SCENDONO LE DONAZIONI, AUMENTANO I GIOVANI VOLONTARI
Un totale di 403 milioni di euro e 13mila tra dipendenti e collaboratori, mentre 78mila sono i volontari privati che portano avanti 1500 progetti.
I donatori sono 355mila: questi i numeri delle organizzazioni non governative.
La classifica delle entrate vede al primo posto Unicef seguita da Medici Senza Frontiere ed Emergency mentre le ONG con più collaboratori sono Coopi, Emergency e Terre des Hommes.
Questo è il bacino nelle quali converge l’impegno di sei milioni e mezzo di italiani, le “Abc”, associazioni per il bene comune come ha proposto di rinominarle il sociologo Ilvo Diamanti:
Infatti il mondo del volontariato cresce e si evolve, conferma Claudia Fiaschi, portavoce del “Forum del Terzo Settore” che rappresenta 81 organizzazioni impegnate nella cooperazione sociale, nella finanza etica, nella solidarietà internazionale.
Una galassia frastagliata di realtà che possono contare su sessantamila attivisti come su cinque amici, gigantesche o minuscole, internazionali o locali, ma tutte saranno riorganizzate dalla legge di riforma del Terzo Settore (ossia l’universo del no-Profit) appena approvata.
«Il volontariato – racconta Claudia Fiaschi – è nel Dna degli italiani, i numeri ce l’hanno confermato nel tempo. Ma le cose cambiano. Con la crisi, ad esempio, sono diminuite le donazioni, ma è cresciuto il tempo che le persone dedicano agli altri. Anzi è stato proprio in questi anni difficili che la richiesta di volontariato è esplosa.
E i giovani sono sempre di più. Oggi c’è un associazionismo che si muove e si aggrega in Rete, proprio grazie ai giovanissimi».
(da “NextQuotidiano”)
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Agosto 8th, 2017 Riccardo Fucile
UNA GRANDE COALIZIONE CON CESPUGLI CENTRISTI E DUE DIVERSE STRATEGIE PER CAMERA E SENATO… SALVINI E MELONI ALL’ANGOLO: CORRERE DA SOLI E IL RISCHIO DELL’IRRILEVANZA
Bambini, la ricreazione è finita.
Il piano che Silvio Berlusconi ha studiato nei minimi dettagli e che si prepara a lanciare dopo la pausa estiva punta a vincere le elezioni federando il centrodestra attorno a due sistemi diversi per Camera e Senato.
E prevede, racconta oggi Carmelo Lopapa su Repubblica, una grande lista civica nazionale che vedrà tutti dentro, alla Camera: da Forza Italia alla Lega, da Fratelli d’Italia ai centristi che ci sono e quelli tornati a casa; al Senato invece debutterà una coalizione, una federazione di partiti di centrodestra, alleati ma divisi .
Un piano che però potrebbe non avere un andamento così lineare come lo immagina il Cavaliere.
Perchè è evidente che prevede un accordo che ad oggi è giudicato impossibile dagli altri due maggiorenti del centodestra riunito, ovvero Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Il primo ha già fatto sapere che non ha alcuna intenzione di infilarsi in una grande ammucchiata che lo vedrebbe alleato con chi ha sostenuto i governi di centrosinistra.
E se ne capisce perfettamente il perchè: in questi anni Salvini ha costruito una leadership a suo modo alternativa rispetto a quelle tradizionali della generazione precedente di politici di centrodestra.
Una politica fatta di promesse e soluzioni alternative a quelle che potrebbe perseguire ingabbiato in una grande coalizione in cui bisogna trattare con i cespugli.
Salvini rischierebbe di fare la fine di Bossi, spesso inguaiato nelle trattative e costretto a costruire una narrazione fatta da una Lega di lotta e una Lega di governo.
Dall’altra parte c’è Giorgia Meloni, più possibilista rispetto a Salvini ma anche lei spinta dai risultati a marcare distanza nei confronti degli ex traditori del centrodestra che non vuole per niente riaccogliere a braccia aperte.
Ma Berlusconi per ora non sembra così preoccupato. Spiega Repubblica che i suoi delegati stanno lavorando al rientro nel recinto di Angelino Alfano, tramite la chiusura di un accordo sul voto in Sicilia.
Stanno sovrintendendo all’operazione avviata dall’ex ministro Enrico Costa che a settembre tenterà di dar vita a un nuovo soggetto “civico” col coinvolgimento di altri moderati.
E poi ci sono i pezzi sparsi da riaggregare: Gaetano Quagliariello con la sua Idea che si è già federata con Forza Italia al Senato, l’Udc di Lorenzo Cesa e Rocco Buttiglione impegnato con Gianfranco Rotondi e la sua Rivoluzione cristiana alla nascita di una sigla che richiami il Ppe, da presentare in autonomia al Senato e invece in lista con Fi e gli altri alla Camera.
E ancora, Flavio Tosi di Fare, col quale tiene una dialogo aperto l’avvocato veneto Niccolò Ghedini. Rientra nel progetto anche Stefano Parisi che gira l’Italia con Energie per l’Italia (ieri in Sicilia) e Raffaele Fitto, che va forte soprattutto in Puglia con Direzione Italia.
Anche se l’eurodeputato leccese sta ancora valutando se accettare il corteggiamento del duo di destra Salvini-Meloni.
Insomma, il Grande Centro di cui il Cavaliere sarebbe l’azionista principale servirebbe a tenere a bada anche le ambizioni di Salvini e Meloni.
Il rischio è correre da soli e finire condannati all’irrilevanza.
(da “NextQuotidiano”)
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Agosto 8th, 2017 Riccardo Fucile
QUELLA NEOLIBERISTA TRAVESTITA DA TERZA VIA BLAIRIANA, QUELLA LEGGE & ORDINE DI MINNITI E QUELLA POPULISTA DI RENZI… SE IL CENTRO E’ QUESTO COME E’ POSSIBILE UN CENTROSINISTRA?
Disumano. Tutto, in questa terribile estate 2017 ci pare disumano.
Il caldo mostruoso e il fuoco che divorano l’Italia: e le piogge che iniziano a sgretolarlo, al Nord. E disumano appare un discorso politico che di fronte alla più grande questione del nostro tempo, la migrazione di una parte crescente dell’umanità , reagisce invocando la polizia.
Un muro di divise che faccia nel Mediterraneo quello che vorrebbe fare il muro di Trump al confine col Messico.
Eppure no: è tutto terribilmente umano. È stato l’uomo a cambiare il clima. È stato l’uomo a innescare la grande migrazione: sono state la diseguaglianza, l’ingiustizia, la desertificazione, lo sfruttamento selvaggio dell’Africa, la stolta politica internazionale e le guerre umanitarie. “Ascoltate, e intendetemi bene: è dal cuore dell’uomo che escono i propositi di male”, dice Gesù nel Vangelo di Marco.
Umano, dunque: terrificantemente umano. Di una umanità sfigurata dalla paura, dalla rabbia, dall’avidità .
Parliamo di tutto questo quando parliamo della vittoria della becerodestra: peggio, di una egemonia culturale che si estende sul discorso pubblico. Una egemonia culturale che domina — piaccia o non piaccia: è un fatto — il maggior partito italiano: già di centro-sinistra, oggi inequivocabilmente vittima del pensiero unico della becerodestra della paura e dell’odio.
E ci sono almeno tre differenti tipi di destra che si stanno mangiando oggi il corpo del Pd.
La prima è quella che ha dominato il pensiero unico del centrosinistra negli ultimi decenni: quella del neoliberismo appena travestito da terza via blairiana.
Quella per cui ormai siamo non solo in una economia, ma in una società , di mercato. A cui non c’è alternativa.
Per esempio: nella legge sulla concorrenza approvata la settimana scorsa c’è un articolo che distrugge alla radice l’idea stessa di tutela dei beni culturali. Che si potranno esportare con una semplice autocertificazione basata sulle soglie di valore.
Il denaro come unico metro, la totale libertà dell’individuo, l’abdicazione dello Stato.
Un articolo esplicitamente scritto dalla lobby dei mercanti d’arte, un cui rappresentante sedeva nella commissione, nominata dal ministro Franceschini, che ha scritto la legge.
Un provvedimento settoriale, certo: ma che confermando ancora che il denaro è l’unica misura della libertà chiarisce molto bene l’orizzonte anti-umano di questo “centrosinistra”.
La seconda destra è quella, più tradizionale, del ministro Minniti. Una destra law and order che vuole mettere la polizia a bordo delle navi Ong: una destra perfino un po’ grottesca, perchè vorrebbe resuscitare la faccia poliziesca dello Stato avendo però smontato del tutto lo Stato.
Se non è la Guardia Costiera a governare la situazione, nel Mediterraneo, è perchè centrodestra e centrosinistra hanno indistinguibilmente distrutto lo Stato, definanziando e disprezzando tutto ciò che è pubblico, dalle forze di polizia alla scuola, dalla sanità alla forestale, dalle biblioteche ai pubblici ministeri.
E non è certo militarizzando le Ong che si ricostruisce lo Stato. Come non è con il reato di immigrazione clandestina che si può sperare di affrontare l’età delle migrazioni.
La terza destra è quella di Matteo Renzi.
Una destra anarcoide, individualista e populista. Una destra che sostituisce allo Stato una somma di gated communities: comunità separate dai soldi, divise per censo.
Una destra che non ha nessuna chiusura verso le libertà individuali, anzi le incoraggia in chiave antisociale. Gratificando privatamente i cittadini a cui si toglie ogni dimensione pubblica, sociale, comunitaria.
E, come ha scritto Guido Mazzoni in una analisi molto fine:
Se un certo fondo di anarchismo unisce la destra populista al modello liberale classico, ciò che li separa è l’ethos. La destra populista costruisce se stessa attorno a un’antitesi netta, identitaria, fra Noi e Loro. … Il senso comune cui la destra populista si richiama nasce dall’arcaico: è l’ethos dei primi occupanti, che separa i legittimi dagli illegittimi, i normali dagli anormali, gli autoctoni dai barbari. Il gruppo dei primi occupanti trasforma la propria identità nel corso del tempo, includendo gruppi di secondi occupanti radicati, o mostrandosi più tollerante verso identità di genere e comportamenti che fino a qualche anno fa avrebbero portato all’esclusione, ma non viene mai meno l’asimmetria fra chi viene-prima e chi viene-dopo.
È esattamente questa la chiave culturale che permette di comprendere l’affermazione di Renzi sull'”aiutiamoli a casa loro”.
Dove il punto è la contrapposizione delle case: la nostra, la loro. Un fortissimo richiamo identitario: il conflitto tra “Noi” e “Loro” che prende il posto del conflitto di classe e di censo, negato, rimosso, depotenziato.
E questa terza destra, si badi, non è solo del leader: la mutazione riguarda tutto il partito, come dimostrano le affermazioni di una esponente della segreteria Pd sulla “razza italiana” da perpetuare, quelle di un senatore sul fatto che salvare vite umane non è un obiettivo (perchè sono le Loro vite, beninteso), quelle della sindaca che aumenta le tasse a chi accoglie Loro.
Mi pare che se non si prenda atto di questa triplice involuzione destrorsa del Partito democratico tutti i discorsi sul futuro della Sinistra italiana non faranno i conti con la realtà . È davvero possibile un centrosinistra se il centro è questo?
E una forza come Mdp (che vota la legge sulla concorrenza e sostiene il governo del Codice Minniti) ambisce a contrastare l’egemonia culturale di questa nuova destra espansiva, o ne è a sua volta vittima? Sono questi i nodi da sciogliere.
Mai come in questa estate essere e restare umani appare un obiettivo rivoluzionario.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 8th, 2017 Riccardo Fucile
MA L’ITALIA GLI REGALA LE MOTOVEDETTE PER FARE IL LAVORO SPORCO… I NOMI DEGLI UFFICIALI CHE TRAFFICANO IN ESSERI UMANI
Ombre fosche e accuse pesanti, come quella di essere corrotti, collusi con i trafficanti di esseri umani. Ma al tempo stesso sono considerati, dalle autorità italiane, come i nuovi “Gendarmi” del Mediterraneo.
Sono gli uomini della Guardia Costiera libica, quella che dipende dal governo senza potere, ma riconosciuto dall’Onu, di Fayez al-Serraj.
Almeno quattro, cinque colpi di pistola. E diverse comunicazioni via radio nelle quali viene chiesto di allontanarsi. La Guardia costiera libica ha aperto il fuoco contro una nave della ong ProActiva Open Arms.
“Siamo in una situazione estrema nel Mediterraneo – denuncia il portavoce della Ong Oscar Camps – Siamo passati dall’immobilismo dell’Unione Europea a una scelta precisa: fermare le organizzazioni non governative”.
“L’Italia ci ha negato l’entrata a Lampedusa”, ha raccontato Camps all’agenzia spagnola Efe, spiegando che la Guardia Costiera italiana aveva autorizzato il salvataggio di una imbarcazione che navigava alla deriva ed è stata localizzata a circa 100 miglia dalle coste libiche e che dopo, “sorprendentemente”, ha “negato l’entrata per lasciare queste persone a Lampedusa”.
Camps ha aggiunto che nemmeno Malta ha offerto una soluzione e che i due paesi, Italia e Malta, si sono di fatto rimpallate le responsabilità : “Un paese ci manda dall’altro – ha aggiunto – e questa è una volta di più la dimostrazione della disorganizzazione dell’Europa. Siamo in acque internazionali in attesa che ci autorizzino di entrare in Sicilia”, ha aggiunto Camps, secondo cui all’alba di oggi saranno state 24 ore di attesa per ottenere una autorizzazione.
Secondo Camps, la Ue sta mettendo in atto una campagna contro le Ong nel Mediterraneo, “usano accuse non provate o investigano coloro che non hanno aderito al codice di condotta” approvato dall’Italia per gestire la crisi migratoria nel Mediterraneo.
“Tutti dicono lo stesso, che sospettano delle nostre attività – conclude Camps – che facciamo traffico di esseri umani, che entriamo nelle acque libiche. Accuse non vere, perchè tutte le Ong che si trovano nel Mediterraneo lavorano in coordinamento con la Guardia Costiera italiana”.
Non sono solo gli spagnoli ha denunciare questo clima di intimidazione.
Il clima è pesantissimo, l’atteggiamento della Guardia costiera libica si sta facendo sempre più aggressivo, confermano all’Huffpost i rappresentanti della Ong tedesca Sea-Watch. E c’è dell’altro, e di altrettanto grave. Una storia esemplare, ad esempio. Quella che ha come protagonista il boss della tratta di migranti nella città libica di Zawiya Abdurahman Al Milad Aka Bija, più conosciuto come Al Bija, 28 anni. Costui è il nuovo comandante della Guardia costiera della città (45 chilometri a Ovest di Tripoli).
Il Comando centrale della Guardia costiera libica di Tripoli non sarebbe neanche riuscito a portare la città sotto il proprio controllo.
Il motivo è che a comandare a Zawiya è la tribù Abu Hamyra, di cui Al Bija è membro. La tribù ha approfittato del vuoto di potere venutosi a creare dopo la caduta di Muammar Gheddafi nel 2011, per controllare stabilmente la città costiera e la locale raffineria.
A rivelarlo è stata una giornalista freelance, Nancy Porci, in una inchiesta pubblicata su TRT World, un network televisivo turco.
L’inchiesta svela anche che l’ente statale petrolifero libico (Noc) non ha accesso ai profitti della principale raffineria di greggio della Libia occidentale situata proprio a Zawiya.
Un abitante di Zawiya ha riferito ad Al Jazeera che il capo dei miliziani “è pagato direttamente dal governo con il compito di monitorare le attività al porto. Dovrebbe lavorare con i funzionari della marina, ma invece è il boss del traffico di esseri umani. Non solo gestisce quello che accade al porto, ma controlla direttamente anche diversi centri di detenzione”.
L’agenzia Askanews riporta che una fonte del ministero dell’Interno libico, contattata da al Jazeera, ha confermato il racconto dell’abitante di Zawiya: “Le guardie costiere corrotte danno i migranti ai miliziani e i miliziani li tengono in centri di detenzione illegali. Qui iniziano a ricattare i migranti. Gli prendono i soldi, i telefoni, i documenti. Con i numeri che trovano sui telefoni, i trafficanti chiamano le famiglie per chiedere un riscatto per lasciarli andare. I miliziani li vendono anche ai caporali della zona che li usano come forza lavoro gratuita. Contrastarli è quasi impossibile, anche per la polizia”.
Un caso isolato, la classica mela marcia? Non è proprio così.
A Sabratah, la città a 80 chilometri a Ovest di Tripoli da cui salpano gran parte dei barconi, il capo del Dipartimento locale anti-migrazione irregolare, che opera sotto il ministero degli Interni del governo Serraj, appartiene a una potente tribù.
È l’uomo che decide, in accordo con i trafficanti sotto un adeguato compenso, chi e quando deve partire.
Secondo un rapporto dell’Hna, una delle tre agenzie d’intelligence austriache, in questa città esistono due potenti organizzazioni che gestiscono il business dei migranti: la prima fa capo ad Ahmed Dabbashi, che nel 2011 si contraddistinse nella lotta all’ex regime di Gheddafi.
Grazie alla notorietà acquisita in battaglia Dabbashi ha messo in piedi una delle più potenti milizie locali che depreda e schiavizza i migranti prima di lasciarli partire sempre più spesso in accordo con i delegati libici verso l’Italia.
L’altra organizzazione, specializzata nel business dei barconi, è gestita da Mussab Abu Ghrein, che si occupa prevalentemente di sudanesi e altri migranti subsahariani. Per i propri traffici Ghrein ha sfruttato invece i saldi rapporti di sangue tra la propria tribù d’appartenenza e quelle al confine con il Niger.
Un giro di affari e connivenze, documentato da informative d’intelligence di più Paesi europei, mostra come i controllori (i delegati del governo) e i controllati (i trafficanti) anzichè essere in conflitto, siano riusciti ad alimentare un sistema economico ben strutturato.
Andrebbe peraltro ricordato, quando si fa riferimento alla “Guardia Costiera libica” che solo sotto il governo di Serraj ce ne sono almeno due, una che fa riferimento al ministero della Difesa e una che risponde al ministero dell’Interno.
E che quella di Tripoli – addestrata e finanziata dall’Italia – è una realtà in via di formazione: una galassia di milizie prestate al mare ma soprattutto al miglior offerente, espressioni di potentati locali che dalla caduta di Gheddafi sono in lotta tra di loro per il controllo di traffici illegali, quello dei migranti in primis.
Ad allarmare di più sono i racconti dei migranti salvati. “La stragrande maggioranza ci dice che in Libia la guardia costiera coincide spesso con i trafficanti, che il livello di corruzione in quel Paese è a livelli incredibili – afferma Riccardo Gatti, direttore di ProActiva Open Arms -. E in tal senso mi chiedo come mai in Italia in questo caso non si sia alzato un polverone sul fatto che il governo ha deciso di finanziare le attività poco trasparenti delle autorità libiche”.
Un passo, neanche troppo lungo, indietro nel tempo.
Durante un soccorso nel Mediterraneo, martedì 23 maggio, la guardia costiera libica si è avvicinata a dei barconi in difficoltà , ha minacciato le persone a bordo e ha sparato dei colpi in aria, mettendo in pericolo la vita delle persone e scatenando il panico.
È la denuncia di MSF e SOS Mediterranee, che hanno assistito al violento incidente. Le equipe di MSF e SOS Mediterranee erano state avvertite della posizione dei barconi in difficoltà e avevano distribuito giubbotti di salvataggio per iniziare il soccorso.
Oltre 20 persone erano state portate a bordo della Aquarius, la nave di ricerca e soccorso gestita in collaborazione dalle due organizzazioni.
Gli altri passeggeri erano rimasti sul barcone, mentre le equipe di soccorso erano andate ad assistere un’altra imbarcazione che era in una situazione più critica.
Nel frattempo si è avvicinata un’imbarcazione armata della guardia costiera libica. “Due guardiacoste libici, in uniforme e armati, sono saliti su uno dei gommoni. Hanno preso i telefoni, i soldi e altri oggetti che le persone portavano con sè” racconta Annemarie Loof di MSF.
“Le persone a bordo si sono sentite minacciate e sono entrate nel panico, erano terrorizzate dal comportamento aggressivo dei libici”.
La guardia costiera libica ha mostrato scarso riguardo per le persone sui barconi” continua Loof. “Il loro comportamento verso di loro è stato avventato se non addirittura minaccioso.”
“Sapere che la guardia costiera libica ha ricevuto formazione e supporto dall’Unione Europea rende questo incidente ancora più detestabile” conclude Loof di MSF. “Crediamo che le autorità italiane ed europee non dovrebbero fornire supporto alla guardia costiera libica, nè direttamente nè indirettamente. Questo supporto sta mettendo ancora più in pericolo la vita delle persone”.
“Sta venendo fuori – le fa eco Fulvio Vassallo Paleologo, docente di Diritto di asilo e statuto costituzionale dello straniero presso l’Università di Palermo – che quella Guardia Costiera con cui l’Italia ha trattato l’avvio di attività coordinate di contrasto dell’immigrazione potrebbe essere coinvolta nella vasta rete di organizzazioni criminali che gestiscono il traffico dei migranti in Libia. Una ipotesi sulla quale sta indagando il Tribunale penale internazionale”.
“Di certo – aggiunge il professore – non si riesce circoscrivere e ad arrestare la rete di trafficanti di diverse nazionalità da tempo insediati in Libia, con rapporti sempre mutevoli con le tribù e le milizie armate, con propaggini in Niger ed in Sudan, che le indagini, condotte con metodi assai approssimativi, non riescono a smantellare”.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 8th, 2017 Riccardo Fucile
“VOGLIONO BLOCCARE CHI SALVA LE PERSONE”
Battitore libero, voce critica da sinistra, in passato impegnato come volontario a sostegno delle popolazioni colpite dalla guerra, Erri De Luca ha pochi dubbi sulla causa da sposare parlando di migranti e del codice per le ong che operano in mare. “Sostengo chi già aiuta il passaggio oltre confine di viaggiatori bloccati, che vogliono giustamente andare altrove”, il suo esordio nella nostra conversazione.
Sembra di rileggere i versi della sua poesia Sola andata, in cui De Luca aveva scritto: “La terraferma Italia è terra chiusa, li lasciamo annegare per negare”.
Lo raggiungiamo mentre si trova all’estero ed è un dialogo tutto incentrato sulle regole, le stesse che più di una volta lo scrittore nella sua vita ha invitato a disobbedire, per capire fino a che punto l’intransigenza ideologica possa fornire o meno una sponda a chi lucra sulla disperazione di chi fugge verso l’Europa da conflitti, miseria e terrorismo.
Ma la sua presa di posizione è netta, segue quella di pochi giorni fa quando, intervistato a In Onda su La7, aveva sostenuto: “Se fossi uno di frontiera farei questo servizio di accompagnamento, incito a commettere questo crimine”.
Questo approccio non rischia di facilitare involontariamente il compito a chi lucra sulla disperazione dei migranti?
Chi è che lucra sui migranti? Chi li costringe a servirsi di trafficanti: i governi che hanno reso il corpo umano la merce più redditizia da trasportare. Aiuterei chi mi chiede aiuto per il semplice principio che farei a un altro quello che vorrei fosse fatto a me in caso di necessità .
Quindi quella che alcuni chiamano ‘intransigenza umanitaria’ secondo lei giustifica anche la possibilità che per salvare vite umane si venga meno alle regole che lo Stato fissa per tentare di governare i flussi
Dice regole per governare i flussi? Come i respingimenti in mare, che erano illegali. Oppure come incriminare i pescatori di Lampedusa e poi sequestrare la barca per aver salvato naufraghi? Sono regole che sono state firmate in passato dal nostro Parlamento: erano infami e si doveva disobbedire. Oggi facciamo rientrare nelle regole anche un codice inventato da un ministro che, intanto, regala soldi alla guardia costiera libica che è gestita dai trafficanti.
Rimaniamo sul tema delle regole. Cosa ne pensa del codice di condotta per le Ong che operano in mare appena varato dal Viminale? Chi non lo sottoscrive fa bene o sbaglia?
Io sto con Medici senza frontiere e con le altre navi che non subiscono l’imposizione. Guardiamole queste regole. Una imposizione di armi a bordo di chi svolge opere di pace e di soccorso? Sono divieti vari che hanno lo scopo di ostacolare i salvataggi.
L’Italia viene spesso lasciata sola nella gestione dei flussi migratori, il governo dovrebbe chiedere maggiori risorse ai partner Ue per l’accoglienza? Gli altri Stati europei non si fanno abbastanza carico del problema?
L’Italia deve sospendere il trattato di Dublino insieme agli altri Stati di frontiera. Invece siamo al delirio di intervenire in Libia, senza mandato e copertura internazionale, esponendo i nostri soldati a una reazione militare. Delirio è allargare i confini di Europa fino al Fezzan, il confine sud-occidentale del deserto libico.
La sinistra italiana fatica a trovare un approccio credibile alla questione migranti. Sembra oscillare tra la rincorsa di un vocabolario o soluzioni di destra e un approccio forse troppo ideologico.
La sinistra italiana evapora di fronte a ogni questione seria. Da noi ancora non esiste una sinistra italiana.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 8th, 2017 Riccardo Fucile
I RESIDENTI: “MA CHE FASTIDIO DAVANO? UN LUTTO PER IL QUARTIERE”… C’ERA UN DORMITORIO SOCIALE, ORTI E MERCATO BIOLOGICO”… LA BECERODESTRA ESULTA, FINO A QUANDO NON TOCCHERA’ A LORO
La polizia invade via Orfeo, nel cuore di Bologna, in una mattina di agosto. E l’ex caserma Masini è sotto sgombero.
Sono cominciate alle sette le operazioni per liberare l’immobile occupato cinque anni fa, nel novembre del 2012 dal collettivo Là bas.
Una trentina di attivisti si è schierata davanti al cancello d’ingresso, tutti seduti per terra e con in mano caschi da cantiere. C’erano anche delle rotoballe a difesa dell’ingresso principale di via Orfeo.
Gli agenti hanno prima provato a trascinare via gli attivisti, poi hanno usato i manganelli.
Sono partite le cariche mentre si sprigionava del fumo all’interno, perchè nel cortile gli esponenti del collettivo avevano dato alle fiamme alcune balle di paglia.
La zona è stata tutta bloccata, in via Castiglione i vigili della municipale non hanno fatto passare le auto per alcune ore, sono arrivati i vigili del fuoco.
Alcuni residenti sono scesi in strada sgomenti per lo sgombero: “Ma che fastidio davano?”. Altri, svegliati in mattinata dai lacrimogeni, scuotono la testa: “E’ un lutto, il quartiere perde una realtà sociale unica”. Un altro attivista: “Il Comune ora dovrà risponderne”.
I tafferugli sono proseguiti nella vicina piazza del Baraccano. Intanto a Bologna è stato eseguito un secondo sgombero, che riguarda un altro centro sociale, il laboratorio Crash di via della Cooperazione, nella periferia.
Nella struttura sono stati posti i sigilli, al momento dell’intervento non c’era nessuno. “Gravissimo: la procura ordina la questura esegue. Stanno sgomberando ora il lab Crash!”, la reazione del collettivo via Facebook.
L’ex caserma, di proprietà della Cassa depositi e prestiti, era già stata sgomberata alla fine del 2012 e poi subito rioccupata dai ragazzi del centro sociale legato al Tpo.
Nel dicembre del 2015 il Pm Antonello Gustapane ha emesso un decreto di sequestro per l’ex caserma Masini, dando il via libera allo sgombero.
In questi anni l’edificio è diventato un punto di riferimento per molti residenti del quartiere e non solo.
Al suo interno è stato creato un dormitorio sociale autogestito, “Accoglienza Degna”, con 15 posti letto, tanti laboratori tra cui “Labimbi”, pensato per i più piccoli, la scuola di italiano per immigrati, una pizzeria biologica.
Ogni mercoledì si teneva il mercato biologico di “Campi Aperti”.
Gli attivisti di Là bas hanno riqualificato gli spazi della caserma, abbandonata per tanti anni, con campagne di finanziamento popolari.
Lo scorso anno in occasione di un convegno sull’edilizia sociale la proprietà dell’immobile si era detta disponibile a incontrare i ragazzi del collettivo per discutere del futuro della caserma. La giunta comunale, per bocca dell’assessore Riccardo Malagoli si era detta “piacevolmente stupita” dell’apertura di Cdp.
(da agenzie)
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Agosto 8th, 2017 Riccardo Fucile
IERI L’APPOGGIO A CHI VUOLE AFFONDARE LE ONG, OGGI IL RICORDO DELLA TRAGEDIA DI MARCINELLE, IN CUI PERSERO LA VITA 136 EMIGRATI ITALIANI
“Generazioni di italiani hanno vissuto la gravosa esperienza dell’emigrazione, hanno sofferto per la separazione dalle famiglie d’origine e affrontato condizioni di lavoro non facili, alla ricerca di una piena integrazione nella società di accoglienza. È un motivo di riflessione verso coloro che oggi cercano anche in Italia opportunità che noi trovammo in altri Paesi e che sollecita attenzione e strategie coerenti da parte dell’Unione Europea”.
Così il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione del 61esimo anniversario della tragedia di Marcinelle, in Belgio, dove persero la vita 262 minatori, di cui 136 italiani.
“Il nostro pensiero va ad essi – ha proseguito Mattarella – al Bois du Cazier, luogo simbolo del lavoro italiano nel mondo e, mentre onoriamo la loro memoria, siamo esortati a mantenere vivo il senso di riconoscenza per i sacrifici affrontati da tutti i lavoratori italiani, emigrati alla ricerca di un futuro migliore per sè e per le proprie famiglie. Le loro fatiche sono state feconde. Esse hanno contribuito a edificare un continente capace di lasciarsi alle spalle le devastazioni della seconda guerra mondiale e di offrire alle generazioni più giovani un futuro di pace, di crescita economica, di maggiore equità sociale”.
Un dramma che, come spiega il Presidente della Repubblica, obbliga a riflettere sul tema irrisolto della sicurezza nei luoghi di lavoro, un tema “ancor oggi di grande attualità : rimane un impegno prioritario delle autorità italiane ed europee”.
Anche la Presidente della Camera dei deputati, Laura Boldrini, ha dedicato, su Twitter, un pensiero all’anniversario della tragedia: “Ci ricorda quando i #migranti eravamo noi. Oggi più che mai è nostro dovere non dimenticare #8agosto1956”.
Il ministro degli Esteri, Angelino Alfano, ha rivolto un pensiero “sia ai pionieri della nostra emigrazione, sia ai loro discendenti, ma ugualmente ai nuovi emigrati, che espatriano oggi in condizioni diverse anche se, molti di loro, sono spinti dagli stessi desideri e speranze. Come Fabrizia, Marco e Gloria che abbiamo perso a Berlino e a Londra, vittima la prima di un vile attacco di terrorismo, i secondi di una fatalità che forse si poteva evitare”.
“Il mondo dell’emigrazione – ha sottolineato Alfano – attraverso il coraggio, l’ingegno, il sacrificio, ha reso possibile nei decenni l’incontro tra persone, culture, professionalità e nazioni, come quelle europee, che oggi condividono il comune progetto dell’integrazione dell’Europa”.
“La memoria di quella tragedia – ha dichiarato Ermete Realacci, Presidente della Commissione Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici della Camera – può aiutare l’Unione Europea a ritrovare forza e slancio, ad essere più l’Europa dei popoli che quella degli egoismi e delle burocrazie”.
Per Realacci, ricordare quanto accaduto a Marcinelle “può evitare all’Italia di cadere nel tranello dei nuovi populismi e aiutarla a riconciliarsi, a tutti i livelli, con politiche di accoglienza e integrazione verso chi oggi è spinto dalla necessità , o dalla guerra, a fare scelte analoghe”.
(da “La Repubblica”)
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Agosto 8th, 2017 Riccardo Fucile
CITARE PINO RAUTI, ASSIMILANDOLO ALLA FECCIA SEDICENTE DI DESTRA ATTUALE, E’ UN INSULTO ALLA INTELLIGENZA
Oltre 100 persone si sono radunate nel pomeriggio in Campidoglio per chiedere l’apertura di un centro di prima accoglienza a Roma, del quale la città è sprovvista da anni ormai.
La protesta, organizzata dai volontari del Baobab Experience, prende le mosse dalla risposta scritta ricevuta dalla dirigenza delle Ferrovie delle Stato di approntare un presidio umanitario in piazzale Maslax, nelle vicinanze della Roma Tiburtina.
I volontari hanno srotolato un striscione con 17.301 firme di cittadini romani che hanno sottoscritto la petizione.
Un numero di firme simbolo: lo stesso numerodei migranti morti in mare dall’inizio dell’anno ad oggi nel canale di Sicilia.
“Si sta criminalizzando chi accoglie e salva i migranti — accusa Andrea Costa, coordinatore dei volontari del Baobab — e Renzi utilizzando lo slogan coniato da Pino Rauti ‘accogliamoli a casa loro’ rende più difficile la battaglia culturale dell’accoglienza. Accogliere è investire in sicurezza, è togliere terreno al fondamentalismo e all’integralismo”
Avendo sempre appoggiato la meritoria opera di volontario degli attivisti del Baobab, riteniamo opportuno, avendo vissuto in prima linea il periodo cui fa riferimento Costa, smentire la frase attribuita a Pino Rauti che non ha mai parlato di “accoglierli a casa loro” (frase che peraltro non avrebbe molto senso logico).
In un contesto geopolitico fondato sull’analisi dello sradicamento dei primi immigrati che fuggivano da guerre e carestie, dando per scontato che nessuno si allontanerebbe dalla propria terra, dalla propria cultura e tradizioni se non perchè “costretto”, Pino Rauti fu il primo a destra (quella vera, sociale e popolare) a studiare il fenomeno mondiale dei flussi migratori.
Paragonare Rauti a un Salvini è come accostare un fine intellettuale a un cialtrone populista.
Se 30 anni fa l’Europa avesse posto in essere gli interventi di aiuto concreto, investimenti senza fini di lucro in infrastrutture e alfabetizzazione, evitando la vendita di armi a regimi militari criminali e ponendo fine allo sfruttamento dell’Africa da parte delle grandi multinazionali, come postulato da Pino Rauti, oggi non saremmo di fronte alla tragedia di milioni di esseri umani in fuga e in cerca di sopravvivenza.
Invitiamo gli amici del Baobab a cercare altrove argomenti di polemica, lasciando perdere Pino Rauti che, allora come ora, si sarebbe schierato dalla parte dei deboli, non certo dei potenti.
Con buona pace delle tante teste di cazzo che nella presunta destra attuale si sono scoperti identitari solo per garantirsi una poltrona.
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