Destra di Popolo.net

“BANNON YOU’RE FIRED”: TRUMP SILURA L’ORMAI IMPRESENTABILE ARCHITETTO DELLA SUA VITTORIA

Agosto 18th, 2017 Riccardo Fucile

IL TEORICO SUPREMATISTA BIANCO LICENZIATO PER SALVARE SE STESSO

Steve Bannon è fuori dalla Casa Bianca.
Ufficialmente per decisione comune, in realtà  per volere del presidente Donald Trump che, in un’escalation durata settimane, alla fine ha deciso di sbarazzarsi dell’uomo che più di ogni altro ha contribuito a realizzare la sua vittoria e disegnare la sua strategia.
I rapporti tra i due si erano incrinati da tempo. Ma è difficile non vedere il licenziamento di Bannon, guru dell’ultradestra, come il prezzo politico che Trump paga al pasticcio di Charlottesville.
Per quanto abbia definito, in una recente intervista, i suprematisti bianchi “un gruppo di clown”, Bannon è da tempo il punto di riferimento dell’alt-right all’interno dell’amministrazione.
Da questo punto di vista, la posizione di Trump sui fatti di Charlottesville è stata molto più ambigua, quasi comprensiva: un fatto che ha provocato indignazione bipartisan, con la presa di distanza dell’esercito e la decisione dei top manager di mettere fine alla loro collaborazione con la Casa Bianca.
È probabile che Trump non si rendesse conto fino in fondo delle conseguenze che la condanna tardiva — e poi la retromarcia — delle violenze perpetrate dall’estrema destra avrebbero avuto. Ma questa volta le reazioni sono state talmente pesanti da averlo spinto ai ripari.
Lo dice chiaramente il NyTimes: l’uscita di scena di Banon, il nazionalista di estrema destra che ha trasformato il realtà  alcune delle promesse elettorali di Trump, aumenta le possibilità  per il presidente di fronteggiare le critiche di quella stessa base conservatrice che lo ha supportato nel corso dell’ultimo anno.
Ma i fatti di Charlottesville sono solo l’ultimo capitolo di un allontanamento che sembrava inevitabile.
Da tempo, infatti, i rapporti tra Trump e Bannon si erano raffreddati. Il tycoon si era convinto che molte fughe di notizie che in questi mesi hanno messo in imbarazzo la Casa Bianca fossero opera dello spregiudicato Bannon.
Poi l’intervista (o colloquio rubato, secondo la versione di Bannon) a The American Prospect, in cui l’ormai ex stratega contraddiceva il presidente sulla Corea del Nord, affermando che “non esiste nessuna soluzione militare alla crisi”.
Ancora una volta, grande imbarazzo, con il segretario di Stato Rex Tillerson e il capo del Pentagono James Mattis costretti a correggere il tiro, e a ribadire con forza come gli Usa siano più che pronti a un’azione di forza se il regime di Pyongyang dovesse insistere con le sue provocazioni.
Ma le urla rabbiose di Trump, nella sua residenza estiva in New Jersey, avevano già  fatto capire a tutti che le ore di Bannon erano contate.
Tanto più che nella stessa intervista Bannon si vantava di avere il potere di decidere cambiamenti nel personale del Dipartimento di Stato.
Anche l’ex amico Bannon entra così nella lista dei “silurati” da Trump.
Sotto pressione su vari fronti — dal Russiagate agli scarsi risultati politici — in quasi sette mesi il presidente ha rivoluzionato più volte la sua amministrazione puntando a circondarsi di fedelissimi.
Ricorrendo alle parole che più apprezza – “You are fired!”, sei licenziato, lo slogan che ha reso popolare nello show televisivo ‘The Apprentice’ — ha fatto cadere prima la testa di Sally Yates, il ministro della Giustizia ad interim e una delle ultime eredità  dell’era Obama.
A poche ore dalla scadenza del suo mandato (sarebbe stata automaticamente sostituita da Jeff Sessions la cui conferma in Senato era attesa il giorno seguente) Yates è stata fatta fuori a sorpresa per essersi “rifiutata di attuare” il bando degli arrivi da sette paesi a maggioranza musulmana.
Yates è colei che ha messo in guardia la Casa Bianca su Michael Flynn, ritenuto ‘ricattabile’ dai russi. Proprio a Michael Flynn, travolto dal Russiagate, Trump è stato a malincuore costretto a rinunciare.
Fra le vicissitudini di Flynn ha traballato anche il ministro della Giustizia James Sessions, che per mettersi al riparo dalla critiche ha scelto di astenersi dalle indagini sul Russiagate. Una decisione che continua a pagare duramente, essendo oggetto di critiche quasi quotidiane da parte del presidente.
Sullo spettro delle interferenze elettorali russe è caduto anche il direttore dell’Fbi, James C0mey, licenziato ufficialmente per la gestione dell’emailgate. La scure di Trump si è poi scagliata contro i procuratori generali dell’era Obama e in particolare sul potente procuratore di New York Preet Bharara.
A fine luglio altre due uscite eccellenti: il capo dello staff Reince Priebus e il portavoce della Casa Bianca Sean Spicer, caduti sotto la scure del nuovo fedelissimo di Trump, il direttore della comunicazione Anthony Scaramucci.
Ma anche quest’ultimo è stato silurato in poco tempo, con l’arrivo del gen. John Kelly al posto di Priebus.
Per Kelly si tratta di una nuova vittoria. Da quando il 31 luglio il 67enne si è insediato alla Casa Bianca nel delicato ruolo di ‘capo di gabinetto’ del presidente (una carica simile a quella di premier nella repubblica presidenziale Usa), il generale in congedo a 4 stelle dei Marine, con lo stesso piglio militaresco, ha liquidato i due personaggi più scomodi.
Lo stesso giorno ha ottenuto la testa dello sboccato e ingombrante capo della comunicazione, nominato solo 10 giorni prima dal presidente, l’italo-americano Anthony Scaramucci.
E oggi si è liberato dell’estremamente più ingombrante Bannon, ideologo del trumpismo, considerato il ‘Rasputin’, anima nera, del presidente.

(da “Huffingtonpost”)

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NON BASTAVANO I CAZZARI ITALIANI, ORA LA DEMOCRAZIA CE L’INSEGNA L’EX SEDICENTE CECCHINO RUSSO

Agosto 18th, 2017 Riccardo Fucile

NICOLAI LILIN, UN PASSATO SEDICENTE CRIMINALE, HA FATTO FORTUNA IN ITALIA CON UN LIBRO DISCUSSO… E DI CHE PARLA OGGI ? OVVIAMENTE DELLA BOLDRINI “AMICA DEI TERRORISTI”

“Un altro nostro concittadino massacrato dai terroristi islamici, amici della Boldrini”: non sono parole pronunciate da Salvini, ma da un “immigrato” di qualità ,   lo scrittore Nicolai Lilin, diventato famoso in Italia col romanzo “L’educazione siberiana”
Su Twitter lo scrittore legge il decesso di Luca Russo e Bruno Gulotta, agganciandolo alla polemica contro Laura Boldrini .
Lilin in realtà  non è italiano: nato in Russia (il vero nome è Nicolaj Verjbitkii) e ed è venuto in Italia solamente nel 2003 sostenendo di aver fatto il cecchino in Cecenia e il contractor (leggi mercenario)   per una società  israeliana in Iraq e Afganistan.
Ne L’educazione siberiana ripercorre proprio gli anni difficili trascorsi a nord della Russia, all’interno di una comunità  di criminali.
Ecco cosa scrive di lui il giornalista Armano su “il Fatto Quotidiano” del 12 maggio 2011, tanto per capire chi è il soggetto:

Girando per l’Est Europa capita d’imbattersi in prodotti italiani improbabili tipo il “Lambrusco Bianco Brut”, roba da esportazione che si può dare a bere solo a qualche straniero. Succede per i generi alimentari o la moda ma non s’era mai visto in letteratura finchè Einaudi nel 2009 ha pubblicato Educazione siberiana di Nicolai Lilin, cognome che ricorda pseudonimi come Stalin o Lenin e in russo suona artefatto. Da allora il romanzo di formazione (criminale) ambientato in Transnistria è stato tradotto in diversi paesi — guarda caso non in Russia .
Anna Zafesova della Stampa è andata laggiù per scoprire che la base storica del romanzo non sta nè in cielo nè in terra. E sul sito dell’associazione Anna viva, dedicato alla Politkovskaja, il giornalista Andrea Riscassi racconta d’una presentazione al Babel Festival di Bellinzona dove Lilin è stato sbugiardato da una russa.
Anche all’estero, con le traduzioni, qualcuno ha iniziato a farsi delle domande. Michael Bobick, antropologo americano che sta compiendo ricerche in Transnistria, ha pubblicato sul sito Transitions un articolo dove attacca il romanzo: gli urca non sono un’etnia ma una categoria criminale generica, nessuno veniva deportato dalla Siberia, casomai in Siberia!
In breve: Educazione siberiana è una sfilza di luoghi comuni del “criminale onesto” del tutto privi di credibilità : basta aprire qualche pagina a caso e si trovano cose improbabili, tipo che negli anni ’50 in Urss non si potevano più tenere i matti in casa e così molte famiglie per non doverli mandare in manicomio sono emigrate in Transnistria dove i criminali siberiani, per tradizione, li trattavano molto bene e li chiamavano “Voluti da Dio”! Vuoi vedere che pure il buon Basaglia era un urca?
Imperterrito, Lilin ha continuato a recitare la parte dello scrittore-canaglia ostentando una pistola e sostenendo di essere in pericolo di vita per far provare qualche brivido alla groupie letteraria di turno.
Di più. Si è trasferito a Milano, dove ha aperto il centro culturale Kolima, e ha pubblicato un secondo romanzo, Caduta libera (sempre Einaudi), ambientato in Cecenia: non solo ha un passato da giovane criminale siberiano ma i russi l’hanno pure costretto a combattere nel Caucaso come cecchino e poi — come ha rivelato a Rolling Stones, tatuando l’intervistatore — ha prestato servizio in altri scenari come l’Iraq per conto di un’agenzia israeliana!
Ma come può un cittadino della Transnistria (Moldavia) essere costretto dai russi a combattere in Cecenia?
Del resto che poteva raccontare per sfondare in Italia: che ha fatto il militare a Cuneo?

(da agenzie)

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DONNA, NEGRA E INCINTA: TRE PAROLE PER SCATENARE L’ODIO

Agosto 18th, 2017 Riccardo Fucile

QUEL FIGLIO CHE DEVE ANCORA NASCERE HA GIA’ RICEVUTO UN MANDATO DI MORTE

“Donna, negra e incinta”. Tre parole per scatenare l’odio, il razzismo più becero, la cattiveria frutto di una mala-educazione. Due ragazzi, 19 e 22 anni a Rimini, hanno rapinato, insultato e aggredito una donna incinta al 6 mese di gravidanza.
“Negra di m…, lurida bas…, torna a casa tua”, queste sono le parole che hanno accompagnato una scena che ogni giorno si fa più frequente.
In questi giorni in cui si parla di terrorismo fisico e psicologico, in cui tutti siamo pronti a denunciare, a riempire le nostre pagine di bandiere, di commenti, di verità , per questi episodi che rappresentano la nostra realtà , non pronunciamo molte parole.
Anche questo è una forma di terrorismo generato da sciacalli che abbiamo al potere che inneggiano, incitano e sorridono di fronte ai maltrattamenti di nostri fratelli. Sembra che il colore sia un deterrente per comprendere e tollerare. Includere e integrare. Donna-nera-incinta.
“Negra di m…, ti facciamo abortire” questo è il linguaggio per ignoranti a cui la ragione non è stata prevista nel loro Dna.
La tolleranza è il biglietto da visita con cui gli stati occidentali si presentano agli importanti incontri internazionali per discutere non si capisce mai di cosa.
Come docente, mi chiedo se sto insegnando il pensiero non di una “razza”, ma di un’umanità  che non tenta di opprimere un’altra.
Puntare il dito contro neri, gay e donne è razzismo, prendersela con il compagno di classe secchione e mingherlino è bullismo, ricorrere a improbabili teorie scientifiche che provano la superiorità  genetica del maschio bianco caucasico è stupidità .
Ma quella donna stesa a terra con suo figlio nel grembo è la rappresentazione di un antico pregiudizio che non finirà  mai di accompagnarci.
E non finirà  finchè ci saranno parti del potere che pur di spalleggiarsi qualche voto in più, non riescono a vergognarsi di quello che dicono. Per un voto in più, o per una copia in più di giornale, non vogliono vedere che stiamo precipitando in un odio di classe.
Fino a un certo punto è stato inconscio per tante persone, ma ora, da quando tutti gli uomini del mondo hanno acquisito consapevolezza, l’odio è chiarissimo e decifrabile. Quel figlio che deve ancora nascere ha già  subito un mandato di morte.
Calci nei suoi occhi, sulle sue mani, sul suo futuro che dovrà  conoscere la notte per potersi sentire uguali a tutti gli altri.
Oggi che piangiamo i morti di Barcellona piegati da un terrorismo che abbiamo costruito anche noi, cerchiamo di avere pietà .
Perchè quella donna che a differenza nostra ha la pelle color del sole, le sia riservato una vita che non sia attraversata dalla nostra indifferenza.
Quell’indifferenza che le ha riservato un selciato bagnato da lacrime. Lacrime che accarezzavano il suo grembo pieno di vita.

Claudia Pepe
(da “Huffingtonpost“)

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JESOLO, IDENTIFICATO L’AGGRESSORE DI DANIELE BARILETTI: E’ UN 35ENNE DI PURA RAZZA PADANA

Agosto 18th, 2017 Riccardo Fucile

DECISIVI I FILMATI DELLE TELECAMERE, CHIUSA LA DISCOTECA

Sarebbe un 35enne italiano di Cavallino, un comune confinante, l’aggressore di Daniele Bariletti, il ragazzo di 24 anni finito in coma durante una serata con amici alla discoteca “Vanilla Club” di Jesolo.
All’identificazione la polizia è arrivata visionando i filmati che hanno permesso di individuare l’identita’ dell’aggressore, che ora è stato denunciato.
Per la discoteca, invece, è arrivata la chiusura per 15 giorni del locale, ordinata dal Questore.
Tra le motivazioni il fatto di non aver sedato la rissa e di non aver avvertito la polizia. Il presunto aggressore, che non ha precedenti, sino ad oggi nega qualunque addebito, ma le immagini riprese all’interno della discoteca Vanilla Club e le testimonianze dei presenti lo inchioderebbero.
Bariletti, che i medici dell’ospedale di Mestre avevano messo in coma farmacologico dopo due interventi ai quali era stato sottoposto per l’aggressione subita in una discoteca di Jesolo, è uscito dal coma.
Le sue condizioni sono in miglioramento ed è stato trasferito dal reparto rianimazione alla neurochirurgia.
Secondo quanto riferito dagli amici e scritto dai genitori il giovane sarebbe stato anche fermato dal personale di sicurezza del Vanilla, ma “lasciato andare senza neppure accertarne le generalità , suggerendo agli amici di nostro figlio di chiamare il 118 incuranti della gravita’ della situazione”.

(da agenzie)

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“SILVIO, PENSACI TU”: MERKEL E BERLUSCONI, L’ASSE ANTI-POPULISTI

Agosto 18th, 2017 Riccardo Fucile

LA CANCELLIERA “RILEGITTIMA” IL LEADER DI FORZA ITALIA… “GRILLO E SALVINI LI FERMO IO”

“Silvio, pensaci tu a fermare i populisti”. Più dei sondaggi, più della salute ritrovata, sono state queste parole a riportare Berlusconi sulla scena con l’attivismo di un tempo.
Le ha pronunciate Angela Merkel durante l’incontro tra i due a Malta il 30 marzo scorso. Da allora i contatti sono continui, l’amicizia della Cancelliera è stata confermata più volte. Tanto che qualcuno non esclude che un faccia a faccia sia avvenuto anche a fine luglio quando sia Merkel sia il leader di Forza Italia erano in vacanza in Alto Adige.
Comunque, il succo non cambia: il Cavaliere ha riconquistato un ruolo centrale nello scacchiere dei moderati europei.
Ed è successo con la benedizione della figura più importante del Partito popolare europeo, dell’unica king maker del Continente.
Berlusconi, raccontano, ha cullato a lungo la suggestione di una grande coalizione con Matteo Renzi. “Il Pd prende il 30, noi arriviamo al 20. E abbiamo una maggioranza in Parlamento per fare le riforme”.
I sospetti su un piano per arrivare alle larghe intese, dunque, erano veri, almeno secondo la versione di Forza Italia. Ora Berlusconi ha cambiato idea. O meglio, sono cambiati i numeri perchè secondo l’inquilino di Arcore il Pd non raggiungerà  quella soglia e “se non ci pensiamo noi ad avvicinarci al 30 per cento, il primo partito sarà  quello di Grillo”.
Questa sensazione si è diffusa anche nelle cancellerie europee e in particolar modo a Berlino.
Perciò non è stato solo il Cavaliere a fare il diavolo a quattro per ricucire con Angela Merkel. Anche la leader tedesca ha voluto chiudere la fase di gelo in vista del prossimo appuntamento elettorale italiano.
Antonio Tajani, presidente dell’Europarlamento, ha lavorato a lungo alla pace sapendo che entrambi la volevano e la cercavano.
È un asse riservato, perchè la Merkel è la leader della Cdu ma anche il capo del governo. Deve tenere conto dei suoi rapporti istituzionali. Con Paolo Gentiloni il legame è solido. Ma il Ppe ha deciso ancora una volta di affidarsi al vecchio leader del centrodestra.
Per bloccare l’ondata populista e antieuropea che soffia in Italia, dai 5 stelle alla Lega.
E se alla fine Forza Italia dovesse allearsi con Salvini, ferma restano l’attuale legge elettorale proporzionale. un listone del centrodestra avrebbe una guida moderata.
Molti suggeriscono proprio il nome di Tajani, una lunga e costante carriera nelle sedi della Ue, europeista convinto ma consapevole dei difetti dell’Unione.
Con il suo stile, Tajani è stato anche capace di opporsi alla burocrazia comunitaria, che nei ruoli chiave è legata a doppio filo a Berlino. Appena insediato alla presidenza, il segretario generale dell’Europarlamento, Klaus Welle, ex leader dei giovani della Cdu, gli comunicò che bisognava spendere 3 miliardi di euro per la ristrutturazione delle sedi. Cifra monstre, destinata ad alimentare i sentimenti euroscettici.
Dopo un lungo lavoro ai fianchi, Tajani ha portato quella cifra a 380 milioni, quasi il 90 per cento in meno della spesa preventivata. Tajani però ha già  fatto sapere di voler rispettare il suo mandato a Strasburgo che scade nel 2019.
Il dialogo della Merkel comunque è diretto con Berlusconi.
Cadono nell’oblio i molti episodi che li hanno contrapposti negli anni di governo. Il cucù nel 2008, lo sgarbo di un mancato saluto per rispondere a una telefonata durante un vertice internazionale, le risatine sul Cavaliere tra la Cancelliera e Sarkozy durante una conferenza stampa alla fine del 2011 (non a caso recentemente Berlusconi ha spiegato che era stato il presidente francese a provocare, la Merkel si era limitata a non contraddirlo) e la presunta intercettazione del leader di Forza Italia in cui venivano pronunciate delle volgarità  sulla leader tedesca.
Il disgelo personale ha avuto due passaggi: il congresso del Ppe di Madrid e il summit popolare a Malta di marzo.
Ma adesso il dialogo è tutto politico. E la soddisfazione, per il Cavaliere, è che l’interesse per un nuovo inizio non è solo suo. Anche Merkel si è convinta a puntare, ancora, sul cavallo di Arcore. Vincente non si sa.
Ma di nuovo affidabile e centrale nella politica italiana.

(da “La Repubblica”)

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SANTANCHE’, PIGNORATI ALCUNI IMMOBILI DELLA DEPUTATA FORZISTA

Agosto 18th, 2017 Riccardo Fucile

A FEBBRAIO L’ATTO DI UNA BANCA DI CUNEO…VISIBILIA EDITORE HA PIU’ DI 6 MILIONI DI DEBITI

Un pignoramento immobiliare da parte della Banca di Caraglio del Cuneese per un credito non onorato.
Destinataria del provvedimento, di cui dà  conto Il Sole 24 Ore, è la deputata forzista Daniela Santanchè. Che a fine luglio ha liquidato Visibilia Magazine, la società  costituita per rilevare da Prs Editore Visto e Novella 2000, e licenziato 14 tra giornalisti e impiegati spiegando a ilfattoquotidiano.it che avevano “stipendi altissimi”.
Questo nonostante, a metà  2016, li avesse messi in cassa integrazione.
L’atto di pignoramento, secondo il quotidiano economico, è arrivato alla “pitonessa” lo scorso febbraio.
L’istituto del cuneese non ha spiegato se sia scattato per colpa di una rata scaduta o un rimborso non effettuato.
E non si sa se nel frattempo la Santanchè e la Bcc abbiano trovato un’intesa che scongiuri l’esproprio immobiliare.
Nel 2014 la parlamentare aveva quotato a Piazza Affari Visibilia editore, a cui fanno capo altre testate come VilleGiardini e Ciak, fondendola in una società  già  quotata, la Pms.
All’epoca le azioni della società  valevano oltre un euro. Oggi sono scese a 0,16 centesimi.
Il patrimonio netto a fine 2016 era di soli 293mila euro e i debiti banche e fornitori superavano i 6 milioni di euro.
Nel 2016 l’ex socia e amica Paola Ferrari è uscita dalla società  e ha presentato un esposto in cui ipotizzava il reato di infedeltà  patrimoniale per via dell’acquisto di Novella 2000 e Visto.
La giornalista Rai ha però perso la causa: il giudice per le indagini preliminari ha disposto l’archiviazione del procedimento poichè “la notizia di reato è infondata”.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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E A VOI FA PIU’ IMPRESSIONE FELTRI O BELPIETRO?

Agosto 18th, 2017 Riccardo Fucile

I SONDAGGI ESTIVI DI “LIBERO” SONO LO SPECCHIO DI COME E’ RIDOTTA LA DESTRA FANTOCCIO

Non è estate senza i sondaggi estivi di Libero.
Per questo oggi è ripartito il sondaggione di Libero che permette al lettore di esprimere liberamente la propria opinione sui temi più interessanti del solleone: meglio il due pezzi o il costume intero? Al mare o in montagna? Vuoi più bene alla mamma o al papà ?
Ma soprattutto, visto che è successo qualcosina ieri, diteci la vostra:qual è l’attentato terroristico che vi ha impressionato di più?
Qual è il morto ammazzato da assassino che vi ha scavato dentro il cuore?
Chi vi ha dato le maggiori emozioni mentre saltava in aria o veniva investito da un furgone?
Ma soprattutto, diteci la verità : a voi fa più impressione Feltri o Belpietro?

(da “NextQuotidiano”)

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BARCELLONA, LA LEZIONE DI ADA COLAU AI POLITICI ITALIANI

Agosto 18th, 2017 Riccardo Fucile

I POLITICI ITALIANI INNEGGIANO ALL’ODIO CONTRO CHI SCAPPA DALLA GUERRA… LA SINDACA SPAGNOLA SPIEGA COME SI REAGISCE AL TERRORISMO SENZA PERDERE LA PROPRIA IDENTITA’

Ada Colau è la sindaca di Barcellona oggetto in Italia di alcune feroci critiche perchè la sua amministrazione è decisamente a favore della politica dell’accoglienza.
Dopo gli attentati terroristici di ieri c’è chi fa notare gli abitanti della città  catalana che non devono lamentarsi se ora alcuni loro concittadini sono morti.
Perchè Barcellona ha sempre rivendicato con orgoglio il suo essere una città  aperta e tollerante. A febbraio molti abitanti erano scesi in piazza per manifestare il proprio sostegno ai rifugiati e per chiedere al governo spagnolo di fare la sua parte nell’accogliere i richiedenti asilo.
Oggi a mezzogiorno migliaia di cittadini spagnoli hanno partecipato al minuto di silenzio in omaggio delle vittime dell’attentato di ieri a Barcellona.
Con loro in Plaza Catalunya c’erano Re Felipe VI, il premier Mariano Rajoy e il presidente catalano Carles Puigdemont. In prima fila c’era anche la sindaca Ada Colau che su Twitter aveva lanciato un appello ai suoi concittadini contro la paura.
Ieri invece la Colau aveva scritto su Twitter che Barcellona è una città  di pace ribadendo che il terrore non avrebbe cambiato la natura della città .
Ovvero che Barcellona continuerà  ad essere una città  aperta al mondo, coraggiosa e solidale. Una bella lezione ad una certa sindaca che invece a Roma predica “l’accoglienza zero”.
Quello della Colau non è un tentativo di non vedere la realtà  delle cose e di non affrontare la brutalità  dell’attacco terroristico.
In qualità  di sindaca sa bene cosa è successo ed ha espresso subito la vicinanza alle vittime e ai loro familiari senza andare a cercare capri espiatori come hanno fatto i politici nostrani.
Quella della Colau è una lezione di coraggio per coloro che non sanno affrontare il terrorismo se non chiudendosi dietro muri che danno un falso senso di sicurezza. Coraggio di non cedere alla paura e di non incitare i propri cittadini e i propri elettori a iniziare una caccia all’uomo nei confronti dei musulmani o dei migranti al solo scopo di aumentare il consenso.
In Italia invece abbiamo politici come Giorgia Meloni che è “su tutte le furie” per la risposta della sindaca Colau agli attacchi terroristici.
Secondo la leader di Fratelli d’Italia non è abbastanza netta, decisa e determinata. Troppo pacifista la Colau per combattere la minaccia del terrorismo. Ma la differenza tra la Colau e la Meloni è nel senso di responsabilità : quello che obbliga moralmente un amministratore pubblico a tenere unita la cittadinanza.
Soprattutto dopo un evento tragico come quello di ieri i cittadini di Barcellona non hanno alcun bisogno di risposte “nette, decise e determinate” come quelle della Meloni.
Ha bisogno di una guida che mostri a tutti che si può essere uniti anche nelle avversità  senza dover per forza unirsi contro qualcuno.
La polizia e le forze di sicurezza assicureranno i colpevoli alla giustizia, una sindaca non è un comandante militare e non cedere all’intolleranza di cui si fa portavoce la Meloni è il segno di un maggiore senso del ruolo che le compete.
Matteo Salvini preferisce invece andare sul sicuro e gioca la carta Oriana Fallaci, scrittrice tanto cara a tutti coloro che odiano l’Islam per partito preso ma che non hanno mai letto una riga della Bibbia o del Corano.
Ma non è solo la Meloni a “rimproverare” ad Ada Colau le aperture della città  nei confronti dei rifugiati.
Perchè non è sufficiente criminalizzare un’intera città  e il suo sindaco, bisogna anche criminalizzare una categoria di persone (i rifugiati politici) che non ha alcun legame con l’attacco terroristico.
Ed eccoli i nostri coraggiosi connazionali che sperano che “morti e feriti siano tutti ex partecipanti di questa idiota manifestazione” riferendosi al corteo di febbraio.
Barcellona non è stata attaccata dai rifugiati che voleva accogliere. È stata attaccata da dei terroristi che non erano rifugiati politici.
E bisognerebbe ricordare ai nazionalisti nostrani che coloro che scappano dalle guerre in medio oriente scappano proprio dalle stesse violenze e dalla stessa forma di terrorismo che combattiamo qui in Europa.
Abbiamo con i rifugiati molto più in comune di quanto sono disposti ad ammettere quelli che vogliono chiudere le frontiere.
I terroristi invece quelle differenze e diversità  le vogliono eliminare, hanno quindi molto più in comune con chi vorrebbe società  etnicamente e religiosamente omogenee.
Perchè per i politici italiani il “problema” è che quei rifugiati sono musulmani. E quindi la questione è l’islamofobia, non l’accoglienza.

(da “NextQuotidiano”)

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BARCELLONA URLA “NO TENGO MIEDO”, LA PIU’ BELLA RISPOSTA A CHI VORREBBE DIFFONDERE LA PAURA

Agosto 18th, 2017 Riccardo Fucile

A PLAZA DE CATALUNYA MIGLIAIA DI PERSONE RENDONO OMAGGIO ALLE VITTIME DELL’ATTENTATO… POLITICI UNITI NELLA TRAGEDIA NAZIONALE (QUASI COME IN ITALIA)

Un minuto di totale silenzio per esprimere il cordoglio più profondo.
Migliaia di cittadini spagnoli si sono riuniti attorno a Re Felipe VI, al premier Mariano Rajoy e al presidente catalano Carles Puigdemont in Plaza Catalunya, cuore di Barcellona, per 60 secondi di silenzio in omaggio alle vittime dell’attentato del 17 agosto.
Dopo il minuto di silenzio la folla si è sciolta in un lungo applauso, tra grida di “No Tengo Miedo”, “Non ho paura”.
All’omaggio hanno partecipato anche la sindaca di Barcellona Ada Colau e i leader di tutti i principali partiti spagnoli.
Le Ramblas, intanto, hanno già  ripreso a riempirsi di gente e molti negozi hanno riaperto le loro vetrine: è anche questa la risposta di una città  che non vuole saperne di arrendersi al terrore.
“No tinc por, no tinc por”. Scandito da applausi, lo slogan è stato recitato – in catalano – da migliaia di persone, subito dopo il minuto di silenzio, a mezzogiorno esatto, concluso da un applauso infinito.
Nella più famosa piazza di Barcellona, a pochi metri dall’inizio della Rambla – luogo dell’attacco terroristico – sono accorsi tutti, giovani e anziani, abitanti della città  e turisti di tutte le nazionalità  per dare un chiaro segnale di risposta al terrorismo.
Il presidente catalano Carles Puigdemont, tra gli applausi, ha percorso tutta la Rambla a piedi, scortato da un ingente numero di guardie del corpo.

(da agenzie)

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