Agosto 29th, 2017 Riccardo Fucile
PER PERMETTERE LA PASSERELLA DEL MEGALOMANE, CL GLI AFFITTA UNO STAND SULL’OLIVA TAGGIASCA AL MODICO PREZZO DI 80.000 EURINI… PER ANDARE ALLA FIERA DEL TURISMO DI LONDRA O BERLINO SI PAGANO SOLO 50.000 EURO… “SE NON AVESSE PAGATO, NON L’INVITAVANO”
La trasferta al Meeting di Cl di Rimini della Regione Liguria è costata 80.000 euro. “Presenza istituzionale”, riporta la motivazione dell’impegno di spesa di Liguria Digitale, con un esito senza bando.
Per conto della Regione, Liguria Digitale ha pagato Evidentia Communication, la società “soggetta a direzione e coordinamento” della Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli.
“Servizi di organizzazione fiere ed esposizioni” riporta ancora il codice giustificativo della spesa, di Liguria Digitale.
Proprio una settimana fa il presidente Giovanni Toti ha partecipato al Meeting di Cl a Rimini, inaugurando lo stand della Regione Liguria.
Non conoscendo le spese, qualcuno però nei corridoi della Regione aveva già sibilato che la missione istituzionale era molto politica e a spese dei cittadini liguri.
Ad accompagnare Toti alla kermesse di Cl, c’erano anche gli assessori alla Cultura, Ilaria Cavo e alla Protezione Civile, Giacomo Giampedrone, componevano così la delegazione che aveva presieduto l’inaugurazione dello stand.
C’erano stati comunicati e post sui social dello stesso Toti che ribadiva la necessità di rilanciare l’oliva taggiasca.
In molti però avevano già ravvisato nel debutto sul palco Cl una precisa consacrazione sullo scacchiere politico nazionale di un leader in pectore, Giovanni Toti, pronto per scaldare il motore alla vigilia dell’agone elettorale nazionale del prossimo anno e magari guidare il centrodestra.
Rimane però la spesa, sostenuta dai liguri, di 80.000 euro, versata da Liguria Digitale a Evidentia Communication che ha come rappresentante legale Giancarlo Ronzoni.
La stessa società cui, proprio un anno fa, il Miur, aveva versato 60.000 euro, suscitando un vespaio di polemiche, perchè erano stati usati soldi pubblici per pagare uno stand dedicato al ministero proprio all’interno del meeting di Cl.
I maligni dicono che allora Toti non può vantare certo ottimi rapporti con Cl, visto che il costo complessivo del suo stand è stato proprio “a prezzo pieno”.
È pur vero che in molti si sono chiesti perchè la piccola e non ricca Regione Liguria abbia deciso di investire una così importante cifra per uno stand al Meeting di Cl, una cifra addirittura superiore a quella di un ministero.
Altre regioni è pur vero hanno allestito e organizzato stand promozionali al Meeting.
Fanno notare gli addetti ai lavori che la partecipazione di una Regione a una fiera del turismo internazionale come quelle di Londra o di Berlino, con l’organizzazione di un importante stand, pesa sul bilancio, in media, per non più di 50.000 euro.
Le opposizioni attaccano: “Per alimentare la propria consacrazione politica, Toti apre il portafogli, ma lo fa utilizzando i soldi dei liguri. E così è stato anche per lo stand sull’oliva Taggiasca al Meeting di Cl di Rimini, costato 80 mila euro di soldi pubblici. Probabilmente senza quest’ escamotage al governatore sarebbe toccato restare a casa. E adesso Toti dovrebbe spiegare ai cittadini cosa c’entri la promozione delle olive liguri con la kermesse di Comunione e Liberazione».
E ancora: «È chiaro che più che a promuovere quest’importante prodotto della nostra terra il governatore ha tentato di pubblicizzare se stesso . Come sempre, del resto. Il fatto poi che Toti abbia utilizzato, per pagarsi la partecipazione al Meeting, i soldi di Liguria Digitale, trasformata dalla sua Giunta in un vero e proprio bancomat, è un fatto piuttosto grave. Toti è ossessionato dalla promozione della sua immagine come leader nazionale del centrodestra e visto che presumiamo abbia esaurito i fondi regionali destinati alla comunicazione, ha deciso di superare quel tetto utilizzando proprio l’azienda informatica della Regione, che sta facendo di tutto tranne che portare a termine la propria mission».
(da “La Repubblica“)
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Agosto 29th, 2017 Riccardo Fucile
GLI AUMENTI LORDI IN BUSTA PAGA DEL RINNOVO CONTRATTUALE ATTESO DA 8 ANNI FARANNO SCATTARE LA SOGLIA OLTRE LA QUALE NON SI HA PIU’ DIRITTO AGLI 80 EURO NETTI DI RENZI
Il governo ha stanziato nelle leggi di Stabilità risorse sufficienti per concedere agli statali aumenti complessivi a regime per 85 euro medi a lavoratore.
E in più Matteo Renzi, proprio alla vigilia del disastroso referendum costituzionale, aveva stipulato con i sindacati un accordo che garantiva un aumento «non inferiore a 85 euro medi» il 30 novembre.
Ma l’aumento in busta paga farebbe scattare per molti dei dipendenti del pubblico impiego — ben 363 mila di loro, quelli che guadagnano tra i 23 mila e i 26 mila euro annui, concentrati soprattutto nella sanità e negli enti locali — la cancellazione automatica del bonus degli 80 euro concesso a suo tempo dal governo.
Gli aumenti contrattuali, tra l’altro, sono lordi mentre il bonus da 80 euro è netto: i 363mila rischiano di andare addirittura a perderci.
La numero uno della Fp Cgil, Serena Sorrentino, mette in guardia: “non ci possono essere comparti penalizzati” per via degli 80 euro.
Si tratta di impedire che l’incremento medio previsto, pari a 85euro mensili, non intacchi il bonus per le platee che si trovano tra i 23 e i 26 mila euro di reddito annuo.
Facile a dirsi, ma difficile a farsi, visto che finirà proprio così.
Il rischio per le fasce in questione è di superare la soglia che dà diritto agli 80euro, a causa, paradossalmente, di un rinnovo contrattuale che il pubblico impiego attende da 8 anni.
Dopo aver atteso 8 anni molti lavoratori finiranno per avere una decurtazione in usta paga, invece che un aumento.
(da agenzie)
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Agosto 29th, 2017 Riccardo Fucile
LA MOGLIE ITALIANA CHE VUOLE SBARAZZARSI DEL MARITO MUSULMANO, L’ASPIRANTE INFORMATORE DEI SERVIZI, IL COMMERCIANTE CHE NON VUOLE PAGARE I DIPENDENTI… LA POLIZIA NON NE PUO’ PIU’ DI FALSE SEGNALAZIONE
Terrorista dell’Isis? No, una brava persona di religione musulmana, onesta e diffamata.
In questi tempi cupi di vera emergenza terrorismo, le nostre forze di polizia sono investite da un’alluvione di denunce, chiamate, soffiate, richieste di indagini e controlli di ogni tipo.
Il fatto è che di fronte alle ondate di attentati che stanno colpendo tutta l’Europa, i nostri magistrati, carabinieri e poliziotti non possono permettersi di sottovalutare nessun indizio: quindi devono indagare anche su una massa crescente di segnalazioni che, alla fine, risultano infondate.
Molti falsi allarmi sono alimentati da cittadini in buona fede, preoccupati e impauriti, che cercano solo di aiutare le forze di sicurezza.
Ma fra le tante segnalazioni si nasconde anche una schiera di denuncianti in malafede. Inventori di finte piste. E sciacalli dell’emergenza jihadista. Che sfruttano la psicosi del terrorismo per organizzare vendette personali o lucrare su interessi privati.
Nelle caserme e nelle procure più impegnate, gli inquirenti cominciano a non poterne più. Per dimostrare che una denuncia è infondata, infatti, bisogna comunque dare il via a un’inchiesta.
Quindi: controllare e pedinare i soggetti segnalati, intercettare telefoni e comunicazioni su Internet, ricostruire contatti, viaggi, incontri. E indagare su piste che poi si rivelano false significa distogliere le forze, che non sono infinite, dai pericoli reali.
Se i poliziotti sono costretti a inseguire fantasmi, i veri terroristi rischiano di restare sconosciuti e liberi di uccidere.
Così, nelle nostre centrali antiterrorismo, iniziano a scattare le contromisure: chi segnala jihadisti inesistenti, nei casi di malafede comprovata, finisce sotto inchiesta. E la falsa denuncia si ritorce come un boomerang contro il denunciante.
L’Espresso ha raccolto una collezione di questi casi, scoprendo che esistono variegate categorie di utilizzatori dell’emergenza terrorismo.
Una vicenda che gli inquirenti considerano emblematica, anche perchè non è isolata, ha per protagonista una cittadina italiana che diversi anni fa ha sposato un immigrato di fede musulmana.
La coppia vive in provincia di Milano. Qualche mese fa, all’improvviso, lei denuncia lui: sostiene che è diventato integralista e fa discorsi esagitati sull’Isis.
Aggiunge che un giorno, insospettita, ha frugato di nascosto tra le sue carte dove avrebbe trovato foto di uomini armati. Di fronte a una moglie italiana che accusa il marito immigrato di jihadismo, i carabinieri del Ros sono naturalmente obbligati a muoversi.
Sicchè la vita del musulmano viene passata al setaccio. Ma con zero risultati. Anzi: tutto conferma che è un gran lavoratore, non è integralista, e quando viene intercettato parla dei terroristi come pazzi criminali che distorcono la religione islamica.
Inoltre non nasconde nessuna foto segreta di uomini armati. I carabinieri sentono puzza di bruciato e allora allargano l’indagine alla vita di coppia. Scoprendo che l’italiana non sopporta più il marito. Lo detesta. Progetta la separazione, vuole liberarsene.
Quindi l’accusa di terrorismo viene cestinata per totale assenza di indizi, mentre negli atti dell’inchiesta resta un unico dubbio, che riguarda proprio la moglie: è solo una visionaria o qualcuno le ha suggerito una falsa denuncia per spillare più soldi al marito (con il cosiddetto addebito per colpa) nella causa di divorzio?
Lo stesso interrogativo riguarda un’altra moglie italiana, che ha denunciato il marito tunisino.
Invece delle foto, questa volta, il preteso riscontro era un viaggio: partito per la Tunisia, lui sarebbe tornato cambiato, radicalizzato, jihadista insomma. In questo caso l’antiterrorismo ha perso meno tempo: l’accusa è franata in fretta.
Due procure lombarde hanno dovuto lavorare per mesi, invece, per smontare una fantomatica cellula dell’Isis con base in Brianza.
L’accusa in questo caso arriva da un piccolo imprenditore di origine maghrebina che vive da decenni in Lombardia, dove ha casa e lavoro.
Una fonte credibile, in apparenza, che denuncia le presunte confidenze di un gruppo di connazionali: sono almeno cinque, sostengono l’Isis, vogliono reclutare jihadisti, partire per la Siria e unirsi ai tagliagole del Califfato.
A Milano parte un’inchiesta approfondita. Che faticosamente ricostruisce la verità dei fatti: quei cinque musulmani non hanno niente a che fare col terrorismo. Sono tutti ex dipendenti o fornitori della ditta del denunciante.
Che non li ha pagati e deve loro un sacco di soldi. Di qui l’idea: farli arrestare o espellere tutti. E azzerare i suoi debiti.
Escluso il terrorismo, l’inchiesta emigra a Monza, dove ora l’ex denunciante è inquisito per calunnia, il più grave dei reati ipotizzabili in questo caso.
Altrettanto dannoso, per gli inquirenti, è stato l’effetto di una segnalazione ben congegnata da un cittadino lombardo di buona cultura, molto esperto di terrorismo, soprannominato “il professore”.
La sua denuncia manda in tilt l’antiterrorismo nei giorni della visita di Papa Francesco a Milano, quando l’allarme attentati era altissimo.
Mentre le forze di polizia sono in piena mobilitazione, “il professore”, che vanta conoscenze negli apparati di sicurezza, la spara grossa.
Racconta di aver saputo, tramite i suoi canali, che due maghrebine devono arrivare in macchina dalla Val d’Aosta, con altre presunte integraliste, per incontrare uomini arabi che nasconderebbero esplosivi.
Una segnalazione precisa: “il professore” fornisce anche la targa. L’auto arriva davvero a Milano con due maghrebine, accompagnate da due connazionali totalmente velate. La pista sembra reale. Nelle caserme è allarme rosso.
Degli uomini arabi però non si trova nessuna traccia. E tantomeno di esplosivi. Mentre le maghrebine non hanno alcun aggancio terroristico: sono musulmane normali, portano il velo per pudore, volevano solo vedere Milano.
L’inchiesta (condotta dagli stessi inquirenti che in questi mesi hanno arrestato veri jihadisti dell’Isis, intercettati mentre cercavano armi e ordigni per progetti stragisti tra Milano e Brescia) a quel punto si capovolge.
“Il professore” viene interrogato da magistrati esperti. Messo alle strette, confessa di essersi inventato tutto. Il movente? Voleva accreditarsi come informatore dei servizi. E magari incassare ricompense. Ora l’unico indagato è lui: rischia una condanna per simulazione di reato.
Nessuna accusa è stata invece contestata a un giovane giornalista del Sud Italia che, suo malgrado, ha fatto impazzire Digos e servizi segreti.
Nei mesi degli attentati a catena tra Parigi e Bruxelles, su Internet compaiono diversi profili di donne dell’Isis, armate di mitra, con nomi di battaglia che terminano con “Al Italiya”: jihadiste italiane, insomma, che parlano francese e rilanciano foto di guerra, messaggi stragisti e discussioni con terroristi della famigerata cellula di Molenbeek. Poliziotti e 007 ci arrivano per vie diverse.
E scoprono che dietro le jihadiste virtuali c’è un unico utente. Ma è solo un giornalista, che non ha mai voluto ingannare l’antiterrorismo: al contrario, i suoi profili erano trappole per attirare e smascherare i terroristi ancora ricercati. Solo che invece dei jihadisti hanno abboccato i servizi.
Pur creando frustrazione tra gli inquirenti, queste indagini non sono del tutto inutili: se conosciute, possono mostrare ai giovani accecati dalla propaganda jihadista come funziona una giustizia giusta.
Nei regimi sanguinari gli inquisitori lavorano per incastrare i sospettati a ogni costo, con torture e false prove.
In una democrazia, le inchieste servono anche a salvare gli innocenti. Di qualunque fede.
(da “L’Espresso”)
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Agosto 29th, 2017 Riccardo Fucile
IL LEADER ULTRAS-CRISTIANO TONY PERKLINS AVEVA GUIDATO UNA CROCIATA CONTRO GLI OMOSESSUALI
«Il Signore dà , il Signore toglie». Questa citazione dalla Bibbia (Giobbe 1:20-21) deve essere risuonata forte nella mente di Tony Perkins, esponente della destra cristiana anti gay in Louisiana.
Perchè proprio a lui – che aveva invocato il Signore affinchè inviasse un castigo divino per punire i gay – il Cielo ha riservato una punizione esemplare: distruggendo la sua casa in una alluvione di proporzioni bibliche.
No, non si tratta di quella che in questi giorni flagella in Texas: la notizia è di qualche giorno fa, ma come spesso accade nel web, il sito del quotidiano britannico Independent l’ha ripescata tra gli articoli «correlati» per affinità con le peripezie degli abitanti di Houston.
Si tratta, dunque, della seconda ondata di maltempo più grave che abbia colpito lo stato del Sud dai tempi dell’uragano Katrina ed è arrivata a metà agosto.
Ieri, peraltro, l’estendersi dell’uragano che ha colpito il Texas ha fatto scattare lo stato di emergenza anche in Lousiana.
Lo scorso 18 agosto, «il lobbista cristiano e controverso presidente del Family Research Council Tony Perkins è stato costretto dall’alluvione a fuggire da casa con la famiglia a bordo di una canoa».
Poco dopo, l’edificio è stato gravemente danneggiato dall’acqua e «il signor Perkins è stato costretto a subire “il volere di Dio”»: rifugiato in un camper.
Poco più di un anno fa, l’allora candidato presidenziale Ted Cruz lo aveva chiamato a far parte della sua squadra di consiglieri: più o meno all’epoca della presentazione di un disegno di legge dei Repubblicani del Nord Carolina che – come aveva scritto lo stesso Independent – avrebbe reso legale discriminare gay, lesbiche, bisessuali e transgender.
(da “il Corriere della Sera”)
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Agosto 29th, 2017 Riccardo Fucile
UNA GIORNALISTA CHE SCRIVE PER “IL GIORNALE” PUBBLICA SU FB LA FOTO DI UN ANNO E MEZZO FA DI 4 SPACCIATORI TUNISINI CHE NON C’ENTRANO UNA MAZZA… POI RIMUOVE LE FOTO
Chiara Giannini, giornalista che scrive per Il Giornale e Oggi e “ha un unico maestro: Oriana”, ha pubblicato sulla sua pagina Facebook un post in cui indica “i 4 stupratori di Rimini” e scrive: “Belle faccine, sì. Se li vedete? Per me potreste iniziare a portarli in piazza, davanti agli italiani“.
C’è un dettaglio però. Come si nota a prima vista dal credit presente al centro dello scatto, quella foto è tratta da un articolo di Riminitoday pubblicato il 22 marzo 2016 nel quale si racconta dell’arresto di un gruppo di persone di nazionalità tunisina (e dell’accusa nei confronti di un egiziano nel frattempo espulso) che “rifornivano di eroina, cocaina e hashish i tossicodipendenti della città “.
Per gli inquirenti tre su quattro dello stupro di Rimini sarebbero magrebini ma ovviamente nessuno ne conosce ancora la nazionalità .
Tra i commenti, in mezzo a molti che si augurano varie punizioni corporali (e un commento su cinque nomina la Boldrini), c’è anche chi si è accorto che qualcosa non quadra: “Siamo sicuri non sia una bufala? Ansa e Corriere dicono che gli inquirenti sono ancora alla ricerca e questa sembra una foto di un vecchio comunicato di RiminiToday. Forse prima di creare false speranze, bisognerebbe verificare le proprie fonti…”.
Anche altre pagine Facebook hanno pubblicato la foto definendo i tizi arrestati nel marzo 2016 a Rimini come gli autori dello stupro di qualche giorno fa.
Anche se c’è invece chi — come la pagina “Noi poliziotti per sempre” — la smentisce
Alle ore 19: Il primo post che accusava i quattro della foto è stato tolto
Alle ore 19,33 Chiara Giannini pubblica su Facebook questo video in cui accusa “quelli di neXtQuotidiano” di averla diffamata.
Non ci dice però in che modo l’avremmo diffamata, visto che abbiamo riportato esclusivamente le sue parole.
Tra l’altro la Giannini sostiene che la deontologia professionale del giornalista non preveda di “attaccare un collega”. Ora, a parte che basterebbe aprire un giornale per notare attacchi su attacchi a “colleghi”, in ogni caso noi abbiamo scritto soltanto la verità .
La Giannini poi sostiene che abbiamo raccontato falsità riguardo il suo lavoro a Oggi, dicendo che lei lavora per il Giornale. Peccato che sia scritto sulla sua pagina Facebook e sul suo profilo Twitter
Infine, la Giannini dice che la foto le è stata data da una fonte che riteneva attendibile. Sarà , ma una fonte che non nota che sta girando una foto in cui si legge chiaro e tondo il credit “RiminiToday” ad occhio non sembra per niente attendibile.
(da “NextQuotidiano”)
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Agosto 29th, 2017 Riccardo Fucile
JESOLO, IL GIUDICE NON CONVALIDA IL FERMO DEL 25 ENNE MAROCCHINO ACCUSATO… DECISIVE ANCHE LE TELECAMERE: ERANO USCITI MANO NELLA MANO
Resta per ora ancora indagato per l’accusa di stupro ma è uscito dal carcere il giovane finito in manette dopo la denuncia di una giovane a Jesolo.
Il giudice non ha convalidato il fermo, accogliendo la tesi della difesa, che aveva anticipato alla stampa l’esistenza di un audio inviato via Whatsapp agli amici in cui si dimostrerebbe che la donna era consenziente.
I due giovani erano usciti dal locale «Il Muretto» mano nella mano, si erano allontanati e avevano percorso qualche centinaio di metri.
Dopo un po’ lui era rientrato e lei si era seduta all’ingresso. «Mi ha violentata», aveva detto alcune decine di minuti più tardi alle amiche.
Le immediate verifiche dei carabinieri sembravano aver inchiodato B.A., 25enne di origini marocchine e residente in provincia di Vicenza, fermato dalla sicurezza della discoteca «Il Muretto» di Jesolo e arrestato. Lui si era subito difeso: «Lei era consenziente».
A dimostrarlo c’era un audio registrato durante il rapporto sessuale. Un messaggio che il giovane avrebbe, poi, inviato via Whatsapp agli amici contenente espressioni di apprezzamento da parte della ragazza, una 17enne veronese.
Un messaggio che, però, nel suo cellulare non c’era. Lo aveva cancellato, forse, quando ha saputo che lei era minorenne (compirà 18 anni tra pochi giorni).
I fatti risalgono a sabato notte. «Le telecamere all’ingresso hanno immortalato la coppia che usciva tenendosi per mano intorno alle 2 — spiega Tito Pinton, gestore de «Il Muretto» -. Un’altra li ha ripresi mentre si allontanavano nel parcheggio a braccetto e si abbracciavano».
I due avevano percorso circa 300 metri nel parcheggio e sono rimasti all’esterno una mezz’oretta. Il rapporto, però, sarebbe avvenuto fuori dalla recinzione, nelle vicinanze di un fossato.
Il 25enne, in Italia da molti anni e in attesa della cittadinanza, vive ad Arzignano insieme alla famiglia ed è incensurato. Poco dopo sarebbe rientrato in discoteca da solo. «Lei, invece, si è seduta all’ingresso, è rimasta lì per circa mezz’ora» continua Pinton.
A confermarlo, le immagini registrate dalle telecamere.
La ragazza non aveva neppure voluto sporgere denuncia, terrorizzata anche dalla possibilità che i genitori venissero a sapere cos’era accaduto.
(da “il Corriere del Veneto”)
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Agosto 29th, 2017 Riccardo Fucile
“C’E’ CHI EVOCA VIOLENZA CONTRO LE AVVERSARIE POLITICHE, NE PORTERANNO LA RESPONSABILITA'”…”LA MIA CONDANNA CONTRO LE VIOLENZE ALLE DONNE E’ SEMPRE STATO ASSOLUTA”… “UNA MINORANZA VIOLENTA VUOLE IMPOSSESSARSI DEL WEB, MA LA MAGGIORANZA DEL PAESE STA REAGENDO”
“Stiamo toccando il fondo”. La presidente della Camera Laura Boldrini è ancora in vacanza per qualche giorno. Ma arriva anche in montagna l’eco delle insinuazioni che la destra ha pronunciato nei suoi confronti.
Dicono che Boldrini non abbia “parlato” dello stupro di Rimini perchè di mezzo pare ci siano degli immigrati. Parole pesanti, odiose che veleggiano nell’etere come un veleno. “Siamo alla degenerazione del dibattito politico”, commenta la terza carica dello Stato.
Presidente, Giorgia Meloni dice che il suo silenzio sia un omaggio al multiculturalismo…
“Guardi io trovo agghiacciante il livello del dibattito di questi giorni. Come se la gravità della violenza dipendesse da chi la mette in atto o da chi la subisce. Lo stupro è uno degli atti più abominevoli che esistano ai danni di una donna. Un crimine esecrabile che lascia conseguenze permanenti, distrugge l’esistenza di una persona”.
Eppure c’è chi ha insinuato che lei non si esprimesse per una sorta di “tolleranza” nei confronti dei presunti colpevoli.
“Ma ci rendiamo conto a che punto siamo arrivati? Sono polemiche deprecabili, di chi non ha argomenti e mira solo ad avvelenare il clima”.
Per accontentarli: come mai non è voluta intervenire sull’argomento?
“La mia condanna è ovviamente incondizionata. Ci sono delle indagini in corso ma a prescindere da chi sarà ritenuto colpevole spero che la giustizia comminerà pene adeguate alla gravità del reato. Ogni giorno purtroppo abbiamo notizie di violenze, non faccio dichiarazioni di condanna su ogni singolo episodio. Non è il mio lavoro, di professione non commento gli accadimenti del giorno. Faccio una battaglia contro tutte le violenze, in special modo quelle sulle donne. Qualcuno può dubitare del mio impegno in questo ambito? Se lo fa è sicuramente in malafede e con intento strumentale”.
Un leghista di San Giovanni Rotondo ha scritto su Facebook: “Quando succederà alla Boldrini e alle donne del Pd?”. Post rimosso, personaggio espulso. Però…
“Però è un episodio ripugnante. Stanno toccando il fondo. Cercano la visibilità con questi argomenti, evocando lo stupro nei confronti delle avversarie politiche. Non credo che queste modalità siano tollerate in altri paesi democratici. Sciaguratamente le ho viste praticate solo in teatri di guerra, con conseguenze devastanti”.
Sono allievi che crescono alla scuola di cattivi maestri che fomentano la paura, l’odio. Ricordo Grillo e quel suo “che fareste con la Boldrini in macchina” e Salvini con la bambola gonfiabile simil Boldrini sul palco…
“Chi è a capo di un partito politico o di un movimento se apre la strada a tutto questo ne porta anche la responsabilità . Poi non c’è da meravigliarsi che altri seguano. Se lei va sui miei profili social vedrà che ci sono commenti pieni di minacce e volgarità , di inviti alla violenza. Spesso queste persone hanno chiari orientamenti politici. Se semini odio questo è il risultato. Ho deciso che denunciare fosse doveroso, a tutela mia e dell’istituzione che rappresento. Ho ricevuto tantissima solidarietà : sette milioni di visualizzazioni per il mio post, oltre 40 mila commenti. Gente che mi dice: ‘Presidente vada avanti, siamo con lei'”.
Non pensa che la maggioranza sia troppo silenziosa rispetto a questo degrado?
“Io faccio una battaglia anche per chi non ha voce e si trova a subire violenza da parte di una minoranza che vorrebbe impossessarsi del web. La mia denuncia pubblica ha dimostrato che la maggioranza silenziosa al momento giusto prende posizione. Il silenzio divide e isola, le parole uniscono e rafforzano i legami fra le persone”.
In queste stesse ore c’è un mediatore culturale pachistano che dice che alle donne, in fondo, piace lo stupro.
“Un’affermazione oscena. Mi è sembrato il minimo rimuoverlo dal suo incarico”.
Come si fa ad arginare uno scadimento del genere?
“Innanzitutto valutando e riconoscendo tutte le forme in cui questa violenza si manifesta: nella società italiana c’è chi continua a non tollerare l’avanzamento delle donne, una forma di misoginia che in taluni ancora persiste. Inoltre c’è da considerare che se un’istituzione della Repubblica diventa oggetto di morbosità violenta c’è qualcosa di serio su cui interrogarsi. Dietro, a mio avviso, c’è anche il tentativo di delegittimarla e screditarla. Infine, c’è la questione della violenza nel dibattito pubblico che non può essere sottovalutata. Se la politica sdogana le peggiori pulsioni c’è da aspettarsi solo il peggio”.
Tocca alla maggioranza silenziosa imprimere una svolta.
“C’è una frase di Brecht che porto sempre con me: ‘Non si dica mai che i tempi sono bui perchè abbiamo taciuto'”.
(da “La Repubblica“)
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Agosto 29th, 2017 Riccardo Fucile
LE RAGAZZE AVEVANO TRASCORSO LA SERATA IN UNO STABILIMENTO BALNEARE, SONO RIUSCITE A CHIEDERE AIUTO IN TEMPO…NON ERANO VERMI MAGREBINI, MA ROMANI, COSI’ LA MELONI NON DEVE SCRIVERE ALLA BOLDRINI
Tragica notte fuori da uno stabilimento balneare di Fiumicino.
Tre ragazze, dopo aver trascorso una serata al suo interno, si sono fermate ad aiutare una coppia in difficoltà con la macchina.
Sono state però immediatamente importunate da due ragazzi, probabilmente ubriachi che, in poche secondi, dalle parole sono passati ai fatti. Le hanno spintonate, fino a farne cadere a terra una. Poi, mentre uno di loro la bloccava, l’altro provava a sfilarle gli shorts.
Le grida di aiuto delle amiche hanno allertato il servizio di vigilanza del locale, immediatamente intervenuto, mentre gli agenti della Polizia di Stato del commissariato Fiumicino, giunti in breve sul posto, hanno bloccato uno degli aggressori: un 26enne romano, riconosciuto dalla vittima, è stato arrestato per tentata violenza sessuale e lesioni e, al termine degli accertamenti, tradotto presso il carcere di Civitavecchia.
Nel prosieguo delle indagini, coordinate dalla Procura di Civitavecchia e curate dal dott. Giuseppe Rubino, dirigente del commissariato Fiumicino, i poliziotti hanno identificato il complice, denunciandolo per gli stessi reati.
(da “il Messaggero”)
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Agosto 29th, 2017 Riccardo Fucile
DEMENTI CHE GIUSTIFICANO LA VIOLENZA E ACCATTONE SOVRANISTE SILENZIOSE QUANDO AMMAZZANO UN ITALIANO ALL’ESTERO O AFFOGANO UN PROFUGO MA PRONTE A INDIGNARSI CONTRO I “VERMI MAGREBINI” PER RACCATTARE QUALCHE VOTO RAZZISTA
Non è la prima volta che accade, ma questa volta fa notizia perchè gli autori della violenza sessuale sono cittadini stranieri, presumibilmente di origine nordafricana..
Quante volte abbiamo sentito uomini (e anche qualche donna) giustificare violenze e stupri subiti da donne con la scusa del “se l’era cercata”? Tante, troppe.
Anche quando si è trattato di video rubati — come ad esempio nel caso di Tiziana Cantone — la protagonista veniva insultata e additata come la classica poco di buono se non addirittura peggio.
Dopo i fatti di Rimini abbiamo assistito ad un nuovo episodio di rigurgito di violenza verbale contro le vittime degli stupri.
La cultura dello stupro come arma politica
Il fatto che si tratti di un malcostume diffuso non diminuisce la gravità della situazione e delle affermazioni. Il fatto che gli autori delle violenze siano cittadini stranieri non le rende più gravi.
Ma una volta di più un drammatico fatto di cronaca ha consentito l’emersione di quelle tendenze che fanno parte della cultura dello stupro.
Una cultura che non ha una connotazione politica e a volte viene propria anche dalle donne. Qualcuno forse ricorderà ancora l’invito a stuprare l’allora ministra Cecile Kyenge da parte della consigliera della Lega Nord Dolores Valandro.
Qualcuno, riferendosi allo stupro di Rimini si è sentito in diritto di commentare la vicenda per giustificare gli assalitori e spiegare che le vittime sono sì vittime, ma che alla fine godono come tutte.
È il caso di Abid Jee, il mediatore culturale che ha deciso di commentare così lo stupro di gruppo avvenuto a Rimini. Abid Jee è stato sospeso in via cautelativa dalla cooperativa sociale Lai Momo di Bologna per la quale lavora.
Un certo Alberto Neri ha deciso di rincarare la dose spiegando che “a livello biologico” ha ragione. Il problema è che mentre Abid Jee esiste realmente Alberto Neri è un troll che prende di mira i buonisti e gli elettori del PD.
Per Libero Abid Jee diventa addirittura un capo musulmano. Perchè è chiaro che ogni musulmano parla in nome di tutti i musulmani e che il fatto di fare il mediatore culturale significa ricoprire un ruolo di potere in seno ad una fantomatica (quanto inesistente) comunità islamica italiana che elegge i propri capi.
Nemmeno rappresentanti o presidenti, perchè i musulmani — si sa — si riuniscono in tribù.
Quelli che ci spiegano la bellezza e il piacere dello stupro
Ma non ci sono solo troll. Anche un altro utente Facebook, che dal profilo non sembra essere un provocatore di professione, ci spiega che “gli stupri sono una bufala inventata dai giornalisti figli di papà per gettar fango sui migranti”.
Il signor Giuseppe sembra voler debunkare il racconto della vicenda spiegando che in spiaggia è proibito dormire e che “lo stupro non può avvenire se la donna non vuole”.
Qualcuno è riuscito a risalire al profilo — vero o falso che sia — di Giuseppe per chiedere conto delle sue affermazioni. Il problema è che lo affronta facendo a sua volta affermazioni diffamatorie e violente. Ad esempio paragonando l’autore del commento a don Biancalani “con il quale condivide la passione per gli africani in costume e bagnati in piscina”.
Proprio lo stesso genere di insulti rivolti al parroco di Vicofaro dai fan di Salvini che lo accusavano di intrattenere rapporti sessuali con i migranti.
E Giuseppe non è il solo a pensarla così. O almeno così sembra perchè ci sono persone che con la scusa del black humor dicono le stesse cose. E le loro intenzioni non sono affatto chiare, stanno prendendo in giro chi dice che lo stupro alla fine non è poi così male o lo pensano davvero?
Tutti contro la Boldrini
Dal momento che gli autori potrebbero essere delle “risorse” la diretta responsabile non può che essere Laura Boldrini. A dare il buon esempio è stato Saverio Siorini, segretario cittadino di San Giovanni Rotondo (Foggia) di Noi con Salvini successivamente espulso dal partito del leader della Lega Nord.
Ma incredibilmente sono in molti a chiedere che la Boldrini si prenda le sue responsabilità per i fatti di Rimini. Quasi che gli immigrati rispondano ai comandi della Presidentessa della Camera.
È il caso di Giorgia Meloni che ritiene che la Boldrini sia disposta ad accettare la violenza sessuale come un “male necessario” del multiculturalismo in nome di una difesa ideologica dell’immigrazione.
Il fatto che la Boldrini da sempre combatte la violenza sulle donne, ed accusarla di voler proteggere i responsabile per “non rovinare” il buon nome dell’immigrazione è un atto di violenza politica inaccettabile.
Tanto più che in Italia la responsabilità politica è individuale.
(da “NextQuotidiano”)
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