Agosto 14th, 2017 Riccardo Fucile
L’AGENZIA PRECISA: “DOVUTO ESSENZIALMENTE AL MARE GROSSO, E AGLI SCONTRI VICINO A SABRATA”
A luglio il numero dei migranti sbarcati in Italia attraverso il Mediterraneo centrale (10.160) è calato del 57% rispetto a giugno, il livello più basso per il mese di luglio dal 2014.
Il totale degli arrivi in Italia, nei primi 7 mesi, è stato di 93.900, più o meno in linea con lo stesso periodo del 2016.
Sono i dati di Frontex.
A luglio sono stati invece 2.300 i migranti arrivati in Spagna, oltre quattro volte il dato dell’anno scorso. E il totale degli arrivi nei primi 7 mesi è di circa 11mila, più di tutto il 2016.
Sono “vari i fattori” che hanno contribuito al significativo calo nel Mediterraneo centrale verso l’Italia, nelle ultime settimane, secondo Frontex.
In Italia i “velinari” di regime tendono a sostenere che sia merito del Codice di condotta del governo. A parte che a luglio non era entrato in vigore (e questo basterebbe a sputtanare certi servi zelanti), la smentita a questa tesi arriva proprio dalla fonte vicina alla Ue e quindi al governo italiano.
Secondo l’agenzia Ue, questo è dovuto alle peggiori condizioni del mare nella prima metà di luglio; agli scontri vicino a Sabrata (area di partenza considerata “chiave” in Libia) e in minima parte a una maggiore presenza della Guardia costiera libica .
La quale deve aver interrotto per qualche giorno la sua principale attività , ovvero quella di scortare i barconi dei profughi dopo aver taglieggiato i migranti pretendendo la tangente.
Non lo dicono solo le Ong, ma anche la procura di Trapani.
A luglio in Italia i migranti sono arrivati soprattutto da Nigeria, Guinea, Eritrea, Sudan e Mali.
In particolare, nei primi sette mesi del 2017, i nigeriani hanno rappresentato il numero più alto dei migranti ad aver raggiunto l’Italia via mare: uno ogni sei. A seguire i cittadini di Bangladesh, Guinea e Costa d’Avorio.
Per quanto riguarda la Spagna invece, una delle ragioni principali per l’aumento degli arrivi sulla rotta del Mediterraneo occidentale (via mare e terra) viene collegato a un’accresciuta instabilità nei Paesi di origine e transito.
Inoltre, lo smantellamento di campi provvisori in Marocco e Algeria è stato un fattore di spinta nello spostamento dei migranti verso altre aree.
La maggior parte delle nazionalità dei migranti che hanno scelto questa rotta quest’anno provengono da Costa d’Avorio, Marocco, Gambia e Guinea.
Per quanto riguarda la rotta del Mediterraneo orientale, gli arrivi nella Grecia continentale, a luglio, sono stati 2300, giù di un quarto rispetto al mese precedente (con una diminuzione degli attraversamenti via terra). In crescita invece il numero di migranti nelle isole egee.
Nei primi sette mesi di quest’anno, sono stati circa 17.750 i migranti che hanno raggiunto la Grecia, il 90% in meno dello stesso periodo del 2016. La maggior parte: siriani, iracheni e afgani.
Adesso che le Ong (a parte Sos Mediterranee con “Aquarius”) si sono ritirate per non fare il gioco degli affogatori, i libici avranno mano libera di incassare sia le milionate di euro dall’Italia dei Ponzio Pilato che dai disperati che si imbarcano.
Qualche giorno di assestamento e qualche cambio rotta, poi tutti affogati in mare, tanto il pagamento è anticipato.
Gli ipocriti di Roma ora parlano di “ripristinare Triton”, nascondendo che le Ong dovettero intervenire proprio perchè Triton non faceva una mazza, in piena sintonia con l’Europa dei mercanti.
E’ come se, per aiutare le vittime del pizzo, il ministro degli Interni affidasse la loro tutela ai mafiosi. Abbiamo fatto così in Libia, demandando ai criminali della Guardia costiera libica il compito di eliminarci il fastidio della vista dei poveri del mondo.
La digestione dei panzuti “benpensanti” identitari occidentali avrebbe potuto subire serie conseguenze.
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Agosto 14th, 2017 Riccardo Fucile
IL CINISMO DI SCUOLA DALEMIANA DELL’EX PORTABORSE CHE AMBISCE A DIVIDENDI POLITICI A FUTURA MEMORIA
Qualcuno si fida di Marco Minniti, l’uomo che ha implementato in politiche attive il precetto salviniano-renziano sull’immigrazione “aiutiamoli a casa loro”?
Il Lex Luthor formato mignon, designato il 12 dicembre 2016 ministro dell’Interno nell’appena costituto governo Gentiloni e subito messosi all’opera per la riapertura e l’aumento dei Centri di identificazione ed espulsione dei migranti (Cie), seguiti dal raddoppio delle espulsioni.
Un muso duro — quello dell’ex Lothar di scuola dalemiana — che ha messo in agitazione lo stesso Matteo Renzi, in quanto concorrenziale rispetto alla propria sofferta strategia per riconquistare la suprema poltrona a Palazzo Chigi: scippare il bullismo forcaiolo delle opposizioni in materia di respingimenti, nella presunzione di intercettare con proclami tra il western e lo spara-spara i consensi dell’elettorato più manipolabile; ormai in preda agli effetti terrorizzanti della propaganda da paura delle invasioni prossime-future.
Per cui, se Salvini e Grillo strepitano a uso e consumo della piccola gente che hanno convinta della mutazione dell’Italia in un immenso Bronx di stupri e aggressioni, la pasdaran renziana Patrizia Prestipino, neo-responsabile della commissione famiglia Pd, porta combustibile alla linea incendiaria del boss proclamando l’impegno della sua parte nella “difesa della razza”.
La tragedia che oggi a Roma si ripropone sotto forma di farsa, mentre il Mediterraneo si trasforma in bara collettiva.
Una tragedia umana (che la cialtronesca ironia macabra del direttore de il Foglio si permette di irridere “estremismo umanitario”) in cui l’orrore delle morti seriali si specchia nelle ignobili furberie di carrieristi senza scrupoli.
Mentre troppi aspetti in ombra restano ancora tali: per quale motivo e a fronte di quali contropartite il governo Renzi, dopo la chiusura del programma italiano di salvataggi “Mare Nostrum” e l’avvio di quello europeo “Triton”, pretese che tutti gli sbarchi provenienti dall’altra sponda mediterranea avvenissero nei nostri porti?
Non certo soltanto per il servizio assicurato al ministro Alfano, nei suoi ritorni a casa, degli elicotteri di Frontex (l’agenzia Ue per le frontiere e la guardia costiera).
Insomma, l’intera questione resta avvolta in un’immensa bolla di “non detto”, in cui dovrebbe indurre a qualche sospetto la matrice di strabordante cinismo rappresentata dalla scuola di Massimo d’Alema, nella cui stagione di primo ministro il suddetto Minniti operò da portaborse in compagnia di personaggetti tipo Claudio Velardi e Fabrizio Rondolino; quelli dal cranio rasato come Lothar, il servo di colore nei fumetti del mago Mandrake.
Con questi precedenti l’attuale ministro dell’Interno si è molto dato da fare, magari per accumulare dividendi politici a futura memoria, in un crescendo culminato nel codice di comportamento per il soccorso in mare che rende le Ong bersaglio di una campagna diffamatoria, trasformandole — da meritorie organizzazioni dedite a salvare e curare disinteressatamente — nel mostro da sbattere in prima pagina.
In modo da distrarre dal vero obiettivo dell’agitarsi del Minniti in carriera: sigillare le porte del lager libico, in modo da affiancarlo a quello turco per raggiungere la soluzione finale del problema rappresentato dalle attuali migrazioni di popoli.
Non disegni politici, a misura di una tragedia epocale, bensì il mix comunicazione mendace virtuale e campi di concentramento materiali.
Il vero significato della promessa di “aiutarli a casa loro”: l’incatenamento.
Progetto comunque destinato a fallire, vista l’entità del fenomeno in gioco.
Ma — sia chiaro — non per colpa dei maneggioni nostrani ed europei.
Bensì per le malfamate organizzazioni denominate Save the children, Mèdecins sans frontières e magari la sempre reproba Emergency.
Pierfranco Pellizzetti
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 14th, 2017 Riccardo Fucile
RENZI, SALVINI E DI MAIO, FATEVI ACCOMPAGNARE NEI CENTRI DI DETENZIONE LIBICA, IN QUELLE GABBIE DI LAMIERA, FORSE CAPIRETE QUALCOSA
La sera dell’11 luglio, su La7, Francesca Mannocchi, reporter che fa onore al giornalismo italiano, ha mostrato al pubblico di “In Onda” un documento sconvolgente.
Immagini girate lo scorso febbraio in uno dei cosiddetti centri di detenzione per i “rimpatriati”, predisposti dal governo di Tripoli (con il consenso, par di capire, di quello di Haftar).
In realtà , delle gabbie di lamiera (oggi arroventate dal sole) dove non accetteremmo di far dormire un cane, e al cui interno stipati e accatastati come sacchi di immondizia 1.500 esseri umani, numerosi i bambini, vegetano ventiquattr’ore su ventiquattro. Quando davanti a quello scempio Luca Telese e David Parenzo hanno tristemente citato la frase ferragostana: “Aiutiamoli a casa loro”, di cui tanto si riempie la bocca l’intero arco “umanitario”, da Salvini a Renzi ai 5Stelle, abbiamo pensato: prendiamoli in parola.
E dunque chiediamo al governo Gentiloni e ai ministri competenti dell’Interno Minniti e degli Esteri Alfano di pretendere dai vari governi libici la fine immediata di questo intollerabile schifo.
Cominciando col dirne quattro a quel signor Fayez al-Sarraj, premier del governo libico riconosciuto dalla comunità internazionale, che riceviamo con tutti gli onori a Roma e che finanziamo abbondantemente.
Ci aspettiamo naturalmente che i teorici dell’aiutiamoli eccetera eccetera, facciano finalmente un bagno nella politica della realtà .
Che non è fatta di comodi pistolotti scritti sulle nuvole su ciò che sarebbe buono e giusto, ma di soluzioni possibili e praticabili. Non ne avete una a portata di mano? Benissimo, allora carissimi Salvini, Renzi e Di Maio chiedete all’Unicef e alle organizzazioni umanitarie, che agiscono per quello che possono sul campo per alleviare tanta sofferenza, di guidarvi in quel girone infernale per poi riferirne in Parlamento per l’adozione di adeguati provvedimenti.
E poi rispondete a questa tremenda domanda: cos’è peggio, che affondino nel Mediterraneo o lasciarli spegnere nel caldo e nel tanfo aggrappati a una grata, ma “a casa loro”?
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 14th, 2017 Riccardo Fucile
IL FALLIMENTO DELL’AZIONE DIPLOMATICA DELL’ITALIA IN LIBIA
L’effetto della campagna del governo contro le Ong è ormai evidente: togliere di mezzo la presenza (e i testimoni) delle organizzazioni non governative a ridosso delle acque territoriali libiche, per lasciare mano libera alla Guardia costiera di Tripoli ed eventualmente alla Marina militare italiana nel fermare i barconi e i gommoni carichi di profughi.
Silvio Berlusconi e Roberto Maroni le chiamavano con orgoglio operazioni di respingimento, perchè questo portava loro voti.
Il ministro dell’Interno, Marco Minniti e il Pd le definiscono più laicamente operazioni di soccorso. Ma della stessa operazione si tratta.
In sostanza, stiamo consegnando un’altra volta alla Libia il totale monopolio dell’arma degli sbarchi, senza preoccuparci troppo di quello che accade più a Sud nei luoghi d’origine dell’emigrazione.
Finita l’estate, spenta questa esagerata polemica sugli interventi umanitari, scopriremo che il problema va oltre le Ong.
Ed è ben più grave, come l’eredità degli anni scorsi ci insegna. A meno che non vogliamo consolarci con alcune migliaia di arrivi in meno, come l’andamento del 2017 sembra annunciare.
GLI EFFETTI COLLATERALI
È evidente che l’Italia non possa farsi carico da sola ogni anno dell’accoglienza e dell’integrazione di 180 mila persone, di cui gran parte uomini in giovane età .
Ed è indispensabile e auspicabile cercare soluzioni anche a breve termine. Ma se sono aumentate le partenze dalla Libia, non è certo per la presenza nel Mediterraneo delle Ong.
Perfino il codice di comportamento voluto da Minniti è un falso problema: il ministero dell’Interno ha sempre avuto il desiderio di dividere il volontariato tra mansueti da premiare e rompiscatole da allontanare, tra quanti sono disposti a chiudere un occhio e quanti si dimostrano rigorosi nel rispetto delle norme.
Lo si è visto nel 2013 nel centro di accoglienza di Lampedusa: per diversi giorni alcuni volontari del progetto governativo “Praesidium” hanno tollerato il fatto che intere famiglie con i loro bambini piccoli venissero tenute a dormire sotto gli alberi, mentre la notte i cani randagi urinavano sulle loro coperte.
Anche per questo bene fa “Medici senza frontiere” a rispettare la sua neutralità e a non voler prendere a bordo agenti armati.
Un codice di condotta simile a quello imposto dal Viminale oggi metterebbe fuori gioco perfino Henry Dunant, il fondatore della Croce Rossa e primo premio Nobel per la pace.
Non dobbiamo però sottovalutare gli effetti collaterali.
Fin dove si spingeranno i barconi senza più la presenza costante delle Ong al largo della Libia?
Fin dove arriveranno i cadaveri dispersi in mare?
È sempre la cronaca del 2013, prima dell’arrivo delle organizzazioni umanitarie e prima dell’impiego della Marina con l’operazione “Mare nostrum”, a suggerirci una risposta: 13 annegati davanti ai turisti sulla spiaggia di Sampieri in Sicilia il 30 settembre; 366 annegati davanti a Cala Madonna a Lampedusa il 3 ottobre; 268 annegati a 60 miglia a Sud di Lampedusa l’11 ottobre.
IL CORRIDOIO UMANITARIO
Dopo la fine di “Mare nostrum”, l’apertura del corridoio umanitario delle Ong ha ridimensionato l’impiego delle navi cargo nelle operazioni di soccorso: con un conseguente beneficio sui costi e i tempi dei commerci nel Mediterraneo.
L’unica alternativa, la prassi adottata dall’Italia fino al 2013, coinvolge invece il traffico commerciale.
Ed è spiegata proprio nelle comunicazioni che accompagnano i presunti ritardi, prima del naufragio dell’11 ottobre di quell’anno.
Dice al telefono un ufficiale della Guardia costiera italiana alla collega maltese che chiede l’intervento della Libra, il pattugliatore della nostra Marina: «Penso che sia una buona idea cominciare a coinvolgere anche una nave commerciale… Di solito noi lavoriamo in questo modo. Impieghiamo le nostre unità più grandi per avvistare (i barconi). E dopo se ci sono navi commerciali, noi preferiamo impiegare quelle e poi organizzare incontri con i nostri pattugliatori più piccoli. Perchè noi non vogliamo perdere l’area… Bene, penso che il capo deve provare a trovare una nave commerciale».
L’assurda procedura quel giorno si conclude con una strage di profughi siriani, tra cui sessanta bambini, rimasti per cinque ore in inutile attesa sul peschereccio che stava affondando.
Nave Libra ad appena una decina di miglia, meno di un’ora di navigazione, era stata mandata a nascondersi: nonostante nessuna nave commerciale fosse arrivata nelle vicinanze.
Se questa tornerà a essere la prassi, avremo forse qualche arrivo da vivi in meno. Ma probabilmente molti cadaveri sulle nostre spiagge in più.
BOCCIATI IN FRANCESE
La polemica sulle Ong aiuta soprattutto il governo italiano a nascondere il fallimento della sua azione diplomatica e politica in Libia. A fine luglio il presidente francese Emmanuel Macron ha sgambettato l’Italia e portato a un (fragile) accordo il premier di Tripoli, Fayez al Serraj, sostenuto dall’Onu e da Roma e il signore della guerra di Bengasi, il generale Khalifa Haftar, sostenuto da Parigi.
Se Palazzo Chigi fosse un’azienda privata, andrebbe licenziato il rappresentante per l’estero.
Il ministro Angelino Alfano infatti avrebbe potuto fare di più: dal primo gennaio al 30 giugno è stato una sola volta a Tripoli, una sola volta a Tunisi e mai, proprio mai, in almeno uno dei tanti Paesi africani o asiatici che con i loro cittadini impegnano così intensamente il nostro bilancio statale tra soccorsi e accoglienza. Lo confermano i piani di volo dell’aereo usato da Alfano.
Il suo omologo francese, il socialista Jean-Yves Le Drian, artefice del vertice Serraj-Haftar di fine luglio, è invece stato trentadue volte in Africa come ministro della Difesa nel precedente governo. E dal 17 maggio di quest’anno, giorno della sua nomina agli Esteri, ha già visitato Tunisia, Algeria, Egitto, Stati subsahariani, Emirati, Arabia Saudita e Qatar per preparare il consenso allo “sbarco” francese in Libia.
Il generale Haftar cura da tempo gli interessi di Parigi nel tentativo di sottrarre all’influenza italiana i pozzi e i terminal della Mezzaluna petrolifera in Cirenaica, nell’Est.
L’Eni rischia così di perdere alcuni futuri contratti. La pace con il premier di Tripoli, che a Ovest guida il Governo di accordo nazionale, però non è detto che regga. Solo l’annuncio italiano di inviare la nave militare “Comandante Borsini” in acque libiche per assistere la locale Guardia costiera contro i trafficanti di uomini, così come avrebbe richiesto Serraj, ha messo d’accordo tutte le fazioni.
Lo stesso vice di Serraj, Fathi Al-Majbari: «È una violazione della sovranità della Libia e degli accordi in vigore. L’azione di Serraj non rappresenta il governo».
Il figlio del dittatore Muhammar Gheddafi, Saif al Islam, tornato libero due mesi fa: «È un’operazione coloniale». Lo stato maggiore di Haftar: «Bombarderemo le navi italiane». Un bel pasticcio diplomatico.
IL MERCATO DEGLI SCHIAVI
Se il governo di Paolo Gentiloni si prende la responsabilità di consegnare i profughi alle autorità di Tripoli, bisogna ricordare che la Libia continua a essere un Paese in guerra che non ha mai firmato le convenzioni sui rifugiati.
E che per questo l’Italia è già stata condannata in passato, dopo gli accordi tra Gheddafi e Berlusconi, da risoluzioni del Parlamento europeo che avevano vietato i respingimenti. Basta leggere gli ultimi rapporti dello Iom, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, che non è una Ong ma un organismo intergovernativo costituito da 166 Stati membri.
Uno dei dossier più drammatici è della primavera scorsa. Denuncia il mercato degli schiavi allestito in un parcheggio a Sebha, nel Sud della Paese, lungo la rotta che dal Niger sale verso il Mediterraneo: «I migranti subsahariani vengono venduti e comprati dai libici, con l’aiuto di trafficanti ghaniani e nigeriani che lavorano per loro».
(da “L’Espresso”)
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Agosto 14th, 2017 Riccardo Fucile
RAPPORTO DEL CENTRO STUDI INGLESE MAPLECROFT: “IN AGRICOLTURA SONO 100.000, L’ 80% SONO MIGRANTI, IL 20% SONO ITALIANI”
L’Italia è uno dei Paesi europei in cui è più alto il rischio schiavitù, insieme a Bulgaria, Cipro, Grecia e Romania.
La proiezione, pubblicata nel report Modern Slavery Index 2017 a cura del centro studi britannico Verisk Maplecroft, lancia l’allarme basandosi soprattutto sull’elevato numero di sbarchi di migranti sulle coste italiane nel 2016.
Arrivi che hanno provocato un innalzamento del numero delle “persone vulnerabili” sul territorio, facile preda di mafie e sfruttatori, andando così ad alimentare il lavoro nero e lo sfruttamento.
“Rileviamo dati simili da qualche anno — commenta Marco Omizzolo, sociologo ed esperto di caporalato e sfruttamento degli immigrati — e questo ultimo report conferma il trend. Ma attenzione, il problema non sono i migranti, ma un sistema di accoglienza e un mercato del lavoro che sulle sponde settentrionali e orientali del Mediterraneo manifestano grossi limiti. I flussi migratori li mettono solo in evidenza. Il problema è strutturale, non a caso il fenomeno del caporalato non lo troviamo, come si pensa, solo nelle grandi piantagioni del sud, ma anche nelle aziende vinicole d’eccellenza del ricco Piemonte”.
Ma quanti sono gli schiavi nel nostro Paese?
“Secondo gli ultimi rilevamenti — dice il sociologo — in Italia sono 100 mila le persone in condizione di schiavitù e para schiavitù in agricoltura. L’80% sono stranieri, il restante 20% italiani“.
Secondo il report, tra l’altro, le violazioni delle leggi contro lo sfruttamento di esseri umani mostrano un aumento in 20 Paesi membri dell’Unione Europea su 28.
I casi più gravi di violazioni in Romania e Italia, dove si rilevano più episodi di lavoro forzato, servitù e traffico di esseri umani.
“In un sistema dove domanda e offerta sono così grandi — continua Omizzolo — si inseriscono le mafie. Lo fanno in due modi. In alcuni casi reclutano persone direttamente nel Paese di origine e organizzano il trasferimento, in maniera legale o illegale. Altre volte riescono a entrare nei Centri di Accoglienza Straordinaria (Cas) meno controllati che, così, diventano luoghi di reclutamento. Le mafie non producono il sistema, dovuto a pecche dell’accoglienza e del mercato del lavoro, ma vi si inseriscono, lo sfruttano. Gli ultimi censimenti parlano di 27 mafie coinvolte in questo business”.
E, in Italia, il settore dove più frequentemente ci si imbatte nello sfruttamento o la riduzione in schiavitù è quello agricolo.
Ma non sono solo alcune piantagioni di pomodori del sud Italia, dove sfruttamenti, abusi e violenze sessuali sono all’ordine del giorno, a destare preoccupazione: “È sbagliato pensare che questi lavoratori sfruttati — dice il sociologo — finiscano solo a raccogliere pomodori in Puglia e in Sicilia o nei campi e nei mercati generali dell’Agro Pontino. Di uomini e donne ridotti in schiavitù se ne trovano anche nelle aziende dell’eccellenza vinicola del ricco Piemonte. Questo dimostra che il fenomeno ha natura sistemica”.
Per questo, fare una mappa della schiavitù in Italia non è possibile perchè si parla di un fenomeno fluido: “C’è settorializzazione — spiega Omizzolo -, ma non si può parlare di modello. A Latina, fino a qualche anno fa, non si trovavano richiedenti asilo nei campi, oggi sì. Molti di loro lavoravano nelle aziende del nord. Inoltre, non è corretto fare una differenziazione etnica: nei campi non si trovano solo indiani e africani, ma anche persone dell’est Europa e di altre zone del mondo. Stessa cosa vale per la prostituzione: per strada si trovano molte donne dell’est e nigeriane, ma in casa lavorano anche molte cinesi e addirittura donne provenienti da Pakistan e Bangladesh”.
In Italia, però, il problema dello sfruttamento e riduzione in schiavitù non si limita solo al settore agricolo, ma si manifesta anche nelle costruzioni e nei servizi.
E poi c’è lo sfruttamento della prostituzione, dove a dominare il mercato sono le mafie dell’est e quelle nigeriane.
Un mercato, stima l’Istat, che vale 90 milioni di euro al mese, 1,1 miliardi all’anno, alimentato da circa 9 milioni di clienti che hanno a disposizione tra le 75 mila e le 120 mila ragazze sparse per il Paese.
Il 55% di queste giovani, in buona parte minorenni, sono straniere, soprattutto nigeriane, che rappresentano il 36% delle non italiane, e romene, 22%: “A queste vanno aggiunte le donne sfruttate in più settori — conclude Omizzolo — In alcune aree del Paese, diverse forme di schiavitù si saldano. Prendiamo l’esempio delle romene: spesso lavorano nei campi ma sono costrette anche a mettersi a disposizione del proprio padrone come oggetto sessuale”.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 14th, 2017 Riccardo Fucile
VERSO IL SI’ AL PD… NEL PACCHETTO SICILIA, LEGGE ELETTORALE E POLITICHE… FALLISCE LA MEDIAZIONE DI BERLUSCONI DOPO IL NO DI LEGA E FDI
Non più solo “prova generale” per le Politiche, ma anche “spartiacque” per la legge elettorale.
Il valore del voto siciliano del 5 novembre ha ormai abbondantemente superato i confini dell’isola, perchè in questa fase di trattative ci sono sostanzialmente due schemi che si confrontano: da una parte un centrosinistra allargato fino ai moderati (il cosiddetto “modello Palermo” che ha portato all’elezione di Leoluca Orlando) e dall’altro la riunificazione del centrodestra (“modello Genova”).
In mezzo, conteso dagli uni e dagli altri ma altrettanto vittima di veti incrociati (vedi Mdp e Fdi-Lega), c’è il partito di Angelino Alfano.
Ma parlare di coalizioni, soprattutto quando si esce dal confine regionale, vuol dire necessariamente parlare di legge elettorale.
E in questi giorni agostani almeno due interviste hanno fatto fischiare le orecchie a Matteo Renzi: a sinistra quella di Andrea Orlando e a destra quella di Silvio Berlusconi.
Il leader di Forza Italia, in un colloquio con ‘Il Mattino’, sostiene che “sarebbe gravissimo” se “gli appelli del Capo dello Stato a modificare la legge elettorale in vigore, una legge disomogenea e contraddittoria fra Camera e Senato, cadessero nel vuoto”.
La sua proposta è di ripartire dal modello tedesco su cui era stato raggiunto un accordo a tre con Pd e M5s, poi saltato a Montecitorio.
Ma il vero nodo politico, soprattutto all’interno dei dem, è quello del premio di coalizione.
Attualmente il premio di maggioranza — restando in vigore il cosiddetto Consultellum – è previsto per la sola legge della Camera ma viene attribuito al partito, o alla lista, che riuscisse a raggiungere il 40% delle preferenze.
Andrea Orlando invita invece Matteo Renzi a riaprire la discussione sul sistema di voto prevedendo quel premio di coalizione che consentirebbe di creare una maggioranza che vada da Pisapia ai moderati. “Se votiamo con questa legge — argomenta il ministro della Giustizia in un’intervista a ‘La Stampa’ – abbiamo l’altissima probabilità di non avere una maggioranza di governo. Il Paese sarebbe esposto a rischi di sistema”, “occorre ridurre le distanze nel centrosinistra, discutendo di proposte comuni con le altre forze della sinistra e le forze più moderate”.
Parole che l’ala di Alternativa popolare che “tifa” per un’intesa con i dem ha considerato come acqua al proprio mulino. Ma una bocciatura arriva a sinistra con Federico Fornaro, di Articolo1. “Alleanze elettorali alle prossime politiche che andassero da Alfano a Mdp, come propongono Andrea Orlando e altri del Pd — dice – sarebbero uno straordinario regalo al Movimento 5 Stelle”.
Dalle parti dei renziani l’idea del premio alla coalizione non è particolarmente gradita: il segretario Pd sa che a spingere per questa soluzione, oltre a Orlando, è anche Dario Franceschini.
Ma il suo timore è che alla fine il candidato premier di una siffatta alleanza potrebbe non essere lui.
E di possibili rivali ormai ne vede ovunque, soprattutto nel governo, a cominciare dallo stesso Gentiloni e poi Minniti, Calenda e persino Delrio.
La posizione di Renzi è che non si può cambiare la legge elettorale “contro gli altri partiti” e dunque senza che vi sia l’accordo di Forza Italia e M5s.
I pentastellati, però, di premio di coalizione non ne vogliono neanche sentir parlare. “La nostra forza è andare soli, proveranno a fare una legge elettorale contro di noi”, accusa Alessandro Di Battista.
Ufficialmente alla Camera i giochi si riapriranno il 6 settembre, quando tornerà a riunirsi la commissione Affari costituzionali. Ma c’è chi giura che Renzi non muoverà foglia fino a quando non si saranno svolte le elezioni in Sicilia.
Ed ecco che torna evidente il collegamento tra voto regionale e voto nazionale. L’obiettivo del segretario dem per le elezioni del 5 novembre, pur continuando a ribadire che è soltanto un test locale, è almeno di non arrivare terzo anche per non dare benzina agli oppositori interni. E per questo non passa giorno che i suoi “emissari” Delrio e Guerini, non parlino con gli uomini del ministro degli Esteri — Giuseppe Castiglione e Dore Misuraca – per chiudere l’accordo per palazzo dei Normanni.
Dentro Alternativa popolare, tuttavia, c’è un ‘partito del Nord’ capitanato da Maurizio Lupi che minaccia scissioni in caso di accordi con il Pd. E questo perchè il raggiungimento di un’eventuale intesa in Sicilia si porterebbe dietro anche un accordo per le prossime Politiche.
Alfano si è preso ancora qualche giorno per scogliere la riserva, una evoluzione è attesa dopo la settimana di ferragosto.
Al momento un’intesa con il Pd sembrerebbe ancora l’ipotesi più probabile. Anche perchè sui ragionamenti del ministro degli Esteri rispetto a un ritorno alla casa madre del centrodestra pesa un fattore molto umano e personale: non si fida di Silvio Berlusconi, nonostante la cordiale telefonata di una settimana fa. E non si fida soprattutto del fatto che l’accordo regga poi a livello nazionale.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 14th, 2017 Riccardo Fucile
L’INTERVENTO DI MAURO CORONA, SCRITTORE, ALPINISTA E SCULTORE
Sapete una cosa? Non avete risolto un bel niente. Lo dico a voi, uomini che avete sparato all’orsa e lo dico a chi vi ha ordinato di farlo. Preparatevi pure a sparare ancora, armate i vostri fucili. Finchè l’uomo attraverserà la strada di un’orsa con i cuccioli, finchè quell’orsa avrà paura aggredirà per difenderli.
Ogni madre, di qualsiasi specie sia, difende i propri piccoli.
È l’uomo, non l’orsa, che non è al suo posto. Gli orsi se ne fregano di noi, non ci aggrediscono, ma se una femmina ha i cuccioli allora è meglio starle distante. Punto. L’orsa lì doveva essere e lì doveva continuare a stare.
Hanno ucciso Daniza e adesso anche KJ2. E ci hanno pure detto che Daniza è morta per eccesso di anestetico, che si era trattato di un errore. Certo, come no? Per KJ2 niente anestetico? No, per quest’ora soltanto piombo.
Scusate, ma per quanto tempo continuerete a sparare?
Prima ripopolate le montagne con gli orsi spendendo un sacco di quattrini pubblici e poi li condannate a morte. Bel paradosso. Assurdo non credete?
Ma come si fa, dico io, a inventarsi cose di questo genere, a non comprendere di essere davvero fuori di testa a scegliere di uccidere.
Gli animali selvatici non stanno alle nostre regole, questa è la loro colpa.
È evidente che sono condannati per questo, ci intralciano, eppure li abbiamo catturati altrove e portati da noi perchè le Alpi erano popolate anche dagli orsi e non c’erano più. Siete voi che ordinate e sparate a non stare alle regole dei selvatici perchè non le conoscete. È un problema di ignoranza.
Noi viviamo in un mondo di ignoranza mal distribuita. La montagna è sconosciuta. Sono almeno trent’anni, dico trent’anni, che chiedo ai governanti, allo Stato, non so più a chi, di farla studiare a scuola la montagna.
Le guide alpine, gli uomini che la vivono e la conoscono, contadini, allevatori, boscaioli devono essere chiamati nelle aule scolastiche per raccontarla, tra bellezza e pericoli. Soltanto così la si può apprezzare.
Il guaio di tutto è che chi sceglie il territorio alpino per far vacanza non lo conosce. Le ordinanze non ci insegnano un bel nulla. Non proteggono. Vietare e uccidere. Si continuerà così se l’ignoranza non verrà colmata.
Uno squalo addenta un bagnante? Ammazziamo gli squali. Facciamolo con le vipere, se mordono un turista annientiamole, oppure con i lupi. I lupi uccidono le pecore, cioè seguono la loro natura, e noi gli spariamo.
Potremmo allargare il campo di questa bella soluzione. Un morto sulle strisce pedonali? Uccidiamo gli autisti.
E per stoppare i femminicidi ammazziamo gli uomini. Ma che modo è di ragionare? Siamo dunque noi gli animali intelligenti?
Ma lo sa la gente che l’ultimo uomo ucciso da un orso sulle Alpi risale a 110 anni fa?
E sa che ogni anno quanti uomini si ammalano per la puntura delle zecche e quanti ne muoiono? Ancora, c’è qualcuno che sa quanto possa essere pericoloso un cervo, così ammirato e ritenuto innocuo? In realtà può essere molto aggressivo.
Provate ad attraversare un’aia dove c’è una chioccia con i suoi pulcini e poi vedrete che cosa significa proteggere per un animale.
In questo momento sono a Misurina e non so neanche descrivere che cosa vedo intorno a me. Come si comporta la gente. Prendono la montagna come un parco cittadino, l’affrontano allo stesso modo.
Nessuno ha detto loro, per esempio, che a giugno se vai per boschi ti può capitare d’incontrare un’orsa con i suoi piccoli.
E che non si scherza con una mamma orsa, ha paura di noi, aggredisce per prevenire il peggio, oppure per rispondere a un’aggressione o a un’azione che lei ha ritenuto pericolosa per i cuccioli o per sè. E allora bisogna cambiare strada, via da lì, non pensare di osservarla, magari di avvicinarla. Invece che cosa si fa?
Niente. Non si dice nulla nelle città , poi si decide con un’ordinanza di condannare a morte un’orsa.
Un orsicidio che è gesto insano e non ha giustificazioni. Ha la copertura della legalità .
In realtà si uccide quando non si hanno idee, quando si è confusi, quando non si conoscono gli animali selvatici.
Mancanza di sapere curata con il piombo dei fucili. Orsa condannata dopo una ricerca attraverso il Dna.
Indagine genetica per individuare l’orsa cattiva? Roba da matti.
Vogliamo capire o no che siamo noi gli intrusi, noi andiamo a casa sua, non viceversa. Altro che ordinanze. Bisogna informare, non abbattere.
Andiamo a scuola di montagna che non ha i nostri codici, leggi o regolamenti. È questa l’ordinanza da scrivere.
Mauro Corona
(da “la Stampa”)
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Agosto 14th, 2017 Riccardo Fucile
L’ESPONENTE M5S SI SMARCA DAL FUORICORSO DEI “TAXI DEL MARE”… FINALMENTE UNA VOCE “UMANA” NEL M5S, A DESTRA SOLO UNA FOGNA
A luglio, secondo Frontex, il numero dei migranti sbarcati in Italia attraverso il Mediterraneo centrale (10.160) è calato del 57% rispetto a giugno, il livello più basso per il mese di luglio dal 2014.
Il flusso è rallentato perchè molti vengono riportati indietro, in Libia, come prevede l’accordo stretto tra Fayez Al Sarraj e Paolo Gentiloni il 26 luglio.
Questo nonostante in Libia, come denunciato da Onu e ong, vengano rinchiusi in centri che non rispettano i diritti umani.
Tema affrontato da Fico nel suo post: “Contro tutte le regole giuridiche che noi stessi abbiamo creato e sottoscritto, la parola chiave è diventata “respingere“. La stessa aberrante logica — semplificando, la logica dell’occhio non vede, cuore non duole — la si vuole ora applicare in Libia, riconsegnando migliaia di persone ai centri di detenzione in mano alle milizie. Veri e propri centri di tortura, come è stato documentato anche ieri nel reportage di Domenico Quirico sulla Stampa, che ci lascia atterriti, senza parole”, scrive su facebook l’esponente M5s.
“Il nostro compito è quello di rifiutare queste aberrazioni per ricercare soluzioni lungimiranti. Ripensare le procedure di richiesta d’asilo, farci promotori di un aggiornamento del senso stesso della parola “rifugiato”, che oggi è collegato alle persecuzioni per motivi di razza, religione, opinioni politiche ma che dovrebbe riguardare anche i rifugiati ambientali, cioè coloro che non hanno più mezzi per vivere a causa di fenomeni come la desertificazione, la deforestazione, la carenza di acqua o altri disastri ambientali che pregiudicano la loro salute”.
Poi aggiunge che “il primo a cavalcare questa falsa rappresentazione della realtà è il Governo, con Gentiloni che da mero esecutore si presta a diffondere bufale come quella per cui l’85 per cento dei migranti sarebbe costituito da “migranti economici”. Cifre sparate a caso — gli studi scientifici, come quello della Middlesex University commissionato dal Consiglio per le ricerche economiche e sociali britannico, dicono infatti tutt’altro — perchè la maggior parte di queste persone fugge da condizioni di vita subumane, persecuzioni, stupri, torture”.
“Dati 3 miliardi alla Turchia dove sono note le violazioni dei diritti umani”
Fico si dice poi “indignato” dal fatto che “l’Europa, un anno fa, per bloccare il flusso dei migranti abbia dato 3 miliardi di euro a un Paese che non ha ratificato la Convenzione di Ginevra sullo statuto dei rifugiati e dove sono note le violazioni dei diritti umani ai danni dei siriani e di altre popolazioni.
Mi riferisco all’accordo con Erdogan affinchè la Turchia bloccasse i migranti in fuga dalla Siria, dal Pakistan, dall’Afghanistan, e che magari avrebbero diritto proprio a quella protezione che gli Stati europei si sono impegnati a garantire nelle Convenzioni che hanno firmato, nelle Costituzioni che si sono dati”.
Finalmente una voce “umana” anche nel M5S
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 14th, 2017 Riccardo Fucile
L’UNICO SOGGETTO PERICOLOSO DA CACCIARE E’ IL PRESIDENTE DELLA PROVINCIA, NON GLI ORSI
“Iniziano le disdette agli alberghi ed alle case di vacanza in Trentino da parte dei turisti italiani, russi e francesi”.
Lo annuncia l’Aidaa — Associazione italiana difesa animali ed ambiente — che domenica aveva lanciato questa forma di protesta dopo l’abbattimento dell’orsa Kj2 nella Provincia di Trento.
L’uccisione dell’animale, responsabile di aver attaccato e ferito il 22 luglio scorso un uomo di 70 anni in un bosco nella zona dei laghi di Lamar, ha scatenato le proteste di tutte le associazioni animalisti.
E ora anche su Twitter molti utenti annunciano l’adesione al boicottaggio: “Non metterò mai più piede in Trentino”, scrive qualcuno con l’hashtag #NoVisitTrentino.
“Al momento sono una trentina le disdette di case ed alberghi per il periodo del post Ferragosto, per un totale di circa un centinaio di turisti che hanno deciso di non passare le vacanze in Trentino dopo la barbara uccisione dell’orsa Kj2 ordinata dal presidente della Provincia Ugo Rossi con l’ordinanza firmata nei giorni scorsi”, afferma il presidente di Aidaa, Lorenzo Croce.
“Le segnalazioni di disdette immediate, ma sopratutto di persone che hanno deciso di cambiare località sciistica per il prossimo inverno, sono molte e ci arrivano di fatto alla media di tre o quattro ogni ora”, prosegue Croce, il quale chiede all’Europa ed al Governo di “condannare ufficialmente questo assurdo ed inutile omicidio dell’orso”.
“Ho appena disdetto la mia prenotazione in Trentino del 14-15-16”. Alcuni utenti di Twitter promettono di non andare più in vacanza sulle montagne di Trento, ma il boicottaggio si estende anche ai prodotti della Provincia: “Ho disdetto anche l’ordine su Amazon”, si legge in un altro tweet con l’hashtag #Kj2.
(da agenzie)
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