Agosto 14th, 2017 Riccardo Fucile
LE ONG AVEVANO ADEMPIUTO AL COMPITO CHE AVREBBE DOVUTO ASSOLVERE L’EUROPA CON SOPHIA E TRITON MA DEL QUALE LA UE SE NE ERA FOTTUTA… OGNI DONNA VIOLENTATA NEI LAGER LIBICI SARA’ SULLA COSCIENZA DI GENTILONI E COMPAGNI DI MERENDA
Ira si gongola della propria vigliaccheria: “Se dovesse riprendere in modo intenso – ragiona una fonte qualificata vicina al ministro Minniti – chiederemo alle missioni europee Sophia e Triton, e ai mercantili di passaggio, di aiutare la Guardia costiera nei soccorsi. Esattamente come avveniva prima dell’arrivo delle navi umanitarie nel Mediterraneo”.
Prima, dunque, che le ong si facessero carico del salvataggio di 46.796 profughi nel 2016 (il 38 per cento del totale) e di 12.646 nei primi mesi del 2017 (circa il 35 per cento). Ed era stata proprio la loro presenza di fatto a permettere alle navi militari di Triton e Sophia di tenersi lontane dall’area “Search and Rescue”.
In pratica questa “Europa civile” aveva abdicato al proprio ruolo e agli impegni sottoscritti demandando alle Ong il compito di intervento.
La linea del ridicolo “rigore e fermezza” minittiana si ferma però davanti alla Ue: invece che bloccare i contributi agli Stati che non si sono fatti carico dei 40.000 profughi che avrebbero dovuto accogliere, i vigliacconi nostrani preferiscono alimentare la caccia alle streghe delle Ong, quelle che i migranti li salvano.
Con relativi orgasmi razzisti di quei borghesi di merda che poi vanno a messa la domenica per fingersi cristiani.
Ma qualcuno meno imbecille al governo si sta ponendo una domanda: ma se tutto questo fosse un boomerang?
Se dovesse verificarsi un incidente in mare, un naufragio non soccorso dalle Ong, non c’è il rischio di finire sul banco degli imputati?
Non solo: attuare i respingimenti di fatto come facevano Berlusconi e Maroni quanto costerà al Pd in termini elettorali?
Quanti elettori schifati da un partito ormai becerodestro non andranno più alle urne?
Sarà quello il momento della verità .
Oggi tante famiglie in Africa piangono per i loro morti affogati dall’indifferenza italiana, domani qualcun altro nel Pd piangerà altre lacrime amare.
(da agenzie)
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Agosto 14th, 2017 Riccardo Fucile
“SONO LORO I TRAFFICANTI, LI ABBIAMO FOTOGRAFATI MENTRE SMONTAVANO I MOTORI DEI GOMMONI APPENA LIBERATISI DEI PROFUGHI PER RECUPERARLI E RIUTILIZZARLI”
«Sospendiamo la missione perchè la situazione si è fatta difficile. I libici hanno già sparato contro la
Ong spagnola Proactiva e contro un’imbarcazione della Guardia costiera italiana, adesso estendono il loro controllo fino al limite di 72 miglia, è troppo pericoloso. Il nostro equipaggio è composto da volontari e in questo momento non ci sono le garanzie di sicurezza per continuare».
A spiegare a «La Stampa» la decisione di ritirarsi temporaneamente dal Mediterraneo seguendo l’esempio di Medici senza Frontiere, è Claus-Peter Reisch, skipper della Sea Eye, una delle prime organizzazioni non governative internazionali a sottoscrivere il codice voluto dal ministro dell’interno Minniti nonchè quella spedita la settimana scorsa dalla Centrale operativa romana a soccorrere la nave dell’ultradestra Defend Europe rimasta in panne nel Canale di Sicilia.
Da ore Sea Eye riceve messaggi minacciosi sui social network.
Reisch, che annuncia lo stop di una missione responsabile del salvataggio di oltre 5 mila persone dall’inizio del 2017 nelle stesse ore in cui Save the Children ritira la sua Vos Hestia, racconta una scelta molto dibattuta: «Ce ne andiamo a malincuore, avevamo firmato senza obiezioni l’intesa con il Viminale, ci andava bene anche avere i militari a bordo perchè quelle italiane sono forze dell’ordine regolari e legittime e perchè la Sea Eye ha grande rispetto per il popolo italiano, lasciato solo dall’Europa ad aiutare centinaia di migliaia di poveretti.
Ma la Guardia Costiera libica proprio no, loro per me sono la stessa cosa dei trafficanti, ho visto e fotografato le imbarcazioni “Libyan coast guard” che smontavano i motori dei gommoni appena liberatisi dei migranti, fanno parte del medesimo circolo e si spartiscono un affare grossissimo ».
Continua il braccio di ferro nel Mediterraneo, dove ad oggi, dopo il ritiro di tre Ong e le altre navi ferme per controlli di routine, resta a pattugliare le acque internazionali solo l’Acquarius di Sos Mediterranèe, l’organizzazione che era riuscita a far stralciare alcuni punti dal codice di condotta fino a sottoscriverlo e che ha a bordo una èquipe di Medici senza Frontiere.
«Finchè verrà garantita la sicurezza del nostro equipaggio rimarremo in zona di ricerca e soccorso (Sar, Ndr.) salvando chi è in pericolo e prevenendo il ritorno forzato delle persone soccorse in Libia» dicono da Sos Mediterranèe.
Il nodo gordiano è quello dei centri di detenzione libici, la ragione per cui, spiega Stefano Argenziano di Msf, altri si sono già tirati indietro: «Non ci preoccupa tanto la sicurezza quanto il fatto di essere arrivati alla fine di un processo che vuole bloccare donne e bambini in Libia, un carcere a cielo aperto, tra stupri e torture».
Un mese fa Amnesty International ha pubblicato un rapporto intitolato «A perfect Storm», nel quale vengono documentati gli abusi sistematici delle strutture che in Libia dovrebbero accogliere i migranti respinti nel Mediterraneo.
Una testimonianza tra le altre per una riflessione necessaria, chiosa il direttore generale di Amnesty Gianni Rufini: «La Guardia costiera libica ha specificato che non accetterà le navi nelle Ong spingendosi in acque in cui non ha competenza. A questo punto ritirarsi è giusto, perchè, tenute a distanza in questo modo, le Ong sarebbero altrimenti chiamate ad assistere impotenti ai naufragi o ai libici che riportano i migranti a terra nei campi di concentramento in cui ormai nessuno può più ignorare come la gente venga affamata, violentate e venduta».
(da “La Stampa”)
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Agosto 14th, 2017 Riccardo Fucile
“L’EUROPA SCEGLIE IL RESPINGIMENTO NEGANDO ASSISTENZA E PROTEZIONE E VIOLANDO LE NORME INTERNAZIONALI”
La morsa si sta stringendo.
Quella morsa che in Libia sta imprigionando migliaia di uomini, donne e bambini e che li condanna a subire abusi, violenze e torture inimmaginabili.
Il tutto con la benedizione di un’Europa che ha scelto, ancora una volta, di chiudere gli occhi davanti alla sofferenza umana e che sembra disposta a tutto pur di contenerla lontano dai suoi confini.
Per non essere cooptati in questo piano scellerato, abbiamo deciso di sospendere temporaneamente le attività della nostra nave, la Prudence, lasciandola quindi in standby nel porto di Catania.
La recente dichiarazione delle autorità libiche di voler istituire una propria area di ricerca e soccorso molto estesa in acque internazionali, obbligando le navi umanitarie a coordinarsi con Tripoli, è l’ultimo dei tasselli che vanno a comporre uno scenario ormai chiaro e di cui facevano già parte l’invio di navi militari italiane in Libia, il supporto dell’Europa alla guardia costiera libica e la delegittimazione mediatica e pretestuosa a cui è stato sottoposto chi salva vite in mare.
Come già dimostrato l’anno scorso – quando l’Europa decise di pagare la Turchia perchè questa bloccasse l’afflusso di migranti e rifugiati, una decisione a cui ci opponemmo con forza e che spinse Medici Senza Frontiere a rifiutare i fondi europei – le priorità delle politiche europee mettono gli interessi di contenimento di respingimento al di sopra dei doveri e delle responsabilità di assistenza e di protezione di persone in fuga da situazioni di violenza estrema, tortura e guerra, e sopravvissute a viaggi molto pericolosi.
Adesso, un accordo persino più cinico e disumano tra l’Europa e la Libia di fatto limita l’azione delle organizzazioni che salvano vite in mare e avrà come unico risultato quello di causare più morti e sofferenza e di intrappolare migliaia di persone dentro l’inferno libico.
Così il Mediterraneo è diventato un mare privo di diritti, dove prevalgono solo gli interessi di chi è disposto a sacrificare la vita e la salute dei più vulnerabili con l’unico obiettivo di chiudere le frontiere ad ogni costo.
MSF ha sempre lavorato nel pieno rispetto del diritto internazionale e marittimo, mentre non siamo sicuri che altrettanto possa dirsi del combinato politico-militare in atto per contenere i migranti in Libia.
Chi, come MSF, non è disposto a farsi cooptare in questo tentativo di aggirare la legge, viene criminalizzato. Noi chiediamo a Europa, Italia e Libia di rispettare la legalità e i diritti fondamentali, come condizione minima per poter riprendere le operazioni di soccorso della nostra nave Prudence.
Rinviare sistematicamente migranti e rifugiati in centri di detenzione in Libia – dove attraverso la nostra azione medica siamo ogni giorno testimoni di detenzione arbitraria e malnutrizione, e dove sono fin troppo visibili i segni e le conseguenze di violenze, di torture e stupri, il tutto aggravato da condizioni igienico-sanitarie indegne e disumane e dall’instabilità di un paese in guerra – rappresenta un’opzione inaccettabile e barbarica.
L’ipotesi di delegare ad un’arbitraria zona SAR libica in acque internazionali i respingimenti sistematici di profughi e migranti è una pratica che legalmente merita l’attenzione delle appropriate istanze internazionali, ma che possiamo fermamente condannare da un punto di vista etico e umanitario.
In questo quadro, il codice di condotta proposto dal governo italiano si è rivelato non essere altro che una distrazione dalla volontà italiana ed europea di aggirare i propri obblighi internazionali.
Quello per segregare i profughi in Libia è un patto con il diavolo.
Ciò che è necessario, invece, sono regole trasparenti e politiche che rispondano al problema di fondo: l’Europa rifiuta di gestire le migrazioni tramite vie di accesso legali e sicure e così facendo ingrossa le tasche di trafficanti e criminali senza scrupoli e produce morte.
Quindi, non sono le minacce mosse dalla Libia alla nostra sicurezza ad essere la nostra principale preoccupazione e che ci hanno spinti a sospendere temporaneamente le nostre attività .
Quelle le affrontiamo e le gestiamo quotidianamente nella maggior parte dei contesti dove lavoriamo.
Quello che non possiamo tollerare è essere complici di chi per perseguire obiettivi politici non esita a calpestare la vita e la dignità di migliaia e migliaia di vulnerabili. La sospensione della nostra nave non è l’atto politico di chi interferisce con la sovranità degli stati. È bensì un atto umanitario di chi esige rispetto e salvaguardia della vita umana.
Stefano Argenziano
coordinatore dei progetti migrazione di Medici Senza Frontiere
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Agosto 14th, 2017 Riccardo Fucile
LA FOGNA RAZZISTA CONTINUA A IMPAZZARE SUL WEB, PENSANDO DI GODERE DELL’IMMUNITA’, IL GOVERNO DEVE PENSARE A FAR AFFOGARE I PROFUGHI
Laura Boldrini denuncerà chi la insulta online. La presidente della Camera già a novembre dello scorso
anno aveva deciso di reagire alle aggressioni verbali sui social network pubblicando una selezione degli insulti ricevuti da quando è a Montecitorio senza omettere gli autori delle violenze verbali.
Ad aprile la presidente della Camera aveva invece denunciato la fake news sulla sorella (in realtà deceduta da anni) che gestiva una cooperativa per ospitare i migranti: «Non si fermano neanche davanti a chi non c’è più».
Ora la svolta: Boldrini annuncia la decisione di denunciare le persone che la offenderanno sul web. «È ormai evidente che lasciar correre significa autorizzare i vigliacchi a continuare con i loro metodi e non opporre alcuna resistenza alla deriva di volgarità e violenza», scrive Boldrini secondo il Corriere della Sera che oggi riporta la notizia.
Volete una misura della nostra incoscienza? Gli autori di quei commenti sono così certi dell’impunità che non ricorrono all’anonimato o a uno pseudonimo. Si firmano con nome, cognome e fotografia. Il signor Alessio Sacchetti di Frascati, il 9 agosto, propone che Laura Boldrini venga sodomizzata in gruppo e poi buttata nell’acido. Sul suo profilo, foto di strade di campagna, cani affettuosi, automobili sportive.
Sabrina Garau detta Gegia, di Nettuno, ha condiviso un fotomontaggio in cui la presidente della Camera viene presa alle spalle e violentata da un colosso dalla pelle nera. Commenta: «Magari glielo facessero veramente a quella schifosa troia della Boldrini…». Appena sotto scopriamo che ama film come «Heidi» e«Inside Out», legge «Le fate del sole» e «Il nettare dell’amore».
«Lo farò anche per incoraggiare tutti coloro – specialmente le nostre ragazze e i nostri ragazzi – che subiscono insulti e aggressioni verbali a uscire dal silenzio e denunciare chi usa internet come strumento di prevaricazione (…) Ai nostri figli dobbiamo dimostrare che in uno Stato di diritto chiunque venga aggredito può difendersi attraverso le leggi», conclude la Boldrini con il Corriere.
Stamattina la Boldrini ha anche pubblicato su facebook l’annuncio delle prossime denunce per gli insulti, piazzando anche un post con alcuni degli insulti ricevuti completo di nomi e cognomi degli utenti:
Ho deciso che d’ora in avanti farò valere i miei diritti nelle sedi opportune. Ho riflettuto a lungo se procedere o meno in questo senso, ma dopo quattro anni e mezzo di quotidiane sconcezze, minacce e messaggi violenti ho pensato che avevo il dovere di prendere questa decisione come donna, come madre e come rappresentante delle istituzioni
Il calore e il sostegno che finora mi sono giunti da più parti, fuori e dentro la rete, mi hanno spinta a non temporeggiare oltre. Da oggi in poi quindi tutelerò la mia persona e il ruolo che ricopro ricorrendo, se necessario, alle vie legali.”
(da “NextQuotidiano”)
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Agosto 14th, 2017 Riccardo Fucile
“SI IGNORANO, DATI, ANALISI E REALTA’, VENGONO DIFFUSE SOLO MENZOGNE”
La disoccupazione devasta il sud Italia: chi sono i responsabili? Gli immigrati.
La corruzione infiltra ogni appalto: di chi è la colpa? Immigrati.
L’insicurezza in strada, la sporcizia cronica delle vie: certo, ci sono gli immigrati.
Lo spaccio d’erba, di coca, di crack chi lo realizza? Gli immigrati.
Stupri e furti in casa: sono sempre loro, gli immigrati.
Nessuna di queste affermazioni è vera. E non esiste numero, statistica, analisi che la confermi.
Solo un esempio: 27mila sono gli spacciatori italiani, poco più di duemila gli stranieri.
Eppure queste falsità sono diventate verità accettate.
Come è possibile che d’improvviso i responsabili del disastro diventino i migranti, il male assoluto, il problema numero uno, su cui sfogare qualsiasi disagio, qualsiasi frustrazione, ogni tipo di abuso linguistico, balla informativa, aggressione verbale? Come è possibile che la campagna elettorale di partiti e movimenti diventi solo il tentativo di accaparrarsi il palio del contrasto ai migranti?
Il linguaggio diventa la prova capitale di come si stia cercando di banalizzare il problema.
Che nella declinazione più barbara di Salvini è “l’invasione”, in quella, più crudele di Di Maio “taxi del mare”, e nel gergo più tecnico del governo “ridurre gli sbarchi”.
Ma soprattutto, come è possibile che dinanzi a migliaia di persone che scappano dalla guerra o dalla miseria i colpevoli diventino chi li salva in mare?
Tutto questo si è realizzato quando chi per cultura e tradizione storica (la sinistra) dovrebbe stare dalla parte dei più deboli, ha abdicato ai suoi valori.
E rinunciato a mostrare le reali dinamiche, analizzare i numeri, raccontare cosa davvero accade in Africa e nel Mediterraneo preferendo focalizzarsi sul piccolo, microscopico segmento dei nostri confini.
Ma noi siamo italiani, si dice, è dell’Italia che deve interessarci no?
Proprio perchè siamo italiani e proprio perchè dovremmo interessarci dell’Italia le forze politiche dovrebbero guardare negli occhi la realtà e spiegare come stanno le cose ai loro elettori, a quel complesso congegno che è l’opinione pubblica.
La sinistra, in qualunque sua declinazione (con rarissime eccezioni) non ha battuto ciglio dinanzi al codice Minniti.
Dove l’unica priorità è quella di impedire gli sbarchi: nessuna attenzione alla vita dei migranti, disinteresse per cosa farà di loro la guardia costiera libica (da sempre, ci sono le prove, in rapporti con la milizia Anas Dabbashi che monopolizza il traffico di esseri umani).
Ma forse questo codice che impone la presenza di ufficiali di polizia armati sulle navi e rende impossibile il trasbordo ha una contropartita in un altro contesto?
Cè un impegno italiano a non vendere armi nei territori di guerra? Ad aumentare la percentuale di Pil da dedicare ai paesi in via di sviluppo?
Si vuole negoziare con la Libia sulla sorte dei migranti fermati?
Si chiedono garanzie perchè possano avere assistenza dignitosa e non essere arrestati e abbandonati in prigioni nel deserto?
No, nulla di tutto questo.
Invece di accettarlo in silenzio dovremmo trovarci davanti alle ambasciate di ogni stato europeo a scandire: «Non ci costringerete a farli annegare».
Dovremmo solidarizzare con chi salva le vite in mare. Al contrario, ci troviamo a mettere tutte le Ong sul banco degli imputati, strumentalizzando qualche errore o disinvoltura di troppo, che magari si sono anche commessi.
Non esistono risposte semplici ai flussi migratori, non c’è una soluzione immediata, forse è solo possibile di volta in volta di far fronte all’ emergenza.
Proprio questo è quello che fa una Ong come Medici senza frontiere. Lavora su entrambi i fronti: nei luoghi da dove i migranti scappano, e in mare dove muoiono.
L’Europa crede di essere di fronte a un’invasione ma non conosce nulla di quello che sta accadendo in Africa, le grandi migrazioni avvengono lì, al suo interno, e sono cento volte più grandi delle centomila persone all’anno che sbarcano in Italia.
Due milioni e settecentomila persone sono scappate dalla Nigeria per sfuggire a Boko Haram. In Uganda (34 milioni di abitanti) troviamo quasi un milione di rifugiati.
Medici senza frontiere si trova ad essere accusata per non aver firmato il codice Minniti. L’argomento è: «da che parte stai, con lo Stato o con i trafficanti?».
È una falsificazione in cui si vuole incastrare Msf. Gabriele Eminente, che di Medici Senza Frontiere è il presidente, spiega: «Ong significa Organizzazione non governativa. Per definizione non può appartenere a nessuno, tantomeno a uno Stato. Non è corretto nemmeno attribuirle un’origine “geografica”.
È una furbizia mediatica dire Ong spagnola, tedesca. È un modo per suggerire l’esistenza di una “cospirazione” straniera ai danni dell’Italia. Ci vogliono collegare – dice Eminente – a mondi che non ci appartengono. Ci descrivono come complici dei trafficanti, oppure pretendono che diventiamo collaboratori di indagini che non possiamo essere. Il nostro compito è invece essere laddove ci sono persone che muoiono e abbisognano di aiuto».
Msf collabora rispettando le leggi internazionali e le leggi del mare, e poliziotti disarmati possono salire sulle navi in qualunque momento, perchè non c’è niente da nascondere.
Il ragionamento di Eminente fa emergere chiaramente il tema.
Fin quando in Italia non sarà possibile entrare in modo legale, non ci saranno visti per chi vuol venire a lavorare, non saranno gestiti i flussi, allora barconi e trafficanti resteranno l’unico canale di approdo.
È la logica della chiusura, sono l’Italia e l’Europa, ad aver incentivato gli sbarchi.
Una proposta concreta per affrontare il problema esiste.
Il 12 aprile è stata lanciata una campagna, “Ero Straniero” da Emma Bonino e i Radicali Italiani, e invito tutti i lettori a firmare.
Chiamata diretta degli sponsor, permessi di lavoro, integrazione, regolarizzazione dei clandestini. E creazione di corridoi umanitari.
Queste sono le proposte.
Anche in questo caso la sinistra (con rare eccezioni) non ha colto la crucialità di questa campagna. Invoca il “principio di realtà ” contro il “principio di umanità ”. Chiaramente, la campagna elettorale permanente avvelena qualsiasi tipo di analisi e riflessione seria sulla questione.
Si ricorre all’argomento “principe”: se la maggioranza lo vuole, la maggioranza decide. Non è così.
Alessandro Galante Garrone (quanto ci mancano oggi intellettuali come lui) citava Roger Williams, teologo padre della laicità dello Stato: il volere della maggioranza poteva valere only in civil things , solamente nelle cose civili.
La regola democratica della maggioranza non poteva convertirsi in una sopraffazione dei diritti individuali e universali di libertà .
Ignorare quello che accade in Africa, o semplicemente rispondere con i respingimenti, se è un volere della maggioranza, è un volere orrido e incivile. Bisogna avere il coraggio di opporsi, di restare minoranza, di apparire marginali per poter salvare se stessi e la giustizia.
Quello che sta accadendo in Africa e nel Mediterraneo è sconosciuto a gran parte dell’opinione pubblica italiana, e ci limitiamo a dire: non possiamo da soli risolvere problemi secolari.
Allora, la voce di chi ha visto in faccia quello di cui parliamo nelle sedi politiche, al bar o sui social, forse ci può aiutare a prestare attenzione almeno a un’eco della parola Umanità . Roberto Scaini, di Misano Adriatico, è uno dei molti medici che hanno lavorato da volontari sulle navi nel Mediterraneo, o nei luoghi di origine delle migrazioni.
«Quello che ho visto sulle navi va al di là di quanto immaginavo», racconta, «vedevo il terrore nei loro occhi, gli davo una pacca e dicevo “welcome on board”. Molti, anche solo sentendosi sfiorati si difendevano, altri non credevano fosse possibile avere un gesto amico. Venivano dall’inferno. Il barcone è solo l’ultimo dei rischi di una lunghissima catena. Paura di morire in mare? Certo che ce l’hanno; come ne hanno del deserto, degli degli stupri, di essere frustati, picchiati a sangue, lasciati senza acqua. Quella di morire in mare è quasi la morte meno violenta che si aspettano». Ecco una cosa che dovrebbe fare la sinistra: farli raccontare, ascoltare».
Non è quello che uno si aspetta.
Nemmeno un medico come Scaini, che pure è stato in Siria, in Iraq, in Liberia e Sierra Leone colpite dall’epidemia di Ebola. «Per un medico che possano esserci morti per un’epidemia o guerre è terribile, ma razionalmente spiegabile. Quando vedi morti per malattie curabili, per denutrizione, per ingiustizia questo no. Non riesci a razionalizzarlo».
«Bisogna sfatare un’altra bugia», prosegue Scaini, «pensare che la maggior parte viene in Europa perchè si sta meglio è falso. Vengono in Europa perchè dove sono non c’e la possibilità di vivere».
E inseguire una possibilità di vivere significa spesso morire. Gettati come una cosa, un rifiuto. «Un bambino, guardandomi negli occhi, mi ha raccontato di come sui camion per la Libia, quando un ragazzino o una ragazzina stavano male con febbre o dissenteria, li buttavano nel deserto lasciandoli alla morte».
Il medico di Misano Adriatico, racconta con la voce rotta, quasi imbarazzato: «un medico non dovrebbe commuoversi… ma forse è importante, invece».
Roberto Scaini è uno dei moltissimi medici e operatori italiani – oltre 400 – che operano per Msf. Una comunità importante che sopperisce alle mancanze degli Stati, che dà lavoro. Pochi numeri, per dirlo: Medici senza frontiere conta oltre 34 mila operatori umanitari, dei quali 3 mila internazionali. Gli altri sono personale locale, tanto che in alcuni Paesi la Ong è il principale datore di lavoro.
Nel 2016 le equipe di Msf sono state impegnate nei soccorsi in 67 Paesi, con il coinvolgimento di 402 operatori italiani.
E proprio in Italia Msf sta crescendo: lo scorso anno ha raccolto quasi 57 milioni di euro, con un aumento dell’8,5% rispetto all’anno precedente.
La maggior parte dei fondi (94%) viene da privati, mentre il rimanente 6% da aziende e fondazioni.
Si è favoleggiato sui soldi alle Ong. Perchè dovrebbero essere senza soldi?
Perchè si preferisce che i soldi siano nel calcio, nell’intrattenimento, nella moda, tutti mondi che riciclano sistematicamente o evadono,piuttosto che nell’impegno umanitario?
E i medici privilegiati? Un’altra grande menzogna. Il primo stipendio di un medico Msf è di 1.500 euro (a volte anche meno). Poi aumenta, ma rimanendo sempre inferiore allo stipendio di un ospedaliero. Mentire, mentire, mentire: è stato questo l’ordine sui social, nel dibattito politico.
«Ovvio che non si può pensare di salvare l’Africa trasferendola in europa», conclude Scaini, «sarebbe stato come dire svuotare di persone il West Africa per guarire l’ebola. Ma si possono gradualmente portare avanti politiche di soccorso e politiche di riforma».
Nel 1893 ad Aigues Mortes, In Provenza, Francia meridionale ci fu un massacro di italiani compiuto da un gruppo di disoccupati francesi, caricati dall’odio verso quegli immigrati che rubavano il lavoro perchè si accontentavano di salari da fame.
A fermare la rabbia degli italiani contro francesi assassini di innocenti e dei francesi che consideravano gli italiani saccheggiatori di lavoro e che varcavano il confine per sporcare le loro strade e insidiare le loro donne, fu un socialista italiano, che mai come in questi anni risulta attuale piu che mai: Filippo Turati.
Intervenne e mostrò che la soluzione cominciava con lo specchiarsi nelle miserie condivise.
Invitò tutti i disperati in cerca di una nuova vita a provare ad avere «una sola testa e un solo cuore, una testa che conosca le cause della propria miseria e delle proprie divisioni e un cuore che lo spinga contro di esse. Allora finirà la baldoria dei patriottardi e le stragi fraterne fra lavoratori diverranno impossibili».
Tutto ciò che siamo, le nostre fragili democrazie, il diritto al voto, la libertà d’espressione, la libertà religiosa, la possibilità di leggere, ascoltare, manifestare, amare, tutto questo esiste perchè i nostri diritti si fondando sulla libertà , sul rifiuto della guerra, sulle leggi. La storia della sinistra democratica nasce con il sogno concreto di liberare l’umanità dalla miseria e dall’ignoranza. Non può, in nome di una “concretezza”, tradire tutto ciò che è stata. Il silenzio della sinistra italiana è il suo requiem.
Roberto Saviano
(da “L’Espresso”)
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Agosto 14th, 2017 Riccardo Fucile
UN GOVERNO RIDICOLO DOVE PER ANNI GLI HACKER HANNO BUCATO LE DIFESE DEL MINISTERO
I messaggi inviati dalle sedi diplomatiche sulle crisi in Siria e Libia con l’aggiornamento degli interessi
italiani in Tripolitania.
Le discussioni sull’impatto delle sanzioni alla Russia. I contenuti di riunioni informali tra i ministri della Difesa europei e di quelle del Comitato politico strategico sul contrasto al terrorismo.
E poi i report dei negoziati per il raddoppio del gasdotto Nord Stream, le posizioni dei governi sui flussi migratori sulla rotta balcanica; il consiglio Ecofin con tanto di ordine del giorno commentato e le relative posizioni paese e persino le attività di addestramento della Nato.
È il prezioso bottino di cui si sono impadroniti i cyber criminali entrati nella rete informatica della rappresentanza Permanente d’Italia presso l’Ue e della Farnesina. Un’altra prova della debolezza delle infrastrutture strategiche italiane che si aggiunge alla vulnerabilità del vecchio software anti-hacker dell’Esercito di cui ha parlato ieri Repubblica.
L’offensiva è durata dal 2013 al 2016 e ha consentito di accedere alle informazioni sul personale diplomatico, alti vertici compresi. La prima incursione su cinque postazioni della nostra Rappresentanza a Bruxelles dura due giorni, poi le talpe si annidano all’interno della rete e durante un anno e mezzo attaccano altre quattro volte. 1760 i messaggi esfiltrati.
Nelle loro mani entra di tutto: dall’approvazione del decreto ricapitalizzazione banche in Grecia agli aggiornamenti sulla presenza Usa in Afghanistan, dall’analisi della situazione in Donbass al rapporto della delegazione Ue sullo stato dell’economia russa.
Neppure l’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi è al sicuro, arrivano ad avere informazioni fin nei dettagli dell’incontro a Roma con il presidente iraniano Hassan Rouhani.
Gli attaccanti vanno a caccia anche di tutte le comunicazioni relative alla tecnologia industriale, al dual-use e alle commesse commerciali. Si impossessano dei dettagli sulla straordinaria scoperta di giacimenti di gas nel Mediterraneo di Eni, la più grande mai effettuata nell’area, e persino di quelli sulla partecipazione italiana alla cybertech in Israele.
Chi sono i predatori? I nostri analisti ritengono gli attacchi riconducibili a “Uroburos”, un malware diffuso dal gruppo Apt 28, per molti legato al Gru, l’agenzia di intelligence militare russa.
Ad agire però non sono solo loro. L’intrusione alla Rappresentanza è stata perpetrata anche dai cinesi K3Chang e Zegost. Hanno obiettivi chiari: avere informazioni sulla tutela degli interessi finanziari europei, le misure antifrode.
Gli attacchi coincidono con i momenti in cui l’Unione prende decisioni delicate su Iran e Ucraina. Prima del luglio 2015, quando è stato trovato un accordo sul nucleare iraniano, agiscono sia i russi sia i cinesi. Lo stesso nel gennaio 2016 mentre il Consiglio revoca le sanzioni economiche e finanziarie. Tra il 2 e il 7 settembre 2015 si registra un picco dell’attività di “Uroburos” che torna in azione anche a dicembre. Proprio gli stessi periodi in cui l’Ue deve decidere sulla proroga delle sanzioni nei confronti della Russia.
La Rappresentanza, guidata prima da Carlo Calenda, oggi ministro dello Sviluppo Economico e poi dall’ex ambasciatore al Cairo Maurizio Massari, è un ottimo accesso alle informazioni che passano sulla rete della Farnesina, ma per i criminali non è sufficiente. L’attacco è incrociato.
Tra il 13 e il 14 aprile 2015, 126 utenze del ministero degli Esteri ricevono un messaggio da un account gmail con l’oggetto “Helicopter Initiatives”. La mail contiene un link ad un sito creato appositamente e chiuso non appena raggiunto l’obiettivo.
Lo ricevono l’ambasciatore a Malta Giovanni Umberto De Vito e quello a Baghdad Massimo Marotti, membri della rappresentanza presso le Organizzazioni Internazionali a Vienna e della Nato. E ancora il capo di gabinetto, l’ambasciatore Ettore Sequi, oggi a Pechino, e il suo vice Michele Baiano, adesso vice segretario generale. Di fatto l’intero vertice della Farnesina è spiato. Quanto all’attribuzione non è certa, ma si ritiene altamente probabile che sia stato sempre Apt28.
Trascorrono appena pochi mesi e durante l’estate a colpire, secondo gli analisti, sono i cinesi. Questa volta puntano sul ministro e attuale premier Paolo Gentiloni e poi la direzione generale per gli affari politici e di sicurezza, le unità di politica estera e di difesa comune.
Ancora oggi non è chiaro cosa abbiano rubato. Dal ministero, dopo aver ammesso un’incursione fino a primavera 2016, si sono affrettati a a dire: “a seguito del primo attacco c’è stato un intervento di rafforzamento”, di più “nessun documento sensibile è stato preso”. L’attacco però è proseguito almeno per l’intero 2016.
E dire che avevano agito già nell’estate 2013, con la stessa modalità . Dopo tre anni, solo nell’ottobre 2016, è stato costituito un team interministeriale che non potrà però rimediare alla perdita di informazione strategiche per la sicurezza nazionale.
(da “La Repubblica”)
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Agosto 14th, 2017 Riccardo Fucile
ANIMALISTI IN RIVOLTA CONTRO LA PROVINCIA: “SAREMO IL VOSTRO INCUBO”… L’ORSA ERA STATA CATTURATA, UCCIDERLA E’ STATA SOLO CRUDELTA’… MINACCE AL PRESIDENTE E ALLE GUARDIE FORESTALI
“Saremo il vostro incubo”, hanno scritto gli animalisti su un grande lenzuolo appoggiato come un sudario sul terreno dove l’orsa KJ2 è stata uccisa, sabato sera, dalle guardie forestali trentine.
La reazione, durissima, di enti e associazioni di tutta Italia non si limiterà alla denuncia penale nei confronti del presidente della Provincia autonoma di Trento, Ugo Rossi, colui che ha materialmente firmato l’ordinanza di abbattimento dell’orsa.
Gli animalisti si stanno organizzando per raggiungere Trento sabato prossimo, e inscenare una grande manifestazione di massa.
Ma già domani, giorno di Ferragosto, sono previste proteste nella Valle dei Laghi piena di turisti. E già si teme che la situazione possa sfuggire al controllo.
Perchè ormai si è creata una forte spaccatura tra montanari e amministrazione del Trentino da una parte, ambientalisti e cittadini dall’altra.
E tra un anno ci saranno le elezioni regionali: il Partito autonomista del Trentino (il PATT) non vuole perderle e non può scontentare gli elettori.
Ma dall’altra parte c’è questa altissima ondata di protesta e sconcerto: davvero quell’orsa non poteva essere soltanto sedata, catturata e poi mantenuta in cattività ?
Era proprio il caso di ucciderla in modo così plateale?
Che non sia soltanto un dibattito di idee o un confronto accademico lo dimostrano le minacce giunte alla Provincia ed al Corpo Forestale che da lei dipende.
Oggi la protesta ambientalista potrebbe cominciare a prendere corpo anche in città e nei boschi. Dove quella promessa, “saremo il vostro incubo”, è già molto più di una scritta sull’erba.
(da “La Repubblica”)
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Agosto 14th, 2017 Riccardo Fucile
LA RIVELAZIONE DEL MAGISTRATO CARLA DEL PONTE: “BAMBINI UCCISI, TORTURATI E DECAPITATI, MA IL VETO RUSSO IMPEDIRA’ CHE SIA FATTA GIUSTIZIA”
Carla Del Ponte, membro dimissionario della Commissione Indipendente d’inchiesta sulla Siria, è
convinta che vi siano prove a sufficienza per condannare il presidente siriano Bachar al-Assad per crimini di guerra.
Lo ha affermato in interviste pubblicate dai domenicali Matin Dimanche e SonntagsZeitung.
La ticinese – ex procuratrice della Confederazione, ex procuratrice generale del Tribunale penale internazionale dell’Aja per l’ex Jugoslavia nonchè di quello che si è occupato del genocidio in Ruanda – precisa anche di aver inviato giovedì la propria lettera di dimissioni dalla Commissione d’inchiesta sulla Siria.
Esse «saranno effettive dal 18 settembre, data della prossima sessione della Commissione».
Secondo l’ex magistrata, le prove raccolte finora a carico del presidente siriano sono sufficienti per condannarlo per crimini di guerra.
Ma a causa del veto posto dalla Russia presso il Consiglio di sicurezza dell’Onu alla creazione di un tribunale internazionale ad hoc, per il momento non vi sarà nè un atto di accusa nè una corte che si occupi del reati della guerra siriana.
Questa situazione è – secondo la ticinese – «frustrante», «una tragedia».
«Senza giustizia in Siria non ci sarà mai la pace e quindi non vi potrà essere nessun futuro», precisa l’ex procuratrice.
«Non ho mai visto un conflitto così violento, nel quale vi siano così tanti bambini uccisi, torturati, decapitati. I bimbi sono le prime vittime di questo conflitto».
«Le mie dimissioni vogliono anche essere una provocazione. Devono servire a mettere sotto pressione il Consigli di sicurezza, che deve rendere giustizia alle vittime», aggiunge Del Ponte.
Se mai si arrivasse all’istituzione di un tribunale internazionale per la Siria, la 70enne ticinese si dice pronta ad assumerne la guida.
In caso contrario si dedicherebbe volentieri alla scrittura di un libro sulle esperienze in seno alla Commissione d’inchiesta dell’Onu sulla Siria.
(da agenzie)
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