SAVE THE CHILDREN SMASCHERA GLI SCAFISTI DELLA GUARDIA COSTIERA LIBICA
“SONO LORO I TRAFFICANTI, LI ABBIAMO FOTOGRAFATI MENTRE SMONTAVANO I MOTORI DEI GOMMONI APPENA LIBERATISI DEI PROFUGHI PER RECUPERARLI E RIUTILIZZARLI”
«Sospendiamo la missione perchè la situazione si è fatta difficile. I libici hanno già sparato contro la Ong spagnola Proactiva e contro un’imbarcazione della Guardia costiera italiana, adesso estendono il loro controllo fino al limite di 72 miglia, è troppo pericoloso. Il nostro equipaggio è composto da volontari e in questo momento non ci sono le garanzie di sicurezza per continuare».
A spiegare a «La Stampa» la decisione di ritirarsi temporaneamente dal Mediterraneo seguendo l’esempio di Medici senza Frontiere, è Claus-Peter Reisch, skipper della Sea Eye, una delle prime organizzazioni non governative internazionali a sottoscrivere il codice voluto dal ministro dell’interno Minniti nonchè quella spedita la settimana scorsa dalla Centrale operativa romana a soccorrere la nave dell’ultradestra Defend Europe rimasta in panne nel Canale di Sicilia.
Da ore Sea Eye riceve messaggi minacciosi sui social network.
Reisch, che annuncia lo stop di una missione responsabile del salvataggio di oltre 5 mila persone dall’inizio del 2017 nelle stesse ore in cui Save the Children ritira la sua Vos Hestia, racconta una scelta molto dibattuta: «Ce ne andiamo a malincuore, avevamo firmato senza obiezioni l’intesa con il Viminale, ci andava bene anche avere i militari a bordo perchè quelle italiane sono forze dell’ordine regolari e legittime e perchè la Sea Eye ha grande rispetto per il popolo italiano, lasciato solo dall’Europa ad aiutare centinaia di migliaia di poveretti.
Ma la Guardia Costiera libica proprio no, loro per me sono la stessa cosa dei trafficanti, ho visto e fotografato le imbarcazioni “Libyan coast guard” che smontavano i motori dei gommoni appena liberatisi dei migranti, fanno parte del medesimo circolo e si spartiscono un affare grossissimo ».
Continua il braccio di ferro nel Mediterraneo, dove ad oggi, dopo il ritiro di tre Ong e le altre navi ferme per controlli di routine, resta a pattugliare le acque internazionali solo l’Acquarius di Sos Mediterranèe, l’organizzazione che era riuscita a far stralciare alcuni punti dal codice di condotta fino a sottoscriverlo e che ha a bordo una èquipe di Medici senza Frontiere.
«Finchè verrà garantita la sicurezza del nostro equipaggio rimarremo in zona di ricerca e soccorso (Sar, Ndr.) salvando chi è in pericolo e prevenendo il ritorno forzato delle persone soccorse in Libia» dicono da Sos Mediterranèe.
Il nodo gordiano è quello dei centri di detenzione libici, la ragione per cui, spiega Stefano Argenziano di Msf, altri si sono già tirati indietro: «Non ci preoccupa tanto la sicurezza quanto il fatto di essere arrivati alla fine di un processo che vuole bloccare donne e bambini in Libia, un carcere a cielo aperto, tra stupri e torture».
Un mese fa Amnesty International ha pubblicato un rapporto intitolato «A perfect Storm», nel quale vengono documentati gli abusi sistematici delle strutture che in Libia dovrebbero accogliere i migranti respinti nel Mediterraneo.
Una testimonianza tra le altre per una riflessione necessaria, chiosa il direttore generale di Amnesty Gianni Rufini: «La Guardia costiera libica ha specificato che non accetterà le navi nelle Ong spingendosi in acque in cui non ha competenza. A questo punto ritirarsi è giusto, perchè, tenute a distanza in questo modo, le Ong sarebbero altrimenti chiamate ad assistere impotenti ai naufragi o ai libici che riportano i migranti a terra nei campi di concentramento in cui ormai nessuno può più ignorare come la gente venga affamata, violentate e venduta».
(da “La Stampa”)
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