MEDICI SENZA FRONTIERE: “”IN QUESTO MARE AFFONDA L’UMANITA'”
“L’EUROPA SCEGLIE IL RESPINGIMENTO NEGANDO ASSISTENZA E PROTEZIONE E VIOLANDO LE NORME INTERNAZIONALI”
La morsa si sta stringendo.
Quella morsa che in Libia sta imprigionando migliaia di uomini, donne e bambini e che li condanna a subire abusi, violenze e torture inimmaginabili.
Il tutto con la benedizione di un’Europa che ha scelto, ancora una volta, di chiudere gli occhi davanti alla sofferenza umana e che sembra disposta a tutto pur di contenerla lontano dai suoi confini.
Per non essere cooptati in questo piano scellerato, abbiamo deciso di sospendere temporaneamente le attività della nostra nave, la Prudence, lasciandola quindi in standby nel porto di Catania.
La recente dichiarazione delle autorità libiche di voler istituire una propria area di ricerca e soccorso molto estesa in acque internazionali, obbligando le navi umanitarie a coordinarsi con Tripoli, è l’ultimo dei tasselli che vanno a comporre uno scenario ormai chiaro e di cui facevano già parte l’invio di navi militari italiane in Libia, il supporto dell’Europa alla guardia costiera libica e la delegittimazione mediatica e pretestuosa a cui è stato sottoposto chi salva vite in mare.
Come già dimostrato l’anno scorso – quando l’Europa decise di pagare la Turchia perchè questa bloccasse l’afflusso di migranti e rifugiati, una decisione a cui ci opponemmo con forza e che spinse Medici Senza Frontiere a rifiutare i fondi europei – le priorità delle politiche europee mettono gli interessi di contenimento di respingimento al di sopra dei doveri e delle responsabilità di assistenza e di protezione di persone in fuga da situazioni di violenza estrema, tortura e guerra, e sopravvissute a viaggi molto pericolosi.
Adesso, un accordo persino più cinico e disumano tra l’Europa e la Libia di fatto limita l’azione delle organizzazioni che salvano vite in mare e avrà come unico risultato quello di causare più morti e sofferenza e di intrappolare migliaia di persone dentro l’inferno libico.
Così il Mediterraneo è diventato un mare privo di diritti, dove prevalgono solo gli interessi di chi è disposto a sacrificare la vita e la salute dei più vulnerabili con l’unico obiettivo di chiudere le frontiere ad ogni costo.
MSF ha sempre lavorato nel pieno rispetto del diritto internazionale e marittimo, mentre non siamo sicuri che altrettanto possa dirsi del combinato politico-militare in atto per contenere i migranti in Libia.
Chi, come MSF, non è disposto a farsi cooptare in questo tentativo di aggirare la legge, viene criminalizzato. Noi chiediamo a Europa, Italia e Libia di rispettare la legalità e i diritti fondamentali, come condizione minima per poter riprendere le operazioni di soccorso della nostra nave Prudence.
Rinviare sistematicamente migranti e rifugiati in centri di detenzione in Libia – dove attraverso la nostra azione medica siamo ogni giorno testimoni di detenzione arbitraria e malnutrizione, e dove sono fin troppo visibili i segni e le conseguenze di violenze, di torture e stupri, il tutto aggravato da condizioni igienico-sanitarie indegne e disumane e dall’instabilità di un paese in guerra – rappresenta un’opzione inaccettabile e barbarica.
L’ipotesi di delegare ad un’arbitraria zona SAR libica in acque internazionali i respingimenti sistematici di profughi e migranti è una pratica che legalmente merita l’attenzione delle appropriate istanze internazionali, ma che possiamo fermamente condannare da un punto di vista etico e umanitario.
In questo quadro, il codice di condotta proposto dal governo italiano si è rivelato non essere altro che una distrazione dalla volontà italiana ed europea di aggirare i propri obblighi internazionali.
Quello per segregare i profughi in Libia è un patto con il diavolo.
Ciò che è necessario, invece, sono regole trasparenti e politiche che rispondano al problema di fondo: l’Europa rifiuta di gestire le migrazioni tramite vie di accesso legali e sicure e così facendo ingrossa le tasche di trafficanti e criminali senza scrupoli e produce morte.
Quindi, non sono le minacce mosse dalla Libia alla nostra sicurezza ad essere la nostra principale preoccupazione e che ci hanno spinti a sospendere temporaneamente le nostre attività .
Quelle le affrontiamo e le gestiamo quotidianamente nella maggior parte dei contesti dove lavoriamo.
Quello che non possiamo tollerare è essere complici di chi per perseguire obiettivi politici non esita a calpestare la vita e la dignità di migliaia e migliaia di vulnerabili. La sospensione della nostra nave non è l’atto politico di chi interferisce con la sovranità degli stati. È bensì un atto umanitario di chi esige rispetto e salvaguardia della vita umana.
Stefano Argenziano
coordinatore dei progetti migrazione di Medici Senza Frontiere
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