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REDDITO DI NASCITA, L’ULTIMA UTOPIA DI GRILLO CHE STRIDE CON DE GASPERI

Marzo 16th, 2018 Riccardo Fucile

IL REDDITO DI NASCITA IN UN MONDO SENZA LAVORO E L’ESTREMISMO VISIONARIO

Nel Palazzo Luigi Di Maio fa il moderato, il perbenista, cita De Gasperi, mette la tattica politica al primo posto, media, smussa, si intrattiene con la stampa estera per salvaguardare l’immagine internazionale, cita i vescovi, indossa sempre la stessa cravatta per dire al mondo che lui non è uomo di zig zag imprevedibili, cerca le coperture finanziarie per il reddito di cittadinanza.
Nel suo blog tutto nuovo e purificato Beppe Grillo, lontano dalle pastoie della politica quotidiana, dà  invece fondo al suo utopismo estremo, anzi estremista.
Attinge al suo repertorio di «visionario», come si dice cambiando radicalmente la semantica di un termine che prima indicava uno squilibrato che aveva le allucinazioni, le visioni, e invece indica uno che guarda lontano e che ha una visione.
La visione di Beppe Grillo, assicura lui sul suo blog, non è più il reddito di cittadinanza, che il fondatore dei 5 Stelle tratta oramai alla stregua di una prosaica riformetta.
Ma il reddito di nascita, l’idea che qualunque essere umano, per il semplice fatto di esistere al mondo debba essere titolare di un diritto alla retribuzione sganciato da quel reperto archeologico che secondo Grillo è stato sinora la fonte di quel reddito: il lavoro.
Mitologia lavorista
Basta, sostiene Grillo, il lavoro non è che va abolito, si è abolito da sè. La maledizione del lavoro ha cessato di esercitare i suoi effetti malefici. Ora con le stampanti 3D e i robot, l’umanità  può tranquillamente buttare il lavoro nella spazzatura della storia. Chissà  che umanità  tutta sbadigli e inettitudine nelle attività  più semplici porterà  la visione grillesca di un mondo dove non servirà  lavoro nemmeno per sollevare il peso immane di una tazzina di caffè da portare alle labbra.
Ma è tutta una mitologia lavorista, o laburista, con i suoi miti della classe operaia, delle fabbriche, dei campi da coltivare, delle officine fumose, una mitologia che è stata carne e sangue della sinistra e del movimento operaio per tutto il secolo scorso che viene meno in questa visione.
Oppure potrebbe essere il contrario. E cioè che la visione grillesca, la sua utopia da blog tutto nuovo e senza il peso della politica quotidiana, si riallacci a correnti molto potenti della storia della sinistra.
Un’umanità  di sfaccendati senza lavoro? Ma quando faceva sul serio il visionario, lo stesso Karl Marx, molto prima dell’avvento dei robot e delle stampanti 3D, descriveva il comunismo come un idillio in cui la costrizione del lavoro sarebbe svanita, e l’umanità , emancipata dal peso dell’alienazione, si sarebbe dilettata nella coltivazione del tempo liberato: «Fare oggi questa cosa, domani quell’altra, la mattina andare a caccia, il pomeriggio pescare, la sera allevare il bestiame, dopo pranzo criticare, così come mi vien voglia; senza diventare nè cacciatore, nè pescatore, nè pastore, nè critico».
Inferni totalitari terreni
Ora, andare a caccia oramai è ecologicamente scorretto, ed è difficile fare della pastorizia il centro degli interessi di un giovane iper-connesso del ventunesimo secolo. Ma la visione di Beppe Grillo, che Di Maio non deve seguire perchè deve rassicurare i mercati internazionali e i vescovi italiani, riprende alcune suggestioni di una storia che per esempio difficilmente potrebbero trovare cittadinanza nell’altra variante, quella leghista e salviniana e nordista, dell’epopea antipolitica del 4 marzo.
E del resto sui fogli dell’estrema sinistra degli anni Settanta campeggiavano titoli, nell’occasione della festa del Primo maggio, in cui si proclamava stentoreo l’obiettivo: «Contro il lavoro».
Nessuno però aveva osato immaginare un reddito che avrebbe gratificato chiunque fosse nato. Un’utopia, dice Grillo.
Ma si sa che nella storia molto spesso le utopie paradisiache hanno generato molti inferni totalitari terreni.

(da “il Corriere della Sera”)

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STIPENDI DA CASTA, IL REDDITO DICHIARATO DAI POLITICI: GRILLO GUADAGNA 400.000 EURO, DI MAIO, MELONI, GRASSO, GENTILONI E RENZI 100.000 EURO

Marzo 16th, 2018 Riccardo Fucile

TRA I PAPERONI MONTI DICHIARA 420.000. TREMONTI OLTRE DUE MILIONI

Non è la classifica di Forbes, ma l’elenco dei redditi dei politici italiani susciita inevitabilmente curiosità  e confronti.
I dati sulle dichiarazioni relative ai guadagni del 2017 sono consultabili nei siti di Camera e Senato e da lunedì prossimo lo saranno anche in forma cartacea.
Beppe Grillo guarda tutti dall’alto in basso, anche se nel suo caso si tratta del fondatore del movimento Cinquestelle e capo politico ma tecnicamente fuori da Camera e Senato.
Grillo ha presentato redditi sei volte superiori allanno   precedente con oltre 400mila euro, quasi 350mila più del 2016.
Sempre in ambito M5s, per quanto riguarda Luigi Di Maio, il reddito resta identico per il terzo anno consecutivo: la cifra dichiarata nel 2017 da Di Maio è identica a quella dichiarata nel 2016 e nel 2015, pari a 98.471,04.
Sempre spulciando i redditi dei leader, Matteo Renzi, segretario dimissionario del Pd, dichiara nel 2017 un reddito imponibile di 107.100mila euro.
La leader di FdI, Giorgia Meloni, accresce leggermente il suo reddito rispetto all’anno precedente, dichiarando 98.421mila euro.
Il presidente del Senato e leader di LeU, Pietro Grasso ha avuto nel 2017 un reddito imponibile di 321.195 euro, in calo rispetto ai 340.563 euro del 2016.
Inferiore il reddito della presidente della Camera, Laura Boldrini, anch’essa esponente di Leu, che ha dichiarato 137.337 euro, anche lei in calo rispetto ai 144.883 euro dell’anno precedente.
In tema di ministri, la classifica viene vinta da Valeria Fedeli (Istruzione) che anche nel 2017 conferma il reddito imponibile più alto.
Fedeli è seguita a ruota da Carlo Calenda e Dario Franceschini. La ministra della Salute, Beatrice Lorenzin, invece, conquista l’ultima posizione, risultando la più ‘povera’ dell’esecutivo guidato da Paolo Gentiloni, soffiando il gradino più basso al collega Maurizio Martina.
E’ quanto risulta dalle dichiarazioni patrimoniali del 2017, visibili sui siti di Camera e Senato e consultabili in forma cartacea a partire da lunedì.
Nei primi tre gradini del podio dei più ricchi del governo, figurano quindi al primo posto la ministra Fedeli, che nel 2017 ha dichiarato un reddito imponibile di 182.016 (era di 180.921 nel 2016); al secondo posto il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, con un imponibile pari a 166.264 (anche il suo reddito è cresciuto, nel 2016 aveva dichiarato 102.058); al terzo posto Dario Franceschini, che però risulta un pò più povero rispetto all’anno precedente: nel 2017 aveva un reddito imponibile pari a 145.044 a fronte dei 148.692 del 2016.
Ai vertici della classifica dei più ‘ricchi’ del governo c’è poi la ministra Anna Finocchiaro, con 151.672 mila euro dichiarati nel 2017; il titolare dell’Economia Pier Carlo Padoan, con 122.457 che triplica il proprio reddito rispetto al 2016 quando aveva dichiarato 49.958; il premier Paolo Gentiloni con 107.401 di reddito imponibile; il ministro del Lavoro Giuliano Poletti con 104.435; il titolare delle Infrastrutture Graziano Delrio con 102.890; il ministro dell’Ambiente Gianluca Galletti con 101.006. A seguire gli altri ministri, che non sforano il tetto dei 100 mila euro di reddito imponibile: Marco Minniti (92.260); Andrea Orlando (94.709); Roberta Pinotti (96.548); la Sottosegretaria Maria Elena Boschi (95.971); Claudio De Vincenti (97.607); Marianna Madia (99.519); Luca Lotti (98.471); Angelino Alfano (98.478); Enrico Costa, ministro fino al 20 luglio 2017 (99.583); Maurizio Martina (98.441).
Ultimo riferimento economico è relativo ai senatori a vita: Mario Monti ha dichiarato nel 2017 un reddito di 421.611 euro, dimezzato rispetto ai 862.333 euro dell’anno precedente. Il presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano ha dichiarato invece un reddito di 121.372, rispetto ai 130.022 dell’anno precedente.
Chi infine non teme confronti è sicuramente Giulio Tremonti che si conferma tra i parlamentari con il più alto reddito: nel 2017 ha dichiarato 2.111.533 euro, in calo rispetto ai 2.540.288 euro del 2016. Ha perso poco meno di mezzo milione di euro. Tempi duri per l’ex ministro del Tesoro

(da agenzie)

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IL CASO DELLA MOTOVEDETTA LIBICA, PAGATA DAI CONTRIBUENTI ITALIANI, CHE MINACCIA DI APRIRE IL FUOCO FUORI DALLE ACQUE TERRITORIALI SU UNA NAVE DI UNA ONG INVIATA DALLA GUARDIA COSTIERA ITALIANA

Marzo 16th, 2018 Riccardo Fucile

I MINISTRI ITALIANI DOVREBBERO ESSERE PROCESSATI PER CRIMINE CONTRO L’UMANITA’ DI FRONTE AL TRIBUNALE INTERNAZIONALE PER AVER FINANZIATO UN’ASSOCIAZIONE A DELINQUERE

Una motovedetta della guardia costiera libica ha minacciato di aprire il fuoco contro l’imbarcazione della ONG spagnola Proactiva se i membri dell’equipaggio non avessero consegnato i migranti che avevano appena soccorso in acque internazionali su indicazione della sala operativa della Guardia Costiera italiana.
Quello di ieri è solo l’ennesimo caso delle interferenze e della condotta criminale dei libici durante le operazioni di soccorso in acque internazionali.
E per il momento alla Open Arms non è ancora stato concesso il permesso a dirigersi verso un porto italiano.
La ONG spagnola Proactiva Open Arms ha soccorso alle 7.30 di ieri mattina 117 migranti che si trovavano in difficoltà  a bordo di un gommone in acque internazionali a 27 miglia dalle coste della Libia.
L’operazione di soccorso si è svolta secondo le modalità  stabilite dal Centro Operativo della Guardia Costiera italiana di Roma che ha il compito di gestire le operazioni di soccorso nell’area SAR del Mediterraneo a ridosso delle coste libiche. Poco dopo però l’imbarcazione della ONG è stata raggiunta da una motovedetta della guardia costiera libica che ha intimato all’equipaggio di consegnare i migranti senza averne titolo.
Nel pomeriggio la Open Arms ha partecipato ad un’altra operazione di salvataggio in mare, sempre di concerto con le autorità  italiane, recuperando 101 eritrei.
Questa volta i soccorsi si sono svolti a 70 miglia dalle coste libiche e anche in quell’occasione le modovedette libiche si sono avvicinate ai gommoni di salvataggio dicendo chiaramente che Proactiva avrebbe dovuto trasbordare i migranti altrimenti avrebbero fatto ricorso alla forza.
Gli episodi sono stati raccontati su Twitter da Oscar Camps, fondatore di Open Arms e dalla giornalista del quotidiano catalaono Ara Cristina Mas che era a bordo della Open Arms.
Il filmato descrive proprio i momenti di tensione in cui la motovedetta libica si è frapposta tra il gommone di salvataggio con a bordo il team di Proactiva e alcuni migranti e la Open Arms. Lo stallo è durato per un paio d’ore fino.
Dopo che i migranti sono stati messi in salvo sulla Open Arms la guardia costiera libica ha continuato a seguire l’imbarcazione che nel frattempo aveva fatto rotta verso Nord in attesa di ricevere ulteriori istruzioni dall’Italia.
Le responsabilità  dell’Italia
La situazione nel Mediterraneo Centrale e nel Canale di Sicilia non è affatto tranquilla. Soprattutto da quando, in virtù degli accordi stipulati da Minniti, i libici hanno iniziato a farsi carico delle operazioni di contrasto
Gli accordi italo-libici sono già  stati pesantemente criticati in passato dopo il servizio della CNN che ha rivelato l’esistenza di un vero e proprio mercato degli schiavi dove i migranti trattenuti in Libia vengono venduti al miglior offerente.
La responsabilità  è di Roma che ha il compito di coordinare i soccorsi nell’area SAR. Ieri mattina infatti la Open Arms era stata contattata dalla nostra Guardia Costiera che segnalava la presenza di un gommone in difficoltà  a 25 miglia dalle coste libiche.
Non è del resto la prima volta che i libici minacciano di ricorrere all’uso delle armi per poter imbarcare i migranti sulle loro motovedette.
La direttrice regionale di Human Rights Watch Judith Sunderland ha scritto su Twitter che la motovedetta 648 (donata alla Libia dall’Italia) che ieri ha puntato le armi contro i membri del team di soccorso di Proactiva era già  stata protagonista nel novembre 2017 di un episodio analogo quando era intervenuta in modo aggressivo a tentare di bloccare le operazioni di soccorso in mare come documentato da un video di Amnesty International.
Nell’agosto dello scorso anno la nave di Proactiva “Golfo Azzurro” stava conducendo delle operazioni di esercitazione in acque internazionali ed è stata raggiunta dalla guardia costiera libica che ha minacciato di aprire il fuoco se l’imbarcazione non avesse fatto rotta verso Tripoli.
Il fatto di essere riusciti a scampare alle motovedette libiche però non significa che i migranti sono in salvo. Al momento infatti la Open Arms non sa dove sbarcare le 218 persone tratte in salvo nel corso delle operazioni di soccorso di ieri.
Malta ha accettato di prendere in carico quella che è la situazione sanitaria più grave: un bambino di pochi mesi in gravissimo stato di disidratazione. Il bambino e la madre sono già  stati trasferiti a bordo di una motovedetta maltese. Per tutti gli altri invece non si sa ancora dove potranno sbarcare.
Il senatore Luigi Manconi ha detto che il ministro Minniti ha fatto sapere che «La Guardia costiera italiana ha detto alla nave che deve essere il governo spagnolo a chiedere al governo italiano la concessione di un porto dove approdare».
Una pratica del tutto inusuale visto che l’area di ricerca e soccorso è di competenza dell’Italia e che la Convenzione di Amburgo del 1979 prevede che le persone soccorse in mare debbano essere sbarcate nel porto sicuro più vicino.
Judith Sunderland su Twitter fa riferimento ad una “clausola” del codice di condotta delle ONG in base alla quale le autorità  italiane stanno al momento negando e ritardando il permesso a sbarcare i migranti in Italia.
Rimane al momento oscuro il motivo per cui la centrale operativa di Roma non abbia dato istruzioni precise alla Open Arms nel momento in cui ha contattato la Proactiva per inviarla nella zona di soccorso.
Ma ormai in Italia non c’è da meravigliarsi più di nulla: quando si arriva a finanzianziare una associazione criminale come la Guardia costiera libica per fare il lavoro sporco si è raschiato il fondo del barile.
Parliamo di politici che andrebbero processati per crimini contro l’umanita’ di fronte a un tribunale internazionale.

(da agenzie)

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BORIS JOHNSON: “SKRIPAL AVVELENATO SU ORDINE DI PUTIN”

Marzo 16th, 2018 Riccardo Fucile

IL SILENZIO DEI SOVRANISTI COMPLICI DEI SICARI: IL FATTO CHE UNA POTENZA STRANIERA USI GAS NERVINO SULLE STRADE D’EUROPA NON LI SCANDALIZZA… FINO A QUANDO NON TOCCHERA’ A LORO, COME E’ IL DESTINO DEI SERVI

E’ “assolutamente probabile” che l’ordine di usare l’agente nervino contro l’ex spia russa Sergei Skripal e sua figlia Yulia in territorio britannico (avvelenati in un centro commerciale di Salisbury, ndr) sia partito direttamente da Vladimir Putin.
Lo ha detto il ministro degli esteri britannico, Boris Johnson, precisando che “la nostra contesa è con il Cremlino di Putin e le sue decisioni”.
“Noi crediamo che sia probabile in modo schiacciante – ha insistito Johnson – che sia stata sua la decisione di usare un agente nervino nelle strade della Gran Bretagna, dell’Europa per la prima volta dalla Seconda Guerra Mondiale”.
In assenza di convincenti spiegazioni da parte del Crmlino, il governo britannico di Theresa May ha espulso 23 diplomatici russi, incassando il sostegno dei maggiori alleati d’Occidente, dagli Usa di Trump alla Ue, dalla Francia di Macron alla Germania di Merkel.
Solidarietà  tardiva anche dall’Italia. Il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, riferiscono fonti di Palazzo Chigi, parlando con la premier inglese, ha confermato la piena legittimità  della richiesta britannica ad avere risposte chiare ed esaurienti dalla
Russia circa il suo ruolo in questo gravissimo episodio.
I due leader hanno convenuto, infine, sulla importanza che su questa vicenda si manifesti solidarietà  sia in sede Nato sia in sede europea, anche in vista del Consiglio Europeo di giovedì prossimo.

(da agenzie)

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TUTTI CONTRO TUTTI: ALLA CAMERA VIGE IL MOTTO “TOCCA A NOI”

Marzo 16th, 2018 Riccardo Fucile

BRUNETTA ALLA LEGA: “HA VINTO IL CENTRODESTRA, NON VOI”… LA MELONI CONTRO L’EX ALLEATO SALVINI E POTREBBE DIVENTARE LA CANDIDATA COMUNE DI FORZA ITALIA E FDI

Per capire cosa potrebbe succedere il 23 marzo, il giorno in cui il parlamento verrà  convocato per eleggere i presidenti di Camera e Senato, bisogna soffermarsi sul dialogo intercorso tra Renato Brunetta di Forza Italia e i capigruppo del M5S, Danilo Toninelli e Giulia Grillo.
I grillini vogliono chiudere in fretta la questione e in mattinata incontrano tutti i partiti.
Quando è il turno dei berlusconiani, il senatore Toninelli dice a Brunetta che il M5S ha già  un accordo in mano: «Noi prendiamo la Camera, alla Lega va il Senato». Brunetta tira fuori il suo miglior sorriso e ribatte: «Guarda che è il centrodestra ad aver vinto le elezioni, non la Lega, nè tantomeno il M5S. Dunque se questo è lo schema, il Senato andrebbe al centrodestra».
E il nome che Fi ha in mente per Palazzo Madama non è quello di un leghista, ma è Paolo Romani.
Dall’esito del voto al Senato che, per il meccanismo più semplice del ballottaggio alla quarta votazione, si conoscerà  già  sabato 24, dipenderanno molto le strategie di Montecitorio.
E con lo scrutinio segreto tutto potrebbe cambiare.
A una settimana esatta dal debutto parlamentare, ogni certezza è incastrata in un groviglio dei veti.
Gli unici a esprimere chiaramente i propri desideri sono i grillini: «Vogliamo la Camera» hanno detto Toninelli e Grillo ai loro interlocutori, Piero Grasso per Leu, il segretario reggente Maurizio Martina e Lorenzo Guerini per il Pd, Brunetta per Fi e Giancarlo Giorgetti per la Lega.
Ma tutti, in questo momento, preferirebbero la Camera. Anche Matteo Salvini, perchè lì ha un suo fedelissimo da piazzare, sempre Giorgetti, mentre al Senato convergerebbero su Roberto Calderoli, che non gode proprio della fiducia assoluta al leader.
Inoltre, sul leghista pesa il processo per odio razziale per le offese all’ex ministro Cècile Kyenge, che la Corte Costituzionale è in grado di far ripartire.
Lo scranno più alto di Palazzo Madama, comunque, potrebbe rivelarsi un posto molto più scomodo di quello che sembra.
Di fronte a uno stallo prolungato, dopo le consultazioni con tutti i gruppi parlamentari, il presidente della Repubblica potrebbe assegnare come da prassi un mandato esplorativo al presidente del Senato.
La scelta dei grillini sarebbe Toninelli ma vorrebbero evitarlo, perchè, nonostante la copertura istituzionale del ruolo, temono di bruciarsi al primo tentativo di formazione di una maggioranza.
Ma in questo scacchiere di desideri e ostacoli, i nomi dei candidati pesano quanto la tattica. Il Pd resta a guardare e dice di non aver chiesto nulla per sè ai 5 Stelle, anche se in ballo ci sono le vicepresidenze e, poi, in colloqui riservati, deputati di prima linea dicono di essere pronti a votare per il leghista Giorgetti.
A questo punto delle trattative sarebbero molto basse le quotazioni dei dem, Dario Franceschini o Piero Fassino per la Camera, Luigi Zanda o l’alleata Emma Bonino per il Senato.
I 5 Stelle, invece, restano ancora incerti tra Emilio Carelli, volto del nuovo M5S targato Luigi Di Maio, e Riccardo Fraccaro, con il secondo che in queste ore sarebbe dato come più probabile.
La sua elezione sarebbe l’affermazione di un blocco di potere vicino a Luigi Di Maio per le cariche politiche e istituzionali più importanti.
Basta scorrere i nomi per intuire che al dunque emergerà  un vuoto di genere, ancora più sentito dopo i cinque anni di Laura Boldrini a Montecitorio.
A parte la suggestione Bonino, tutti i candidati sono uomini.
E a quel punto potrebbe essere Silvio Berlusconi a far leva sulla questione femminile, anche per rompere l’egemonia leghista nel centrodestra e l’asse con i grillini, e proporre a sorpresa l’alleata Giorgia Meloni.

(da “La Stampa”)

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GLI ITALIANI COME SEMPRE STANNO CON CHI VINCE: CRESCONO M5S E LEGA (MA A SCAPITO DI FORZA ITALIA E FRATELLI D’ITALIA)

Marzo 16th, 2018 Riccardo Fucile

SONDAGGIO POST VOTO DI SWG: IL M5S (34,5%) DA SOLO A DUE PUNTI DALLA COALIZIONE DI CENTRODESTRA (36,9%)… IL CENTROSINISTRA PERDE L’1,6%

La Lega e il MoVimento 5 Stelle crescono a discapito degli avversari nelle rilevazioni post-urne
Index Research, in una rilevazione per Piazzapulita pubblicata ieri, indica che la maggioranza (relativa) degli italiani vuole un governo con l’alleanza tra il MoVimento 5 Stelle e la Lega; l’ipotesi registra il 26,8% dei consensi e a buona distanza arriva seconda quella dell’alleanza tra MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico.
Al terzo posto la soluzione tecnica, ovvero un governo di scopo appoggiato da tutti i principali partiti mentre il ritorno al voto registra il 12,7% dei consensi.
La soluzione meno gradita è il governo del centrodestra appoggiato dal Partito Democratico.
SWG per il Messaggero invece segnala che i due partiti stanno facendo il pieno delle preferenze nei sondaggi dopo la chiusura delle urne.
Ma c’è un però. La Lega sta drenando consensi all’interno del centrodestra visto che nel frattempo Forza Italia, Fratelli d’Italia e il centro continuano a calare.
Il MoVimento 5 Stelle pesca invece poco nell’elettorato di centrodestra e molto in quello di centrosinistra, visto che porta a casa un +1,8% a discapito del -0,6% di Liberi e Uguali e del -1,6% dell’intero centrosinistra.
Da segnalare anche la crescita di Potere al Popolo (+0,9%) che però non basta a superare la soglia del Rosatellum.

(da agenzie)

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“LO STADIO DELLA ROMA SARA’ PAGATO DA TUTTI, ALTRO CHE SOLDI PRIVATI”

Marzo 16th, 2018 Riccardo Fucile

L’EX ASSESSORE BERDINI SMONTA LA BUFALA DELLA RAGGI: “SOLDI DELLA COLLETTIVITA’ PER RENDERLO ACCESSIBILE”

“Fino ad oggi ci hanno sempre detto che non bisogna preoccuparsi perchè lo stadio lo fa tutto una società  privata e non c’è alcun costo per la collettività . Non è così”.
Così Paolo Berdini, ex assessore all’Urbanistica della giunta Raggi, intervenuto ai microfoni della trasmissione “Ho scelto Cusano – Dentro la notizia”, condotta da Gianluca Fabi e Daniel Moretti su Radio Cusano Campus.
“Quando uno costruisce un grande immobile deve dare per legge dei soldi al Comune, il quale Comune è libero di scegliere dove investirli. In realtà  quegli oneri di urbanizzazione vengono reinvestiti per costruire le infrastrutture che servono per rendere accessibile lo stadio della Roma. Quindi, dato che lo stadio della Roma non è accessibile, dobbiamo prendere dei soldi che spettano alla collettività  ed utilizzarli per rendere lo stadio accessibile. Ci sono un’infinità  di altri luoghi a Roma che possono ospitare lo stadio senza spendere altri soldi e allora quei 20 milioni possiamo spenderli per altro, magari per costruire una tranvia”, ha aggiunto.

(da “NextQuotidiano”)

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REGIONE SICILIA, IL BLUFF MUSUMECI: SOLO TRE LEGGI INUTILI IN TRE MESI, MA 34 NUOVI CONSULENTI DA UN MILIONE DI EURO L’ANNO

Marzo 16th, 2018 Riccardo Fucile

ATTIVITA’ LEGISLATIVA PARALIZZATA MENTRE MICCICHE’ HA ASSUNTO 17 COLLABORATORI … LAVORI IN AULA CHE DURANO 7 MINUTI

L’ultima seduta è durata meno di un caffè e di una sigaretta: sei minuti e 19 secondi. Non troppo lunghe erano state anche le 18 precedenti.
Il risultato è che all’Assemblea regionale siciliana l’attività    legislativa è praticamente paralizzata. Il tempo per nominare i nuovi consulenti, invece, si trova sempre.
E infatti sono 34 quelli scelti dall’ufficio di presidenza nei giorni scorsi. Costeranno in totale quasi un milione l’anno.
Molto meno tempo, invece, è quello che hanno a disposizione nel parlamentino regionale per scrivere nuove leggi: peccato che incidentalmente sia l’unico compito assegnato ai settanta consiglieri — pardon, deputati — siciliani.
Eppure è così che vanno le cose sull’isola. Oggi come sempre, verrebbe da dire. Basta dare uno sguardo ai numeri per rendersene conto.
Una legge al mese
A quattro mesi dall’elezione del governatore Nello Musumeci e a tre dell’insediamento nuova maggioranza di centrodestra sono appena tre le norme fondamentali approvate da palazzo dei Normanni. Tre in tre mesi. Cioè una ogni trenta giorni.
Uno pensa: come minimo saranno riforme epocali per provare a rilanciare la drammatica situazione economica e sociale in cui versa da tempo la Sicilia. E invece nossignore.
Perchè, come racconta puntualmente livesicilia.it, le leggi costate tanta fatica ai deputati non sono certo fondamentalI: tutt’altro. Provare per credere.
Una, per esempio, serve ad aggiornare la commissione Antimafia. Un’altra, invece, aggiunge la parola “terme” ad alcune città  dell’isola (per dire: Montevago ora si chiama Montevago Terme). La terza è storica: modifica i confini tra i comuni di Grammichele e Mineo, in provincia di Catania. Stop.
Nel frattempo sta per scadere l’esercizio provvisorio approvato a fine anno e valido fino al 31 marzo: senza dubbio sarà  necessario prorogarlo di almeno un altro mese visto che mercoledì — durante la seduta da sei minuti e spicci — non è stato possibile fare altro se non incardinare il cosiddetto ddl stralcio. Poi tutto rinviato alla settimana prossima.
Sicilia immobile. Alla seconda guerra mondiale
Colpa delle elezioni politiche, dicono da Palazzo d’Orleans, sede del governatore Musumeci, che ha “rispettosamente” rallentato l’attività  legislativa nelle ultime settimane.
All’Ars, invece, si è ben pensato di approvare la procedura d’urgenza — cioè tempi dimezzati per l’approvazione di una legge — per quella che è stata ribattezza — non senza ironia — operazione Husky: cioè recuperare il patrimonio storico presente sull’isola della seconda Guerra Mondiale.
Niente da fare, invece, per un’altra proposta fondamentale: dare un terzo mandato ai sindaci dei piccoli comuni. L’idea del giovane Luigi Genovese — il figlio di Francantonio che tanto ha già  fatto parlare di sè — è stata però bocciata dai colleghi deputati.
Per Miccichè 17 collaboratori
Intanto, però,   l’ufficio di presidenza guidato da Gianfranco Miccichè ha trovato il modo per impiegare il tanto tempo libero: nominare nuovi collaboratori. Solo l’esponente di Forza Italia ne ha assunti 17.
Tra questi spicca Ugo Zagarella, candidato non eletto alla Camera e titolare dal 22 dicembre di uno stipendio lordo da 4.804 euro al mese, e Salvatore Lentini, ex deputato regionale di Forza Italia chiamato all’Ars come “comandato” (è un dipendente regionale) con stipendio da 3.273.
E poi Lillo Miceli, ex caporedattore del quotidiano La Sicilia, ora alla guida dell’ufficio stampa del presidente dell’Ars (composto anche da altri due portavoce) in cambio di 3.347 euro al mese.
Il deputato questore Giorgio Assenza (di Diventerà  Bellissima, la lista di Musumeci) chiama con lui cinque collaboratori in cambio di seimila euro, mentre l’Udc Giovanni Bulla nomina tre persone pagate quasi settemila euro al mese.
Un milione di consulenti
Una sola nomina da parte del vicepresidente Mpa Roberto Di Mauro, mentre anche gli esponenti del Movimento 5 stelle — che alle ultime elezioni regionali è stato il primo partito dell’isola — non disdegnano i consulenti.
Tre i collaboratori chiamati dal vicepresidente dell’Ars, Giancarlo Cancelleri: costano 6.555 euro al mese e tra queste spunta la commercialista Maria Alessandra Costantino, già  designata assessore da Ugo Forello, candidato sindaco dei pentastellati a Palermo.
Quattro consulenti — per 6.590 euro al mese — per il deputato questore Salvatore Siragusa, uno solo — in cambio di 1.900 euro — quello scelto dal segretario Stefano Zito. Il totale fa 75.985 ogni trenta giorni, cioè 911.820 per dodici mesi. Nello stesso periodo, se dovesse mantenere la media attuale, l’Ars potrebbe addirittura approvare ben 12 nuove leggi. Resterà  da capire quanto utili alla collettività .

(da “Il Fatto Quotidiano”)

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LA “SECONDA VITA” DELL’EX PM ANTIMAFIA: UN PASSO FALSO DIETRO L’ALTRO

Marzo 16th, 2018 Riccardo Fucile

DA PUNTA DI DIAMANTE DELLA PROCURA ANTIMAFIA A IMPUTATO PER PECULATO PER LA GESTIONE DI SICILIA SERVIZI

“Nella mia seconda vita metto a frutto gli errori della prima”, ama ripetere da qualche tempo a questa parte. Ma per Antonio Ingroia, fino a cinque anni fa icona dell’antimafia, la nuova vita è una sequenza di passi falsi uno dietro l’altro
Mandato in archivio il secondo flop politico con l’insignificante 0,02 per cento della sua “Lista del popolo per la Costituzione” presentata dal movimento “La mossa del cavallo” fondato con Giulietto Chiesa, adesso l’ex pm antimafia diventato avvocato veste gli scomodissimi panni di indagato.
E per giunta dai colleghi della sua ex Procura, quella di Palermo, che — dopo averlo iscritto nel registro degli indagati con l’accusa di peculato — stamattina non hanno esitato a far eseguire un sequestro per equivalente da 150.000 euro, la stessa cifra del “bonus” che, da amministratore di Sicilia e-servizi, società  informatica della Regione siciliana, si è liquidato per aver raggiunto il suo “obiettivo”.
Una parabola imprevedibile quella del magistrato che, dopo aver istruito e avviato il processo sulla trattativa Stato-mafia, nel 2012 improvvisamente — quando già  risuonavano le sirene di un suo impegno in politica — accettò l’incaico di presidente di una commissione internazionale Onu in Guatemala sul traffico di droga.
Incarico durato il giro di poche settimane prima del precipitoso rientro in Italia per il lancio di Rivoluzione civile, il movimento politico con il quale Ingroia addirittura ambiva a diventare presidente del Consiglio. Progetto bocciato sonoramente dagli elettori.
I tempi di Ingroia giovane allievo di Paolo Borsellino prima e di punta di diamante della Procura di Giancarlo Caselli negli anni dei processi su mafia e politica sembrano ormai lontanissimi.
Fanno parte di quella che Ingroia definisce appunto la sua prima vita.
La seconda lo ha visto saltare, in modo acrobatico, da un incarico all’altro, accettando anche quello offertogli dall’ex governatore siciliano Rosario Crocetta che lo chiama al vertice di Sicilia e-Servizi, società  che gestisce i servizi informatici della Regione e dalla quale Ingroia si liquida un maxistipendio con un bonus per aver raggiunto il suo obiettivo.
Poco importa che la società  finisca sommersa dai debiti. “Non certo per la mia gestione”, ribatte lui che, nel frattempo, accetta anche l’incarico di commissario della provincia di Trapani.
Lo spoil system alla Regione Siciliana segna anche la fine dell’incarico di Ingroia che, almeno per il momento si dedica a tempo pieno alla sua attività  di avvocato. Ultimo cliente un imputato di mafia, accusato ovviamente dai suoi ex colleghi

(da “La Repubblica”)

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