IL CASO DELLA MOTOVEDETTA LIBICA, PAGATA DAI CONTRIBUENTI ITALIANI, CHE MINACCIA DI APRIRE IL FUOCO FUORI DALLE ACQUE TERRITORIALI SU UNA NAVE DI UNA ONG INVIATA DALLA GUARDIA COSTIERA ITALIANA
I MINISTRI ITALIANI DOVREBBERO ESSERE PROCESSATI PER CRIMINE CONTRO L’UMANITA’ DI FRONTE AL TRIBUNALE INTERNAZIONALE PER AVER FINANZIATO UN’ASSOCIAZIONE A DELINQUERE
Una motovedetta della guardia costiera libica ha minacciato di aprire il fuoco contro l’imbarcazione della ONG spagnola Proactiva se i membri dell’equipaggio non avessero consegnato i migranti che avevano appena soccorso in acque internazionali su indicazione della sala operativa della Guardia Costiera italiana.
Quello di ieri è solo l’ennesimo caso delle interferenze e della condotta criminale dei libici durante le operazioni di soccorso in acque internazionali.
E per il momento alla Open Arms non è ancora stato concesso il permesso a dirigersi verso un porto italiano.
La ONG spagnola Proactiva Open Arms ha soccorso alle 7.30 di ieri mattina 117 migranti che si trovavano in difficoltà a bordo di un gommone in acque internazionali a 27 miglia dalle coste della Libia.
L’operazione di soccorso si è svolta secondo le modalità stabilite dal Centro Operativo della Guardia Costiera italiana di Roma che ha il compito di gestire le operazioni di soccorso nell’area SAR del Mediterraneo a ridosso delle coste libiche. Poco dopo però l’imbarcazione della ONG è stata raggiunta da una motovedetta della guardia costiera libica che ha intimato all’equipaggio di consegnare i migranti senza averne titolo.
Nel pomeriggio la Open Arms ha partecipato ad un’altra operazione di salvataggio in mare, sempre di concerto con le autorità italiane, recuperando 101 eritrei.
Questa volta i soccorsi si sono svolti a 70 miglia dalle coste libiche e anche in quell’occasione le modovedette libiche si sono avvicinate ai gommoni di salvataggio dicendo chiaramente che Proactiva avrebbe dovuto trasbordare i migranti altrimenti avrebbero fatto ricorso alla forza.
Gli episodi sono stati raccontati su Twitter da Oscar Camps, fondatore di Open Arms e dalla giornalista del quotidiano catalaono Ara Cristina Mas che era a bordo della Open Arms.
Il filmato descrive proprio i momenti di tensione in cui la motovedetta libica si è frapposta tra il gommone di salvataggio con a bordo il team di Proactiva e alcuni migranti e la Open Arms. Lo stallo è durato per un paio d’ore fino.
Dopo che i migranti sono stati messi in salvo sulla Open Arms la guardia costiera libica ha continuato a seguire l’imbarcazione che nel frattempo aveva fatto rotta verso Nord in attesa di ricevere ulteriori istruzioni dall’Italia.
Le responsabilità dell’Italia
La situazione nel Mediterraneo Centrale e nel Canale di Sicilia non è affatto tranquilla. Soprattutto da quando, in virtù degli accordi stipulati da Minniti, i libici hanno iniziato a farsi carico delle operazioni di contrasto
Gli accordi italo-libici sono già stati pesantemente criticati in passato dopo il servizio della CNN che ha rivelato l’esistenza di un vero e proprio mercato degli schiavi dove i migranti trattenuti in Libia vengono venduti al miglior offerente.
La responsabilità è di Roma che ha il compito di coordinare i soccorsi nell’area SAR. Ieri mattina infatti la Open Arms era stata contattata dalla nostra Guardia Costiera che segnalava la presenza di un gommone in difficoltà a 25 miglia dalle coste libiche.
Non è del resto la prima volta che i libici minacciano di ricorrere all’uso delle armi per poter imbarcare i migranti sulle loro motovedette.
La direttrice regionale di Human Rights Watch Judith Sunderland ha scritto su Twitter che la motovedetta 648 (donata alla Libia dall’Italia) che ieri ha puntato le armi contro i membri del team di soccorso di Proactiva era già stata protagonista nel novembre 2017 di un episodio analogo quando era intervenuta in modo aggressivo a tentare di bloccare le operazioni di soccorso in mare come documentato da un video di Amnesty International.
Nell’agosto dello scorso anno la nave di Proactiva “Golfo Azzurro” stava conducendo delle operazioni di esercitazione in acque internazionali ed è stata raggiunta dalla guardia costiera libica che ha minacciato di aprire il fuoco se l’imbarcazione non avesse fatto rotta verso Tripoli.
Il fatto di essere riusciti a scampare alle motovedette libiche però non significa che i migranti sono in salvo. Al momento infatti la Open Arms non sa dove sbarcare le 218 persone tratte in salvo nel corso delle operazioni di soccorso di ieri.
Malta ha accettato di prendere in carico quella che è la situazione sanitaria più grave: un bambino di pochi mesi in gravissimo stato di disidratazione. Il bambino e la madre sono già stati trasferiti a bordo di una motovedetta maltese. Per tutti gli altri invece non si sa ancora dove potranno sbarcare.
Il senatore Luigi Manconi ha detto che il ministro Minniti ha fatto sapere che «La Guardia costiera italiana ha detto alla nave che deve essere il governo spagnolo a chiedere al governo italiano la concessione di un porto dove approdare».
Una pratica del tutto inusuale visto che l’area di ricerca e soccorso è di competenza dell’Italia e che la Convenzione di Amburgo del 1979 prevede che le persone soccorse in mare debbano essere sbarcate nel porto sicuro più vicino.
Judith Sunderland su Twitter fa riferimento ad una “clausola” del codice di condotta delle ONG in base alla quale le autorità italiane stanno al momento negando e ritardando il permesso a sbarcare i migranti in Italia.
Rimane al momento oscuro il motivo per cui la centrale operativa di Roma non abbia dato istruzioni precise alla Open Arms nel momento in cui ha contattato la Proactiva per inviarla nella zona di soccorso.
Ma ormai in Italia non c’è da meravigliarsi più di nulla: quando si arriva a finanzianziare una associazione criminale come la Guardia costiera libica per fare il lavoro sporco si è raschiato il fondo del barile.
Parliamo di politici che andrebbero processati per crimini contro l’umanita’ di fronte a un tribunale internazionale.
(da agenzie)
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