Settembre 15th, 2018 Riccardo Fucile
SMENTITO CLAMOROSAMENTE IL BLUFF DI SALVINI CHE ANNUNCIAVA L’IMMEDIATO RIMPATRIO DEI 184 TUNISINI ARRIVATI IERI SU SETTE BARCHETTE
I 184 tunisini arrivati venerdì mattina a Lampedusa con sette barchini, nonostante l’annunciata chiusura dei porti italiani da parte del ministro Salvini che pretendeva l’intervento di Malta per fermarli, dovranno aspettare.
Non potranno essere rimpatriati a strettissimo giro di posta come voleva il titolare dell’Interno. La Tunisia ha detto no a procedure velocizzate e a rientri diversi da quelli previsti dagli accordi in atto che limitano ad 80 il numero di persone da rispedire indietro con due voli charter due volte a settimana.
I 184 sono stati già trasferiti a Trapani per le ordinarie procedure di identificazione e si metteranno in fila con tutti quelli che ancora restano da rimpatriare, più di 1.800 dei 3.500 arrivati quest’anno e giudicati irregolari dalle commissioni.
Dopo l’arrivo-beffa a Lampedusa dei 184 migranti, quasi tutti tunisini, Salvini aveva avuto un colloquio informale a Vienna con il suo omologo tunisino e aveva annunciato procedure “innovative ed efficaci” per rimandare subito in patria i tunisini sbarcati.
Pensava ad una identificazione immediata a Lampedusa, con altrettante immediata accettazione della riammissione in patria dalle autorità tunisine e un volo charter straordinario entro domenica. Ma così non sarà .
Le autorità tunisine hanno immediatamente chiarito che non vi sarà alcun rimpatrio straordinario. Martedì a Roma, in un incontro già fissato, Salvini e il suo omologo tunisino si rivedranno e si capirà se esistono le condizioni per aumentare e velocizzare le operazioni di rimpatrio di chi arriva dalla Tunisia, che nel 2018 è stata la prima nazione di provenienza dei migranti con circa 4200 persone.
Di questi, 3500 sono stati destinatari di un provvedimento di espulsione ma solo 1700 sono tornati effettivamente a casa.
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 15th, 2018 Riccardo Fucile
ADDIO AL TAGLIO IRPEF, TRAMONTA LA PROMNESSA DI TASSA UNICA… E IL CONDONO FISCALE ARRIVA DA 100.000 EURO A UN MILIONE DI EURO: GLI EVASORI FISCALI ESULTANO
Tramonta l’idea di un’aliquota unica. Il taglio dell’Irpef non riguarderà il 2019 e dal 2020, nei
piani del Governo, si andrà verso tre aliquote.
Niente a che vedere con l’aliquota unica al 15%, cavallo di battaglia di Matteo Salvini e di tutto il centrodestra.
Difficile, anzi sbagliato, definirla una Flat Tax. Prende quota invece, proposta dalla Lega, un’operazione di “pace fiscale” monstre da inserire in un decreto collegato alla manovra per sanare le pendenze con il fisco.
Altro non è, però, se non un maxi-condono: difficile, anzi sbagliato, definirlo diversamente.
TRAMONTA LA TASSA UNICA.
Luigi Di Maio, in un’intervista a El Mundo, conferma che non si va verso una flat tax “rigida”, ma verso una semplificazione dell’imposizione Irpef in tre scaglioni. “La situazione italiana sulla tassazione è talmente complicata che già una parziale semplificazione ridurrebbe tempi e quindi costi per i cittadini – afferma il capo politico di M5S – La flat tax non sarà così rigida, non ci sarà una sola aliquota, ma almeno tre. Inoltre, chi prima pagava meno rispetto al nuovo sistema di tassazione continuerà a farlo. Ma – specialmente per i piccoli e medi imprenditori – non possiamo più pensare che lo Stato, su 12 mesi di lavoro, se ne prenda 6 o addirittura 7 in tasse”. Di Maio assicura che c’è “piena armonia” con il ministro dell’Economia sui prossimi passi da fare, che “non c’è alcuna volontà di uno scontro con l’Ue” e che “non c’è l’intenzione di distruggere i conti pubblici”, anche se “non dobbiamo nemmeno attaccarci ai cosiddetti ‘zero virgola’ che imprigionano le economie e lo sviluppo”.
Conferma all’Agi la strategia fiscale il sottosegretario leghista all’Economia Massimo Bitonci, che fa parte del gruppo ristretto della Lega incaricato di mettere a punto il pacchetto economico per la manovra e che apre all’ipotesi di un decreto fiscale collegato alla manovra: “Inizialmente – afferma – pensavamo a una riduzione di un punto percentuale dell’aliquota Irpef più bassa ma poi si opterà per una rimodulazione a partire dal 2020 con tre aliquote”
IRPEF, UNA STORIA DI MODIFICHE CONTINUE .
L’Irpef è un tributo diretto, personale e progressivo che è regolato dal Testo Unico delle Imposte sui Redditi. La sua istituzione risale al 1974 e prevedeva 32 scaglioni di reddito e altrettante aliquote; l’aliquota iniziale era del 10%, quella finale del 72%. Negli anni sono state numerosi gli interventi sulle aliquote Irpef e sugli scaglioni di reddito: rimasero sostanzialmente invariati fino al 1983, quando vennero ridotti a 9 gli scaglioni di reddito, con l’aliquota più bassa al 18% e quella più alta al 62%. Dopo diversi rimaneggiamenti – l’aliquota minima tocco il 10% nel 1990 – un altro significativo cambiamento fu introdotto nel 1998, con 5 aliquote, con la più bassa al 18,5% e la più alta al 45,5%. Nel 2006 le aliquote diventarono quattro. Nel 2017 si ritorna a cinque aliquote, la situazione attuale: 23% per i redditi fino a 15.000 euro, 27% da 15.001 a 28.000 euro, 38% da 28.001 a 55.000 euro, 41% da 55.001 a 75.000 euro e 43% oltre i 75.000 euro.
Il taglio delle accise, promessa dalla Lega, è ancora in fase di studio meno avanzata, mentre la rimodulazione delle aliquote Irpef, con relativa revisione delle detrazioni, non ancora definita in dettaglio, potrebbe essere inserita nel testo della legge di bilancio ma calendarizzata per il 2020.
MAXI-CONDONO IN ARRIVO.
Bitonci annuncia inoltre la volontà del Governo di inserire nel decreto fisco la pace fiscale “con un tetto di 1 milione a contribuente”
A giugno Matteo Salvini annunciava una “pace fiscale” per sanare tutte le cartelle di Equitalia per cifre inferiori a 100 mila euro. La portata del condono indicata da Bitonci si decuplica: un tetto pari a un milione di euro.
E in più una nuova voluntary disclosure per far emergere patrimoni nascosti al Fisco, la terza edizione. Una proposta della Lega che dovrà essere discussa al tavolo della maggioranza, perchè cambia le carte in tavola rispetto agli annunci in sede di contratto di Governo.
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 15th, 2018 Riccardo Fucile
POLEMICHE E IRONIE SULL’ORDINANZA DEL SINDACO CISINT, GIA’ ASSURTA ALLA CRONACA NAZIONALE PER ALTRE STRAMPALATE INIZIATIVE
Anna Maria Cisint la sindaca “sceriffa” (appellativo che le riservano le opposizioni) di Monfalcone, la cittadina giuliana ex roccaforte rossa che ospita il più importante stabilimento di Fincantieri, balza ancora una volta sulla ribalta della stampa nazionale con un’iniziativa stile “law & order”.
Per combattere i bivacchi nella zona pedonale del centro città , la sindaca e la sua giunta leghista hanno varato un’ordinanza (si parte con una sperimentazione di un mese) che vieta agli esercizi commerciali della via, gestiti per la quasi totalità da stranieri, di vendere dopo le 19.30 alcolici freddi e di cessarne completamente la vendita dopo le 20.30.
Secondo quanto riporta il quotidiano Il Piccolo, i bar della stessa via però, potranno continuare a servirli senza limiti, così come pure i negozi e gli altri esercizi pubblici delle vie limitrofe.
Una sortita che oltre a sollevare critiche delle forze di opposizione, sta scatenando ironie sul web
L’ordinanza anti bivacco segue altre iniziative che puntualmente scatenano fan e detrattori della prima cittadina: l’ultima in ordine di tempo è il tetto del 45 per cento al numero di bimbi stranieri nelle scuole materne.
In precedenza ci sono state la rimozione delle gran parte delle panchine della piazza principale: ufficialmente per ‘motivi estetici’, ma per i più con l’intento di ‘far sparire’ i troppi stranieri che le usavano come punto di ritrovo.
Tra i ‘vanti’ della giunta leghista c’è l’aver bloccato con norme ad hoc la realizzazione di un centro islamico, il divieto di svolgere manifestazioni in piazza che non siano per contenuti, tipologia dell’allestimento, logistica e impatto acustico compatibili “con il valore storico culturale e la riqualificazione dell’ambito storico del centro urbano” e il divieto di concedere ai ragazzi della comunità bangladese l’uso di un’area verde abbandonata da attrezzare a campo di cricket.
Nell’occasione della Giornata della Memoria per commemorare le vittime della Shoah, cittadini e associazioni si erano mobilitati per sopperire all’assenza di iniziative del Comune, limitatosi solo a una fugace cerimonia al cimitero.
Pochi mesi fa una stretta collaboratrice in campagna elettorale di Cisint, era stata bersagliata di critiche dopo aver affermato che per restituire il decoro al centro cittadino e combattere le chiusure a raffica dei negozi, sarebbe stato opportuno limitare se non vietare la presenza di operai con ancora indosso le tute da lavoro.
(da “Huffingtonpost“)
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Settembre 15th, 2018 Riccardo Fucile
IL MESSAGGIO DEL CAPO DELLO STATO MENTRE IL M5S PROSPETTA PIANI PUNITIVI PER L’EDITORIA
“L’incondizionata libertà di stampa costituisce elemento portante e fondamentale della
democrazia e non può essere oggetto di insidie volte a fiaccarne la piena autonomia e a ridurre il ruolo del giornalismo”.
Lo afferma il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in un messaggio all’Amministratore delegato della Società Editrice Sud Spa, Pasquale Morgante, per il rilancio di Giornale di Sicilia e Gazzetta del Sud, un’iniziativa “meritevole in un contesto, quello del Mezzogiorno, in cui la battaglia per l’affermazione dei valori costituzionali e della legalità è particolarmente meritoria”.
Un richiamo che arriva proprio nei giorni in cui il Movimento 5 stelle sta illustrando le sue proposte per l’editoria, con tagli ai fondi pubblici all’editoria e tetti alla partecipazione nelle imprese editoriali da parte di chi non ha come attività centrale l’editoria, a favore degli “editori puri”.
“Una stampa credibile, sgombra da condizionamenti di poteri pubblici e privati, società editrici capaci di sostenere lo sforzo dell’innovazione e dell’allargamento della fruizione dei contenuti giornalistici attraverso i nuovi mezzi – prosegue Mattarella – sono strumenti importanti a tutela della democrazia. Questa consapevolezza deve saper guidare l’azione delle istituzioni”.
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 15th, 2018 Riccardo Fucile
GLI INVESTITORI STRANIERI ABBANDONANO I TITOLI DI STATO ITALIANI
Prosegue l’uscita degli investitori stranieri dai titoli di Stato italiani.
A giugno, secondo quanto si ricava dalle tabelle della Banca d’Italia, i soggetti non residenti detentori di titoli della Repubblica sono scesi da 698 milioni a 664 milioni (sul totale di quasi 2.000 miliardi di euro) dopo che già a maggio si era registrata diminuzione rispetto ad aprile(722 miliardi).
Va ricordato come una parte dei titoli in mano a non residenti siano in realtà di proprietà di soggetti italiani che investono attraverso fondi o gestioni basate all’estero. In questa infografica del Sole 24 Ore vediamo il riepilogo della proprietà dei BtP tra investitori italiani e stranieri:
Secondo un report di UniCredit che analizza i dati Bankitalia citato proprio oggi dal Sole 24 Ore, quello di giugno è sicuramente stato «uno dei maggiori deflussi mensili dalla crisi del 2011. Questo importo è stato anche il doppio rispetto alla variazione del saldo Target-2 di giugno (16 miliardi di euro)».
A fronte delle vendite da parte di investitori non residenti, tra i quali ci sono molti fondi con residenza estera che gestiscono risparmi degli italiani, si segnala un maggiore impegno delle banche nazionali (14 miliardi di euro) e da parte delle famiglie e delle società non finanziarie (13 miliardi di euro).
Le altre istituzioni finanziarie residenti (compagnie assicurative, gestori patrimoniali, etc) non hanno invece evidenziato scostamenti di rilievo su base mensile.
Secondo l’analisi di UniCredit, che cita anche dati Bce, «le banche italiane sono rimaste acquirenti di titoli di Stato italiani a luglio (4 miliardi di euro) con un focus più concentrato sul breve termine e sui Bot».
Dai dati di Target-2, «le vendite da parte di investitori stranieri sono probabilmente diminuite, o addirittura invertite un po’ a luglio, il che sarebbe coerente con il restringimento degli spread osservato».
(da “NextQuotidiano”)
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Settembre 15th, 2018 Riccardo Fucile
CLAMOROSO SUCCESSO PER LA SERATA CON IL FILM DEDICATO A STEFANO CUCCHI: PREVISTI 700 SPETTATORI, NE SONO ARRIVATI TRE VOLTE TANTO
“Il film non beatifica Stefano Cucchi e non dice che tutti i poliziotti sono infami. Racconta la
storia di un ragazzo che ha fatto tanti errori, ma non ha avuto la possibilità di rimediare perchè ha incontrato qualcuno che in divisa ha pensato di essere sopra la legge”.
E’ questo il pensiero più diffuso fra i ragazzi e le famiglie che ieri sera si sono dati appuntamento sul pratone dell’Università La Sapienza per assistere alla proiezione di Sulla mia pelle, il film di Alessio Cremonini che racconta l’ultima settimana di vita di Stefano Cucchi, dall’arresto fino alla morte.
L’annuncio che sarebbero state organizzate proiezioni gratuite, diffuso sui social all’indomani della presentazione del film alla Mostra del cinema di Venezia, aveva già sollevato numerose polemiche, per un film già al centro di discussioni sull’opportunità o meno della doppia uscita sia nelle sale che su Netflix.
L’appuntamento a La Sapienza si è trasformato in uno spettacolo a cielo aperto.
Pratone affollato, birre e pizze, oltre duemila giovani (studenti e non) in cerca di uno spazio a sedere. Molti sono rimasti in piedi, qualcuno più distante si è accontentato solo di ascoltare, senza vedere le immagini.
Brusio di sottofondo da chi non è riuscito a guadagnare le postazioni migliori ma silenzio assoluto ad ogni apparizione di Alessandro Borghi nella sua interpretazione di Cucchi.
“Borghi è fantastico – commenta Giulia, studentessa magistrale della Sapienza – ritrae Stefano Cucchi con finezza gradiosa, piccolo essere fragile e autodistruttivo. Vorresti proteggerlo, salvarlo. Dopo aver visto questo film si va via strozzati dall’ingiustizia, come se lo avessero ammazzato a te, non solo alla famiglia”.
Le polemiche dei giorni scorsi hanno portato Facebook a cancellare tutti gli eventi legati alle proiezioni, compreso quello di ieri. E fin dai primi annunci i produttori e i distributori del film avevano negato l’autorizzazione a iniziative di questo tipo perchè violano il copyright.
“L’ingresso chiaramente è libero e gratuito, non c’è alcun biglietto e nè modalità particolari, l’abbiamo precisato da subito, prima che Netflix facesse problemi sul copyright – racconta Margherita, 25 anni, studentessa ed esponente del collettivo Sapienza Clandestina, promotore dell’evento – ammetto che non eravamo pronti per tutta questa gente, non ci aspettavamo questa folla, al massimo 700 persone. Siamo più di 2mila – continua – forse abbiamo sottovalutato un po’ la tematica del film, o il bisogno di mettersi in discussione con i coetani. O semplicemente abbiamo sottovalutato la necessità , per i giovani, di occasioni di questo tipo per condividere con altri l’interesse rispetto ai grandi fatti di cronaca”
Una vicenda, quella di Stefano Cucchi, che ha lasciato un segno nella coscienza collettiva del Paese, e i giovani presenti a La Sapienza ne sono prova.
“Uscire non significa solo andare a bere una birra a Trastevere. Significa dialogare, riflettere, confrontarsi – spiega Vittoria, 21 anni, anche lei studentessa ed esponente di Sapienza Clandestina – abbiamo organizzato questa proiezione da soli, è un’iniziativa partita dal basso, abbiamo messo anche soldi di tasca nostra per l’affitto di questo unico proiettore non sufficiente per tutta questa gente. Ne abbiamo parlato al senato accademico e il rettore nemmeno si è fatto vivo. Quindi sì, siamo molto felici di aver reso possibile una cosa del genere”.
Il cinema italiano è ancora in grado di interpretare l’impegno civile e suscitare partecipazione. “Io ho già visto il film a casa, sul divano, su Netflix e sono qui per il gusto di esserci – dice Emanuele – non sono uno studente della Sapienza, ma qui ci sono anche tante famiglie e lavoratori che magari come me hanno già visto il film e hanno ceduto il posto ad altri. Perchè alla fine, in queste occasioni, conta la presenza e basta. Un modo concreto per dire che noi stiamo con Ilaria Cucchi”, che nel film è interpretata da Jasmine Trinca.
Alla fine del film, applausi e lacrime.
Su un muretto un gruppo di ragazzi commenta: “Chi è tossicodipendente soffre di una malattia. Smettiamola di pensare che siano dei criminali. Se non capiamo questo, lasceremo sempre indietro qualcuno che ha bisogno e che si sarebbe potuto salvare”.
(da “La Repubblica”)
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Settembre 15th, 2018 Riccardo Fucile
LA STORIA DI SILIAN, 21 ANNI, ALLA QUALE HANNO TOLTO I FIGLI, MA NON LA SPERANZA
Zilan, a soli 21 anni, non è come le altre ragazze. Alle spalle due ex mariti violenti e due figlie,
una da ciascuno.
Ma tutto questo è passato. Zilan è tra le migliori combattenti della forza femminile araba che è stata costituita all’inizio di quest’anno come parte delle unità di protezione delle donne curde della Siria (Ypj), la milizia femminile che ha sconfitto l’Isis e si è ripresa Raqqa.
Queste reclute fresche stanno sperimentando i limiti del patriarcato delle comunità arabe, la convivenza difficile tra arabi e curdi che è però l’unico modello per il futuro.
“Mi sento rispettata come donna. La mia vita adesso ha un senso” ha dichiarato Zilan ad Al-Monitor durante un’intervista
L’Ypj e il suo equivalente maschile, le Unità di protezione dei popoli (Ypg), sono i migliori alleati della coalizione guidata dagli Stati Uniti contro l’Isis.
Mentre la lotta si estende, un numero crescente di arabi si unisce direttamente alle forze curde siriane o ai gruppi arabi alleati.
Li chiamano forze democratiche siriane, o Sdf. Un funzionario della Sdf ha detto ad Al-Monitor che a partire dal 22 ottobre almeno 500 donne arabe si sono arruolate nell’Ypj. Le donne sono state le prime a dichiarare la vittoria il 19 ottobre nella piazza principale di Raqqa.
Parte del percorso anche militare di Zillian, passa dall’autocoscienza. In un cerchio, Zilan e i suoi compagni si sono seduti a Shahid Arin. Il campo spartano è costituito da un edificio a due piani e da un piccolo terreno. I combattenti maschi che aiutano a formare le donne fumano e scambiano le battute con loro durante una pausa. Alcuni sono cittadini laici e di classe media. Altri conservatori, vengono dalle campagne. Molti sono stati sedotti da video propagandistici online di combattenti Ypj o reclutati all’università . Poi ci sono quelli come Zilan che sono fuggite dalla monotonia grigia della loro vita precedente.
Zilan è stata la prima a parlare. “Entrambi i miei mariti mi hanno picchiato. Le loro madri mi hanno picchiato. Il mio primo marito ha rifiutato di concedermi la custodia della nostra figlia di 3 anni. Il secondo ha preso il nostro bambino di 10 mesi ed è scomparso. Sono rimasta senza nulla. Fu allora che decisi di aderire al Ypg per combattere per un futuro migliore”.
Queste donne, oltre che in battaglia, devono rovesciare milioni di codici e di stereotipi: i matrimoni poligami, per esempio, sono aumentati dall’inizio del conflitto in Siria, ma sono stati vietati nel Rojava. Per ogni sindaco maschio c’è una co-sindaco donna dotata di pari potere – un modello ripetuto a quasi tutti i livelli di governo e autorità civica. Le donne gestiscono le scuole.
In un’intervista ad Al-Monitor, Fawza al-Yusuf , un ufficiale del Rojava che ha passato lunghi anni nel Pkk prima di tornare in Siria nel 2011 all’inizio dell’insurrezione, ha detto: “Abbiamo lanciato una rivoluzione femminile non solo per le curde ma per tutte le donne siriane. Un modello che dovrebbero ispirare il mondo “.
(da Globalist)
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Settembre 15th, 2018 Riccardo Fucile
I DEPUTATI VOLEVANO SCRIVERE “SOLIDARIETA’ AL POPOLO UNGHERESE”, MA HANNO SBAGLIATO LA COMPOSIZIONE DELLA FRASE
Non si sa se ridere o piangere.
I deputati di Fratelli d’Italia volevano dimostrare la «Solidarietà al popolo ungherese», componendo tale frase sugli scranni di Montecitorio.
Ma il risultato, come si vede nella foto è stato disastroso.
L’immagine dello scivolone degli esponenti del partito di Giorgia Meloni, nei cui piani c’era il sostegno al premier ungherese Orban dopo le sanzioni comminate dalla Ue, sta facendo il giro dei social network.
Non solo si schierano con un governo xenofobo e un premier che limita libertà di stampa e diritti civili, ma rimediano pure una brutta figura nel non saper “inquadrarsi” in 28 “reggitori di cartelli”, tanti quanto le lettere che componevano la scritta.
In altri tempi sarebbero finiti congedati anzitempo.
(da agenzie)
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Settembre 15th, 2018 Riccardo Fucile
VERGOGNOSO CHE UN MINISTRO CONTINUI A SCHERZARE SULLA TRAGEDIA DI GENOVA
Con una sensibilità per lo meno pari alla sua intelligenza, Danilo Toninelli oggi ha avuto la
geniale idea di scherzare su Genova annunciando su Instagram di aver “revocato la revoca al mio barbiere”.
Il ministro delle Infrastrutture, già nei guai per lo scatto che lo ritrae sorridente con Bruno Vespa mentre mostra il modellino del Ponte Morandi e nel mirino della maggioranza per il decretino che ha partorito il Consiglio dei Ministri dopo tanti annunci finiti a chiacchiere, finisce così di nuovo sulla graticola anche perchè subito dopo ha cancellato la foto da Instagram.
Una gaffe tira l’altra. Ancora impazzavano le polemiche per la foto con il plastico del ponte Morandi, nello studio di Vespa, ma il ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, ha deciso di avventurarsi in una dichiarazione di dubbio gusto sui social. Stavolta su Instagram dove posta una foto in cui sfoggia il nuovo taglio di capelli e scrive: “Ho revocato la revoca della concessione al mio barbiere”. Barbiere che nell’immagine spunta alle spalle del ministro, mentre accanto accanto a Toninelli ci sono i due figli, un bambino e una bambina.
Un tentativo di fare ironia sulla ricostruzione del ponte di Genova, in cui i 5Stelle si battono per evitare un ruolo attivo di Autostrade? Chissà .
Di sicuro lo stesso ministro si rende conto di aver tentato una battuta spericolata e quindi il post scompare e la stessa foto riappare poco dopo con un testo diverso. “Un momento di relax, insieme ai miei piccoli”.
Troppo tardi per evitare la polemica. “Dopo tutti i modellini ed i sorrisoni in TV con Vespa direi che il riposo è meritato. Mi raccomando: sempre concentrato. Alla grande!”, scrive phranz75.
“Io revocherei a te la concessione da ministro”, dice yanezthetravellingman. E c’è chi lo invita a ripubblicare il post precedente, se ha il coraggio.
In un retroscena pubblicato oggi dal Corriere della Sera si racconta che anche nel consiglio dei ministri Toninelli non ha avuto vita facile: il decreto è stato emendato di varie parti perchè i ministri non si fidavano dell’impostazione di Toninelli, mentre Moavero e Tria avevano addirittura annunciato di non voler partecipare alla votazione del provvedimento.
Salvini ha invitato i colleghi di governo a superare le obiezioni perchè necessitava dare «un segnale politico» all’opinione pubblica. Traduzione: va evitata la figuraccia. Ma poi ha anche criticato “l’annuncite” dei ministri, mettendo nel mirino proprio Toninelli.
Il ministro si è difeso ed è stato difeso da Di Maio, unico suo vero sponsor all’interno del governo. Alla fine è arrivato il voto ma su un testo fortemente rimaneggiato e “salvo intese”.
(da agenzie)
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