Destra di Popolo.net

GIULIA GRILLO SARA’ VITTIMA DEL PRIMO RIMPASTO

Settembre 23rd, 2018 Riccardo Fucile

IL POSTO DELLA MINISTRA SEMPRE PIU’ TRABALLANTE

Federico Capurso sulla Stampa oggi fa sapere che la ministra della Salute Giulia Grillo vede il suo posto sempre più traballante. Secondo il quotidiano sarebbe addirittura in arrivo il primo rimpasto:
La delusione è forte. Grillo, nella strategia maturata da Di Maio dopo le elezioni, sarebbe dovuta essere uno dei cardini del «Movimento di governo». Oggi, invece, è lo stesso leader M5S a manifestare tutta la sua insofferenza: «Così non va. Troppi errori, troppa confusione», si sarebbe sfogato con i suoi fedelissimi.
Malumori scivolati lentamente tra i banchi parlamentari e che hanno dato vita a un tambureggiamento silenzioso ma dal ritmo crescente, avvertito distintamente fin dentro le stanze del Quirinale.
L’ultimo scricchiolio riguarda la nomina del nuovo direttore generale dell’Agenzia italiana del farmaco, Luca Li Bassi, avvenuta il 5 settembre.
Da allora, la firma del nuovo dg non è mai arrivata.
Ci sarebbe in corso una trattativa serrata e, come la stessa Grillo ha confermato, gli uffici del ministero stanno ancora «lavorando al contratto di lavoro».
Proprio dai corridoi ministeriali, però, arrivano voci insistenti di un possibile ripensamento da parte di Li Bassi. Al di là  delle questioni salariali, ci sarebbero soprattutto forti dubbi sulle prospettive di lavoro
Nell’articolo poi si fa sapere che uno degli argomenti a favore della sostituzione della Grillo è l’imminente maternità :
Nessuno, poi, ai piani alti di Palazzo Chigi, vuole far pesare sul futuro di Grillo la sua imminente maternità . Ma «neanche possiamo nasconderci quanto la sua assenza possa pesare nei prossimi mesi», quando si dovrà  lavorare giorno e notte alla manovra di bilancio. I timori, manifestati da diversi ministri M5S, sono soprattutto per le possibili «interferenze» degli alleati leghisti: «Senza un nostro ministro a tenere gli occhi aperti sui dossier, saranno guai». E allora un piano B — se addio sarà  — sembra sia già  pronto.
La carta coperta è quella di Armando Bartolazzi, attuale sottosegretario alla Salute, lanciato da Di Maio prima delle elezioni proprio come ministro.
Poi gli equilibri di partito si sono messi d’intralcio, ma già  tra un mese, quando Grillo entrerà  nelle ultime settimane di gravidanza, Bartolazzi potrebbe subentrare da reggente.
Una formula morbida, per non creare una frattura interna e tenere aperta una porta a Grillo per il domani. Per un altro rimpasto, magari.
Ma sempre da «Terza Repubblica».

(da “NextQuotidiano”)

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“AVVENIRE” SUL CASO CASALINO; “UN RUOLO ECCESSIVO E INTOCCABILE CHE DESTA SOSPETTI”

Settembre 23rd, 2018 Riccardo Fucile

UN PORTAVOCE CHE DETTA LA LINEA IN PRIMA PERSONA E RISPONDE A UN’AZIENDA

“Un ruolo eccessivo e intoccabile che desta sospetti”, “cambiare non è abolire il primato della politica”: è questo il commento di Avvenire sull’influenza all’interno di M5S di Rocco Casalino, dopo il caso aperto dal suo audio sui tecnici del Mef.
“Il portavoce, uomo di assoluta fiducia di un’azienda privata di comunicazione digitale, la Casaleggio & associati, detta la linea politica in prima persona” e Conte e Di Maio, che non si sono “intestati apertamente la minaccia della ‘megavendetta’”, “non hanno chiesto un passo indietro del portavoce, e ciò basta a dimostrarne l’intangibilità  dentro il mondo 5s e dentro l’esecutivo pentaleghista”, afferma il quotidiano in un commento firmato dal giornalista Marco Iasevoli.
E rimarca come sia emerso “il ruolo assolutamente centrale, dirimente e irrinunciabile – più importante del ruolo degli stessi interpreti politici e istituzionali? – degli ‘uomini comunicazione’ dentro il governo gialloverde e in particolare dentro la componente M5s”.
“Nessuno era così ingenuo da considerare Casalino un portavoce ‘ordinario’ o un grigio interprete e traduttore degli atti del premier e del governo, ma la vicenda dell’audio contro i tecnici del Mef ripropone nuovamente, sotto diverse forme, il tema del cortocircuito (e del conflitto d’interesse) tra potere politico e controllo dell’informazione”.

(da agenzie)

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IL POLITOLOGO USA JAN BREMMEN: “L’EUROPA SOPRAVVIVERA’. SARANNO I CONTI PUBBLICI LA CAPORETTO DELLE PROMESSE DI LEGA E M5S”

Settembre 23rd, 2018 Riccardo Fucile

“ALLA FINE SARANNO COSTRETTI A TRADIRE I PROPRI ELETTORI SUI TEMI ECONOMICI”

La politica italiana mente, sapendo di mentire. Su quali temi? Sulle misure promesse in campagna elettorale come la flat tax e il reddito di cittadinanza e anche sulla questione migranti. Ma, alla fine dei giochi, il re sarà  nudo.
E a farne le spese sarà  principalmente il Movimento 5Stelle in un’Italia sempre meno importante per gli Stati Uniti e in un’Europa sempre più populista.
Che però non morirà  di populismi. È lo scenario tratteggiato da Jan Bremmer, politologo statunitense fondatore della società  di analisi dei rischi geopolitici Eurasia, che si è intrattenuto su questi temi con ilfattoquotidiano.it nel corso dell’ultimo forum The European House-Amrosetti di Cernobbio.
“Anche in una congiuntura economica relativamente positiva per l’Italia, la maggior parte delle promesse fatte da questo governo non saranno mantenute — sostiene Bremmer -. Non si possono mantenere, se l’Italia non vuole vivere al di sopra delle proprie possibilità  e vuole restare nell’Unione. Alla fine, Lega e 5Stelle saranno costretti a tradire i propri elettori sui temi economici: non vedremo realizzate le misure populiste che i due partiti avrebbero voluto, così l’Italia potrà  continuare il proprio rapporto con l’Europa”.
Ma, se davvero la politica ha mentito, chi pagherà  per il tradimento del patto stretto con gli elettori?
“Credo che politicamente il prezzo più alto di questa situazione lo pagherà  il M5S, perchè è più presente al Sud, dove l’elettorato è più povero, e c’è bisogno del reddito di cittadinanza e delle pensioni per essere più forti— riprende Bremmer -. La Lega è più pro-business e libero mercato. Inoltre può cavalcare la questione migranti: credo che Salvini sarà  avvantaggiato dall’esperienza di governo, e guadagnerà  consensi proprio per il fatto che il governo non manterrà  la maggior parte delle sue promesse”.
Nella visione di Bremmer, il tema dei migranti giocherà  a favore della Lega che tuttavia ha un’azione molto meno incisiva di quanto non appaia.
“In Italia in questo momento stanno arrivando pochissimi migranti: la grossa crisi migratoria è stata largamente risolta dai predecessori e il nuovo governo Lega-5Stelle si è trovato di fronte a un problema molto ridotto — prosegue il politologo statunitense — Nel corso dei decenni, la popolazione in Europa è cambiata. L’immigrazione ha reso i Paesi molto più eterogenei: è successo con i Rom, con i musulmani, con gli est-europei, in particolare in Germania e nel Regno Unito. Se nel tuo Paese hai tante persone che ti dicono: ‘aspetta un attimo, io non ho nessuna opportunità , non guadagno abbastanza, vedo le infrastrutture peggiorare, nessuno si prende cura di me e in più arrivano nuove persone a cui diamo soldi e diritti, questo non va bene’. Questa è una grande opportunità  politica per le forze anti-immigrazione e razziste di diventare più forti in tutta Europa”.
C’è quindi il rischio che di un’avanzata dell’AfD in Baviera ad ottobre?
“In Germania l’AfD ha una rappresentanza in Parlamento, ma non ha la possibilità  di prendere il potere. È certamente un movimento in crescita, con cui bisogna fare i conti”, prosegue escludendo che si possa parlare di una crisi europea collegata all’ascesa di partiti nazionalisti e xenofobi.
“L’unica crisi vera che c’è stata in Europa dal 2008 ad oggi è stato il voto di Brexit che peraltro non sarà  un disastro ma avrà  un costo importante”, precisa lo studioso per il quale le attuali tensioni sono generate dal fatto che per decenni la questione immigrazione non sia stata tenuta in debita considerazione dalla politica.
“Non è un problema solo europeo: lo abbiamo anche nel mio Paese, gli Stati Uniti. Trump che parla di costruire muri, fa il Muslim ban (la legge che limita l’accesso dai Paesi mussulmani ritenuti a maggiore rischio terrorismo, ndr), demonizza i neri, porta avanti le stesse politiche di Salvini in Italia”, sottolinea Bremmer.
In questo scenario, il politologo americano ritiene difficile che a breve possano tornare di moda gli ideali liberal-democratici perchè “i leader delle democrazie occidentali avanzate pensano molto a loro stessi e non si curano del loro elettorato”.
Dal canto loro, le classi medie sono fiaccate dalla rapida evoluzione della società  determinata dalla globalizzazione: “le nostre società  sono profondamente spaccate anche quando l’economia va bene, quindi si può immaginare cosa succede quando non c’è denaro, quando le aziende licenziano, le cose peggiorano”
Secondo l’esperto statunitense, questo clima di stanchezza e depressione, non apre al rischio di regimi totalitari, ma “di sicuro inquietanti regimi autoritari” e cita gli esempi di Turchia, Polonia e Ungheria. Ma non dell’Italia dove “avrete un governo populista, ma la realtà  è che le istituzioni italiane non sono cambiate molto”, puntualizza.
Tuttavia, come sottolinea l’esperto, rispetto al passato, Roma conta meno per Washington che ha inaugurato una politica di “unilateralismo”.
Certo gli Stati Uniti continueranno a fornire aiuti umanitari e a finanziare il Fondo Monetario Internazionale, ma non c’è da aspettarsi un nuovo piano Marshall. Nemmeno sulla crisi del debito, magari comprando titoli di Stato italiani?
“Davvero non saprei dirlo”, aggiunge evidenziando come “il complesso delle relazioni transatlantiche si sia indebolito” e l’Europa resti debole e frammentata “creando l’occasione per le potenze esterne — come la Russia — di interferire” con il lavoro dei singoli governi dell’Unione.
Del resto, gli Stati Uniti che pure “storicamente hanno supportato l’Unione europea, non sono mai stati sicuri di preferire un’Europa forte a una debole”, ammette l’analista americano evidenziando come “in questo momento, gli Usa non abbiano una linea di condotta coerente rispetto all’Unione europea”.
Forse anche perchè hanno altri grattacapi cui pensare. Populismi europei e la crisi del debito pubblico del Vecchio Continente certamente preoccupano, ma i Paesi più pericolosi per l’ordine mondiale sono altri.
Fra questi la Corea del Nord e soprattutto la Cina che per Bremmer “è il Paese più pericoloso al mondo, perchè diventerà  l’economia più potente. E’ una superpotenza tecnologica, autoritaria, con un capitalismo di Stato. I cinesi stanno cercando di creare istituzioni che possano sfidare l’ordine mondiale esistente, ed è probabile che vivranno significativi cambiamenti interni nei prossimi vent’anni”.
Senza contare anche che, come ricorda l’esperto, “ogni cambiamento della politica estera degli Usa ha un significativo impatto su altri Paesi”. Basti pensare a quanto accaduto con l’invasione dell’Iraq che ha reso l’intera regione più instabile. Quanto all’ondata nazionalista europea, l’ipotesi è che passerà : “Tutti possono sopravvivere al populismo, questo non è in discussione”.

(da “Il Fatto Quotidiano”)

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DECRETO GENOVA, GIORGETTI CONTRO IL M5S: “BISOGNEREBBE SPIEGARE IL DIRITTO AI GRILLINI”

Settembre 23rd, 2018 Riccardo Fucile

“ERA NECESSARIO FARE PRESTO, CI STANNO APPICCICANDO TROPPE COSE”

«Mi pare che i Cinquestelle siano determinati a non dare ad Autostrade alcun ruolo sulla ricostruzione, sebbene la convenzione non sia ancora stata revocata. Qualcuno dovrebbe spiegare loro come funziona il diritto»: Giancarlo Giorgetti, a colloquio con grand commis, magistrati e dirigenti leghisti a margine del convegno annuale dei giudici amministrativi e contabili sul lago di Como, si lascia sfuggire una battuta piuttosto chiara sul Decreto per Genova che ancora non è arrivato al Quirinale nonostante gli annunci in conferenza stampa del presidente del Consiglio Giuseppe Conte e del concentratissimo Danilo Toninelli.
Racconta oggi La Stampa:
«È una vicenda che hanno gestito loro, spero abbiano finito la rifinitura tecnica perchè sta passando troppo tempo e dobbiamo dare una risposta a Genova».
Giorgetti avrebbe voluto un decreto asciutto e immediato: aiuti urgenti, commissario e avvio della ricostruzione. Più in là , sempre con decreto, tutto il resto.
«Purtroppo — spiega a chi gli chiede conto dei rinvii — hanno voluto appiccicarci troppe cose. Risultato: più aumenti il numero dei vagoni più il treno rallenta».
Ora il problema è duplice. «Immaginavo un percorso superveloce. Invece mettendo dentro 30 o 40 articoli anche l’iter parlamentare diventerà  complicatissimo».
E prima ci sarà  il vaglio del Quirinale. Che, a differenza del decreto sicurezza, non è stato preventivamente e informalmente consultato.
Nel pomeriggio di ieri fonti grilline esultavano: decreto pronto, Mattarella firma prima di domani, quando sarà  a Genova al Salone nautico. Ai leghisti non risulta la prima parte del desiderio, al Colle la seconda.
Il testo ancora bolle nel calderone degli uffici legislativi di ministero delle Infrastrutture e Palazzo Chigi.
Impensabile che il capo dello Stato possa firmare ad horas un decreto così articolato e suscettibile di osservazioni a livello costituzionale e di diritto comunitario.

(da agenzie)

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LAVORARE MA ESSERE POVERI LO STESSO

Settembre 23rd, 2018 Riccardo Fucile

SECONDO EUROSTAT LA QUOTA E’ DEL 12,2%, IN CONTINUO AUMENTO

Lavorare (e guadagnare) ma essere poveri ugualmente.
Una categoria che in Italia cresce da anni nel silenzio delle statistiche che mettono insieme tutti: occupati che possono spendere a piacimento e occupati che devono tirare la cinghia.
E’   possibile lavorare ed essere poveri allo stesso tempo, almeno secondo la banca dati della Commissione europea che ha recentemente, e per la prima volta, censito i lavoratori con retribuzioni così basse da essere annoverati tra i poveri. Un approfondimento statistico che rende giustizia a tutti coloro che sono stati assunti con stipendi da fame o con orari di lavoro ridottissimi. Ma che piazza gli occupati del nostro Paese tra i meno fortunati.
L’Italia, tra i Paesi di cui sono disponibili i dati per il 2017, è in quarta posizione per lavoratori poveri.
Ci superano soltanto la Romania (col 17,4% di poveri tra gli adulti over 18 occupati), la Spagna, col 13,1%, e la Grecia a quota 12,9%.
Ma a differenza di questi Paesi l’Italia è l’unica nazione europea in cui la percentuale è in crescita costante da anni: nel 2016 eravamo all’11,7%, mezzo punto sotto il dato del 2017, pari al 12,2%. Nel 2008, quando in Italia si sentirono gli effetti della crisi economico-finanziaria esplosa negli Stati Uniti, spiegano dalla Commissione europea, la quota di lavoratori italiani che dovevano fare i salti mortali per arrivare alla fine del mese ammontava al 9 per cento. E la “disastrata” Grecia ci superava di cinque punti abbondanti
In questi nove anni il Paese che ha dato i natali a Socrate ha lavorato per ridurre il più possibile questa categoria di lavoratori, mentre in Italia si è registrato un continuo aumento. Fino al punto, nel 2017, in cui le due nazioni sono distanti appena 0,7 punti percentuali. Francia, Germania e Regno Unito, ma i dati disponibili sono quelli del 2016, si trovano abbondantemente al di sotto della soglia del 10%, con i transalpini sotto l’8%.
Ma cosa vuol dire per Eurostat essere lavoratore a rischio di povertà ? Si tratta di quegli operai e impiegati (per esempio i lavoratori a progetto o quelli dei call center) con “un reddito disponibile equivalente al di sotto della soglia del rischio di povertà , che è fissata al 60% del reddito disponibile equivalente medio nazionale”, spiegano da Bruxelles. Un individuo è, inoltre, registrato come occupato se è stato assunto per oltre la metà  dell’anno di riferimento.

(da agenzie)

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INTERVISTA A LUCA BARBAROSSA: “IL RISCATTO DI UN PAESE DEVE PASSARE ATTRAVERSO LA CULTURA, IN ITALIA INVECE SI CAVALCANO LE PAURE PER UNA MANCIATA DI VOTI”

Settembre 23rd, 2018 Riccardo Fucile

“UN POLITICO CHE SI RISPETTI OGGI PRENDEREBBE IL 2% DI VOTI, REGNA L’IGNORANZA”

Luca Barbarossa è uno di quei cantanti che te lo ritrovi in metro, un pomeriggio di inizio estate, mentre improvvisa un concerto e non ti sorprende.
In fondo, lui ha iniziato da giovanissimo suonando proprio per strada, a Piazza Navona, prima di venire scoperto da Gianni Ravera e andare a Sanremo nel 1981 (si presentò con una canzone dalla straordinaria capacità  anticipatoria: Roma spogliata). È uno di quelli diretti, Barbarossa, che non ama i giri di parole.
Fra poco partirà  per una nuova tournèe con il suo ultimo disco, Roma è de tutti. Perchè la capitale è un baricentro della musica, della scrittura e della vita. Uno stato d’appartenenza da diffondere in tutto il Paese, da Napoli a Porto Sant’Elpidio.
Intanto, conduce Radio2 Social Club, nata da una sua intuizione, difesa negli anni con forza e perseveranza. “Volevo — mi spiega – fare una radio dal vivo, oltre che in diretta. Dove gli artisti si potessero incontrare, e avessero la possibilità  di esprimersi. Artisti affermati, ma anche in divenire”.
Negli anni Radio2 Social Club ha contribuito a lanciare comici come Virginia Raffaele, Andrea Perroni, Paola Minaccioni e Lucia Ocone.
E a gennaio, come rivela Barbarossa, verrà  organizzato un grande evento celebrativo. “La festa dei dieci anni sarà  la festa di un ambiente musicale che ha sempre meno spazi per potersi esprimere, perchè la televisione è andata in una direzione, la radio in un’altra. Fare un programma di musica dal vivo, di comicità  e di intrattenimento in radio è coltivare una sorta di riserva indiana. Siamo un’area protetta da Radio Rai e da Rai2. Ci sembra importante essere arrivati alla decima stagione”.
Il suo ultimo disco è tutto in dialetto. “Passame er sale” l’ha portata anche a Sanremo, la prima volta che una canzone in romanesco arrivava all’Ariston.
Il dialetto impone verità . Passa dalla pancia e arriva al cuore. Senza tanti fronzoli. Anche musicalmente, il dialetto esprime il segreto della sua cultura popolare: non si possono tradire le sonorità  in una canzone dialettale.
Roma è de tutti è il titolo del suo ultimo album. Ma potrebbe essere anche uno slogan.
Roma è una città  abituata all’accoglienza da sempre. È una capitale universale. È probabilmente la città  meno provinciale del mondo. Roma è abituata a questo da millenni.
A cosa?
All’accoglienza. Che si arrivi a Roma da tutti le parti del mondo, per passarci o per rimanerci. Ha fatto diventare romano anche chi non lo è. Penso ai grandi registi, intellettuali, scrittori.
E come è diventata adesso Roma?
Lo vediamo tutti. Non sta passando uno dei suoi periodi migliori. Ma ne ha viste di peggio. La grandezza della sua storia e della sua cultura vanno oltre qualche decennio sfortunato. È una città  eterna, che nella sua eternità  ha la possibilità  di rialzarsi in qualsiasi momento.
Però toccherà  che qualcuno se ne occupi.
La bellezza è di tutti. Tutto è di tutto. E su Roma, capitale d’Italia e capitale universale, va fatto uno sforzo collettivo. Serve un atto d’amore. È necessaria una chiamata alle responsabilità .
Di che tipo?
Non la si può abbandonare a se stessa. Perdere la sfida di Roma è una sconfitta di tutto il Paese.
Lei ha frequentato anche gli istituti penitenziari di Roma, Rebibbia e Regina Coeli. Ne ha scritto anche in una canzone del suo ultimo album, Se penso a te.
La vita è dura in carcere, ma esistono ancora degli spiragli, che passano dalla cultura, dai corsi di teatro. L’ignoranza regna sovrana, ma non solo dentro il carcere.
Lo ha visto “Sulla mia pelle”, il film su Cucchi?

Sì.
E cosa ha pensato, guardandolo?
Niente che non sapessi già . È un film necessario, che fa molto riflettere sullo stato del nostro Paese e sul momento storico che viviamo, nel quale si pensa di poter fare male a un tossico, a uno spacciatore, a un rom e restare impuniti. È ormai passato il messaggio che esistano vite di serie A e di serie B. Ogni giorno si dice qualcosa che scredita la vita delle persone. È un lavoro lento, quotidiano, di sottocultura che viene fatto da chi in perfetta malafede ha un solo obiettivo.
Quale?
Quello di cavalcare le paure della gente per ottenere in cambio una manciata di voti, una manciata di soldi pubblici.
La musica in questo momento che ruolo può avere?
Il ruolo di tutti noi è fare bene e con onestà  intellettuale. Se sono un autore e canto quello che scrivo ho il grande vantaggio di non essere di parte. Non sono un politico. E i miei comportamenti, tutto quello che dico, tutto quello che scrivo e quello che canto non deve portare nelle mie tasche dei voti. Ho la libertà  di dire quello che penso.
I politici italiani questa libertà  non ce l’hanno?
Un politico che si rispetti e che si possa ricordare fra vent’anni, trenta, quarant’anni probabilmente è un politico che prenderebbe il 2%. Un politico che fa il suo mestiere correttamente, in certi momenti deve fare scelte impopolari. Oggi è tutto basato sul feedback. Anche i politici, come i B&B, cercano la recensione positiva.
L’ultimo grande politico che si ricordi?
(sospirando) Vogliamo parlare di Gramsci? Un oppositore del regime fascista che venne mandato al confino e invece di abbattersi insegnò l’italiano agli italiani. Mise in atto quello che credeva: la chiave è quella di sconfiggere l’ignoranza. Trasmettere cultura, consapevolezza. Dare strumenti alle persone per poi scegliere.
E oggi?
Dove c’è ignoranza attecchisce il nuovo razzismo, la faciloneria con cui la politica risponde a problemi molto complessi, gli slogan che sostituiscono i problemi a lungo termine, come l’immigrazione o il futuro dei nostri giovani. Si procede con i 140 caratteri di un tweet. Purtroppo e per fortuna la vita è più complessa. È una continua propaganda elettorale, ma il riscatto di un Paese deve passare attraverso la cultura, e la conoscenza.
Esattamente quello che sta accadendo, non le pare?
(ridendo) Esattamente.
Mi scusi Barbarossa, ma non è che siamo tutti un po’ ignoranti e un po’ razzisti?
Il mio pensiero lo esprimo meglio nelle canzoni. Per rispondere a questo domanda ho scritto Madur. È la storia di un ragazzo di colore che viene pestato a morte a Roma da un gruppo di balordi. Alla fine, si scopre che l’unico nato a Roma era la vittima. La verità  è che quando si dice “Prima gli italiani” non ha nessun senso.

(da “Huffingtonpost”)

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REDDITO DI CITTADINANZA SOLO AGLI ITALIANI VIOLA ANCHE DUE DIRETTIVE UE

Settembre 23rd, 2018 Riccardo Fucile

SI TRATTA DELLA 109 DEL 2003 E DELLA 98 DEL 2011… PRONTI I RICORSI AL GIUDICE CONTRO IL PROVVEDIMENTO ILLEGALE DEL GOVERNO XENOFOBO

Reddito di cittadinanza solo agli italiani?
Dal punto di vista giuridico viola almeno due direttive dell’Unione europea.
Ma se il Parlamento italiano varerà  comunque un provvedimento così impostato, nei tribunali italiani arriveranno ben presto i ricorsi presentati da immigrati e associazioni. “La Direttiva europea n.109 del 2003 è molto chiara – spiega Alberto Guariso, avvocato dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) -. I migranti lungosoggiornati, che sono circa il 65 per cento di quelli presenti nel nostro Paese, hanno gli stessi diritti degli italiani quando si tratta di prestazioni sociali”.
Una legge che gli escludesse potrebbe essere addirittura bloccata dal Presidente della Repubblica.
“Ma comunque siamo pronti a presentare i ricorsi nei tribunali. L’abbiamo già  fatto anche per altre leggi o delibere comunali. E i giudici ci hanno dato sempre ragione”.
L’altra Direttiva europea è la n. 98 del 2011, che riguarda soprattutto chi ha un “semplice” permesso di soggiorno per motivi di lavoro o altro (quindi da rinnovare periodicamente).
Per loro la direttiva prevede una serie di misure di sostegno: dall’assistenza sanitaria alle “prestazioni di maternità  e di paternità  assimilate” così come “le prestazioni d’invalidità ; le prestazioni di vecchiaia … e le prestazioni di disoccupazione”.
Il reddito di cittadinanza potrebbe rientrare in questo elenco, visto che comunque è finalizzato al reinserimento delle persone nel mondo del lavoro.
Il limite degli eventuali ricorsi nei tribunali è che le sentenze valgono solo per ogni singolo caso trattato.
“Il paradosso è che il reddito di cittadinanza dovrebbe combattere la povertà  – aggiunge Guariso -. Ma poi costringe una parte dei poveri a ricorrere all’avvocato, dando il via a una serie di innumerevoli ricorsi, con perdita di soldi e tempo”.
“Mi chiedo che senso abbia pensare che se il migrante è povero non meriti di essere aiutato – sottolinea Guariso -. Forse si pensa che possa esistere e stare in Italia solo quando ha lavoro e reddito. Ma questa idea è in contrasto anche con la legge Bossi-Fini. In base all’art. 9 il reddito minimo che garantisce al migrante un permesso a tempo indeterminato è pari all’assegno   sociale (euro 5.889)   ed è quindi inferiore persino all’attuale limite del Rei (6 mila euro di Isee)   e dunque è a maggior ragione inferiore a quello che si vorrebbe introdurre per un reddito di cittadinanza. Dunque per rimanere in Italia basta avere un reddito di 6 mila euro, che è una condizione di povertà , ma non si vuole riconoscere a questi immigrati la possibilità  di usufruire di una misura pensata per combattere la povertà “.

(da Globalist)

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