Ottobre 12th, 2018 Riccardo Fucile
SCHIFOSO E ‘ CHI SI VOLEVA PULIRE IL CULO CON IL TRICOLORE, CHI ISTIGA ALL’ODIO RAZZIALE PROTETTO DA IMMUNITA’, CHI HA SPUTATO VELENO SU CUCCHI… PERSINO DI MAIO SI DISSOCIA DAL REGIME POLIZIESCO: “NESSUN VILIPENDIO, I RAGAZZI HANNO DIRITTO A MANIFESTARE, SPERO CHE LA DENUNCIA VENGA ARCHIVIATA”
I giovani hanno diritto di protestare, anche con toni forti ma mai violenti.
Lo scrive su Instagram il vicepremier Luigi Di Maio, augurandosi che la denuncia per vilipendio contestata alle ragazze che hanno bruciato dei manichini con i volti dei ministri venga archiviata: la repressione non porta nulla di buono, meglio il confronto. “Oggi – riferisce Di Maio – due ragazze di 17 e 18 anni a Torino, durante una manifestazione studentesca, hanno dato fuoco a due manichini, uno con la mia faccia. È una cosa che non avrei mai fatto ma i ragazzi, i giovani hanno tutto il diritto di protestare, anche con toni forti perchè per troppo tempo la politica è stata sorda ai loro bisogni”.
“Possono anche andare oltre le righe – aggiunge – un po’ come ha fatto il Movimento nella sua storia, a patto di non andare contro la legge e di non usare violenza. Quello mai. Le porte del ministero sono aperte a tutti e le mie orecchie pure.
“Le due ragazze sono state denunciate per vilipendio delle istituzioni e per l’accensione di fumogeni. Spero che la denuncia per vilipendio, un reato di epoca medievale, venga archiviata il prima possibile e che inizi un percorso sereno di confronto con gli studenti. La repressione non porta mai nulla di buono.”
(da agenzie)
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Ottobre 12th, 2018 Riccardo Fucile
LA DIVISA E’ UNA RESPONSABILITA’, NON UNA ASSICURAZIONE DI IMPUNITA’… E A FARE SCHIFO E’ CHI RIVOLSE QUESTA OFFESA A ILARIA CUCCHI
Qualche anno fa, ai tempi della morte di Stefano Cucchi, una destra diversa cercò
umilmente di dire che bisogna stare sempre dalla parte della verità , che parteggiare sempre e comunque per chi porta la divisa non è giusto, che chi ha un potere deve esercitarlo con sobrietà .
Cercò, cercammo, di dire che una divisa è una responsabilità e non un’assicurazione di impunità , un lasciapassare per vigliaccate commesse sventolando un distintivo. Cercammo di far capire che chi sbaglia in divisa sbaglia due volte, perchè approfitta di una posizione di supremazia giuridica e psicologica.
Non ci fu niente da fare. Una destra estrema, capace solo di riempirsi la bocca di slogan bavosi e di esprimersi con la faccia cattiva per fare più paura, è rimasta arroccata nelle sue certezze apodittiche dettate da un pensiero forte, adatto a creare una parvenza di potenza là dove, evidentemente, c’è solo impotenza intellettiva e culturale.
Una destra estrema si è scatenata sul corpo martoriato di un povero ragazzo rimasto stritolato da un potere che doveva, in realtà , garantirlo, nonostante fosse un tossicodipendente, nonostante fosse uno spacciatore. Nonostante tutto.
Altro che pensiero forte, pensiero stupidamente sadico.
Ci hanno massacrato, additandoci come traditori. Perchè la semplificazione del linguaggio porta a questo, ad arroccarsi di fronte a ogni pensiero minimamente complesso, a ogni accenno di colore di fronte a un’idea ideologizzata di mondo in bianco e nero, senza nemmeno il conforto dei grigi.
Ricordo tutto, le parole, gli slogan, e provo oggi quello che provai allora: schifo e ribrezzo.
Perchè se per bieca propaganda qualcuno dice di una sorella che combatte una sacrosanta battaglia di verità che “fa schifo” e “si deve vergognare”, a fare schifo e a doversi vergognare è proprio chi rappresenta questa idea di politica.
A fare schifo è chi, oggi come allora, chiude gli occhi e fa finta di niente, senza urlare tutto lo sdegno di cui bisogna essere capaci.
È per questo e per tanti altri motivi che, oggi come anni fa, sono orgoglioso di quella battaglia.
Una battaglia di legalità , una battaglia di civiltà , una battaglia di destra.
Filippo Rossi
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 12th, 2018 Riccardo Fucile
ERA UNA DELLE PROMESSE DI SALVINI IN CAMPAGNA ELETTORALE, FINITA OVVIAMENTE NEL CESSO… 28.000 PIRLA CI CASCANO E INNEGGIANO AL “GOVERNO DEL CAMBIAMENTO”, POI L’AMARA DELUSIONE
La pagina Facebook il Sebeto ha pubblicato due giorni fa una specie di infografica che annuncia il tanto atteso (e promesso) taglio delle accise sui carburanti.
Grazie alla Manovra del Popolo, si legge, e al decreto 6-1/71 il 31 novembre verranno eliminate le accise e la benzina costerà 72 centesimi al litro.
Naturalmente si tratta di una bufala, perchè come tutti sanno il 31 novembre non esiste.
Ciononostante l’enfatico cartello, che ci informa che il governo dei fatti mantiene le promesse fatte in campagna elettorale ha ottenuto la bellezza di 27.882 condivisioni. E la maggior parte di queste non sono ironiche o sarcastiche.
Sono di persone che credono seriamente che il governo del Cambiamento eliminerà fra poco più di un mese le accise sui carburanti e che la benzina passerà dai circa 1,668 euro al litro attuali a meno della metà del prezzo.
Matteo Salvini però diceva che avrebbe tolto le accise che sommate complessivamente “pesano” 0,72 euro per ogni litro. Tutto fantastico, ma naturalmente è una bufala.
L’autore della bufala ha seminato del resto parecchi indizi. Non c’è solo la data sbagliata, il riferimento al decreto (inesistente) 6-1/71 è in realtà una sorta di rebus che — come ha spiegato David Puente — utilizza la smorfia napoletana e che significa “sei un uomo di merda”.
Infine l’autore ha lasciato la sua firma modificando il cartello di Salvini.
Se si legge con attenzione il cartello mostrato da Salvini (che prometteva di tagliare le accise a partire dal 5 marzo) la voce per le accise relative alla ricostruzione dopo il terremoto in Friuli è stata modificata in “ricostruzione dopo il quintomoro in Friuli“.
Ed è proprio un utente che come nickname usa Quintomoro l’autore della bufala.
Una bufala creata appositamente per prendere in giro quelli che ci oggi ci cascano ma che come tutte le bufale sfugge di mano.
Lo stesso autore qualche tempo fa aveva messo in circolazione la storia della patente di guida concessa gratuitamente (e con 30 punti di partenza anzichè 20) agli immigrati.
L’autore non resiste alla tentazione di rivelarsi ed infatti nei commenti del post de Il Sebeto fornisce l’indizio che serve ad identificarlo.
Nel gruppo Facebook Giente Honesta invece esce tranquillamente allo scoperto.
Così come avevano fatto all’epoca gli autori della bufala sulla sorella (morta) della Boldrini che gestisce cooperative dei migranti.
Perchè quella che l’ex Presidente della Camera considera una delle più dolorose fake news messe in circolazione per diffamarla e screditarla non è stata inventata da neofascisti o seguaci di Salvini ma proprio da un gruppo di troll che voleva vedere un po’ l’effetto che faceva a prendere per il culo i gentisti e i populisti (un po’ come per la storia della Lamborghini di Renzi).
Si tratta quindi delle solite trollate spacciate per esperimenti sociali che vogliono dimostrare quanto poco le persone prestino attenzione a quanto c’è scritto nei messaggi che condividono.
Un modo abbastanza comodo e facile di fare la morale agli “analfabeti funzionali” che ovviamente votano sempre per la parte politica sbagliata.
Ma non c’è alcun bisogno di esperimenti sociali per dimostrare quello che accade quotidianamente su Internet e fuori dal Web. Perchè si tratta di un fenomeno ampiamente studiato e dimostrato.
L’unica soddisfazione è quella di sentirsi un po’ più intelligenti degli altri, magari durante una bella conferenza dove si spiegano gli effetti nefasti degli avvelenatori di pozzi che disseminano informazioni false e di come sia facile raggiungere lo scopo.
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 12th, 2018 Riccardo Fucile
LA RAI PAGA 6.500 EURO I SUOI INTERVENTI DA FAZIO, COME QUALSIASI COLLABORATORE… NON SOLO, NEANCHE LI PRENDE LUI, MA VANNO ALL’UNIVERSITA’ CATTOLICA DI MILANO, ATENEO NEL QUALE COTTARELLI GUIDA GRATUITAMENTE L’OSSERVATORIO DEI CONTI PUBBLICI… PER I GIORNALI CHE GIUSTIFICAVANO LE OLGETTINE A PALAZZO GRAZIOLI NON E’ ETICO?
Il Giornale e la Verità vanno oggi all’attacco di Carlo Cottarelli, la cui partecipazione a Che
tempo che fa su Raiuno è finita nel mirino dei sostenitori del governo gialloverde nei giorni scorsi per l’ovvio motivo politico mascherato da attenzione ai conti e alle spese (altrui, sempre quelle altrui).
Nonostante il programma di Fabio Fazio sia infatti uno di quelli da cui la televisione pubblica guadagna, da destra e da sinistra (a seconda di chi è al governo) arrivano sempre questi attacchi fondati sui costi.
In queste settimane tocca a Cottarelli. Del quale si rivela, con la furbizia tipica del titolista delle dive, che ogni suo intervento costa alla RAI 6500 euro (ovvero come un normale intervento di un professionista che occupa uno spazio fisso e collabora al lavoro redazionale su un programma della tv pubblica).
Bisogna però leggere con attenzione per capire che il compenso non viene versato a lui direttamente ma all’Università Cattolica di Milano, ateneo nel quale Cottarelli guida (gratuitamente) l’Osservatorio sui Conti Pubblici italiani.
Come d’abitudine, la polemica sui compensi — periodicamente cacciata da politici in cerca di strapuntini e giornalisti a caccia di sprechi ma non in grado di trovarli (come Cottarelli) — viene utilizzata in modo strumentale per cercare di non far parlare Cottarelli dei conti pubblici italiani.
Il motivo è comprensibilissimo.
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 12th, 2018 Riccardo Fucile
“HO FATTO IL MIO DOVERE, QUELLO CHE MI E’ STATO IMPEDITO FIN DAL’INIZIO”
“Sono rinato. Ora non mi interessa nulla se sarò condannato o destituito dall’Arma”. Sono le parole che Francesco Tedesco ha affidato ieri al suo avvocato, Eugenio Pini, dopo la notizia delle sue accuse a due carabinieri per il pestaggio di Stefano Cucchi. “Ho fatto il mio dovere; quello che volevo fare fin dall’inizio e che mi è stato impedito”, ha aggiunto Tedesco al suo avvocato. Tedesco è imputato, assieme ai carabinieri Raffaele D’Alessandro e Alessio Di Bernardo di omicidio preterintenzionale.
Tedesco, il carabiniere imputato di omicidio preterintenzionale che ha accusato gli altri due militari coinvolti nel processo per al morte di Stefano Cucchi, verrà ascoltato entro gennaio in aula nell’ambito del dibattimento in corso.
Tedesco, già interrogato tre volte dal pm Giovanni Musarò, dovrà ribadire davanti alla corte le accuse a Raffaele D’Alessandro e Alessio Di Bernardo arrivate a nove dalla morte di Cucchi.
(da agenzie)
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Ottobre 12th, 2018 Riccardo Fucile
LA SORELLA DI CUCCHI: “VOGLIO DARE VOCE AGLI ULTIMI DI CUI NON IMPORTA NULLA A NESSUNO, A COLORO CHE SUBISCONO SOPRUSI NEL DISINTERESSE GENERALE”
“Il giorno in cui il Ministro dell’Interno chiederà scusa a me, alla mia famiglia e a Stefano
allora potrò pensare di andarci, prima di allora non credo proprio”.
Così Ilaria Cucchi, intervistata da Rtl 102.5 ha risposto alla domanda se si recherà al Viminale all’indomani dell’udienza del processo che vede cinque carabinieri imputati per la vicenda della morte di Stefano Cucchi, il geometra romano arrestato il 15 ottobre del 2009 e morto all’ospedale Pertini la settimana dopo.
Durante l’udienza di ieri del processo che vede imputati cinque carabinieri per reati che vanno, a seconda delle diverse posizioni, dall’omicidio preterintenzionale alla calunnia fino al falso, il pm Giovanni Musarò ha reso note tre deposizioni nelle quali uno dei carabinieri imputati, Francesco Tedesco, ha accusato i colleghi Raffaele D’Alessandro e Alessio Di Bernardo della violenta aggressione.
E dopo l’udienza era arrivato l’invito del ministro dell’Interno Matteo Salvini: “Sorella e parenti sono i benvenuti al Viminale. Eventuali reati o errori di pochissimi uomini in divisa devono essere puniti con la massima severità , ma questo non può mettere in discussione la professionalità e l’eroismo quotidiano di centinaia di migliaia di ragazze e ragazzi delle forze dell’ordine”. Tedesco verrà ascoltato entro gennaio in aula nell’ambito del dibattimento in corso.
“L’unica cosa che mi dà la forza di andare avanti è provare, tramite Stefano, a dar voce a tutti gli altri Stefano, tutti gli altri ultimi di cui non importa niente a nessuno, che muoiono e che subiscono soprusi quotidianamente nel disinteresse generale, di una società che è abituata a voltarsi dall’altra parte e che pensa sempre che le cose capitino sempre agli altri e mai a se stessi”, ha detto Ilaria Cucchi.
“Una cosa che non tutti sanno è che mio fratello in quei sei giorni in cui moriva da solo come un cane in realtà non era da solo, perchè poi li abbiamo contati durante il processo, lui è stato visto, è entrato in contatto con qualcosa come 140 o 150 pubblici ufficiali, non cittadini comuni, che hanno avuto in qualche modo, a vario titolo, a che fare con lui e che hanno visto man mano il degenerare di quelle condizioni fisiche che lo hanno portato alla morte”, ha aggiunto Ilaria Cucchi a Rtl 102.5.
“Mio fratello stava malissimo – continua – lo sentiamo nell’audio dell’udienza di convalida dell’arresto che si lamenta perchè non può parlare tanto bene. Nessuna di quelle persone è stata capace di guardare oltre il pregiudizio e di vedere oltre quel detenuto un essere umano che stava male e che stava morendo, perchè se lo avessero fatto ora non esisterebbe nessun ‘caso Cucchi'”.
Secondo Ilaria Cucchi “Stefano è morto perchè era un ‘ultimo’, perchè abbiamo una giustizia che ha due pesi e due misure, forte con i deboli e debole con i forti, e di ultimi ce ne sono tanti e, ahimè, nella nostra società sono destinati ad aumentare. L’unica cosa che mi dà la forza di andare avanti – conclude – è provare, tramite Stefano, a dar voce a tutti gli altri Stefano, tutti gli altri ultimi di cui non importa niente a nessuno, che muoiono e che subiscono soprusi quotidianamente nel disinteresse generale, di una società che è abituata a voltarsi dall’altra parte e che pensa sempre che le cose capitino sempre agli altri e mai a se stessi”.
(da agenzie)
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Ottobre 12th, 2018 Riccardo Fucile
70.000 STUDENTI HANNO MANIFESTATO IN 50 PIAZZE D’ITALIA CONTRO LA MANOVRA DEL GOVERNO CHE PENALIZZA LA SCUOLA
Più di 70mila studenti, in oltre cinquanta piazze, manifestano oggi contro la manovra del Governo e per sollecitare un intervento sui costi economici dello studio. Annunciando uno stato di agitazione permanente, le reti di studenti Uds, Rete conoscenza e Link denunciano la mancanza di risorse e provvedimenti concreti per contrastare la precarietà nel mercato del lavoro. “Il cambiamento tanto propagandato – affermano – sembra in netta continuità con il passato, perchè è assente un progetto di rilancio dello sviluppo sostenibile per il nostro Paese”.
Centinaia di studenti sono scesi in strada a Torino per protestare “contro razzismo, finto governo del cambiamento e disuguaglianze». Il corteo, promosso dagli Studenti Indipendenti, è partito da piazza Arbarello e sfila per le vie del centro città per raggiungere piazza Castello.
Davanti alla prefettura di Torino gli studenti hanno incendiato i manichini dei due vice premier di Lega e 5stelle, Matteo Salvini, e Luigi Di Maio. “Salvini e Di Maio vaff…”, gridano gli studenti.
Davanti al Miur, in corso Vittorio, i ragazzi hanno bruciato una telecamera di cartone posta sopra dei mattoni. “I mattoni sono quelli che rischiano di caderci in testa tutti i giorni – spiegano – Le telecamere sono quelle che vogliono mettere in ogni scuola per controllarci”.
“Dalle scuole all’università costruiamo una società multiculturale che educhi alle diversità a partire dai luoghi del sapere”, scrivono su Facebook gli organizzatori della manifestazione.
Tanti i cartelli contro il governo: “Lega Salvini e lascialo legato”, “Una scuola sicura è antirazzista”.
Al grido di “Chi ha paura di cambiare? Noi no!” è iniziata la manifestazione degli studenti romani a piazzale Ostiense, che ha sfilato lungo le vie di Roma per concludersi davanti alla sede del ministero dell’Istruzione in viale Trastevere. Secondo gli organizzatori i partecipanti sono cinquemila
Davanti alla Piramide i manifestanti hanno organizzato un flash mob che evoca la serie di Netflix , “La casa di carta”, indossando delle maschere di Dalì. Un muro costruito con delle scatole di cartone, su cui sono state messe le foto dei ministri del Governo, è stato poi abbattuto dagli studenti in marcia lungo via Marsala. “Si tratta – ha spiegato uno studente – di un gesto simbolico. Abbiamo distrutto il muro della paura, del razzismo che è stato costruito da questo governo”.
Alla fine del corteo una delegazione di studenti ha chiesto di incontrare, davanti al ministero, Bussetti per un confronto, ma il ministro ha rifiutato.
Da piazza Garibaldi, a Napoli, è partito invece il corteo che vede sfilare insieme studenti e migranti, che alla testa del corteo mostrano uno striscione con scritto: “Quando l’ingiustizia diventa legge, la resistenza diventa un dovere”. Diversi i cartelli contro il Governo, come “Napoli non si Lega” e di solidarietà per il sindaco di Riace Mimmo Lucano. I manifestanti sono diretti, scortati dalle forze dell’ordine, sotto la Prefettura.
Al grido di “Chi ha paura di cambiare? Noi no!” è iniziata la manifestazione degli studenti romani a piazzale Ostiense, che ha sfilato lungo le vie di Roma per concludersi davanti alla sede del ministero dell’Istruzione in viale Trastevere. Secondo gli organizzatori i partecipanti sono cinquemila, molti di questi indossano una bandana rossa con la scritta “Agitiamoci”. Davanti alla Piramide i manifestanti hanno organizzato un flash mob che evoca la serie di Netflix , “La casa di carta”, indossando delle maschere di Dalì. Un muro costruito con delle scatole di cartone, su cui sono state messe le foto dei ministri del Governo, è stato poi abbattuto dagli studenti in marcia lungo via Marsala. “Si tratta – ha spiegato uno studente – di un gesto simbolico. Abbiamo distrutto il muro della paura, del razzismo che è stato costruito da questo governo”. Continuano i disagi al traffico nella zona, mentre è in corso anche lo sciopero dei trasporti pubblici. Alla fine del corteo una delegazione di studenti ha chiesto di incontrare, davanti al ministero, Bussetti per un confronto, ma il ministro ha rifiutato.
Giacomo Cossu, coordinatore nazione di Rete della conoscenza, ha aggiunto: “Bussetti rifiuta di incontrare le rappresentanze studentesche. Questo non è cambiamento: il maggior deficit previsto viene utilizzato per condoni agli evasori fiscali e per tagliare le tasse ai più ricchi, mentre per noi giovani mancano le risorse”.
(da agenzie)
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Ottobre 12th, 2018 Riccardo Fucile
IN REALTA’ NON CI SARA’ NESSUN TASSO DI SOSTITUZIONE… LE POSTE PREVEDONO 18.000 USCITE E SOLO 7.000 ASSUNZIONI, L’ENI SOLO UNA ENTRATA OGNI TRE USCITE
Matteo Salvini sostiene che mandare in pensione prima 370mila lavoratori con quota 100
porterà i giovani ad avere quei lavori. Luigi Di Maio va addirittura oltre, promettendo che le aziende di Stato assumeranno un giovane per ogni dipendente che andrà in pensione il prossimo anno grazie alla riforma delle pensioni.
Ma la verità è un’altra: non ci sarà nessun tasso di sostituzione uno a uno come raccontano i due vicepresidenti del Consiglio.
Tanto per dirne una che riguarda le aziende “di Stato”, il piano industriale delle Poste prevede 18 mila uscite entro il 2020 e solo 7mila assunzioni.
In più, come spiega uno studio dell’ISTAT oggi citato da La Stampa, il problema è che a livello macroeconomico i settori che pensionano e i settori che assumono non coincidono.
E nemmeno le qualifiche delle persone in uscita e in entrata.
«Entrati e usciti — si legge — presentano una diversa composizione per posizione, settore di attività economica e professione svolta». Le uscite sono più frequenti nel pubblico impiego e nella scuola; i giovani trovano il primo impiego prevalentemente nel commercio, alberghi, o nei servizi alle imprese.
In altre parole, come spiega l’esperto di previdenza Stefano Patriarca, «c’è senz’altro un rapporto tra età di pensionamento e tasso di occupazione giovanile; ma è intermediato da fattori molto più complessi di quanto si pensi».
Il vicepremier Luigi Di Maio nei giorni scorsi ha persino rilanciato, dichiarando che nelle aziende pubbliche e partecipate si attende «un turn over 1 a 2, ovvero per un impiegato che viene pensionato vengono assunti due giovani».
Ma mercoledì, al vertice di Palazzo Chigi, l’Eni ha promesso una sola assunzione ogni tre uscite. Ovvero il contrario di quello che ha dichiarato Di Maio alla fine del vertice. Dove, per soprannumero, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha infatti annunciato che le aziende investiranno 22 miliardi nei prossimi cinque anni: nel perimetro rientrano Terna, Snam, Fincantieri, Italgas, Open Fiber, Ansaldo energia. Non ci sonoF s, nè Poste.
C’è però in compenso un altro problema: 22 miliardi in cinque anni fa in media la cifra importante di 4 miliardi l’anno. Nella lettera inviata al Sole 24 Ore sul suo piano Politeia il ministro Savona sosteneva che ne servissero 34 dalle aziende di Stato per quest’anno.
E poi c’è Boeri. Il presidente dell’Inps ieri ha spiegato che con “quota 100” e lo stop all’adeguamento automatico dei requisiti di anticipo e vecchiaia alla speranza di vita «l’incremento del debito pensionistico destinato a gravare sulle generazioni future è nell’ordine di 100 miliardi».
E ha spiegato con enfasi ed esemplificazioni concrete che le nuove anzianità senza correttivi attuariali si tradurrebbero in una vera e propria beffa per le donne «spinte ad accettare l’uscita con “Opzione donna” con un taglio consistente della loro pensione e che ora vedono uscire gli uomini in anticipo e con la pensione piena».
Infine c’è il problema della liquidazione degli statali. Saranno 160mila, e il governo pensa di posticipare l’erogazione della liquidazione al raggiungimento dell’età legale per il pensionamento di vecchiaia: 67 anni.
Si parla di 8 miliardi e si rischiano ricorsi anche su questo, visto che ci sono precedenti di posticipo della pensione ma non arrivano a cinque anni di attesa.
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 12th, 2018 Riccardo Fucile
MIGLIAIA AD ASSAGO PER IL CONCERTO DEGLI U2…. LA BANDIERA DELL’EUROPA SA ANCORA EMOZIONARE
Quando su Get out of your own way sullo schermo si compone, dalle singole bandiere nazionali, quella dell’Ue col cerchio di 12 stelle, la gente, come in tutti gli altri concerti del tour degli U2 per il disco Songs of experience, applaude.
«Non sapevamo che reazioni avrebbe suscitato — ha scritto il leader della band irlandese proprio su Repubblica – . Il che, in un certo senso, era esattamente il motivo per cui intendevamo farlo. Volevamo scoprirlo».
E l’hanno scoperto. La bandiera dell’Europa sa ancora emozionare quanto One e Pride: standing ovation ovunque, anche al Forum di Assago nella prima delle quattro date italiane (le altre il 12, il 15 e il 16) con cui gli U2 stanno portando in giro il nuovo album Songs of experience.
E soprattutto quello, nel senso che ben 7 canzoni delle 25 totali vengono da qui, come The blackout (che apre i concerti dopo l’intro con Zooropa), Love is bigger than anything in its way, 13 (there is a light) e You’re the best thing about me.
Qualcuno resta un po’ deluso per la scelta di non mettere anche qualcosa di The Joshua tree, forse il loro disco più famoso, che ha appena festeggiato il trentennale. Niente With or without you, Where the streets have no name, I still haven’t found what I’m looking for.
C’è giusto One, e altri classici come New year’s day, One e Pride, che è il momento più intenso: sul maxischermo scorrono immagini di nazisti, guerre, profughi, Bono grida «Grazie italiani per l’amore e la tolleranza che mostrate coi rifugiati, gli altri dovrebbero vergognarsi», anche se il governo ha finora mostrato altro.
Ma il milanese Salvini non risulta essere presente in platea, quindi non dovrebbero esserci tweet di contestazione.
Aggiungiamoci la campagna “La povertà è sessista” tema dell’anno di One (l’onlus di Bono) per l’azzeramento della discriminazione di genere per le donne che vivono in povertà .
Per l’Italia gli U2 hanno scelto Emma Marrone, e la sua voce risuona nel video di Women in love dedicato a questo, subito prima di One (la canzone). Idee politiche, certo, qua e là sembra davvero un comizio.
Ma è anche un grande concerto, anzi un grande spettacolo, dato che la scenografia esalta e sottolinea le canzoni. Due palchi, il principale, rettangolare, e il secondario, tondo, uniti da una passerella che taglia a metà il parterre per il lungo e che è circondata dai maxischermi che si alzano e diventano anche lo sfondo per chi scarica sul cellulare la app U2 Experience e lo inquadra: si vedono prima un iceberg che lentamente si scioglie sommergendo il pubblico, poi un Bono virtuale che canta. L’importante è poi non lamentarsi di chi usa il telefonino ai live.
Di sicuro non si lamenta il pubblico. Quello di Milano è appassionato nel cantare anche gli ultimi brani, ancora poco noti, e tutte le date di Assago sono andate rapidamente sold out (50mila persone in totale), coi fan in coda già dalla mattinata malgrado la pioggia torrenziale. Quello mondiale, anche se la band per molti non è certo più allo zenit della carriera e dell’ispirazione, li premia al botteghino: nel 2017 i concerti per il trentennale di The Joshua tree hanno incassato 316 milioni di dollari, numero uno tra i tour, e quest’anno sono per il momento al sesto posto.
Motivo? Semplice. Bono potrà aver perso un po’ di voce — benchè ad Assago sembri proprio tornata quella di sempre — le nuove canzoni potranno essere lontane da Achtung baby, ma restano uguali il carisma e il senso del rock degli U2, e lo spirito dei fan, che va oltre la semplice passione per la musica: è un sentimento civico, verrebbe da dire un idem sentire politico, e non solo per l’afflato europeista.
Tutto è tranne che un caso che l’inizio della serata, Zooropa, sia accompagnato da immagini delle distruzioni della Seconda guerra mondiale e le parole del discorso finale che Charlot fa sostituendo Adenoid Hynkel nel Grande dittatore di Chaplin, un discorso di pace, amore, libertà e fratellanza, e poi immagini di Trump e delle proteste di #metoo.
Bono ha le idee chiare. Anche se la politica intende continuare a farla solo come personaggio pubblico e libero pensatore. Il che è un bene per lui e per gli amanti del grande rock. «Paul McCartney è morto, la più grande band di tutti i tempi siamo noi», scherza a un certo punto Bono. Ma, a proposito di politica, se al Forum si fosse votato il sì avrebbe vinto all’unanimità .
(da agenzie)
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