Marzo 30th, 2020 Riccardo Fucile
“IL 5 GENNAIO SI E’ PROCLAMATO LO STATO DI EMERGENZA MA PER TROPPO TEMPO NON SI E’ FATTO NULLA”
“Come tutti”, il governo “ha sottovalutato”. Lo afferma il famoso farmacologo Silvio Garattini, 91
anni, fondatore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri” di Milano. “Il 5 gennaio – sottolinea Garattini – il governo ha dichiarato lo stato di emergenza, ma poi non è stato fatto nulla per un mese e mezzo. E mancata una cabina di regia che gestisse l’emergenza in arrivo. Protezione civile e governo dovevano dare disposizioni alle regioni, procurare mascherine, elaborare un codice di comportamento, istruire i medici, procacciarsi respiratori, creare strutture intermedie dove alloggiare i positivi che non necessitano di ricovero, così da non affollare gli ospedali ma evitare che le persone si contagiassero solo in famiglia”.
Il “caos, però”, secondo Garattini, “non è colpa solo di questo governo”, ma anche “dei governi degli ultimi 10 anni che hanno tagliato fondi alla ricerca. Se si sopprimono i letti e i medici competenti, quando arriva l’emergenza si hanno meno risorse per affrontarla. Abbiamo un numero di ricercatori troppo basso, quindi è impossibile fare massa critica per affrontare i problemi. Nella miseria attuale, ognuno cerca di sopravvivere guadagnandosi la propria visibilità “.
Un problema che ha intaccato anche l’Istituto superiore di sanità , aggiunge Garattini, che è “un istituto eccellente, ma anche i suoi ricercatori hanno fatto parte delle carenze di sostegno alla ricerca scientifica”.
Quanto al fatto che in Italia si muore di più rispetto alla Germania, il famoso farmacologo ribadisce che “questa situazione è figlia degli errori storici commessi dalla politica. Accanto al taglio selvaggio dei fondi per la ricerca c’è la spesa bassa per la sanità , inferiore di due punti percentuali di Pil rispetto alla media Ue. Naturale che poi ci siano meno macchinari”, come respiratori, quindi più morti.
(da agenzie)
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Marzo 30th, 2020 Riccardo Fucile
IL GIORNO DEI “CONTAGGI ZERO” NELLA PRIMA META’ DI MAGGIO
La discesa della curva epidemica del Coronavirus SARS-COV- e di COVID-19 in Italia, peraltro ancora non iniziata malgrado i primi segnali positivi, potrebbe concludersi intorno ai primi di maggio con il raggiungimento del fondamentale obiettivo “contagi zero”.
È la previsione di una ricerca condotta dall’Einaudi Institute for Economics and Finance (Eief), che indica sostanzialmente tre date in base alle previsioni più ottimistiche o più pessimistiche, sulla base dei dati della Protezione Civile che però, avvisano i ricercatori, non danno la misura del totale delle persone infettate, che è “probabilmente maggiore di un intero ordine di grandezza”.
Il giorno dei “contagi zero” in tutto il Paese, sulla base di queste curve, potrebbe essere il 5, il 9 o il 16 maggio.
Ma è un termine condizionato dalle differenze sostanziali di crescita tra una Regione e l’altra: seguendo la curva più ottimistica, in Liguria, Basilicata e Umbria la data potrebbe essere addirittura il 7 aprile, in Sicilia il 14 aprile, così come in Veneto, in Piemonte il 15 aprile, nel Lazio il 16.
Più tempo per la Lombardia, che deve aspettare il 22 aprile, mentre l’Emilia-Romagna raggiungerà il target il 28 aprile. Ultima, come detto, la Toscana, che il 5 maggio (nell’ipotesi migliore) potrebbe toccare quota zero.
I numeri rappresentano ovviamente una stima che oscilla tra l’ipotesi più ottimistica (il 5 maggio, con la Toscana che “chiude” l’emergenza per ultima) e la data “di assestamento” del 16 maggio.
Un calcolo che dipende dalla presa in considerazione dei valori mediani (quelli al centro della distribuzione delle probabilità fra le evenienze peggiori e migliori) o dalla presa in considerazione anche di eventuali valori estremi ed eccezionali.
Secondo la previsione dell’Istituto Einaudi le prime regioni che riusciranno a bloccare i contagi sono il Trentino Alto Adige, la Basilicata e la Valle d’Aosta, seguite dalla Puglia, che già nei prossimi 10 giorni potrebbero veder scomparire il virus dal loro territorio. L’ultima posizione della graduatoria è occupata dalla Toscana, che sembra essere la regione più indietro nel piegare la curva dei nuovi contagi e dove si dovrà aspettare la prima metà di maggio per non vedere più nuovi contagi.
L’istituo avverte anche che non è stato possibile fare delle stime per tre regioni (Marche, Molise, Sardegna) perchè i dati attualmente a disposizione non sono sufficientemente ampi.
Franco Peracchi, autore dello studio, spiega che comunque la qualità dei dati è decisiva: “Va notato che il numero dei casi in questo momento non è pari al numero degli abitanti del Paese attualmente infettati, ma solo a quello di coloro che sono risultati positivi al test. La quantità di persone attualmente infettate è probabilmente maggiore di un intero ordine di grandezza. Inoltre, la proporzione fra i casi positivi e il numero di persone infettate in ogni momento dato non va considerata costante, perchè i criteri e l’intensità dei test variano nel tempo e fra regioni.”
Per questo motivo lo studio vieni rivisto e aggiornato ogni giorno dopo il bollettino della Protezione Civile e pubblicato sul sito dell’EIEF.
(da “NextQuotidiano”)
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Marzo 30th, 2020 Riccardo Fucile
IL BOLLETTINO DELLA PROTEZIONE CIVILE A 20 GIORNI DALLA “STRETTA”
Sono ormai oltre 100 mila i casi totali di pazienti contagiati dal Coronavirus in Italia. Secondo
l’ultimo bollettino presentato dal Capo della Protezione Civile Angelo Borrelli sono arrivati a 101.739: 4.050 in più rispetto al dato di ieri.
Le vittime nel Paese sono salite a 11.591, 812 nelle ultime 24 ore.
I pazienti guariti in totale sono 14.620, 1.590 solo nella giornata di ieri. «È il numero più altro da quando è iniziata l’emergenza», ha detto Borrelli.
Al momento il totale dei pazienti positivi è 75.528. Di questi 3.981 sono in terapia intensiva, 27.795 sono ricoverati con sintomi e 43.752 si trovano in isolamento domiciliare.
(da Open)
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Marzo 30th, 2020 Riccardo Fucile
DOPO ESSERE STATA TROMBATA ALLE ELEZIONI, SI E’ RICICLATA AD OSPITE TV DOVE OGNUNO PUO’ DIRE CAZZATE SENZA ESIBIRE ALCUNA PROVA
Immaginate un luogo della televisione italiana dove non ha assolutamente senso parlare di Covid-19 e SARS-CoV-2. Quel luogo è senza dubbio il programma condotto da Barbara D’Urso.
Non che altrove, ad esempio da Massimo Giletti, le cose vadano meglio. Ma solo a Live Non è la D’Urso possiamo assistere ad un dibattito tra Alessandra Mussolini, Alda D’Eusanio, Gianluigi Nuzzi e Giovanni Rezza, direttore del dipartimento malattie infettive Istituto Superiore di Sanità .
Da brava sovranista Alessandra Mussolini sostiene la tesi, già rilanciata dal Matteo Salvini, Giorgia Meloni e dalla Lega che il coronavirus sia “scappato” da un laboratorio “segreto” di Wuhan dove già nel 2015 si facevano studi su virus di quel tipo.
Fonte di queste teorie è principalmente il servizio del TGR Leonardo “riscoperto” dalla propaganda sovranista in questi ultimi giorni. Ora non fatevi ingannare, Giorgia Meloni e Matteo Salvini sono solo due parlamentari della Repubblica che di professione fanno i giornalisti. Alessandra Mussolini invece da quando è stata trombata alle elezioni europee si è riciclata come ospite televisiva
Ma la Mussolini di suo sarebbe medico, avendo conseguito la laurea in Medicina nel 1994 e l’abilitazione nel 2011 (dal 29 luglio di quell’anno è iscritta all’albo Provinciale dei Medici Chirurghi di Roma).
Non è chiaro se l’ex onorevole ed eurodeputata Mussolini abbia mai esercitato la professione medica (viceversa è noto come abbia svolto la professione di attrice e cantante).
Ma di sicuro possiamo dire che in questo momento, in Italia, Alessandra Mussolini non sia la persona più titolata a parlare di coronavirus, men che meno se dobbiamo discutere amabilmente sulla sequenza genetica di SARS-CoV-2 e se sia o meno identica a quel virus di cui si parlava nel 2015 o se abbia o meno origine naturale.
Ad oggi i dati disponibili ci dicono che il coronavirus che causa Covid-19 è di origine naturale.
Lo ribadisce anche il dottor Rezza e tenta di spiegarlo in parole molto semplici anche Nuzzi.
Solo Alessandra Mussolini è convinta del contrario. Sbuffa, gesticola, alza gli occhi al cielo, mugugna ma non porta una prova che sia una a favore della sua tesi.
Si limita invece a dire cose come «siamo in un assetto di guerra che non è mai successo al mondo e fatti una domanda» quasi che il fatto di essere “in stato di guerra” (qualsiasi cosa voglia dire) sia diretta conseguenza della genesi artificiale del coronavirus. Oppure quando le spiegano che quel virus lì di cui parla TGR Leonardo è qualcosa si diverso (i coronavirus sono un tipo di virus) lei ribatte: «cioè tu mi vuoi negare che a Wuhan c’è uno dei più grossi laboratori di virologia?».
No, nessuno vuole negare che a Wuhan ci sia un famoso e noto laboratorio di biocontenimento. Ma non basta l’esistenza del laboratorio per dimostrare la tesi della Mussolini (lei però continua a ripetere “c’è un grande laboratorio”). Non è medicina, è logica.
Come del resto non basta la presenza di una ditta di bastoncini per gelato alla fiera di Rimini per spiegare come mai i primi casi siano comparsi a Codogno (solo perchè c’erano due espositori di Codogno) e non in uno qualsiasi dei paesi di provenienza degli altri cento espositori dello stesso padiglione.
L’ex eurodeputata continua a commentare chiedendo «come è passato dal pipistrello all’uomo?», il dottor Rezza le spiega che è già successo, ad esempio con l’Influenza Suina A/H1N1 perchè in Cina ci sono molti mercati dove si vendono animali vivi e la contiguità tra animali diversi e esseri umani favorisce la diffusione delle malattie e i salti di specie.
La Mussolini però è convinta che non sia così, che tutto sia per colpa dei laboratori segreti o meno. Ora sarà un caso ma sono soprattutto quelli di estrema destra che sostengono questa tesi, da Trump che ammicca parlando di “virus di Wuhan” a Marine Le Pen che ritiene che sia «di buon senso» chiedersi se il virus non sia «sfuggito da un laboratorio».
Cosa ci nascondono?
(da “NextQuotidiano”)
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Marzo 30th, 2020 Riccardo Fucile
CON LA SCUSA DEL CORONAVIRUS IL PREMIER, SENZA LIMITI DI TEMPO, POTRA’ CHIUDERE IL PARLAMENTO, SOSPENDERE O CAMBIARE LE LEGGI ESISTENTI E BLOCCARE LE ELEZIONI… E L’EUROPA. INVECE CHE CACCIARLO A CALCI IN CULO, STA A GUARDARE
Poteri illimitati per Orban. Il Parlamento ungherese ha votato per dare pieni poteri per il premier.
Un’iniziativa presa ufficialmente per la gestione dell’emergenza coronavirus, ma che fa temere le opposizioni. ”È l’inizio della dittatura”, hanno rilevato gli avversari di Orban.
Nei termini della legge, il premier, senza limiti di tempo, può governare sulla base di decreti, chiudere il Parlamento, cambiare o sospendere leggi esistenti e ha la facoltà di bloccare le elezioni.
Spetta a lui determinare quando finirà lo stato di emergenza. Inoltre, chi diramerà “false notizie” rischierà da 1 a 5 anni di carcere. Hanno votato a favore i deputati di Fidesz ed alcuni dell’estrema destra.
La legge è passata con 138 voti favorevoli contro 53 contrari.
L’opposizione ha cercato di far inserire nel testo una limitazione temporale di 90 giorni, garantendo in cambio il suo appoggio, ma Orban ha rifiutato.
In Ungheria finora sono stati certificati soltanto 447 contagiati da coronavirus, 15 è il numero delle vittime. I dati reali potrebbero essere però più alti, anche 15 volte di più.
I servizi sanitari effettuano pochissimi tamponi: dall’inizio dell’epidemia ne sono stati realizzati poco più di 13 mila. Negli ospedali mancano tute, guanti e mascherine protettive, e ci sono soltanto 2560 apparecchi di respirazione, in tutto il paese.
“Oggi inizia la dittatura senza maschera di Orban”, ha detto il leader dei socialisti ungheresi Bertalan Toth, commentando la legge approvata dal parlamento ungherese che conferisce a tempo illimitato i pieni poteri al premier Viktor Orban per combattere il coronavirus.
Anche il presidente del partito nazionalista Jobbik ha parlato di “colpo di Stato”, affermando che la situazione attuale non giustifica affatto lo stato di emergenza così come si configura nella legge.
L’alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani ha espresso la sua piຠallarmata preoccupazione per la svolta di Budapest, e il Consiglio d’Europa ha ammonito che “uno Stato d’emergenza illimitato e incondizionato non può garantire il rispetto di regole e valori della democrazia”.
Nove organizzazioni per la difesa della libertà di stampa e informazione hanno lanciato un’appello all’Unione europea chiedendole di opporsi ai poteri assoluti a Orbà¡n.
(da agenzie)
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Marzo 30th, 2020 Riccardo Fucile
L’EX MINISTRO DEI CITOFONI PUNTA AL SOGLIO DI PIETRO
A questo punto è evidente: l’ex ministro dei Citofoni punta al soglio di Pietro. O quantomeno a Medjugorje. Ma nel ruolo di colui che è apparso alla Madonna. Dev’essersi follemente ingelosito, l’altra sera, per la potentissima cerimonia officiata da Papa Francesco nella piazza San Pietro vuota (che simbolo: quell’abbraccio universale di pietra deserto eppure ricolmo e traboccante), e da allora non ha pace, tra selfie col rosario benedetto e, ieri sera, la preghiera in diretta, officiante Barbara D’Urso, la donna più indomita della tv, colei che riesce a spostare il confine del trash sempre un metro più avanti.
Perfetta la liturgia, con la dolce Barbara che, in posa pia, precisa di dire il rosario ogni sera e l’ex ministro del Cuore Immacolato che le fa eco: “E siamo in due”.
Ecco, dunque, cosa fa tra un selfie di pasta al sugo e una passeggiata con la fidanzata “per fare la spesa”. Dice il Rosario.
Poi, il vertice della sacra rappresentazione: D’Urso a mani giunte recita, vibrante, l’Eterno Riposo.
L’ex ministro Del Vangelo A Modo Mio si accoda, ma è evidente che di tutta la pur breve preghiera si ricorda solo “ad essi la luce perpetua”, e amen.
Ma il rito è compiuto, l’acqua si è trasformata in vino e l’audience, forse, in percentuali nei sondaggi (che, accidenti, sono un poco in calo per l’ex ministro dei Travestimenti, malgrado la recente, riuscita interpretazione di Dottore di Grey’s Anatomy in pausa — mascherina appesa, camice blu, ambientazione suggestiva – , forse nel tentativo di farsi invitare come virologo in qualche talk di prima serata).
La prossima mossa, è ovvio, sarà indossare una papalina bianca e tentare una benedizione a telecamere unificate. Urbi et Orbi.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 30th, 2020 Riccardo Fucile
LA DENUNCIA DEL SINDACATO: “QUESTO RENDE L’IDEA DI QUANTO VALE CHI SI PRENDE CURA DELLA VITA DEI CITTADINI”
In prima linea per combattere il coronavirus a costo della fatica e della propria incolumità , ma
sottopagati.
È la denuncia di Nursind Piemonte, sindacato degli infermieri, che ha richiamato l’attenzione sull’inadeguatezza delle indennità percepite dal personale sanitario già in regime ordinario e, a maggior ragione, durante l’attuale emergenza sanitaria.
A riportare la denuncia degli infermieri piemontesi è La Stampa, attraverso le parole di Francesco Coppolella, segretario regionale di Nursind:
I numeri parlano chiaro:
2,74 euro all’ora di servizio per le ore notturne; 17.82 euro lordi per ogni turno festivo; 20,66 euro lordi per un turno di 12 ore di pronta disponibilità ; 4,13 euro lordi per turno in terapie intensive; 5,16 euro lordi per turno in reparto malattie infettive.
La richiesta di Nursind Piemonte è che la Regione, al più presto, dia una risposta in merito all’argomento premialità e indennità malattie infettive.
(da agenzie)
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Marzo 30th, 2020 Riccardo Fucile
IL RACCONTO DI UNA INFERMIERA DI PIACENZA A REPORT… NON CI SI E’ MOSSI IN TEMPO
Ben prima di Mattia e non a Codogno. Il paziente uno potrebbe essere un anziano ammalatosi di Covid a gennaio, ricoverato in una clinica privata di Piacenza e poi portato via da personale che indossava tute da biocontenimento.
Lo racconta un’infermiera della clinica Piacenza del gruppo Sanna, dove adesso sono in malattia ben 150 operatori su 250. Alcuni di loro si sono ammalati poco prima che a Codogno venisse diagnosticato il primo caso ufficiale di coronavirus.
Quell’anziano, poi deceduto e solo dopo risultato positivo, potrebbe essere il paziente numero uno, secondo l’inchiesta di Report di Sigfrido Ranucci in onda questa sera su Rai3.
Uno dei medici della clinica accusa i primi sintomi lo stesso giorno della diagnosi di Codogno, un chirurgo che ha operato fino al 12 febbraio viene contagiato ma lo scopre dieci giorni dopo a Tenerife.
E in un’altra clinica del gruppo, la Sant’Antonino, il 17 febbraio un altro anziano viene portato via dal 118 e poi risulta positivo. Ma nessuno dà l’allarme nonostante nella zona, già da fine dicembre, fosse stato registrato un anomalo incremento di polmoniti particolarmente virulente e refrattarie alle cure. Nessuno cerca il virus.
E Report scopre che il 22 gennaio una circolare del ministero della Salute dà due indicazioni: cercare nei pazienti sospetti un link con la Cina ma anche una polmonite che non risponde alle cure.
Questo secondo punto scompare in una circolare di cinque giorni dopo per ricomparire solo il 9 marzo. E nel frattempo il virus dilaga cogliendo l’Italia impreparata.
Il piano nazionale contro le pandemie è vecchio di dieci anni. Avremmo dovuto aggiornarlo ogni tre anni, raccomandava l’Oms, per essere pronti a ridurre l’impatto del virus sui servizi sanitari e sociali, tutelare medici e strutture ospedaliere, laboratori, farmacie, forze dell’ordine.
§Avremmo dovuto predisporre dispositivi di protezione, fare scorta di antivirali e kit diagnostici. E invece non abbiamo neanche le mascherine. Il piano doveva essere coordinato dal ministero della Salute, dalle Regioni e dal Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie, diretto da Claudio d’Amario. Ma prima di lui c’era Raniero Guerra, oggi ai vertici dell’Oms.
(da agenzie)
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Marzo 30th, 2020 Riccardo Fucile
55 MILIONI ALLA LOMBARDIA. 50 ALLA CAMPANIA…. A CODOGNO 169.000 EURO
Quindici milioni a Roma, 7,6 a Napoli, 7,2 a Milano, 5,1 milioni a Palermo, 4,6 a Torino, 3 milioni a
Genova.
Fino ai micro-stanziamenti da 600 euro a testa per una quarantina di piccolissimi Comuni. Così vengono ripartiti i 400 milioni di euro con i quali i sindaci potranno fronteggiare l’emergenza Coronavirus distribuendo buoni spesa o generi alimentari e di prima necessità a chi ne abbia bisogno. Alla capitale, che è città più popolosa d’Italia, va la quota più grande.
Ma l’ordinanza firmata dal capo della protezione civile Angelo Borrelli riequilibra i fondi anche in base al reddito medio dei residenti e non dimentica i centri con poche decine di abitanti, stabilendo che in mancanza di risorse i 600 euro a loro destinati – la cifra minima stanziata – vengano sottratti alle grandi città .
Alla Lombardia la maggior parte dei fondi per i buoni spesa
Su base regionale è la Lombardia a ricevere la quota maggiore di risorse, 55 milioni; alla Campania vanno 50 milioni; alla Sicilia 43,4 mln; al Lazio 36 mln; alla Puglia 33,1 mln; al Veneto 27,4 mln; all’Emilia Romagna 24,2 mln; al Piemonte 24 mln; alla Toscana 21,4 mln; alla Calabria 17,2 mln; alla Sardegna 12,6 mln; alle Marche 9,4 mln; alla Liguria 8,7 mln.
Per il bilanciamento tra reddito pro capite e numero di abitanti, la Campania e la Sicilia ricevono risorse superiori al Lazio, pur avendo un numero inferiore di abitanti (5,9 milioni il Lazio, 5,8 milioni la Campania, 5 milioni la Sicilia).
Tra i capoluoghi, Bari potrà distribuire 1,9 milioni, Firenze 2 milioni, Reggio Calabria 1,3 milioni, Venezia 1,3 mln, Catanzaro 622mila euro, Caserta 445mila euro, Foggia 1,1 mln, Lecce 566mila euro, Piacenza 548mila euro, Nuoro 230mila euro, Cagliari 814mila euro, Pesaro 503mila euro, Potenza 398mila, Matera 394mila, Isernia 148mila, Campobasso 303mila. A Bergamo, città duramente colpita dall’epidemia, andranno 642mila euro.
Il Comune di Vo’, primo focolaio dell’epidemia, potrà aiutare chi è in difficoltà con 42mila euro, Codogno con 169mila euro, Alzano Lombardo, città che aveva chiesto di essere inclusa nella zona rossa, avrà 72mila euro.
A Fondi e Nerola, le cittadine più colpite nel Lazio, 357mila e 13mila euro ciascuna. A Dinami, in provincia di Vibo Valentia, che in base alla dichiarazione dei redditi del 2017 è il paese più povero d’Italia, vanno 20.400 euro.
Al Comune più piccolo d’Italia con i suoi 33 abitanti, Morterone, in provincia di Lecco, 600 euro. A Zerba (Piacenza), paesino che in base ai dati Istat è popolato da persone anziane, vanno 600 euro. A Castel Volturno, in Campania, 276mila euro.
Scorrendo tra le mete turistiche più ricercate, emerge che Cortina potrà distribuire buoni spesa e generi alimentari per 30,600 euro, Capri per 37,800 euro, Taormina per 73mila euro; Arzachena, sotto il cui comune ricade Porto Cervo, per 100mila euro; Portofino per 2000 euro.
(da agenzie)
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