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L’APPELLO DI ECONOMISTI, GIURISTI E VIROLOGI: “REGOLARIZZARE GLI IMMIGRATI IN TUTTI I SETTORI ECONOMICI”

Aprile 25th, 2020 Riccardo Fucile

DARE UN PERMESSO DI SOGGIORNO AGLI INVISIBILI PER SOTTRARLI AL POTENZIALE BACINO DI MANOVALANZA DELLA CRIMINALITA’ ORGANIZZATA

Un appello con 360 firmatari – tra economisti, immunologi, virologi, giuristi ed esperti di immigrazione – per sollecitare la regolarizzazione degli immigrati irregolari non solo in agricoltura ma anche in tutti gli altri settori economici del Paese.
Gli “invisibili”, infatti, rischiano di essere uno dei maggiori fattori di rischio nella nascita di nuovi focolai. Inoltre rappresentano un potenziale bacino di manovalanza per la criminalità .
La via legislativa potrebbe essere quella di una sanatoria tramite dichiarazione di un datore di lavoro, che consente di ottenere un permesso di soggiorno e lavoro temporaneo che, finita la fase di emergenza, sarà  sottoposto all’iter previsto per questi tipi di permesso.
“Sta circolando in questi giorni nelle commissioni parlamentari la bozza di un disegno di legge per la regolarizzazione degli immigrati irregolari in agricoltura – si legge nel documento – In questo nostro appello vogliamo sottolineare l’opportunità  di estendere la proposta agli irregolari che lavorano in tutti gli altri settori economici del paese (e, in primis, in quelli cruciali dei servizi alla persona, dell’artigianato, dell’industria e dei servizi ad essa collegati). Non soffermandoci sulle evidenti motivazioni umanitarie ma su quelle di carattere sanitario, di sicurezza, economico e sociale.
I firmatari espongono poi le motivazioni e i contenuti della proposta.
Motivazioni
“I costi psicologici, sociali ed economici della paralisi della vita sociale ed economica a cui siamo stati costretti per combattere il Coronavirus sono drammatici e sotto gli occhi di tutti. E’ urgente passare il prima possibile alla fase 2 ma dopo 6 settimane di distanziamento sociale il declino dei nuovi positivi, e soprattutto dei decessi, appare ancora troppo lento, soprattutto nella regione Lombardia, che è il cuore produttivo del paese e anche, di gran lunga, la regione più colpita con più del 50 percento dei decessi.
E’ stato sottolineato di recente come la presenza di centinaia di migliaia di migranti irregolari e “invisibili” possa essere un problema serio in questo frangente. Secondo le stime più recenti (ISPI, 2020) i migranti irregolari sono circa 600,000 vivono in genere occupando in molti piccole abitazioni e, anche in caso di malattia, ritardano il contatto coi medici a meno di versare in condizioni veramente gravi.
Un’indagine ISFOL (2014) sottolinea come gran parte di essi lavora fuori dal settore agricolo (13.6% sono artigiani, operai specializzati o agricoltori e 72,6% svolgono professioni non qualificate che includono badanti, colf e piccolo commercio in grandi centri urbani).
Non si hanno stime della loro distribuzione regionale ma è del tutto presumibile che siano concentrati in misura maggiore nelle regioni a maggiore attività  economica del paese che sono anche le più colpite (in Lombardia, applicando le percentuali di migranti regolari gli irregolari sarebbero almeno 100.000).
E’ del tutto evidente dunque che la presenza di un gran numero di irregolari nelle aree oggi più a rischio rende di fatto altamente aleatorie le probabilità  di successo di attività  di somministrazione di test sanitari, tracciamento e monitoraggio di massa necessarie per assicurare il successo della fase due. In parallelo, con la graduale riapertura delle attività  economiche gli irregolari rischiano di essere uno dei maggiori fattori di rischio nella nascita di nuovi focolai”.
“Oltre a queste dirimenti motivazioni di carattere sanitario – continua il testo –   è ben noto che gli irregolari costituiscono un potenziale bacino di manovalanza per la criminalità  con rischi che aumentano quando, in momenti come questi, condizioni di vita decente sono ulteriormente precluse. Da un punto di vista economico è stato sottolineato più volte come lavoratori immigrati irregolari e poco qualificati sottrarrebbero opportunità  occupazionali a lavoratori italiani e determinerebbero una concorrenza al ribasso sul costo del lavoro che finisce per peggiorare dignità  del lavoro e condizioni di vita anche dei lavoratori italiani a bassa qualifica.
L’improvvisa scarsità  di stagionali stranieri a seguito della chiusura delle frontiere per la pandemia ha evidenziato come i mercati del lavoro non siano in realtà  così flessibili da ipotizzare una facile sostituzione tra lavoratori italiani e stranieri, lontani per mansioni e localizzazione.
La regolarizzazione dei lavoratori stranieri avrebbe in questo caso un potenziale doppio beneficio. Rendere più facile lo spostamento tra diverse aree di chi già  si trova nel nostro paese e, attraverso la sanatoria e la regolarizzazione, ridurre quelle condizioni di scarsa dignità  e precarietà  che rendono purtroppo il lavoro degli immigrati irregolari più “competitivo” rispetto a quello di lavoratori italiani che non accettano quelle condizioni.
In linea di principio, come sostenuto da forze politiche del nostro paese, gli irregolari potrebbero essere espulsi. I dati recenti insegnano però che, neanche nella stagione politica nella quale il ministro dell’interno ha sostenuto con forza questa strategia, i “risultati” delle politiche di rimpatrio sono stati significativi.
L’espulsione di massa degli irregolari si è dimostrata non praticabile per diversi motivi (onerosità  dei costi complessivi di identificazione e trasferimento nei paesi di origine, difficoltà  di stipulare accordi con i paesi di origine). Tanto meno si può pensare sia praticabile per sventare i rischi sanitari di cui sopra in breve tempo e in un momento difficile come questo.
In conclusione, motivazioni non soltanto umanitarie, ma anche sanitarie, di sicurezza, economiche e sociali suggeriscono l’opportunità  della regolarizzazione degli irregolari seguendo una via già  tracciata dal governo portoghese”.
Contenuti e forma legislativa
“Trovando fondamento in queste motivazioni – sostengono ancora i firmatari –   proponiamo dunque di estendere a tutti gli altri settori produttivi oltre quello agricolo la regolarizzazione dei migranti irregolari.   La via suggerita è quella di una sanatoria tramite dichiarazione di un datore di lavoro che consente di ottenere un permesso di soggiorno e lavoro temporaneo che, finita la fase di emergenza, sarà  sottoposto all’iter previsto per questi tipi di permesso.
In questo modo, seppure in misura limitata, la regolarizzazione potrà  contribuire con il versamento di contributi al finanziamento dell’ingente impegno di spesa pubblica necessario per superare questa crisi.
Per rendere operativa la nostra proposta sarebbe necessario modificare la proposta di decreto legge attualmente in discussione in Commissione Lavoro che limita questa possibilità  ai settori dell’agricoltura, della pesca e della silvicoltura estendo la misura agli altri settori produttivi.
Inoltre dato che la regolarizzazione è innanzitutto per ragioni di salute pubblica, occorre rilasciare a tutti gli stranieri in condizioni di soggiorno illegale un permesso di soggiorno per asilo, in base ad art. 11 DPR 394/1999 e art. 10 Cost., prevedendo che sia utilizzabile da subito per iscriversi al SSN e al Centro per l’impiego e per accedere alle provvidenze di assistenza sociale. Le motivazioni umanitarie spesso non bastano a convincerci a realizzare passi avanti verso il progresso civile. Sarebbe però un grave errore per la nostra classe politica non fare quei passi quando queste s’incontrano, come in questo caso, con ragioni di convenienza ed opportunità “.
Primi firmatari (in ordine alfabetico):
Rossano Ivan Adorno, Università  del Salento
Roberta Agabio, Università  di Cagliari
Alessia Amighini, Università  del Piemonte Orientale
Michele Alacevich, Università  di Bologna
Carlo Altomonte, Università  Bocconi
Amedeo Amato, Università  di Genova
Maurizio Ambrosini, Università  di Milano
Bruno Anastasia, Veneto Lavoro
Massimo Andreoni, Università  Tor Vergata di Roma
Filippo Arfini, Università  di Parma
Alessandro Arrighetti Università  di Parma
Ugo Arrigo, Università  Bicocca di Milano
Pier Francesco Asso, Università  di Palermo
Massimo Attanasio, Università  di Palermo
Vitalba Azzollini, Consob
Angelo Baglioni, Università  Cattolica di Milano
Massimo Baldini, Università  di Modena e Reggio Emilia
Paolo Balduzzi, Università  Cattolica di Milano
Vincenzo Balzani, professore emerito di Chimica, Università  di Bologna
Angelo Baracca, Università  di Firenze
Giorgio Barba Navaretti, Università  degli studi di Milano
Marzio Barbagli, Università  di Bologna
Irene Barbiera, Università  di Padova
Tommaso Baris, Università  di Palermo
Laura Barin, IRVAPP
Roberto Basile, Università  de L’Aquila
Lorenzo Basilico, Università  eCampus.
Matteo Bassoli, Università  di Padova
Leonardo Becchetti, Università  di Roma Tor Vergat
Franco Becchis, Fondazione per l’Ambiente e| Turin School of Regulation
Don Renzo Beghini, Università  Cattolica del Sacro Cuoreì
Vittorio H. Beonio Brocchieri, Università  della CalabriaSimona Beretta, Università  Cattolica del Sacro Cuore
Paolo Beria, Politecnico di Milano
Carlotta Berti Ceroni, Università  di Bologna
Giancarlo Bertocco, Università  degli Studi dell’Insubria
Fabrizio Bientinesi, Università  di Pisa
Silvia Balia, Università  di Cagliari
Lavinia Bifulco, Università  di Milano Bicocca
Luigi Bisanti, medico epidemiologo
Andrea Boitani, Università  Cattolica del Sacro Cuore Milano
Tito Boeri, Università  Bocconi
Sabrina Bonomi, Università  eCampus
Massimo Bordignon, Università  Cattolica del Sacro Cuore
Vincenzo Bova, Università  degli Studi della Calabria
Salvatore Bragantini, giornalista economico
Sergio Briguglio, stranieriinitalia.it
Sergio Bruno, Università  di Roma La Sapienza
Luigino Bruni, Università  Lumsa
Paolo Brunori, Università  di Firenze e Università  di Bari
Aurelio Bruzzo, Università  di Ferrara
Carmelo Buscema, Università  della Calabria
Sandro Busso, Università  di Torino
Mario Caligiuri, Università  della Calabria
Romano Camassi, INGV
Stefano Campostrini, University Cà  Foscari di Venezia
Luciano Canova, Scuola Enrico Matte
Francesca Capo, Università  Milano Bicocca
Federica Capoferri, John Cabot University
Paolo Caputo, Università  della Calabria
Maria Rosaria Carillo, Università  Parthenope
Raul Caruso, Università  Cattolica del Sacro Cuore
Alessandra Casarico, Università  Bocconi
Roberto Castaldi, Università  eCampus
Pietro Castelli Gattinara, University of Oslo
Laura Castellucci, Università  di Roma Tor Vergata
Gianfranco Cerea, Universita di Trento
Domenico Cersosimo, Università  degli Studi della Calabria
Matteo Cervellati, Università  di Bologna
Umberto Cherubini, Università  di Bologna
Tommaso Ciarli, University of Sussex
Rocco Ciciretti, Università  di Roma Tor Vergata
Antonio Ciniero, Università  del Salento
Roberto Cipriani, Università  Lumsa
Cesare Cislaghi, economista sanitario
Marco Clementi, Università  della Calabria
Carla Colicelli, CNR
Giuliana Commisso, Università  della Calabria
Nicola Coniglio, Università  degli Studi di Bari
Dalit Contini, Università  di Torino
Pierluigi Conzo, Università  di Torino
Luca Corazzini, Università  Cà  Foscari di Venezia
Alessandro Corsi, Università  di Torino
Marcella Corsi, Università  di Roma La Sapienza
Giancarlo Corò, Università  Ca’ Foscari Venezia
Giuseppe Costa, Università  degli Studi di Torino
Antonio Costabile, Università  della Calabria
Terenzio Cozzi, Università  di Torino
Carlo Cristiano, Università  di Pisa
Mariafrancesca D’Agostino, Università  della Calabria
Joselle Dagnes, Università  di Torino
Mirella Damiani, Università  degli Studi di Perugia
Gianmarco Daniele, Università  di Milano
Marina Davoli, Dipartimento Epidemiologia Lazio
Francesco Daveri, Università  Bocconi
Piero David, ISPC
Giuseppe De Arcangelis, Università  di Roma la Sapienza
Luca De Benedictis, Università  di Macerata
Guido De Blasio, Banca d’Italia
Gianni De Fraja, University of Nottingham e Università  di Roma Tor Vergata
Gianluigi De Gennaro, Università  di Bari
Maria De Paola, Univesità  della Calabria
Roberto De Luca, Università  della Calabria
Sergio De Stefanis, Università  di Salerno
Pompeo Della Posta, Università  di Pisa
Daniela Del Boca, Collegio Carlo Alberto Torino
Francesco Della Puppa, Università  Cà  Foscari di Venezia
Gianpiero Dalla Zuanna, Università  di Padova
Gustavo De Santis, Università  di Firenze
Claudio De Vincenti, Università  di Roma La Sapienza e LUISS
Michele Di Maio, Università  di Roma La Sapienza
Enrico Di Pasquale, Fondazione Leone Moressa
Tommaso Di Tanno, Università  Luiss Roma
Cinzia Di Novi, Università  di Pavia
Fernando Di Nicola, Direzione studi INPS
Domenico Delli Gatti, Università  Cattolica del Sacro Cuore Milano
Angela Dettori, Università  di Cagliari
Nicola Doni, Università  di Firenze
Alberto Donzelli, Fondazione Allineare Sanità  e Salute
Franco Donzelli, Università  degli studi di Milano
Roberta Fadda, Università  di Cagliari
Guglielmo Faldetta, Università  di Enna Kore
Daniele Fano, Skills Together
Pietro Fantozzi, Università  degli Studi della Calabria
Francesco Farina, Università  LUISS Roma
Francesco Fasani, Queen Mary University London
Vincenzo Fasone, Università  di Enna Kore
Carlo Ambrogio Favero, Università  Bocconi
Giulia Felice, Politecnico di Milano
Francesco Ferrante, Università  di Cassino e del Lazio Meridionale
Livio Ferrante, Università  di Catania
Vincenzo Ferrari, Università  della Calabria
Giovanni Ferri, Università  Lumsa
Simone Ferro, Queen Mary University of London
Valerio Ficari, Università  di Roma Tor Vergata
Stefano Figuera, Università  di Catania
Marianna Filandri, Università  di Torino
Lapo Filistrucchi, Università  di Firenze
Nicola Fiorita, Università  della Calabria
Achille Flora, Università  Orientale di Napoli
Sonia Floriani, Università  della Calabria
Michela Floris, Università  di Cagliari
Francesco Forastiere, Epidemiologia e Prevenzione
Fulvio Fontini, Università  di Padov
Ferdinando Fornara, Università  di Cagliari
Margherita Fort, Università  di Bologna
Andrea Fracasso, Università  di Trento
Massimo Fragola, Università  della Calabria
Tommaso Frattini, Università  degli Studi di Milano
Andrea Fumagalli, Università  di Pavia
Vincenzo Galasso, Università  Bocconi
Silvio Gambino, Università  degli Studi della Calabria
Giuseppe Garofalo, Università  della Tuscia
Giampaolo Gerbasi, Università  della Calabria
Anna Rita Germani, Università  di Roma La Sapienza
Riccardo Ghidoni, Università  Milano Bicocca
Chiara Giaccardi, Università  Cattolica di Milano
Giorgio Giacinto, Università  di Cagliari
Silvia Giannini, Università  di Bologna
Francesco Giubileo, consulente in politiche del lavoro
Mario Gilli, Università  di Milano Bicocca
Giorgio Carlo Secondo Giraudi, Università  della Calabria
Luca Gnan, Università  di Roma Tor Vergata
Andrea Goldstein, economista
Gianluigi Gorla, Università  della Valle d’Aosta
Anna Granata, Università  degli Studi di Torino
Elena Granata, Università  Politecnico di Milano
Teresa Grande, Università  della Calabria
Paolo Graziano, Università  di Padov
Giulio Guarini, Università  degli studi della Tuscia di Viterbo
Maria Paola Guerra, Università  di Modena e Reggio Emili
Virginie Guiraudon, Sciences Po Pari
Rony Hamaui, Intesa SanPaolo Forvalu
Simona Iammarino, London School of Economic
Lelio Iapadre, Università  de L’Aquil
Gennaro Iasevoli, Università  Lums
Cesare Imbriani, Unitelma Sapienza
Sabrina Iommi, IRPE
Maria Intrieri, Università  della Calabri
Tullio Jappelli, Università  di Napoli Federico I
Paolo Jedlowski, Università  della Calabri
Massimo La Deda, Università  della Calabria
Antonio La Spina, Università  Luiss Roma
Valentino Larcinese, London School of Economics
Michele Lalla, Università  di Modena e Reggio Emilia
Stefano Landi, SL&A e Università  di Roma Tre
Alessandro Lanza, Università  Luiss Roma
Francesco Lissoni, Università  di Bordeaux
Lidia Lo Schiavo, Università  di Messina
Donatella Loprieno, Università  degli Studi della Calabria
Annalisa Loviglio, Università  di Bologna
Stefano Lucarelli, Università  degli studi di Bergamo
Marianna Lunardini, CeSP
Raffaele Lungarella, già  dirgente della pubblica amministrazione
Mauro Magatti, Università  Cattolica Milano
Antonio Magliulo, Università  degli Studi Internazionali, Roma
Pietro Manzini, Università  di Bologn
Riccardo Maiolini, John Cabot University Roma
Irene Mammi, Università  Cà  Foscari di Venezi
Alberto Mantovani, Humanitas Universit
Giorgio Marcello, Università  della Calabria
Silvia Marchesi Università  di Milano Bicocca
Piergaetano Marchetti, Università  Bocconi
Luigi Marengo, Università  LUISS
Paola Mariani, Università  Boccon
Matteo B. Marini, Università  degli Studi della Calabria
Giuseppe Marotta, Università  degli Studi di Modena e Reggio Emilia
Arianna Martinelli, Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa
Massimiliano Marzo, Università  di Bologna
Roberto Masiero, Università  di Milano Bicocca
Antonio Massarutto, Università  di Udine
Giovanni Mastrobuoni, Università  di Torino
Massimiliano Mazzanti, Università  di Ferrara
Mariapia Mendola, Università  di Milano Bicocca
Elena Meschi, Università  di Milano Bicocca
Antonella Meo, Università  di Torino
Giuseppe Merlino, Università  di Napoli Federico II
Luca Michelini, Università  di Pisa
Stefano Micossi, Università  Luiss
Carlo Milani, Università  Roma Tre
Angelo Mineo, Università  di Palermo
Giorgio Mion, Università  di Verona
Chiara Monfardini, Università  di Bologna
Pierluigi Montalbano, Università  di Roma la Sapienza
Claudio Morana, Universita di Milano Bicocca
Andrea Morrison, Universià  Bocconi e Università  di Utrecht
Piergiuseppe Morone, Unitelma Sapienz
Marina Murat, Università  di Modena e Reggio Emilia
Vera Negri Zamagni, Università  di Bologna
Silvia Nenci, Università  di Roma Tre
Sebastiano Nerozzi, Università  Cattolica del Sacro Cuore Milano
Giuseppe Nicoletti, OECD Economics Department
Marcella Nicolini, Università  di Pavia
Walter Nocito, Università  della Calabria
Giuseppe Notarstefano, Università  di Palermo
Marco Onado, Università  Bocconi
Luciano Orsi, medico palliativista
Lia Pacelli, Università  di Torino
Paolo Paesani, Università  di Roma Tor Vergata
Ivana Pais, Università  Cattolica del Sacro Cuore Milano
Vera Palea, Università  di Torino
Daniela Parisi, Università  Cattolica del Sacro Cuore Milano
Silvia Barbara Pasqua, Università  di Torino
Fabrizio Passarini, Università  di Bologna
Stefano Pasta, Università  Cattolica del Sacro Cuore Milano
Manoela Patti, Università  di Palermo
Marco Pedroni, Università  eCampu
Enza Pellecchia, Università  di Pisa
Simone Pellegrino, Università  di Torino
Vittorio Pelligra, Università  di Cagliari
Michele Pellizzari, University of Geneva
Vito Peragine, Università  di Bar
Cosimo Perrotta, Università  del Salent
Marta Petrusewicz, Università  della Calabria
Paolo Pettenati, Università  Politecnica delle Marche
Vincenzo Pezzi, Università  della Calabria
Rocco Pezzimenti, Università  Lumsa
Massimiliano Piacenza, Università  del Piemonte Orientale
Daniela Piazzalunga, FBK-IRVAPP
Lavinia Piemontese, à‰cole normale supèrieure de Lyon
Paolo Pini, Università  di Ferrara
Vito Pipitone, CNR
Prisco Piscitelli, ISBEM
Maurizio Pitzolu, Scuola di economia civile
Emanuele Polizzi, Università  Milano Bicocca
Michele Polo, Università  Bocconi
Marco Ponti, BRT
Michela Ponzo, Università  della Calabria
Donatella Porrini, Università  del Salento
Giovanni Prarolo, Università  di Bologna
Augusto Preta, International Institute of Communications
Fabio Privileggi, Università  di Torino
Paola Profeta, Università  Bocconi
Riccardo Puglisi, Università  di Pavia
Valeria Pupo, Università  della Calabria
Fernando Puzzo, Università  della Calabria
Roberta Rabellotti, Università  di Pavia
Paolo Ramazzotti, Università  di Macerata
Emanuele Ranci Ortigosa, IRS
Teresa Randazzo, Università  Cà  Foscari di Venezia
Stefania Ravazzi, University of Torino
Piercarlo Ravazzi, Politecnico di Torino
Ettore Recchi, Sciences Po Paris
Pietro Reichlin, Università  Luiss Rom
Giuseppe Remuzzi, Istituto Mario Negri
Fulvio Ricceri, Università  degli Studi di Torino
Walter Ricciardi, Università  Cattolica del Sacro Cuore
Giorgio Ricchiuti, Università  di Firenze
Francesca Ricciardi, Università  di Torino
Roberto Ricciuti, University of Verona
Maria Stella Righettini, Università  di Padova
Matteo Rizzolli, Università  Lumsa
Silvana Robone, Università  dell’Insubria
Donato Romano, Università  di Firenz
Alessandro Rosina, Università  Cattolica del Sacro Cuore Milan
Annalisa Rosselli, Università  di Roma Tor Vergata
Carla Rossi, Università  di Roma Tor Vergata
Fiorenzo Rossi, Università  di Padova
Renato Ruffini, Università  statale di Milano
Enzo Rullani, Università  Cà  Foscari di Venezia
Francesco Rullani, Università  Cà  Foscari di Venezia
Alberto Russo, Università  Politecnica delle Marche
Margherita Russo, Università  di Reggio Emilia
Gaetano Sabatin, Università  di Roma Tre
Rodolfo Saracci, International Epidemiological Association, Lione, Francia
Antonio Santangelo, Università  di Torino
Chiara Saraceno, Collegio Carlo Alberto Torino
Claudio Sardoni, Università  di Roma La Sapienza
Maria Savona, University of Sussex
Domenico Scalera, Università  del Sannio
Pasquale Scaramozzino, Università  di Roma Tor Vergata
Fabiano Schivardi, Università  Luiss Roma
Camille Schmoll, Universitè de Paris
Vincenzo Scoppa, Università  della Calabria
Raffaele Scuderi, Università  di Enna Kore
Mario Sebastiani, Università  di Roma Tor Vergata
Alfonso Senatore, Università  della Calabria
Antonio Sileo, Università  Bocconi
Annamaria Simonazzi, Università  di Roma La Sapienza
Giovanni Sistu, Università  di Cagliari
Francesco Sobbrio, Università  Luiss Roma
Stefano Solari, Università  di Padova
Rodolfo Soncini Sessa, Politecnico di Milano
Eleanor Spaventa, Università  Bocconi
Luca Storti, Università  di Torino
Lucia Tajoli, Politecnico di Milano
Roberto Tamborini, Università  di Trento
Piero Tani, Università  di Firenze
Maria Letizia Tanturri, Università  di Padova
Renata Targetti, Università  di Pavia
Andrea Terzi, Franklin University Switzerland di Lugano
Mario Tiberi, Università  di Roma La Sapienza
Patrizio Tirelli, Università  Milano Bicocca
Ermanno Celeste Tortia, Università  di Trento
Giuseppe Travaglini, Università  di Urbino
Ugo Trivellato, Università  di Padova
Gilberto Turati, Università  Cattolica di Milano
Gianfranco Tusset, Università  di Padova
Stefano Usai, Università  di Cagliari
Silvia Vacca, Scuola di economia civile
Gianni Vaggi, Università  di Pavia
Enzo Valentini, University of Macerata
Elena Vallino, Politecnico di Torino
Paolo Vanin, Università  di Bologna
Alberto Vannucci, Università  di Pisa
Francesco Vella, Università  di Bologna
Gessica Vella, Università  della Calabria
Marco Ventoruzzo, Università  Bocconi
Cecilia Vergnano, University of Amsterdam
Luciano Vetoretto, Università  Iuav di Venezia
Gianfranco Viesti, Università  di Bari
Daniele Vignoli, Università  di Firenze
Paolo Vineis, Imperial College London
Claudio Virno, economista
Antonio Viscomi, Università  Magna Graecia di Catanzaro
Annamaria Vitale, Università  della Calabria
Marco Vivarelli, Università  Cattolica del Sacro Cuore Milano
Tommaso Vitale, Sciences Po Urban School
Stefano Zamagni, Università  di Bologna
Marco Zurru, Università  di Cagliari

(da agenzie)

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CORONAVIRUS, TRA I SENZATETTO DI ROMA CON LA CROCE ROSSA ANCHE RAOUL BOVA E ROCIO MUNOZ MORALES

Aprile 25th, 2020 Riccardo Fucile

LE PERSONE IN STRADA SONO AUMENTATE… TRA I VOLONTARI DELL’UNITA’ DI STRADA ANCHE LA COPPIA DI ATTORI: “NELLA VITA BISOGNA SPORCARSI LE MANI   PER DARE UNA MANO, E’ UN’OCCASIONE PER ESSERE PIU’ VERI, PIU’ UMANI”

«Un’altra arancia, sì». Dice di chiamarsi Salvatore e attacca bottone volentieri: con parole a volte nitide e a volte biascicate racconta di essere di Bari e di avere 53 anni. «Ah, tu sei di Lecce? Bella Lecce, ricca. Una volta ho conosciuto una ragazza di lì», racconta con accento inconfondibile tra le tende sotto a Ponte Vittorio Emanuele II, in pieno centro a Roma.
Accanto a lui, due germani reali veleggiano placidamente nelle acque torbide del Tevere, a due passi dal Vaticano, a tre da largo Argentina. Il suo vicino di tenda non si fa vedere in volto ma si capisce che non è arrabbiato: è il sarcasmo la sua arma. Quello che permea la sua voce mentre bofonchia cose che fanno ridere Salvatore.
«L’insalata. La pasta. Forchetta e coltello. Un’altra arancia? Ma come un altra? Poi si arrabbiano con me!». Si capisce che, sotto la mascherina, Rocà­o Muà±oz Morales sta sorridendo mentre porta da mangiare a Salvatore.
Anche gli occhi del suo compagno, Raoul Bova, sotto alla FFPP2 e la divisa della Croce Rossa Italiana, sono inconfondibili. Insieme a Tina, l’infermiera volontaria della Cri, l’attore si accuccia accanto a Salvatore per aiutarlo a provare un paio di scarpe nuove. «Hai le caviglie gonfie. Quando dormi tieni le gambe alzate, poggiale su una valigia. E la prossima volta ti portiamo un paio di calzettoni che non stringono», gli dice Tina. Ride. «Fidati. Anche io sono pugliese? Sono di Andria. Giuro!».
Salvatore prima viveva sotto ai portici del Vaticano, a piazza San Pietro. Ora ha deciso di spostarsi qui sotto a ponte Vittorio Emanuele II, insieme agli altri abitanti di queste tende vista Castel Sant’Angelo. Prima lavorava. «Queste mani sono magiche, so fare tutto. Ma non c’è più lavoro, e mica solo in Italia: nel mondo. E poi ora avete quel problema… il virus». “Avete”. Come se lui non appartenesse al resto del mondo.
L’unità  operativa del servizio assistenza ai “senza fissa dimora” — il SASFID della Croce Rossa Italiana — distribuisce ogni settimana pasti caldi e coperte, intimo, slip, calzini quando ci sono. E fornisce assistenza sanitaria, anche i tempi di Coronavirus.
Il protocollo, in caso di sospetto Covid-19, è quello di chiamare l’ambulanza, spiega Tina Moschetta, infermiera volontaria della CRI. «Viene fatto il tampone ed eventualmente portata la persona in ospedale». Ma «per il momento siamo “fortunati”: non abbiamo riscontrato casi tra le persone fragili».
Il giro itinerante del Sasfid — qui con l’unità  operativa che si occupa del quadrante del centro storico di Roma — in tempi “ordinari” viene effettuato ogni martedì e venerdì. «In caso di necessità  si aumenta», spiega Giacomo, volontario della Croce Rossa Italiana alla guida di uno dei tre mezzi con cui il piccolo team si sposta per le strade deserte del centro.
Questa sera, con la Croce Rossa, ci sono anche volontari un po’ particolari. «Abbiamo cominciato con il terremoto di Amatrice. In questi giorni stiamo aiutando con le consegne a domicilio della spesa a chi non può uscire. E stasera siamo qui», racconta Raoul Bova. Dice che vuole «sporcarsi le mani per dare una mano».
«Ammetto all’inizio di avere provato smarrimento e paura», aggiunge parlando della diffusione dell’epidemia. «Ma poi ho pensato che deve essere occasione per essere più veri. Più umani»
«All’inizio dell’emergenza Coronavirus, quando le persone hanno cominciato a perdere il lavoro, molti sono finiti letteralmente per strada. Non avevano da mangiare, semplicemente», racconta ancora Giacomo (come lui, alcuni volontari chiedono di poter apparire solo col nome), mentre guida un’auto carica di pasti — una trentina: pasta, insalata, frutta, dolce, versione con e senza carne di maiale in caso di «utenti» — così chiamano le persone che assistono — musulmani.
«Gente che ha perso il lavoro da un giorno all’altro per la chiusura, per esempio, degli esercizi commerciali. Tanti italiani, soprattutto», conferma Paola, che di questo piccolo team stasera è la caposquadra. È così che l’unità  operativa si è ritrovata, soprattutto nei primi tempi del lockdown, a uscire ogni sera. «E ancora ora distribuiamo molti più pasti di prima», dice ancora Giacomo.
La vita stessa dei senzatetto è cambiata. Non c’è più nessuno per strada per l’elemosina. I ristoranti e bar che normalmente mettono a disposizione quello che resta a fine turno sono chiusi. «Ci cercano per mangiare. Ma soprattutto ci cercano per parlare», racconta Gaà«lle Strigini. «Non parlano più con nessuno. Nel quartiere normalmente queste persone sono conosciute e c’è chi si ferma a scambiare due chiacchiere con loro. Con il lockdown non più».
Gaà«lle ha 26 anni, ha vissuto in Francia e ora studia a Roma per diventare «educatrice di bambini dai 0-3 anni» e fa la volontaria da settembre, sia con la CRI che con la mensa della Caritas da quando è cominciata l’emergenza. Anche lì, hanno aumentato gli orari di apertura a causa dell’aumento dell’affluenza, racconta.
«La solitudine è la cosa che più mi ha fatto paura da quando è cominciata questa storia», dice Rocà­o Muà±oz Morales. «È una delle ragioni per cui sono qui. Se fa paura a me, ho pensato, chissà  cosa provano loro, che sono sempre soli».
Per chi è in strada, il «distanziamento sociale non è una novità ». E in questi tempi di pandemia «cerca da noi informazioni. Molti non avevano idea di cosa stesse succedendo all’inizio», spiega la caposquadra Paola. «E tanti ci chiedono dove andare a dormire in sicurezza».

(da Open)

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QUANTI POSITIVI AL COVID-19 CI SONO IN ITALIA? IN ALTRI PAESI SONO STATI FATTI CAMPIONAMENTI SULLA POPOLAZIONE, DA NOI NO

Aprile 25th, 2020 Riccardo Fucile

NEGLI USA IL NUMERO DEI CONTAGIATI E’ SUPERIORE AL 30% … COME LA GERMANIA HA LIMITATO I DANNI

In Italia non sono mai stati fatti (o quanto meno non sono mai stati pubblicizzati) campionamenti sulla popolazione per vedere il grado d’incidenza del Covid sul territorio. Questo atteggiamento è incomprensibile visto che il contagio lo si può combattere solo se si hanno dati attendibili.
In America, per la gioia di noi matematici, per fortuna hanno fatto i primi test. Precisamente Cuomo ha annunciato i risultati del primo test sierologico a NYC (8 milioni a mezzo di abitanti). Il metodo di campionamento ha forti limiti perchè hanno fatto test a chi andava ai supermercati (perciò ai “sani”) e quindi il risultato dei positivi dovrebbe essere ragionevolmente sottostimato.
Comunque circa il 22% dei testati è risultato positivo agli anticorpi. Siccome, secondo le stime correnti, per sviluppare gli anticorpi occorrono fra i 20 e i 30 giorni, vuol dire che:
— quando il contagio è apparso in tutta la sua virulenza ben il 20% dei newyorkesi era già  contagiato
— adesso il numero dei contagiati dovrebbe superare di gran lunga il 30 %.
Inoltre, al momento, i positivi a NYC calcolati con i tamponi (e quindi includono anche i positivi correnti) sono 145000 e cioè appena lo 1.7% della popolazione. Quindi il vero numero dei contagiati è almeno 15 volte superiore a quello ufficiale.
Nell’intero stato di NY, la percentuale è minore, sul 13% come pure è minore la percentuale di tamponi positivi sulla popolazione (circa l’1%).
Da notare che nello stato di NY le prime rilevazioni di focolai non sono state a NYC ma in comunità  di anziani nell’entroterra, come è accaduto anche nello stato di Washington.
Il dato è un indizio a favore del fatto che l’epidemia parte dove c’è un’ alta densità  di popolazione (non un fatto molto strano, a dire il vero), crea una gran quantità  di gente infetta che al più pensa di avere preso una influenza un po’ fastidiosa, inizia a diffondersi capillarmente e sembra apparire solo quando colpisce enclavi di soggetti sensibili.
Se le cose stanno così, la strategia migliore è stata quella adottata dalla Germania che ha avuto sia la fortuna di essere stata colpita in un secondo tempo (e quindi di poter evitare errori fatti da atri paesi, Italia in primis) e sia la previdenza di prepararsi in tempo (a Gennaio avevano già  fatto incetta di mascherine e durante il decorso della malattia hanno monitorato la malattia con una campagna di tamponi ben indirizzata).
Non hanno fatto un lockdown estremo come in Italia (contenendo i danni all’economia) ma hanno attuato misure di contenimento che hanno rallentato il diffondersi della malattia (riducendo così la carica virale con cui uno, in media, veniva infettato) e hanno protetto le fasce di persone più deboli (avendo così molti meno morti dell’Italia).
La Svezia, invece, ha adottato la strategia originariamente proposta sia da Boris Johnson che da Trump. Cioè niente lockdown, ma puntare a fare circolare, con giudizio, la malattia fino a raggiungere l’immunità  di gregge. L’economia non ha avuto danni ma la percentuale dei morti è stata pari a quella Italiana.
L’Italia ha avuto la sfortuna di essere il primo paese occidentale che ha subito il diffondersi del virus. Inoltre abbiamo avuto la sfiga concomitante sia di informazioni errate e criminali date dall’OMS (tipo le mascherine non servono, non servono i tamponi, è poco più di una influenza, etc) e sia della mancanza d’informazioni “utili” provenienti dalla Cina.
Poi ci abbiamo messo (e tanto) del nostro: le mascherine non sono arrivate in tempo (la CONSIP ha clamorosamente fallito), i medici sono stati costretti ad operare senza le adeguate protezioni infettando così le persone ricoverate, gli ospedali sono stati sommersi da malati lasciandogli solo la scelta o di dirottarli in case di cura (dove hanno infettato gli anziani facendone strage), o di non ricoverarli affatto lasciandoli a casa (e così hanno infettato tutta la famiglia creando il famigerato effetto family: ossia contagio e morte di vari membri dello stesso nucleo familiare), c’è stato un cortocircuito fra Stato e Regioni causato da un Titolo V della Costituzione da modificare totalmente, ci sono state fake news orientate politicamente propagandate da mezzi stampa che hanno spinto la popolazione a comportamenti errati, ci sono stati comportamenti da “sceriffi de nojaltri” dei nostri governanti (tipo inseguire con l’elicottero il cittadino che sta prendendo il sole da solo sulla spiaggia lasciando gli spacciatori liberi di operare senza problemi), ci sono state limitazioni pesanti delle libertà  individuali e c’è stato un grave e clamoroso errore di comunicazione nel lancio dell’APP di tracciamento compromettendone, forse in modo definitivo, il suo utilizzo. Insomma è stato un disastro mitigato solo da comportamenti, perfino eroici, delle singole persone.
Ma, come diceva Brecht, uno stato “vero” non deve avere bisogno di eroi, basterebbero “solamente” dei politici all’altezza.

(da “NextQuotidiano”)

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NEL M5S PATTO ANTI-DI BATTISTA CON L’OK DI GRILLO

Aprile 25th, 2020 Riccardo Fucile

DIETRO DI BATTISTA C’E’ CASALEGGIO CHE, ISOLATO DAI VERTICI, SI VEDE SNOBBATO DALLE AZIENDE CHE PENSAVANO AVESSE PRESA SUI PARLAMENTARI

Dietro l’annuncio del rinvio delle elezioni del capo politico del MoVimento 5 Stelle c’è un bastone tra le ruote messo dallo stato maggiore grillino ad Alessandro Di Battista.
Questo raccontano oggi alcuni retroscena sui giornali, tra cui quello di Simone Canettieri sul Messaggero:
Tutti i protagonisti e i loro colonnelli hanno interessi diversi a mantenere lo status quo, ma tutti concordano su questa azione. E’ il modo per frenare la riscossa di Alessandro Di Battista che è tornato a farsi notare con raccolte firme tra i parlamentari ed è pronto a rompere il fronte con la battaglia sul Mes. Dietro di lui c’è Davide Casaleggio: il proprietario di Rousseau in questa fase di pandemia — al di là  della pur importante partita sulle nomine — ha visto sfuggirsi da sotto le mani la regia del M5S. Troppi fronti aperti, troppe anime in guerra tra loro, tutto troppo difficile da controllare.
Ecco perchè punta su Dibba: lo considera l’unico in grado di dare una scossa e soprattutto sa che con la votazione on line sulla piattaforma rimane il più popolare tra gli iscritti. Quindi una macchina acchiappalike. Ma il nuovo patto di ferro tra Di Maio e Taverna, l’anima ortodossa e quella più di centrosinistra riesce a bloccare per il momento l’avanzata dell’ex parlamentare romano. Un fatto che ha come conseguenza il rafforzamento dell’esecutivo, ecco perchè Beppe Grillo avalla il rinvio degli Stati generali alla fine del prossimo anno, molto probabilmente prima di Natale.
In cambio il Garante chiede un’unica cosa: l’appoggio incondizionato alla battaglia di Conte in Europa anche se alla fine dovesse sfociare nel Mes.
Ma anche Ilario Lombardo sulla Stampa racconta che il progetto è più o meno questo
Non è stata l’unica telefonata di Grillo. A ridosso dell’appuntamento europeo ha chiamato anche Crimi per capire cosa sta succedendo dentro il Movimento e per evitare fughe in avanti destabilizzanti per il governo. Anche perchè il M5S nella veste più istituzionale di questa fase gode di un rimbalzo, secondo alcuni sondaggi che hanno a disposizione, dell’1,8%, mentre Matteo Salvini continua a calare.
Il reggente indica a Grillo due grandi problemi. Il primo: Alessandro Di Battista che insegue i riflettori e raccoglie firme contro l’Ue nella fase più delicata dei negoziati.
Il secondo: Davide Casaleggio jr, sempre più isolato dal Movimento, e snobbato dalle aziende che credevano avesse una presa maggiore sui grillini nel governo, proprio mentre si parla di app e tracciamenti digitali. La piattaforma Rousseau langue, l’emergenza da coronavirus detta altri tempi.
Per questo ai vertici del M5S e al governo hanno spalancato gli occhi quando Casaleggio ha chiesto di far esprimere gli attivisti sul Mes. Sarebbe stato il teatro perfetto per gli psicodrammi grillini e per dar fiato agli scontenti. Non solo. Per ridare centralità  al suo sistema, Casaleggio è arrivato a proporre anche di scegliere, in pieno disastro Covid-19, il capo politico. I 5 Stelle sono rimasti attoniti, ma ancora una volta è dovuto intervenire Grillo. Gli Stati Generali, il congresso grillino che sceglierà  il futuro leader, sono stati rinviati a fine anno. Fino ad allora Crimi manterrà  pieni poteri. E cercherà  di farli valere spegnendo i roghi di chi gli nega legittimità , come l’europarlamentare Ignazio Corrao che lo ha definito un abusivo e che spinge per Di Battista leader. L’ex deputato movimentista prima ha ricevuto una strigliata da Grillo, poi ha avuto un colloquio con Crimi. Ha assicurato di non voler nè «mettere in difficoltà  Conte e il governo» nè «ambire a fare il capo politico», e che avrebbe placato Corrao.

(da “NextQuotidiano”)

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PAZIENTI SMISTATI, ACCUSE AL TRIVULZIO: “NON CONTROLLAVA SE ERANO CONTAGIATI”

Aprile 25th, 2020 Riccardo Fucile

LE RSA LOMBARDE CONTRO LA REGIONE: “GESTIONE CAOTICA”

No, non siamo colpevoli per la strage degli anziani: siete voi che ci avete abbandonato. E continuate a farlo da due mesi, mentre la situazione sta diventando disperata.
Di fronte allo scaricabarile dei vertici della Regione, le sette associazioni principali che gestiscono le residenze per la terza età  lombarde replicano con un documento durissimo.
Una lettera inviata il 20 aprile al presidente Attilio Fontana e all’assessore Giulio Gallera, ma trasmessa per conoscenza pure alla Protezione Civile nazionale. Con l’appello a intervenire il prima possibile.
Perchè decine di migliaia di persone deboli non ricevono ancora aiuto dalle istituzioni che dovrebbero proteggerle. “Il modo di agire di Regione Lombardia ha fatto emergere le vulnerabilità  di un sistema che ancora non considera in modo appropriato i bisogni delle diverse fragilità ”.
Il testo – firmato dai responsabili lombardi di Agespi, Anaste, Aris, Arlea, Anffas, Aci Welfare, Uneba – contiene anche elementi rilevanti per le indagini della magistratura.
Si parla infatti dei trasferimenti di pazienti dagli ospedali alle case di cura private, varati l’8 marzo dalla giunta Fontana. E viene accusata la Centrale Unica Trasferimenti, affidata al Pio Albergo Trivulzio: “Non ha mai funzionato perfettamente e tutt’ora non è a regime: non tutti gli ospedali si sono registrati e chi lo ha fatto, spesso, in fase di dimissione non effettua il tampone, necessario per l’invio in sicurezza in una Rsa”. Una circostanza gravissima, che dovrà  essere valutata dai pubblici ministeri: pazienti potenzialmente contagiati sono stati mandati senza controllo tra gli anziani. Bombe batteriologiche inserite nei padiglioni che ospitano le persone più esposte al morbo. E non si tratta di eccezioni: “Segnaliamo diversi episodi in cui si sono inviati in struttura ospiti negativi al Covid (e come tali sono stati accettati dalle residenze) senonchè immediatamente si sono rivelati positivi al coronavirus, senza che poi le Ats provvedessero alla necessaria ospedalizzazione”.
La risposta delle Ats, le Aziende tutela salute che governano la sanità  lombarda, in due mesi sembra sempre la stessa: arrangiatevi.
Assieme alla Regione, hanno gestito la crisi in modo caotico, con ordini confusi e contradditori: “Si deve purtroppo costatare che, in queste otto settimane, abbiamo assistito al moltiplicarsi di mail, note, circolari, linee guida, a volte contrastanti tra di loro e/o con le disposizioni del governo centrale o di ritorno su precedenti decisioni o ad interim”.
L’effetto è stato quello di non fornire “i necessari presupposti al lavoro in sicurezza e a tutela della salute di ospiti e operatori”.
E citando le stesse regole della Regione, viene ricordato che non spetta alle residenze per anziani fronteggiare le epidemie: è una prerogativa delle Ats. Che però di fronte alle esigenze concrete, non hanno fornito soccorso. E’ accaduto per le mascherine e le tute protettive: “rispondendo, a distanza di giorni, con forniture una-tantum e in quantità  assolutamente insufficienti”.
Ancora più grave il caso dei tamponi: “Nei giorni scorsi le Ats hanno scritto ai gestori trasmettendo, ciascuna, le proprie procedure di approvvigionamento, effettuazione e processo dei tamponi: procedure molto diverse nei tempi e nei modi, che si sono susseguite rapidamente, spesso contraddicendo e confutando quanto comunicato poche ore prima, fino ad arrivare a comunicare la necessità  di acquistare a spese proprie i tamponi necessari e prendere accordi con i singoli laboratori per le analisi”. Le strutture private devono mettersi da sole alla ricerca di soluzioni difficilissime da trovare mentre i ricoverati cadono vittima del Covid 19. Per questo i gestori minacciano di rivolgersi alla magistratura: è il servizio pubblico che deve garantire i tamponi.
L’assenza di test sta creando un altro problema: “Sono molti i lavoratori che hanno terminato il periodo di quarantena ma impossibilitati a riprendere servizio perchè non chiamati ad eseguire il tampone”.
Oltre a quelli costretti a casa dal morbo, altri medici e infermieri si licenziano dai centri di cura privati per accettare le assunzioni d’urgenza negli ospedali pubblici. E così gli anziani restano sempre più soli. “Tutte le strutture sociosanitarie sono in gravissima difficoltà . La proporzione di operatori in servizio, nelle sole Rsa, è ridotta al 40-50% e per altre strutture anche a meno. Complessivamente, si tratta di 25-30.000 operatori (medici, infermieri, asa/oss, e altre figure professionali) oggi assenti nella sola rete per anziani e persone con disabilità . Ciò implica che, al di là  delle esigenze collegate al Coronavirus, la qualità  e quantità  di assistenza che può essere garantita ai residenti è ormai critica”.
C’è un provvedimento contro cui si focalizza il j’accuse.
La delibera regionale del 30 marzo, che “sconsigliava” i trasferimenti in ospedale dei malati più anziani colpiti dal virus ma prometteva il supporto clinico delle strutture regionali “infettive, pneumologia, terapia del dolore e cure palliative”.
Questo sostegno — scrivono i gestori delle Rsa — non c’è stato: ancora una volta, sono state costrette ad arrangiarsi. Ma l’ultima circolare del Ministero della Salute prevede che i pazienti contagiati e anche quelli che mostrano sintomi sospetti debbano venire ricoverati in ospedale. Cosa che in Lombardia non sta avvenendo.
“In altre parole, le Rsa dovrebbero, ai primi sintomi di patologia acuta, provvedere all’invio negli ospedali degli ospiti attraverso corsie preferenziali e dedicate. Se si ritiene di trovarsi in un periodo di difficoltà  generalizzata per cui non è possibile farlo, ne prendiamo atto, diamo la nostra disponibilità  entro limiti da concordare insieme, ma certamente non è accettabile che ci vengano attribuite responsabilità  a riguardo”.
Dal 20 febbraio al 15 aprile nelle 57 residenze per anziani presenti nella città  di Milano sono morte 1.199 persone per sospetto Covid e 490 di Covid accertato: un bilancio terribile. Per questo bisogna mettere da parte le polemiche, finirla con le interviste scaricabarile e trovare rimedi: “Permangono ad oggi ancora troppe questioni aperte che richiedono un intervento prioritario da parte di Regione Lombardia, non più procrastinabile, che deve essere incentrato sulla reale congiuntura in atto, purchè espressa da chi la vive in prima linea piuttosto che su interpretazioni a tavolino o finanche su servizi dei media. Chiediamo l’urgente costituzione di un tavolo di lavoro con Regione Lombardia e Protezione Civile al fine di delineare percorsi e soluzioni in linea con l’evoluzione dei problemi”.
Già , tutta Italia pensa alla Fase 2, ma nelle Rsa si combatte ancora il dramma dell’epidemia.

(da agenzie)

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LA REGIONE LOMBARDIA CONTINUA A MANDARE NELLE RSA I PAZIENTI EX COVID-19

Aprile 25th, 2020 Riccardo Fucile

E C’E’ CHI LI ACCOGLIE PERCHE’ INCASSANO 150 EURO AL GIORNO

Il Fatto Quotidiano racconta oggi che Regione Lombardia sta ancora mandando i pazienti ex-COVID-19 nelle RSA:
Al Santa Margherita di Pavia, istituto di riabilitazione e di cura geriatrica, nelle settimane scorse sono arrivati a contare fino a 20 contagiati, tra i circa 200 anziani ricoverati.
La situazione ora sta piano piano rientrando, ma il telefono dell’istituto continua a squillare. “È l’Ats che chiama tutti i giorni”, racconta Maurizio Niutta, direttore amministrativo del Santa Margherita. “Monitorano le strutture del territorio per verificare se le nostre condizioni, essendo migliorate, sono idonee a ricevere pazienti Covid sulla base della delibera dell’8 marzo. Ma qui noi, voglio chiarirlo subito, non abbiamo avuto nè ordini nè pressioni…”. È Priamo, la piattaforma digitale della Regione che collega ospedali a territorio, che “smista ”il traffico dei pazienti.
“Online è visibile tutto il percorso di un paziente, anche di quelli Covid: da quando è dimissionabile dall’ospedale a quando può tornare a casa”, spiega, a qualche centinaio di chilometri di distanza, nel Bresciano, Luca Magli, presidente della casa di riposo di Orzinuovi, Orzivecchi e Barbariga (tre sedi e 190 anziani).
“I malati Covid noi non li abbiamo presi: mi sono sempre opposto. Ma — racconta —abbiamo dato piena disponibilità  ad accogliere i pazienti ex Covid dimessi dagli ospedali, che non possono ancora rientrare a casa. Due giorni fa i militari russi hanno sanificato tutte le Rsa della zona, e così li abbiamo presi: sono già  arrivati 4-5 pazienti”.
I pazienti ex Covid dimessi dagli ospedali e che non possono ancora rientrare nelle proprie abitazioni continuano quindi a essere trasferiti nelle Rsa.
Sono i cosiddetti “clinicamente guariti”, come indicati da delibera regionale del 23 marzo.
“Per noi la condizione ovviamente — precisa Magli — è che tali pazienti abbiano il doppio tampone negativo, ma per noi è un dovere etico e morale accoglierli. Li ‘segregheremo ‘in una struttura apposita, ma non possiamo girarci dall’altra parte…”.

(da “NextQuotidiano”)

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GIUSEPPE BASINI, IL DEPUTATO LEGHISTA CON LA FEBBRE A 37.7 E SENZA MASCHERINA, HA GIRATO TRANQUILLAMENTE A MONTECITORIO PERCHE’ NESSUNO POTEVA FERMARLO IN BASE ALLE PREROGATIVE DI UN PARLAMENTARE

Aprile 25th, 2020 Riccardo Fucile

ORA IL COLLEGIO DEI QUESTORI DECIDERA’ SE SANZIONARLO… PERSONAGGI DEL GENERE DOVREBBERO ESSERE ESCLUSI DAI LAVORI PARLAMENTARI

Giuseppe Basini, astrofisico e parlamentare della Lega, è entrato a Montecitorio nonostante avesse 37,7 di temperatura corporea.
Racconta oggi l’agenzia di stampa ANSA che lo ha fatto prima non rispettando lo stop dopo la lettura del termoscanner e poi eludendo i commessi che lo hanno inseguito chiedendogli di uscire, come previsto dalle circolari emesse nei giorni scorsi.
La notizia si è diffusa subito generando il panico tra parlamentari e funzionari.
«A me nessuno ha detto che avevo la febbre – ha detto Basini–. Mi avevano chiesto se avevo preso un po’ di sole, e io ho risposto che avevo fatto giardinaggio». La notizia si è diffusa subito generando apprensione tra parlamentari e funzionari. Poi Basini è stato ripreso due volte dalla vicepresidente Maria Edera Spadoni perchè parlava nell’emiciclo privo di mascherina.
Il Fatto scrive che invece di girare i tacchi e tornarsene a casa per circa 20 minuti ha vagato per i corridoi e ha fatto in tempo anche a entrare in aula seguito a vista dai commessi che si sono messi subito sulle sue tracce per capire con chi venisse a contatto e dove.
Ma il panico, almeno per chi aveva assistito alla scena, si era ormai diffuso prima che si convincesse ad andarsene via.
Spontaneamente o quasi dal momento che ai deputati non può essere impedito di esercitare le loro prerogative e quindi in nessun modo può essere impedito l’ingresso alla Camera. […] Fatto sta che non è stato possibile fargli un nuovo controllo con il termoscanner, a cui peraltro nessuno poteva obbligarlo. E ha preferito andarsene giurando che si sarebbe rimisurato la temperatura, ma a casa sua.
Caso chiuso? Non proprio. In realtà  il collegio dei questori (che torneranno a contattarlo anche nelle prossime ore per capire come sta) pensano anche di sanzionarlo dato che il suo comportamento non è piaciuto affatto.
Anche perchè è già  noto per essere tra i deputati meno convinti che la mascherina serva a qualcosa senza nascondere affatto la sua allergia a indossarla.
Basini e non solo lui potrebbe anche per questo finire dietro la lavagna.
Oggi in Aula i deputati di Fdi erano 29 su 35, mentre negli accordi presi alla conferenza dei Capigruppo c’era l’intesa che ogni gruppo portasse solo la metà  dei propri eletti così da rispettare i rapporti di forza e il distanziamento.
Avendo subodorato il rischio, come ha spiegato Enrico Borghi il responsabile d’Aula del Pd, la maggioranza si è presentata a ranghi rinfoltiti, suscitando le proteste della Lega. Il presidente Fico ha dovuto rilevare che in realtà  Fdi non aveva accettato alla capigruppo questo gentlemen agreement, osservato invece dagli altri gruppi. Alla fine il rapporto tra maggioranza e opposizione era comunque rispettato, visto che mancava qualche deputato in più di Fi.

(da “NextQuotidiano”)

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SOLO ALL’ALTARE DELLA PATRIA

Aprile 25th, 2020 Riccardo Fucile

UN’IMMAGINE FORTE: MATTARELLA AL VITTORIANO DEPONE I FIORI DA SOLO E CON LA MASCHERINA

Un omaggio in forma quasi privata in ricordo dei caduti per celebrare il 25 aprile.
A sorpresa questa mattina il presidente della Repubblica ha visitato l’altare della Patria. Da solo e con la mascherina Sergio Mattarella ha salito la scalinata e ha reso onore al milite ignoto.
In cima ha trovato due corazzieri, anch’essi con la mascherina, che hanno portato una corona al sacello del milite ignoto. Un trombettiere dei carabinieri ha suonato il silenzio.
Anche la scorta è stata ridotta al minimo e non è salita con lui all’Altare della Patria, ma lo ha aspettato a debita distanza ai piedi del monumento.
Dopo le immagini di Papa Bergoglio in Piazza San Pietro e in via del Corso, anche quella del presidente della Repubblica che sale la scalinata di Piazza Venezia diventa un documento storico di questo lungo periodo di quarantena e lockdown globale.
Un omaggio intimo, in una forma quasi privata. Nessuna autorità , nè civile, nè militare, al seguito. Mattarella si è tolto la mascherina solo al momento della deposizione della corona. Un’immagine potente.

(da agenzie)

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