Giugno 3rd, 2020 Riccardo Fucile
USANO I DRONI CON I CITTADINI CHE CONTRAVVENGONO ALLE REGOLE MA NON FANNO RISPETTARE LA LEGGE AI POTENTI DELLA CASTA
La manifestazione con assembramenti del centrodestra in piazza del Popolo il 2 giugno ci ha fornito un’ulteriore conferma del fatto che nella vecchia Fattoria degli Animali alcuni animali sono più uguali degli altri.
Giorgia Meloni ce lo aveva già fatto capire con la scampagnata davanti Palazzo Chigi senza alcuna autorizzazione e in violazione delle norme sulle manifestazioni ma nessun drone si è levato dal cielo all’epoca per disturbare i Fratelli d’Italia.
Allo stesso modo nessuno ha per ora annunciato di voler sanzionare la violazione alle norme sugli assembramenti perpetrata ieri dal centrodestra e in particolare dal Matteo Salvini, il quale è stato persino contestato dagli avventori per i selfiema non riceverà alcun tipo di punizione per aver violato ripetutamente le norme.
Si tratta di una condizione di pura normalità . Anche se ci sono scienziati come Massimo Galli che hanno spiegato che le scene delle manifestazioni rappresentano un rischio e un comportamento irresponsabile, nessuno si sognerà di prendersela con Salvini e Meloni perchè il fatto che siano politici sulla cresta dell’onda dei sondaggi conferisce loro una sorta di immunità .
Niente di tutto questo invece avranno quei cittadini che sono stati inseguiti dai droni della polizia per non aver rispettato allo stesso modo le norme. E nessun ringraziamento andrà invece ai milioni di italiani che le hanno rispettate.
Perchè nella vecchia fattoria alcuni animali sono più uguali degli altri.
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 3rd, 2020 Riccardo Fucile
ESTORSIONI A DUE BAR DI ROMA E RICICLAGGIO
Tre milioni di euro per far cadere il governo Prodi, opachi contatti con esponenti di camorra, il giro di soldi che ruotava intorno ai finanziamenti all’Avanti e, prima ancora, l’obliquo scoop che rivelò al mondo la crociera del pentito di mafia Tommaso Buscetta. Giornalista e parlamentare, passato da Italia dei Valori al Pdl, Sergio De Gregorio finisce nuovamente nei guai per un giro di estorsioni, riciclaggio e autoriciclaggio che ha per base alcuni locali del centro di Roma.
Arrestato dagli uomini della Squadra mobile di Roma e condotto in carcere insieme con altre 4 persone, De Gregorio sarebbe il perno di una serie di società di comodo, create apposta per nascondere un fiume di denaro che sarebbe passato anche attraverso i conti di un’azienda le cui disponibilità sono state bloccate. Il sequestro ammonta a 470 milioni di euro e riguarda in totale 5 società .
Gli altri arrestati sono Antonio Fracella, Vito Frascella, entrambi ex militari della Marina, di origini pugliesi, la campana Giuseppina de Iudicibus, la commercialista Michela Morelli, di Rovereto, già pregiudicata per reati tributari, truffa e bancarotta fraudolenta. Ai domiciliari un altro pugliese, Vito Meliota. Per Michelina Vitucci, di Bari, è stato invece disposto l’obbligo di presententazione alla polizia giudiziaria.
L’ottava misura cautelare degli arresti domiciliari riguarda il romano Corrado Di Stefano, da tempo residente all’estero e al momento irreperibile.
Tra le vittime dell’estorsione i titolari di un bar in via Chiana e uno in via Flavia. I proventi sarebbero poi stati investiti nelle società , la Apron, la Italia Global Service, Pianeta Italia, Ittica italiana e Italia Comunicazione che gestisce il magazine online Pianeta Italia News.
Le indagini sono partite dalla denuncia del titolare dei bar di via Chiana che ha raccontato di aver subito una richiesta indebita di denaro per 80 mila euro. I riscontri con intercettazioni telefoniche ed ambientali hanno permesso di ricostruire la dinamica dell’estorsione. Il gruppo avrebbe minacciato la vittima di far apporre i sigilli al locale.
Nell’inchiesta è coinvolto anche Pietro Schena, considerato il braccio destro di De Gregorio. Sarebbe stato lui a inviare presso il bar come emissari i due militari della Marina.
La vicenda del bar di via Flavia ruota intorno alla cessione del locale con una clausola capestro per l’acquirente cui sono seguite minacce che hanno indotto la vittima a mollare. “Mi hanno minacciato – ha raccontato l’acquirente- mi hanno aspettato sotto casa, così ho deciso di mollare tutto e andare via”.
Disinvolto, spregiudicato, con una rete di relazioni estesa anche nel mondo dei servizi segreti, De Gregorio si ritrova di nuovo al centro di una vicenda giudiziaria disvelata dalle indagini della Dda di Roma. Conscio delle indagini avrebbe anche cercato e raccomandato ai presunti complici di far sparire ogni traccia.
“Punto di riferimento indiscusso, lo stratega del gruppo, sempre pronto a ‘sistemare’ le cose”, scrive di lui il gip di Roma, Antonella Minunni, nell’ordinanza di custodia cautelare richiesta dal procuratore Michele Prestipino, dall’aggiuto Ilaria Calò e dal pm Francesco Minisci.
“E’ lui che risolve le questioni sorte all’interno del gruppo – continua il giudice – e che suggerisce ogni volta le strategie difensive, è recidivo, avendo riportato, tra l’altro, condanne per corruzione in atto contrario ai doveri d’ufficio. Ha una caratura criminale e scaltrezza davvero eccezionale”.
Il gruppo, sempre attraverso le operazioni svolte dalla commercialista, progettava anche la realizzazione di un’azienda ittica in Portogallo.
In passato per indagini analoghe in odore di camorra era finito in una inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Napoli.
Alla ribalta della cronaca per il suo cambio di casacca in occasione della caduta del governo Prodi a gennaio 2008, tornò lungamente a far parlare di sè quando rivelò di avere intascato due milioni in nero da Silvio Berlusconi per passare dalla sua parte e un altro milione di euro come finanziamento alla sua fondazione politica. Tentò anche un’attività di scouting tra i parlamentari pronti a compiere il grande passo. Uno di questi registrò il colloquio incastrandolo. In quella occasione, stando alle rivelazioni di De Gregorio, aveva avuto una disponibilità di 5 milioni di euro per corrompere il parlamentare. I soldi, ha detto De Gregorio, gli arrivavano direttamente da Silvio Berlusconi.
(da agenzie)
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Giugno 3rd, 2020 Riccardo Fucile
“QUI NON C’ABBIAMO UNA LIRA E TU TI METTI A FARE I SELFIE, E BASTA…”
Salvini dà ordine ai suoi di far entrare chi voglia foto con lui, ma dalle transenne c’è chi si innervosisce: «E basta con queste cose, non servono a niente, vieni a parlare col popolo, qui non c’abbiamo più una lira e tu ti metti a fare i selfie!»
Paola De Caro sul Corriere della Sera racconta oggi un retroscena divertente sulla manifestazione del centrodestra per il 2 giugno, che ha portato agli assembramenti ben noti e a fare un pronostico a Ignazio La Russa: “Se qualcuno rischia di prendere il COVID, quello è Salvini”.
Meloni e Tajani però non rispondono al richiamo della folla: restano nel recinto, parlano ai giornalisti per qualche minuto, pochi i selfie, molta la voglia di evitare ogni immagine che, lo sanno, si ritorcerebbe loro contro. Salvini invece domina la scena. Si mette al centro, si cala la mascherina, si offre alle foto. Gli alleati hanno capito che non è cosa: dopo dieci minuti, escono dal recinto: «Basta, andiamo, qui è finita». Si allontanano in fretta.
Salvini resta almeno altri venti minuti e dà ordine ai suoi di far entrare chi voglia foto con lui, ma dalle transenne c’è chi si innervosisce: «E basta con queste cose, non servono a niente, vieni a parlare col popolo, qui non c’abbiamo più una lira e tu ti metti a fare i selfie!», grida una signora, poi un altro se la prende col leader: «Ancora con questi selfie?!» e lui lo sente: «Beh, che fastidio ti dà , che problema hai?». E, alla fine, è quasi showdown: «Io la mascherina la metto, ce l’ho – rivendica – ma sono felice di sapere che i contagi sono bassi e che gli esperti dicono che il virus sta morendo…».
Alla fine anche Tajani è molto imbarazzato, tanto da far finta di non aver visto:
Era necessario fare questa manifestazione in tempi di distanziamento?
«Noi avevamo un solo obiettivo: abbiamo aderito alla manifestazione che ci è stata proposta per dare il senso dell’unità del centrodestra, e abbiamo chiesto a tutti di rispettare ogni regola. Abbiamo anche, con Maurizio Gasparri, fatto allontanare alcuni manifestanti che non ci sembrava avesse senso partecipassero proprio per evitare ogni problema…».
Salvini si è tolto la mascherina ealla fine del corteo ha fatto decine e decine di selfie. Come lo giudica?
«Ah non lo so, me lo dice lei. Io non ho neanche visto, ho parlato alle telecamere, ho tenuto sempre la mascherina e a fine corteo sono subito andato via… Io assieme alla Meloni».
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 3rd, 2020 Riccardo Fucile
L’ACCOUNT SEGNALATO COME “TERRORISTA” ERA IN REALTA’ GESTITO DA ESPONENTI NEONAZISTI CHE, PUBBLICANDO POST CHE INCITAVANO ALLA VIOLENZA, VOLEVANO CRIMINALIZZARE GLI AVVERSARI POLITICI DI SINISTRA
Twitter dà un altro dispiacere a Donald Trump, dopo aver corretto il suo tweet su voto per posta e brogli. La società ha rimosso un account chiamato ANTIFA America che invitava alla violenza rivendicando di rappresentare la posizione del movimento della sinistra antagonista bollato dal tycoon come organizzazione terroristica — ma che era stato creato da un gruppo suprematista.
Prima della scoperta, Donald Trump jr, uno dei figli del presidente, lo aveva segnalato ai suoi 2,8 milioni di follower come esempio della pericolosità di Antifa.
Come avevamo raccontato ieri, il tweet dei fake ANTIFA era stato usato anche dalla Lega, i cui espertissimi social manager, che hanno così dimostrato di saper meritare fino all’ultimo centesimo lo stipendione che aveva assicurato loro Matteo Salvini al ministero dell’Interno, ci erano nella migliore delle ipotesi cascati in pieno. E ovviamente non avevano capito il motivo della sospensione dell’account da parte di Twitter.
Erano in ottima compagnia, visto che anche Donald Trump JR, figlio del presidente, ci era cascato:
Oggi, in uno statement riportato tra gli altri anche dalla CNN, Twitter ha spiegato che l’account era stato creato e utilizzato il giorno stesso da un gruppo di suprematisti bianchi — secondo alcuni ad Identity Evropa, movimento neonazista e suprematista — e ha rimosso l’account, chiudendone anche altri fake a loro collegati.
“Questo account ha violato la nostra politica di manipolazione della piattaforma e spam, in particolare la regola sulla creazione di account falsi”, ha detto un portavoce di Twitter in una nota ripresa dalla CNN.
“Abbiamo preso provvedimenti dopo che l’account ha inviato un Tweet che incita alla violenza e ha infranto le Regole di Twitter”. Sebbene l’account avesso solo poche centinaia di follower, è un esempio di come i suprematisti bianchi cercano di infiammare le tensioni negli Stati Uniti presentandosi come attivisti di sinistra online. D’altro canto l’estrema destra americana ed europea cerca da anni di far passare il movimento Black Lives Matter come finanziato da George Soros.
Domenica Trump ha twittato che avrebbe designato Antifa come un’organizzazione terroristica, nonostante il governo degli Stati Uniti non abbia alcuna autorità legale per farlo. ANTIFA è un gruppo ampio e variamente organizzato di persone le cui credenze politiche si appoggiano alla sinistra — spesso all’estrema sinistra — ma non sono all’interno della piattaforma politica del Partito Democratico.
Un editoriale del Washington Post ha spiegato che “la campagna di Donald Trump contro il movimento Antifa è un tentativo per distrarre dalla autentica rabbia dei manifestanti”.
Trump, ricorda il Post, “non può, per ragioni pratiche e legali”, come invece ha promesso di fare di fare attraverso un tweet, “designare formalmente gli Antifa come un’organizzazione terroristica”.
Inoltre, “nè lui nè il suo ministro della Giustizia (William Barr, ndr) hanno reso pubbliche prove specifiche che indichino che il movimento di estrema sinistra stia orchestrando le feroci proteste scoppiate in decine di città Usa”.
“Le proteste, specialmente quelle viste negli Stati Uniti negli ultimi giorni — prosegue il Washington Post — sono vicende complicate, che spesso attirato partecipanti con un’ampia gamma di motivazioni e ideologie politiche, compresi alcuni con cattive intenzioni”.
Ma alcuni osservatori, rileva il Post, dicono di vedere nella decisione di Trump di prendere di mira gli Antifa “il tentativo di spostare l’attenzione da ciò che ha dato il via alle proteste: la rabbia per l’uccisione delle persone di colore da parte della polizia”.
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 3rd, 2020 Riccardo Fucile
L’EX ATTACCANTE DI INTER E LAZIO, ORA AL MONACO, SI ERA IMPEGNATO A PAGARE L’AFFITTO AI CONNAZIONALI IN SPAGNA, RICEVENDO NUMEROSI RIFIUTI DA ALBERGHI E OSTELLI
“Mi sono offerto volontario per aiutarli, visto che non avevano proprio nulla e dormivano sui cartoni. Non sono qui per combattere una guerra morale, sociale, di razza o colore. Ho inviato il denaro necessario affinchè abbiamo un tetto sotto cui dormire, da mangiare e vestiti puliti”.
L’ex attaccante della Lazio Keita Balde, nato in Catalogna ma di origini senegalesi (infatti gioca nella nazionale del paese africano), annuncia su Instagram di aver vinto la sua personale battaglia contro razzismo e pregiudizi, e di aver trovato un tetto ai braccianti senegalesi ai quali a Lerida, in Spagna, era stato detto di no da vari alberghi che non avevano voluto ospitarli nonostante l’ex biancoceleste si fosse offerto di pagare tutte le spese.
Ora, invece, per 90 di questi lavoratori stagionali (sono circa 200 in totale), fa sapere il 25enne Keita Balde, una soluzione è stata trovata.
Nei giorni scorsi, dopo che varie strutture avevano rifiutato i lavoratori di colore, il calciatore si era sfogato via social spiegando di stare lottando “per procurare un tetto a chi non lo ha. Siamo in un sistema sgradevole e brutto, in cui affittare una casa o altro genera problemi per il colore della pelle o per il fatto di essere di un altro Paese. Non mi arrenderò e manterrò la mia promessa costi quel che costi! Vi chiedo un po’ di pazienza e forza”.
“Abbiamo offerto di pagare in anticipo l’alloggio per 4 mesi – aveva spiegato -ma la maggior parte di ostelli, hotel e alberghi si sono rifiutati per la provenienza delle persone. E’ un chiaro caso di razzismo”.
Ora però Keita Balde, attualmente al Monaco, ce l’ha fatta, e i suoi connazionali avranno un tetto.
(da agenzie)
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Giugno 3rd, 2020 Riccardo Fucile
DOPO LA DELIBERA PER SPOSTARE PAZIENTI COVID NELLE RSA CHE E’ STATO COME BUTTARE UN CERINO IN UN PAGLIAIO, LA REGIONE E’ ARRIVATA TROPPO TARDI PER SPEGNERE L’INCENDIO
Davide Milosa sul Fatto Quotidiano riepiloga la vicenda delle RSA in Regione Lombardia ricordando come se la delibera della Regione Lombardia dell’8 marzo per spostare pazienti Covid a bassa intensità nelle Rsa è stato come buttare “un cerino dentro al pagliaio”(parole di Luca Degani, presidente dell’associazione Uneba che riunisce 400 case di riposo lombarde), l’assessore al Welfare Giulio Gallera, l’Unità di crisi e l’Ats sono arrivati fuori tempo massimo per spegnere l’incendio.
A confermarlo alcuni dati inediti della task force regionale che il Fatto ha potuto consultare e che mostrano come l’attività di tracciamento nelle Residenze per anziani dell’area metropolitana di Milano e in quella di Brescia è entrata in un regime appena accettabile a oltre due mesi dall’inizio dell’epidemia e a oltre un mese e mezzo dalla famigerata delibera.
I tamponi, come già raccontato più volte, sono partiti in ritardo e quando il virus si era già propagato lasciandosi dietro centinaia di vittime.
Lo scenario viene illustrato da una istantanea numerica. L’8 marzo è una data spartiacque, anche se il virus era già entrato nelle Rsa. E probabilmente vi era entrato perchè la Regione dopo il primo caso di Codogno ha deciso di tenere aperti i centri diurni per anziani fino al 9 marzo. Doppio errore. Tanto che cinque giorni dopo dal comune di Mediglia rimbalzala notizia di 38 casi nella casa di riposo Mombretto.
Torniamo indietro. Alla settimana numero 8 e numero 9, ovvero i primi quattordici giorni del contagio. Qui il numero dei positivi nelle Rsa è pari a zero. Stessa cifra per la provincia di Brescia, tra le più colpite d’Europa. In provincia di Milano i primi positivi emergono all’11° settimana.
Da lì in poi cresceranno lentamente a riprova di come i controlli nelle Rsa non siano stati adeguati. Il grande balzo nel numero dei casi lo si registra dalla 13° settimana e cioè da fine marzo quando prima sui giornali e poi negli atti giudiziari scoppia lo scandalo delle Rsa lombarde. Regione e Ats iniziano così a rincorrere un’emergenza ormai fuori controllo. Tra il 6 e l’11 aprile,a un mese dalla delibera per spostare i pazienti Covid, il numero dei positivi nell’area di Milano salea 1.023 con il picco di 1.157 dal 20 al 25 aprile. Nelle stesse ore l’Iss conferma che le Rsa sono al primo posto come concentrazione di positivi.
Solo la triste conferma di una corsa del virus che poteva essere fermata se la Regione, come dimostrano questi numeri, si fosse attivata prima. Ne è convinto il consigliere regionale del Pd Samuele Astuti: “Questi dati ci confermano che l’attuale giunta ha sempre rincorso e continua a rincorrere l’emergenza. Dopo la delibera delle Rsa dell’8 marzo abbiamo subito denunciato la pericolosità di questa scelta. In una pandemia la tempestività delle scelte è tutto, e non aver fatto i tamponi da subito nelle Rsa è stato un grave errore”.
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 3rd, 2020 Riccardo Fucile
LA TESTIMONIANZA DI UN MEDICO DEL LODIGIANO: “CI HANNO FATTO RISCHIARE LA PELLE, NESSUN DISPOSITIVO DI PROTEZIONE”… “LE MASCHERINE RECUPERATE SOLO GRAZIE A DONAZIONI, AIUTATI DA TUTTI SALVO CHE DA CHI AVREBBE DOVUTO FARLO”
Il Messaggero pubblica un’intervista al dottor Michele Polini, medico di medicina generale a Casalpusterlengo, cuore della zona rossa del lodigiano, il quale denuncia come l’arrivo del presidente della Repubblica Sergio Mattarella è un toccasana dopo che la sua categoria è stata lasciata sola dalla Regione Lombardia
«Ha presente il popolo degli iloti? Erano i servi degli spartani, chiamati il popolo del niente. Ecco, noi medici siamo come gli iloti: eravamo nessuno tre mesi fa e ora ci dicono che siamo eroi per darci il contentino. Infuriava l’epidemia e noi siamo stati abbandonati, non considerati, non tutelati. Noi medici di base abbiamo rischiato la vita più di tutti, perchè quando un paziente contagioso arriva in pronto soccorso o in rianimazione scattano i campanelli di allarme. Nei nostri ambulatori no».
E quindi come vi siete organizzati?
«Ognuno per sè e Dio per tutti, abbiamo fatto umanamente e professionalmente il possibile, lasciandoci alle spalle una scia di disgrazie e lacrime. Le uniche contromisure che potevamo prendere era vietare l’accesso in massa all’ambulatorio: si entra uno alla volta, meglio una telefonata che presentarsi. Io ricevevo una media di 93 chiamate al giorno. In questo modo cercavamo di supplire alle carenze dell’Agenzia di tutela della salute, che non ha mai creato una rete sanitaria regionale funzionante sul territorio. Tra marzo e aprile per contattare il 112, numero di emergenza per i malati Covid, ci volevano due giorni. Quando rispondevano, dicevano di rivolgersi al medico curante — cioè noi — perchè non c’era posto da nessuna parte».
E voi non avevate nemmeno in dotazione le mascherine.
«Ci siamo trovati nudi sull’orlo della trincea. L’Ats assente, sparita, nessun dispositivo di protezione. Sa come abbiamo recuperato le mascherine?Tramite donazioni: quelle dei Lyons, della banca locale, dell’ospedale. Ovunque tranne che dal nostro datore di lavoro. Ci hanno fatto rischiare la pelle»
E adesso?
«L’ospedale di Casalpusterlengo, trasformato in una notte in grande reparto Covid, oggi ha solo due ricoverati. Il 21 febbraio esisteva un mondo di patologie messe in un cassetto, tanta gente è morta non per il virus ma perchè si è fermata la sanità : niente personale, zero posti letto, tutto è stato dirottato sull’epidemia. Adesso abbiamo fior di ospedali per le rianimazioni, realizzati con i soldi dei privati, completamente vuoti. Speriamo non servano per una seconda ondata, che temo»
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 3rd, 2020 Riccardo Fucile
L’OSPEDALE PRIVATO HA CAMBIATO IL CONTRATTO AI SUOI 3.200 DIPENDENTI CHE FINO A IERI ERANO “EROI”: MENO GARANZIE, MENO TUTELE, MENO INQUADRAMENTI
“Gruppo Rotelli te lo diciamo, il contratto non lo cambiamo”, invece ieri il Cda del San Raffaele di Milano, l’ospedale ‘in prima linea contro il Covid’ che tanto ci ha sperare in un privato capace di affiancare il pubblico nel momento del bisogno, il contratto lo ha cambiato eccome ai suoi circa 3200 dipendenti.
Nonostante si tratti di una struttura accreditata che eroga servizi convenzionati e perciò riceva anche fondi pubblici destinati alla sanità , i vertici hanno spinto per passare dal CCNL pubblico nazionale al CCNL privato Aiop, il cui ultimo aggiornamento risale a 14 anni fa e la cui validità è retroattiva, con conseguenze, quindi, anche sul personale assunto ad aprile, quando, in piena carenza di personale, gli infermieri erano manna dal cielo, ‘benedetti da Dio’.
Il contratto Aiop è pensato per piccole cliniche private, Rsa e case di riposo con un ridotto numero di inquadramenti occupazionali, non certo per un centro di ricovero e cura a carattere scientifico tra i massimi in Europa come il San Raffaele. Per intenderci, il contratto Aiop non prevede nemmeno i fisioterapisti.
In una nota ufficiale diffusa ieri l’Ospedale San Raffaele precisa che “l’applicazione di tale contratto non comporterà alcun arretramento economico per i lavoratori, e consentirà all’Ospedale di uniformarsi alla generalità delle strutture sanitarie operanti nella sanità privata, compresi gli Irccs, all’interno delle quali viene applicato il Ccnl Aiop”.
Non cambierà niente, dicono dai vertici, nemmeno la trattenuta per la mensa, che con il nuovo contratto passerebbe da 1,53 euro a 1,55 giornalieri. Nessun rincaro di 2 centesimi al giorno per l’accesso alla mensa, una generosità struggente, ecumenica, e però, fuori dalla mensa, non tutto rimarrà invariato come dicono dall’amministrazione. Tanto per cominciare, ci dice Margherita Napoletano, delegata sindacale e rappresentante dei lavoratori per la sicurezza dell’ospedale San Raffaele, sparisce il diritto allo studio.
Se fino a ieri i lavoratori sanitari erano incentivati a migliorarsi frequentando a proprie spese scuole serali, università di infermieristica e master di specializzazione grazie alle 150 ore di permesso retribuito, ora non potranno più farlo, a meno di disporre di risorse economiche tali da compensare le assenze non retribuite.
“I permessi — spiega Napoletano — che già da noi erano di 150 ore a fronte delle usuali 300, d’ora in poi non saranno più retribuiti. A meno che non sia l’azienda a dire al lavoratore di specializzarsi, ogni formazione è a suo carico”.
Ciò significa che “se un ausiliare entra in ospedale spingendo solo le carrozzelle, ma si rende conto di essere portato per una professione di assistenza e decide di migliorarsi, non può farlo. Lo stesso dicasi per un operatore sociosanitario che vuole diventare infermiere, o un infermiere che vuole specializzarsi in terapia intensiva e dare una mano in previsione di future ondate di emergenze”.
L’ambizione del lavoratore (a meno che sia un medico o un ricercatore, lì la suonata cambia) non viene più favorita dall’azienda, e questo “si ripercuote non solo sulla fidelizzazione del dipendente, ma anche sulla qualità del servizio, nel caso del San Raffaele, sia pubblico che privato. Una sconfitta per la collettività ”.
Quanto agli stipendi, la sindacalista avverte: “È tutto da vedere, qualche stipendio per forza si abbasserà , visti i declassamenti causati dai diversi inquadramenti”.
Per Margherita Napoletano si tratterebbe di una decisione politica presa prima dello scoppio della pandemia e portata avanti silenziosamente durante il lockdown, senza trattare con i sindacati, approfittando dei divieti di assembramenti che hanno impedito, almeno fino alla comparsa dei gilet arancioni, le manifestazioni.
Il 27 febbraio era anzi previsto uno sciopero, ma i sindacati lo hanno responsabilmente sospeso, meglio lavorare in corsia, si è detto. E poi, visti i sacrifici, viste le convenzioni con la sanità pubblica, visti gli utili maturati dall’azienda anche durante il Covid, si dava per scontato che il Cda ci avrebbe ripensato e avrebbe mantenuto il contratto così com’era, pubblico.
Tanto più che negli ultimi tempi i rapporti con la sanità pubblica si sono rafforzati: ad esempio, tramite una convenzione con il Gruppo San Donato (altro colosso privato della sanità lombarda) e il Ministero degli Interni, il San Raffaele dispone di un intero reparto “libico”, completamente appaltato a un’azienda di professionisti esterni, in cui ospita feriti di guerra di fazione governativa provenienti dalla Libia.
Un servizio sanitario al servizio della diplomazia internazionale, mica bruscolini. Dunque, stando così le cose, perchè introdurre un contratto di lavoro, certo più conveniente per l’azienda, proprio ora che la gestione sanitaria lombarda è nell’occhio del ciclone, l’emergenza è temporaneamente rientrata ma tutt’altro che scomparsa, e il fatturato del San Raffaele gode di ottima salute?
La partita, comunque, è tutt’altro che chiusa assicura la sindacalista Margherita Napoletano, anche lei, come Elena Bottinelli, Ad del nosocomio, laureata in ingegneria medica. Mercoledì si terrà il primo tavolo, sarà in videoconferenza e vedrà la partecipazione del Prefetto di Milano. Se la trattativa non andrà in porto, sarà sciopero. Non che le azioni di protesta siano del tutto mancati finora: dopo un flashmob con manifestanti incatenati, venerdì 22 maggio una lavoratrice in Fis (Fondo integrazione salariale), a nome di infermieri, amministrativi, tecnici, educatori e fisioterapisti e personale di supporto, ha tentato di consegnare all’amministratrice delegata Bottinelli una lettera, ma la dottoressa non ha dato udienza.
La donna, allora, vestita da postina, ha fatto recapitare il messaggio facendo passare le carte sotto la porta, come si usava fare un tempo con la corrispondenza nelle case dei signori. C’è scritto “diamo un servizio pubblico e vogliamo mantenere il contratto pubblico”, seguito da un migliaio di firme.
(da Fanpage)
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Giugno 3rd, 2020 Riccardo Fucile
SCIENCE MEDIA CENTRE BRITANNICO, ORGANIZZAZIONE INDIPENDENTE, HA PUBBLICATO IL PARERE DI ALCUNI CATTEDRATTICI E RICERCATORI
A Radio 24 ieri Alberto Zangrillo, primario di anestesia e rianimazione al San Raffaele di Milano, ha difeso la sua uscita sul Coronavirus “che clinicamente non esiste più”
Lo Science Media Centre britannico, organizzazione indipendente, la cui missione è “fornire informazioni accurate e basate su prove scientifiche su notizie controverse e di attualità quando si verifica la maggior confusione e disinformazione”, ha pubblicato il parere di alcuni cattedratici e ricercatori, sicuramente “più” scienziati come il primario del San Raffaele.
Per Francois Balloux, professore di biologia dei sistemi computazionali e direttore dell’UCL Genetics Institute, della University College London (UCL) “non ci sono prove che la SARS-CoV-2 sia diventata più o meno virulenta o trasmissibile. L’epidemia in Italia è diminuita nelle ultime settimane nonostante l’allentamento delle misure di distanziamento sociale messe precedentemente in atto. Ciò è in linea con quanto osservato nella maggior parte dei paesi europei. La misura in cui ciò è dovuto solo alle misure di allontanamento sociale residue in atto, o se la stagionalità o alcuni altri fattori stiano giocando un ruolo rimane dibattuta. Detto questo, non dovremmo assolutamente escludere una seconda ondata epidemica entro la fine dell’anno. Non credo che questi commenti siano utili o riflettano le prove scientifiche attuali. Il carico virale dei test di tampone varierà nel corso di un’infezione. Se confrontato lo stesso giorno post-infezione, la carica virale può essere correlata alla gravità dei sintomi. Tuttavia, la dose virale potrebbe anche essere una funzione della dose infettiva iniziale (il numero di virioni con cui un paziente è stato infettato). È probabile che la trasmissione all’aperto sia caratterizzata da una dose infettiva più bassa e da sintomi meno gravi, rispetto alla trasmissione all’interno. Non ci sono prove che il virus abbia perso forza in questa fase.
Per Elisabetta Groppelli, docente di Global Health e virologa presso l’Università St George di Londra “l’idea che il virus si stia indebolendo non è basata su prove certe. In Italia, l’età dei casi confermati è in costante calo e sappiamo che la malattia tende ad essere meno grave nei gruppi più giovani. I casi vengono anche diagnosticati prima, il che consente di curare meglio. Qualsiasi prova che la gravità della malattia stia diminuendo dovrebbe tenere conto di questi punti. Il genoma del virus viene monitorato in tutto il mondo, anche nel Regno Unito. Molte università e centri di ricerca stanno leggendo le informazioni genetiche per valutare quanto cambia nel tempo e se esiste un legame tra le informazioni genetiche virali e la gravità della malattia. La conclusione a cui si è arrivati è che sebbene i genomi mostrino alcuni cambiamenti, non ci sono prove per aumentare o diminuire le caratteristiche del virus, come la trasmissibilità e la gravità della malattia”
Martin Hibberd, infettivologo e docente della London School of Hygiene & Tropical Medicine, sostiene che “attualmente c’è uno sforzo in tutto il mondo per stabilire se la composizione genetica della SARS-CoV-2 stia cambiando, permettendoci di determinare se c’è qualche causa sottostante di qualsiasi cambiamento nel COVID-19. Con dati provenienti da oltre 35.000 genomi di virus interi, al momento non ci sono prove che ci siano differenze significative relative alla gravità . Mentre potrebbe cambiare in futuro, per ora sembra probabile che ci siano altri motivi per cui i casi osservati sembrano diversi. Sappiamo che il virus può infettare molte (e forse la maggior parte) persone senza produrre sintomi evidenti o gravi, mentre anche in quelli con sintomi chiari, l’80% ha una malattia lieve. Durante un’epidemia grave, è probabile che questi casi lievi o inapparenti vengano trascurati. Tuttavia, in una situazione in cui il numero di casi gravi sta diminuendo, potrebbe esserci del tempo per iniziare a osservare le persone con sintomi meno gravi, dando l’impressione che il virus stia cambiando.
Per Oscar MacLean, del Centro di ricerca sui virus dell’Università di Glasgow, MRC, le affermazioni di Zangrillo “non sono supportate da nulla nella letteratura scientifica e sembrano anche abbastanza non plausibili per motivi genetici.La stragrande maggioranza delle mutazioni SARS-CoV-2 è estremamente rara e quindi, sebbene alcune infezioni possano essere attenuate da alcune mutazioni, è altamente improbabile che siano abbastanza comuni da alterare la natura del virus a livello nazionale o globale. Sappiamo che la suscettibilità al virus differisce in modo significativo tra età e gruppi di rischio, e quindi i risultati dell’infezione differiranno drasticamente anche tra gli individui. Poichè gli sforzi di test sono aumentati in tutto il mondo, le infezioni asintomatiche e lievi che in precedenza non sarebbero state rilevate, ora hanno molte più probabilità di essere identificate. È importante non confonderlo con alcun indebolimento da parte del virus. Fare queste affermazioni sulla base di osservazioni aneddotiche da test di tampone è pericoloso. Mentre l’indebolimento del virus attraverso le mutazioni è teoricamente possibile, non è qualcosa che dovremmo aspettarci e qualsiasi affermazione di questo tipo dovrebbe essere verificata in modo più sistematico. Senza prove significativamente più forti, nessuno dovrebbe minimizzare inutilmente il pericolo rappresentato da questo virus altamente virulento e rischiare la risposta in atto in tutta la società .
Tornando sul suolo patrio, anche in Italia la tesi di Zangrillo, subito “sposata” dalla stampa di destra e negazionista (Secolo d’Italia, Il Giornale, Libero, nicolaporro.it, Vox) è stata smontata, e proprio da un collega del San Raffaele.
Per comprendere l’errore comunicativo di Zangrillo bisogna riportare le parole del suo collega Massimo Clementi, direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia del San Raffaele e professore all’Università Vita-Salute, da lui stesso citato a sostegno delle sue parole, dove “risulta evidente l’enorme differenza tra la comunicazione da talk show di Zangrillo e quella da ricercatore scientifico di Clementi, il quale non dichiara una «scomparsa» del virus ma che “è cambiata la manifestazione clinica, forse anche grazie alle condizioni ambientali più favorevoli. Ora assistiamo a una malattia diversa da quella che vedevamo nei pazienti a marzo-aprile. Lo scarto è abissale ed è un dato che riteniamo importantissimo. Confermato peraltro dalla pratica: non solo non abbiamo più nuovi ricoveri per Covid in terapia intensiva, ma nemmeno in semi-intensiva. Nelle ultime settimane sono arrivati pochi pazienti e tutti con sintomi lievi. E, aggiunge Clementi, “nessuno può sapere con certezza se ci sarà una nuova ondata di contagi, la temevamo anche per la Sars ma non si è verificata e, anzi, il virus è scomparso. Per quanto riguarda Sars-CoV-2, ci potranno essere dei focolai locali e sarà determinante il modo in cui sapremo reagire, isolandoli, individuando i contatti e affidando i pazienti alla medicina di territorio per lasciare gli ospedali solo a eventuali casi gravi.
Da segnalare, infine, il contributo su Scienza in rete di Cesare Cislaghi, ex presidente dell’Associazione italiana di Epidemiologia. Nel suo articolo Equivoci virali Cislaghi scrive: ” il quesito “scientifico” che ci si deve porre con molta serietà , e soprattutto con sobrietà , è il seguente: è il virus che “è sparito” o sono le misure di contenimento che lo stanno bloccando? E partiamo da un dato incontestabile: la frequenza non solo di malati ma anche di soggetti positivi è in chiara ed elevata diminuzione, ma questo è un regalo del virus o una conquista delle misure preventive importanti adottate? E magari usciamo dal nostro orticello e guardiamo anche il mondo: cosa succede causa virus negli USA, in Brasile, in Corea del Sud dove dopo gli incontestabili successi hanno ripreso il lockdown, eccetera?
(da agenzie)
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