Gennaio 9th, 2023 Riccardo Fucile
AL MOMENTO NON CI SAREBBERO EVIDENZE DI FENOMENI SPECULATIVI DIFFUSI. LA MELONI PER ORA TIENE IL PUNTO, MA COLDIRETTI E TASSISTI (DUE LOBBY VICINE AL GOVERNO) GIÀ MINACCIANO RITORSIONI
Il rincaro dei carburanti è un tema destinato a planare sulla scrivania
della premier Giorgia Meloni. Il rialzo dei prezzi di benzina e gasolio dovuto allo stop del taglio delle accise, oltre ad allarmare i consumatori, ha spinto il governo a monitorare quanto avviene alle stazioni di servizio per evitare fenomeni speculativi.
A presidiare sulle tariffe del settore sono sia la Guardia di Finanza, sia il Garante per la sorveglianza dei prezzi (più noto come Mister Prezzi), che già nei prossimi giorni potrebbero fornire all’esecutivo un primo resoconto sulle verifiche effettuate.
A innescare il brusco aumento dei prezzi è il ripristino delle imposte sui carburanti, dall’inizio del mese di gennaio gli automobilisti hanno visto lievitare di colpo il prezzo di diesel e benzina di 18,3 centesimi al litro, ossia l’equivalente dello sconto sulle accise, accordato per decreto all’indomani dello scoppio della guerra in Ucraina, e prorogato fino allo scorso 31 dicembre.
Un ritorno alla «normalità» che si è tradotto in prezzi alla pompa che oscillano, spesso superandola, quota 2 euro al litro, ricordando così agli automobilisti che la fiscalità italiana sui carburanti è tra le più alte in Europa.
Le procure si attivano
La raffica di aumenti due giorni fa ha spinto il Codacons a presentare denunce presso 104 procure italiane, mentre la Procura di Roma già sta indagando sui rincari, compresi quelli dei carburanti, nell’ambito di un fascicolo aperto per individuare eventuali speculazioni. In nome dei consumatori il Codacons oggi dovrebbe, inoltre, presentare un esposto all’Antitrust per ipotesi di «cartello» tra le compagnie petrolifere e, poi, predisporre il boicottaggio dei punti vendita più cari.
A fare le spese del caro benzina, oltre ai consumatori, è il governo Meloni, che in termini di consenso «paga» la reintroduzione delle accise, precedentemente tagliate dall’esecutivo di Mario Draghi. Un quadro che spiega le parole del ministro delle Infrastrutture e vice premier, Matteo Salvini.
«Sulle accise parleremo con il presidente del Consiglio. Sicuramente c’è della speculazione in corso sui prezzi della benzina ed è bene che la Finanza faccia dei controlli — osserva Salvini —,non ci possono essere distributori che vendono la benzina a 1,7 euro e altri a 2,4. Evidentemente c’è qualcuno che fa il furbo. Porterò il ragionamento a livello di governo».
Contro i furbi si è già mosso prima di Natale il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, che prevedendo le fibrillazioni sul fronte dei prezzi dei carburanti, dovute al ripristino delle accise, ha incaricato la Guardia di Finanza di presidiare il mercato per scongiurare dinamiche speculative.
Il titolare dell’Economia informalmente ha anche esercitato una «moral suasion» nei confronti dei principali operatori del settore (i leader nella distribuzione sono Eni e Ip, che poche settimane fa ha annunciato un accordo per rilevare le attività di Esso), invitandoli a fare la propria parte e a evitare ritocchi ingiustificati dei prezzi.
Le scelte del governo
Tanto che finora al ministero di Via XX Settembre non ci sarebbero evidenze di fenomeni speculativi diffusi. Ad attivarsi, del resto, è stato anche il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, chiedendo «a Mister Prezzi un monitoraggio con la collaborazione della Guardia di Finanza per evidenziare subito ogni anomalia».
Il governo è, insomma, in allerta anche se al momento non è contemplata l’idea di fare marcia indietro sul taglio delle accise. Nel corso del 2022 la riduzione delle imposte sui carburanti è costata, a partire da marzo, circa un miliardo di euro al mese.
Una spesa che il governo Draghi ha finanziato anche grazie all’extra gettito assicurato proprio dagli aumenti del prezzo dei carburanti, ma il meccanismo di copertura non vale più dato che nel settembre scorso, con la nota di aggiornamento al Def, si è stabilito di considerare l’extragettito non più una maggiore entrata per i conti pubblici, bensì un incasso ordinario, dunque non utilizzabile per finanziare gli sconti.
Si aggiunga che da Bruxelles è arrivata la raccomandazione di eliminare i bonus generalizzati, sostituendoli con misure più selettive e mirate. Resta che i rincari destano la preoccupazione di intere categorie come Coldiretti e i taxi. «Chiediamo alla premier Meloni di convocare subito un tavolo emergenziale sui carburanti convocando le associazioni dei consumatori, le società petrolifere, i gestori e tutte le parti coinvolte»,
(da Il Corriere della Sera)
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Gennaio 9th, 2023 Riccardo Fucile
“LA MIA NETTA IMPRESSIONE È CHE FOSSE TUTTO PREPARATO. UN AGGUATO. E DIRE CHE PARE CI FOSSE UN PATTO PER EVITARE SCONTRI QUI, IN MEMORIA DI SANDRI. VIOLATO ANCHE QUELLO”
«Non sembravano neppure tifosi ma black bloc. Avevano le felpe indosso e i cappucci tirati sulla testa, con le facce torve di chi già prepara l’assalto, niente a che fare con quelli che hanno la maglietta della loro squadra».
È il racconto di un addetto all’autogrill di Badia al Pino est, che accetta di parlare solo con la garanzia dell’anonimato, come tutti gli altri che lavorano nell’area di servizio teatro della battaglia di strada fra ultrà napoletani e romanisti, poi degenerata negli scontri direttamente in corsia Nord, fra le vetture di passaggio, prima che la polizia stradale riuscisse a chiudere quel tratto di A1 per sedare gli scontri.
Chi c’era ha visto ma parla malvolentieri e senza esporsi col nome, per paura: «Temiamo rappresaglie, le minacce le abbiamo già sperimentate ai tempi (11 novembre 2007, ndr ) in cui fu ucciso il tifoso della Lazio, Gabriele Sandri. Sì quello fu fulminato dal poliziotto appostato nell’altra area di servizio con un colpo di pistola. C’è ancora l’altarino in memoria, lì dietro».
«Era quasi l’ora di pranzo, le 13 più o meno – riprende il suo racconto l’uomo dell’autogrill – e ci preparavamo al cambio di turno. Quelli del Napoli hanno parcheggiato i loro pullmini a ridosso delle pompe di benzina, davanti all’altro punto di ristoro, gestito direttamente dal distributore. Erano centinaia. Poi si sono lanciati verso la corsia di marcia. La mia netta impressione è che fosse tutto preparato. Un agguato».
«Hanno puntato alla rete che separa l’area di servizio dalle corsie di marcia – spiega un benzinaio – ci hanno fatto un buco e hanno cominciato la sassaiola contro i romanisti in transito su auto e pullmini». Una trappola, sì, ma alla quale gli ultrà giallorossi hanno risposto subito: «Sono scesi e hanno cominciato anche loro a menare, rispondendo ai razzi coi razzi, ai petardi con i petardi, ai sassi con i sassi».
Tanto che, ricorda l’addetto dell’autogrill, «l’autostrada si è coperta di nebbia dei lacrimogeni. Non so come abbiano fatto le prime auto, quando la polizia non aveva ancora bloccato il traffico, a passare indenni in mezzo a tutto quel caos». Il mucchio selvaggio in mezzo all’A1 è durato per un bel po’: «Da lontano vedevamo i bastoni e le sassate. Poi sono arrivati i poliziotti della celere. Hanno chiuso i due ingressi come in un imbuto e sono riusciti a isolare i napoletani dai romanisti. Una cosa da matti, ma ormai ci siamo abituati. Sembra quasi che qui si diano appuntamento gli ultrà di tutta Italia. E dire che pare ci fosse un patto per evitare scontri qui, in memoria di Sandri. Violato anche quello».
Intanto, a Badia al Pino arrivano i reduci dalla coda di 15 km creata dalla chiusura dell’A1: «Nessuno ci ha detto niente di cosa era successo, sono state due ore allucinanti – raccontano Salvatore e Piero, in viaggio da Roma a Milano -. No, non per vedere la partita, questi sono teppisti, il calcio non c’è più…».
(da Corriere della Sera)
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Gennaio 9th, 2023 Riccardo Fucile
LA LETTERA APERTA, SCRITTA DA UN PRETE DELLA DIOCESI DI BERGAMO E CONDIVISO DA MOLTI SACERDOTI, PER INVITARE MONSIGNOR GEORG GAENSWEIN A BLOCCARE LA PUBBLICAZIONE DEL SUO LIBRO: “QUEL TESTO È MOLTO ATTESO DALLE FRANGE OSTILI AL PAPA, E SE VI SARANNO ATTACCHI A FRANCESCO FARÀ MALE ALL’UNITÀ DELLA CHIESA”
«Papa Francesco non è solo». Sono numerosi gli alti prelati – della
Curia romana, del Collegio cardinalizio e del panorama episcopale – che in questi giorni di tensioni e veleni contro il Vescovo di Roma gli garantiscono «piena e indissolubile fedeltà. A lui, al suo magistero e ai capisaldi del pontificato». E alla missione che predica e indica, come spiega un cardinale: «La Chiesa di Francesco è aperta a tutti, nessuno escluso. Tutti sono invitati, ricchi e poveri, vicini e lontani, qualunque sia la condizione di vita di ognuno. È la Chiesa della misericordia che non alza ponti levatoio».
La grande sfida di Francesco è rappresentata dal Sinodo sulla sinodalità in programma fino al 2024, pensato per rendere la Chiesa più pronta all’ascolto della gente, anche fuori dal recinto cattolico, a dare responsabilità ai laici e alle donne, a rapportarsi con il mondo e la contemporaneità. L’Assise è fumo negli occhi per la galassia tradizionalista.
Attorno a questo programma – e alla persona del Papa – si schierano in un fronte comune prelati di tutto il pianeta.
Innanzitutto, l’asse di Francesco con il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin è saldo. Poi tra i fedelissimi è annoverato il cardinale Mario Grech, segretario generale del Sinodo dei vescovi. Ci sono i due porporati mandati a portare la vicinanza del Papa alla popolazione ucraina sotto le bombe russe: il fido Elemosiniere Konrad Krajewski, e Michael Czerny, prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo umano integrale.
Un nome fortissimo è il presidente della Conferenza episcopale italiana, l’arcivescovo di Bologna Matteo Zuppi: è in totale sintonia con Bergoglio, allo stesso tempo è molto apprezzato anche per le sue capacità di dialogo con tutte le correnti ecclesiali. Altra figura preziosa alla causa è il cardinale Jean-Claude Hollerich, presidente delle Conferenze episcopali d’Europa.
C’è monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita. Poi Marcello Semeraro, Óscar Rodríguez Maradiaga, Claudio Gugerotti, José Tolentino de Mendonca. Monsignor Nunzio Galantino, presidente dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica. Padre Antonio Spadaro, direttore della Civiltà Cattolica. Padre Enzo Fortunato, uno dei volti più noti del francescanesimo. Il laico Paolo Ruffini, prefetto della Comunicazione.
Un ruolo teologico cruciale lo ricopre l’arcivescovo di Vienna cardinale Christoph Schönborn, allievo di Joseph Ratzinger. Negli Usa Wilton Gregory, Washington; Joseph Tobin, Newark; Blase Cupich, Chicago; Robert McElroy, San Diego.
E c’è la base. Per esempio, una lettera aperta è stata diffusa per invitare monsignor Georg Gaenswein a bloccare la pubblicazione del libro che ha già scatenato polemiche.
L’ha scritta un prete della diocesi di Bergamo, don Alberto Varinelli, il cui appello è stato condiviso sui social da diversi sacerdoti: «Quel testo è molto atteso dalle frange ostili al papa, e se vi saranno attacchi a Francesco farà molto male all’unità della Chiesa».
Nel frattempo, un presule che ha incontrato il Papa in queste ore assicura di averlo visto «tranquillo, a parte il lutto per Benedetto XVI. E pronto a tirare dritto senza farsi condizionare dalle offensive strumentali».
Il Pontefice riprende gli appuntamenti istituzionali e normali della sua agenda, a cominciare da stamattina, con il discorso al corpo diplomatico. Il 31 gennaio partirà per il viaggio in Repubblica Democratica del Congo e Sud Sudan. E nel frattempo ha attuato una mossa che ha sparigliato le carte, con l’intento di stemperare gli animi: ha ricevuto a sorpresa il vescovo emerito di Hong Kong, il cardinale conservatore Joseph Zen, tra i più aspri critici di Francesco. Zen ha parlato di un colloquio «cordiale e amichevole».
(da la Stampa)
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Gennaio 9th, 2023 Riccardo Fucile
SALVINI TACE, NESSUN COMMENTO E CONDANNA
Giorgia Meloni non si smentisce, condanna l’assalto al parlamento senza nominare Lula e mostrare solidarietà verso il presidente che ha legittimamente vinto le elezioni.
E senza nominare nemmeno Bolsonaro, i cui sostenitori sono i responsabili del tentativo golpista.
E che ha detto Giorgia Meloni? «Quanto accade in Brasile non può lasciarci indifferenti. Le immagini dell’irruzione nelle sedi istituzionali sono inaccettabili e incompatibili con qualsiasi forma di dissenso democratico. E’ urgente un ritorno alla normalità ed esprimiamo solidarietà alle Istituzioni brasiliane». Lo scrive su Twitter il presidente del Consiglio dei ministri, Giorgia Meloni.
Ovviamente Giorgia Meloni non può solidarizzare (a differenza di altri leader europei) con Lula visto che i suoi elettori sostengono Bolsonaro e il suo vice-premier Salvini lo celebra come il nuovo faro della destra reazionaria.
Un’altra dimostrazione delle ambiguità politiche di Giorgia Meloni che già in passato si era distinta in prese di posizione in cui si evitavano di chiamare le cose con il loro nome .
Da sottolinerare anche l’imbarazzante silenzio di Salvini sull'”amico” Bolsonaro. Il ministro è l’unico leader politico italiano che ha taciuto di fronte alla gravità e alla drammaticità degli assalti a Brasilia portate avanti dai sostenitori dell’ex presidente sconfitto
(da agenzie)
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Gennaio 9th, 2023 Riccardo Fucile
TUTTI I PRINCIPALI ESPONENTI HANNO CONDANNATO IL TENTATIVO GOLPISTA… MACRON: “LULA PUO’ CONTARE SUL SOSTEGNO INCROLLABILE DELLA FRANCIA”
Condanna assoluta degli attacchi alle istituzioni brasiliane e
«sostegno totale» al presidente Luiz Inacio Lula da Silva da parte dell’Unione europea.
Il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, su Twitter, ha sottolineato che Lula da Silva «è stato democraticamente eletto da milioni di brasiliani con un voto equo e libero». Stesso sostegno dall’alto rappresentate Ue Josep Borrell, che si è detto «costernato» per gli «estremisti violenti».§
La presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola si è detta «profondamente preoccupata». «La democrazia deve essere sempre rispettata» ha twittato.
«La volontà del popolo brasiliano e delle istituzioni democratiche deve essere rispettata!». Lo ha twittato il presidente francese Emmanuel Macron aggiungendo:« Il presidente Lula può contare sul sostegno incrollabile della Francia».
(da agenzie)
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Gennaio 9th, 2023 Riccardo Fucile
ALCUNI ADDIRITTURA FRATERNIZZANO CON I VANDALI
Le immagini che circolano sui social non potrebbero essere più esplicite: mentre i militanti bolsonaristi danno l’assalto alla sede del Congresso di Brasilia, ci sono agenti della Polizia militare del Distretto Federale che conversano amabilmente con loro. Non solo, riprendono persino con i loro smartphone l’invasione delle sedi istituzionali che sarebbero chiamati a proteggere.
Video diffusi anche da alcuni manifestanti fedeli all’ex presidente Jair Bolsonaro, che commentano compiaciuti: «La polizia è dalla parte del popolo». In un’altra scena c’è un poliziotto in divisa avvolto nella bandiera verde-oro del Brasile, che familiarizza con i rivoltosi.
La conferma che sia mancato qualsiasi tipo di prevenzione arriva dalla giornalista Gabriela Antunes, testimone diretta dell’assalto nella capitale brasiliana: «Il governatore di Brasilia avrebbe dovuto garantire la presenza di un maggior numero di effettivi delle forze dell’ordine per evitare l’invasione, ma non l’ha fatto. Abbiamo visto pochi poliziotti in giro, e quelli che c’erano lasciavano passare i manifestanti».
Il dito è puntato contro il governatore del Distretto Federale, Ibaneis Rocha Barros, del partito centrista Mdb, appena rieletto per un secondo mandato, che non ha organizzato nessuna forma di difesa dei palazzi del potere nonostante l’arrivo di decine di pullman di bolsonaristi fosse ampiamente annunciato.
Da qui l’intervento durissimo del presidente Lula, che ha denunciato la mancanza di protezione delle sedi della democrazia brasiliana. Con la promessa che «tutti i responsabili saranno trovati e puniti».
(da agenzie)
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Gennaio 9th, 2023 Riccardo Fucile
CHI HA TOLLERATO L’ASSALTO, CHI L’HA PROTETTO E CHI L’HA FINANZIATO.. IL RUOLO DEI MILITARI
Durante l’attacco alla Corte Suprema che avrebbe causato almeno 46
feriti (di cui 6 gravi), i bolsonaristi hanno rubato una copia della Costituzione del 1988. I video sui social network mostrano il furto. La copia si trovava nell’edificio della sede del Tribunale.
È stata rimossa e portata in Praca dos Tres Poderes. Secondo O Globo, l’edizione originale della Magna Carta, conservata nel museo della Corte Suprema, è invece intatta e non è stata vandalizzata. Il museo si trova nei sotterranei del Tribunale e i manifestanti non ci sono entrati. I video mostrano il momento in cui un sostenitore di Bolsonaro si arrampica sulla scultura “A Justiça”, di Alberto Ceschiatti, e si impossessa del libro.
Intanto su Twitter il governatore di Brasilia Ibaneis Rocha dice che gli arresti hanno superato quota 400. E l’ex presidente Jair Bolsonaro in Florida si dissocia dall’assalto, mentre il neoeletto Luiz Inacio Lula da Silva ha promesso di assicurare alla giustizia i responsabili del peggior attacco alle istituzioni del Paese da quando la democrazia è stata ripristinata, quattro decenni fa.
Un assalto che, secondo il presidente brasiliano, è stato finanziato «da uomini d’affari anche dall’estero».
Per fare luce su quanto accaduto, Lula ha annunciato un intervento di sicurezza federale a Brasilia che durerà fino al 31 gennaio. Intanto l’esercito e la polizia hanno annunciato che a breve inizierà lo sgombero dei bolsonaristi. Che però avrebbero rubato armi da fuoco a Planalto. E il giudice della Corte Suprema Alexandre de Moraes ordina alle piattaforme di social media Facebook, Twitter e TikTok di bloccare la propaganda golpista in Brasile.
La dissociazione di Bolsonaro
«Respingo le accuse, senza prove, attribuitemi dall’attuale capo dell’esecutivo del Brasile», ha scritto Bolsonaro evitando di nominare Lula. Bolsonaro si trova in Florida dal 30 dicembre scorso. Ovvero da poco prima dell’insediamento di Luiz Inàcio Lula da Silva. Bolsonaro ha già visitato la Florida nel 2020. In quell’occasione ha soggiornato nella residenza Mar-a-Lago dell’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump a Palm Beach. L’eletta democratica Alexandria Ocasio-Cortez ha detto che gli Usa dovrebbero smetterla di lasciare un rifugio a Bolsonaro.
Lula a Brasilia
Lula invece è tornato a Brasilia. Ha visitato i luoghi colpiti dagli attacchi dei bolsonaristi: il Palazzo presidenziale Planalto, la Corte Suprema e il Congresso. Nel tribunale federale il presidente ha incontrato la presidente Rosa Weber e i giudici Dias Toffoli e Luis Roberto Barroso. Lula era ieri ad Araraquara, dove ha parlato alla Nazione condannando gli attacchi e le violenze dei manifestanti. «Non succederà più – aveva detto -. Scopriremo chi ha finanziato tutto questo». Il ministro della Giustizia Flavio Dino ha detto che Bolsonaro è «politicamente responsabile» dell’assalto. Anche Lula ritiene l’ex presidente brasiliano colpevole di aver infiammato i suoi sostenitori.
Le reazioni: da Musk all’Onu
Anche il proprietario di Twitter, Elon Musk, ha commentato il violento attacco degli estremisti agli edifici governativi in Brasile. Ma senza prendere posizione. «Spero – ha scritto – che il popolo in Brasile sia in grado di risolvere le questioni pacificamente». Molti follower gli hanno contestato questa posizione, ricordandogli che la sua frase ricorda il «very fine people» usato da Trump. Musk da tempo sostiene le teorie complottiste sul «voto rubato» alle presidenziali americane. Ha riaperto gli account di suprematisti e insurrezionisti che il 6 gennaio 2021 avevano assaltato i palazzi del Congresso, a Washington. L’Onu ha condannato gli «atti antidemocratici» e ha chiesto alle autorità brasiliane di dare priorità al ripristino dell’ordine e alla difesa della democrazia.
L’assalto al Parlamento
La folla è riuscita a irrompere nel Parlamento sfondando i cordoni di sicurezza e devastando gli arredi. I rivoltosi hanno assaltato anche il palazzo presidenziale Planalto e la sede del Tribunale Supremo Federale. Che si trovano a due passi, appunto nella Praca dos Tres Poderes. Numerosi video girati dagli stessi manifestanti, pubblicati sui sociali e ripresi dai media, hanno mostrato persone in un’aula del Senato vandalizzata. All’esterno una marea umana con la maglietta della nazionale di calcio o una bandiera nazionale sulle spalle. Con un raid la polizia ha ripreso, poche ore dopo, il controllo della situazione.
L’esercito ferma la polizia
Intanto l’esercito brasiliano impedisce alla polizia l’ingresso a Brasilia nell’area dove sono accampati molti seguaci dell’ex presidente. Secondo la pagina online del quotidiano Folha de S. Paulo i militari hanno sbarrato la strada agli agenti che volevano entrare nella zona dove sono accampati gli autori dell’attacco con carri armati.
Diversi veicoli della polizia, aggiunge il giornale, erano giunti all’ingresso della zona che si trova davanti al quartier generale dell’esercito, ma sono stati fermati. Le autorità locali hanno organizzato una riunione con responsabili militari, a cui partecipa anche Ricardo Capelli, designato da Lula come responsabile dell’intervento del governo federale nel distretto di Brasilia. Il quartier generale dell’esercito si trova nel Settore militare urbano (Smu), area di responsabilità esclusiva militare.
Lo sgombero
Ma l’esercito e la polizia militare del Distretto federale di Brasilia inizieranno a breve lo sgombero dei manifestanti che sono ancora accampati a Brasilia. I dettagli dell’operazione che dovrebbe svolgersi proprio oggi sono stati discussi nella notte in un incontro con i ministri Jose’ Mucio (Difesa), Flavio Dino (Giustizia) e Rui Costa (Casa civile) con il comandante della Esercito, Julio Cesar Arruda, nel Comando Militare di Planalto.
I bolsonaristi però hanno rubato armi da fuoco conservate nel gabinetto di sicurezza istituzionale, nel palazzo presidenziale di Planalto. Il ministro delle Comunicazioni sociali Paulo Pimenta ha mostrato in un video due casse di armi da fuoco vuote, sopra un divano parzialmente bruciato. Il vice Wadih Damous, che ha accompagnato il ministro nel tour, ha sottolineato che i ladri «avevano informazioni» su quanto custodito in quell’ufficio, dal momento che hanno preso armi, munizioni e documenti.
La destituzione del governatore di Brasilia
Intanto il giudice della Corte Suprema Federale Alexandre de Moraes ha ordinato la rimozione del governatore del Distretto federale di Brasilia Ibaneis Rocha per un periodo di 90 giorni. «La violenta escalation di atti criminali è circostanza che può verificarsi solo con il consenso, e anche l’effettiva partecipazione, dalle autorità competenti per la sicurezza pubblica e l’intelligence», ha affermato Moraes. Almeno tre Stati hanno annunciato l’invio della polizia militare: Bahia, Piauì e Pernambuco.
Meta promette di rimuovere i contenuti che elogiano l’assalto
De Moraes si è inoltre scagliato contro i social, in particolare Facebook, Twitter e TikTok, ordinando di «bloccare la propaganda golpista in Brasile». Una linea presto recepita da Meta, la società madre di Facebook, che ha definito le rivolte un «evento di violazione» e ha promesso di rimuovere i contenuti che «sostengono o elogiano» i manifestanti che hanno preso d’assalto gli edifici governativi. Lo riporta la Cnn.
«Prima delle elezioni, abbiamo designato il Brasile come luogo temporaneo ad alto rischio e abbiamo rimosso i contenuti che invitano le persone a prendere le armi o a invadere con la forza il Congresso, il palazzo presidenziale e altri edifici federali», ha dichiarato il portavoce della società, Andy Stone. Che ha aggiunto: «Stiamo anche designando questo come un evento di violazione, il che significa che rimuoveremo i contenuti che sostengono o elogiano queste azioni. Stiamo monitorando attivamente la situazione e continueremo a rimuovere i contenuti che violano le nostre politiche».
(da Open)
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Gennaio 9th, 2023 Riccardo Fucile
NUOVI CASI IN AUMENTO DELL’11%, I MORTI CRESCONO DEL 9.8%… ANCORA 11,7 MILIONI GLI ANZIANI SENZA QUARTA DOSE
Risalgono i contagi Covid nell’ultima settimana (+11,4%), e aumentano anche i decessi (+9,8%). Sono i dati del monitoraggio della fondazione Gimbe sulla settimana 30 dicembre 2022-5 gennaio 2023. Nel dettaglio, si registrano 775 decessi (di cui 52 riferiti a periodi precedenti) rispetto ai 706 della settimana precedente, con una media di 111 al giorno: “Tornano a salire i decessi – sottolinea il rapporto – che da quattro settimane superano i 100 al giorno”.
I nuovi casi sono 135.977, rispetto ai 122.099 della settimana precedente. Calano invece i positivi (406.182, la settimana precedente erano 417.661), le persone in isolamento domiciliare (398.147 rispetto a 409.059) e i ricoveri con sintomi (7.716 contro 8.288). Restano stabili le terapie intensive (319 vs 314).
I contagi crescono in 14 regioni: dal +1,4% del Veneto al +44,4% della Puglia. Sette regioni registrano invece un calo: dal -0,4% del Piemonte al -45% della Valle D’Aosta. Per quanto riguarda i test, aumenta il numero dei tamponi totali (+6%): da 807.118 dell’ultima settimana di dicembre ai 855.823 della settimana 30 dicembre 2022-5 gennaio 2023.
I vaccini
Sono 11,7 milioni gli anziani che in Italia non hanno ricevuto la quarta dose del vaccino anti Covid, mentre i nuovi vaccinati sono aumentati del 6,4% e sono 6,78 milioni le persone di età superiore a 5 anni che non hanno nemmeno una dose del vaccino. In questo periodo i nuovi vaccinati sono stati 614 rispetto ai 577 della settimana precedente (+ 6,4%). Di questi, 148 (pari al 24,1%) appartiene alla fascia d’età compresa fra 5 e11 anni, con un incremento del 74,1% rispetto alla settimana precedente.
(da agenzie)
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Gennaio 9th, 2023 Riccardo Fucile
TANTO IL PROBLEMA NON ESISTE: LE PROPOSTE DI LAVORO NON CI SONO
Uno degli argomenti di polemica più forti contro il funzionamento
del reddito di cittadinanza è collegato al diritto del percettore del sussidio di rifiutare un’offerta di lavoro che non sia «congrua» rispetto alle proprie competenze e al proprio profilo professionale.
Un diritto che è stato oggetto di diverse critiche – perché, è stato detto da più parti, chi percepisce un sussidio pubblico dovrebbe essere agevolato nella scelta dell’attività da svolgere per ritornare nel mondo del lavoro – sfociate anche in diversi interventi approvati con la recente legge di bilancio. Accanto ad alcune misure volte a rendere più selettivo l’accesso alla misura (come la riduzione della durata del trattamento a 7 mesi per i soggetti «occupabili» o la decadenza, per i soggetti di età compresa tra 18 e 59 anni, del beneficio in caso di rifiuto o mancata partecipazione ai corsi di formazione e riqualificazione professionale proposti dai servizi competenti) doveva essere anche approvata una norma che sopprimeva l’aggettivo «congrua» dal testo della normativa vigente.
Apparentemente, questa modifica avrebbe avuto l’effetto di rendere vincolante l’accettazione di qualsiasi offerta di lavoro proveniente dai servizi per l’impiego, anche ove questa non fosse stata coerente con il profilo professionale dell’interessato, pena la perdita immediata del reddito di cittadinanza.
Questa norma è rimasta, tuttavia, incompleta dopo un serrato confronto interno nella maggioranza. Il legislatore ha rinunciato a ritoccare l’impianto complessivo delle regole che governano il reddito di cittadinanza. Pur essendo scomparso l’aggettivo nella norma, la legge di bilancio non ha modificato l’art. 4 del D.L. n. 4/2019, la norma istitutiva del sussidio, che richiama ancora (comma 8, lett. b), n. 5) l’offerta di lavoro congrua (come ha rilevato, primo tra tutti, il giuslavorista Michele Tiraboschi). Questo vuol dire che, anche dopo la legge di bilancio, il percettore del reddito ha l’onere di accettare l’offerta solo quando questa sia coerente con quanto previsto dall’art. 25 del d.lgs. n. 150/2015, uno dei decreti attuativi del Jobs Act che ha riformato la normativa sui servizi per l’impiego e le politiche attive del lavoro, che fa ancora riferimento all’offerta «congrua».
Tutto invariato, quindi? Probabilmente si. A meno di modifiche normative o regolamentari (il ministero del Lavoro ha uno spazio di intervento con proprio decreto), il percettore del reddito di cittadinanza potrà rifiutare un’offerta di lavoro quando il luogo di lavoro dista più di 80 chilometri dalla residenza del beneficiario o comunque non è raggiungibile entro cento minuti con i mezzi pubblici.
Mettendo così a rischio i risparmi previsti in manovra con il taglio della misura. Queste discussioni sono importanti ma, purtroppo, più teoriche che reali, se si considera che i casi nei quali i servizi per l’impiego riescono effettivamente a formulare una proposta di lavoro ai percettori del reddito di cittadinanza sono pochissimi.
L’ennesimo esempio di come, nel nostro Paese, si spendono fiumi di inchiostro per scrivere riforme ambiziose e poi ci si dimentica di tradurle in un’azione amministrativa coerente.
(da agenzie)
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