Destra di Popolo.net

IN DIVISA PER IL MINISTRO VALDITARA: POLEMICA PER LA PAGLIACCIATA DEI “BALILLA” LEGHISTI DI DURIGON

Gennaio 28th, 2023 Riccardo Fucile

A LATINA CI MANCAVANO GLI ALUNNI IN DIVISA A UNA MANIFESTAZIONE DELLA LEGA

Nessuno ha intonato l’inno dei balilla moschettieri, ma l’atmosfera che si respirava il 25 gennaio scorso nella sala conferenze dell’hotel Europa, a Latina, era di quelle d’altri tempi.
Tanto che nel capoluogo pontino, dove ferve la polemica per il convegno sulla scuola organizzato dalla Lega, c’è chi ironizza parlando di “balilla di Durigon”.
Ad accogliere il ministro dell’Istruzione e del merito, il leghista Giuseppe Valditara, c’erano gli studenti dell’istituto agrario San Benedetto, impegnati anche con l’omaggio floreale, era stata allestita una mostra da quelli del liceo Buonarroti, e l’appuntamento è stato aperto dal coro di quelli dell’istituto comprensivo Giulio Cesare di Sabaudia che, con la divisa della scuola e la mano destra sul cuore, hanno intonato prima l’inno nazionale e poi quello del loro istituto.
Come se non bastasse c’era poi anche una classe dell’istituto comprensivo Frezzotti Corradini di Latina, che con la maglia della scuola indosso, al termine dell’evento è stata fatta alzare in piedi dalla coordinatrice del partito di Matteo Salvini a Latina, Pina Cochi, ricevendo un caloroso applauso dopo essere stata presentata come “l’esempio più alto” del messaggio di “educazione e rispetto” appena lanciato dallo stesso Valditara.
Immagini che sembrano tratte da un cinegiornale dell’istituto Luce e che invece sono andate ad arricchire i video diffusi sui suoi canali social dall’organizzatrice del convegno “Pnrr: Piano scuola 4.0. Ambienti di apprendimento innovativi”, la deputata leghista Giovanna Miele.
Il ministro Valditara non si è recato a Latina per parlare di innovazione nella scuola a un evento istituzionale, ma a un appuntamento organizzato dalla Lega, che sulla locandina dell’evento ha messo il proprio logo. Insieme a lui c’erano la deputata pontina Miele, il sottosegretario al lavoro Claudio Durigon, che nel capoluogo pontino, dove aveva proposto di togliere i nomi dei giudici Falcone e Borsellino dal parco pubblico per sostituirli con quello di Arnaldo Mussolini, ha la sua roccaforte, e al senatore leghista Roberto Marti, che ad agosto. dopo che la Giunta del Senato ha negato l’autorizzazione all’utilizzo delle intercettazioni. ha ottenuto l’archiviazione dell’inchiesta della Procura di Lecce che lo vedeva indagato per tentato abuso di ufficio, falso ideologico aggravato e tentato peculato relativamente all’assegnazione di un immobile confiscato alla criminalità organizzata al fratello di un boss della Sacra Corona Unita.
La presenza delle scuole e dei ragazzi a un evento dove campeggiava il simbolo della Lega a Latina è considerato da molti inopportuno e non ha cambiato il quadro la presenza tra i relatori dell’ex assessore della giunta di centrosinistra di Damiano Coletta, Laura Pazienti, che lavora al Ministero. Ma per la Lega è stato solo un “momento di ascolto e confronto” a cui ha preso parte pure il candidato alle Regionali Massimiliano Carnevale, specificando: “Sempre insieme tra la gente della nostra terra”.
(da La Repubblica)

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FDI, IL RITORNO DI FINI: “L’EX LEADER DI AN PUNTA ALLE EUROPEE 2024”

Gennaio 28th, 2023 Riccardo Fucile

LA GRANDE RIMPATRIATA DI FINI A NAPOLI

“Credo che la grande qualità che ha quella donna è che quando si sente impreparata, o teme di esserlo, studia. E quindi non improvvisa”. Gianfranco Fini parla così di Giorgia Meloni, nel corso della puntata di ‘BellaMà’ su Rai2.
«Il presidente Bertinotti, che stimo, e credo di poter dire che godo della sua stima, quando era presidente della Camera mi disse ‘Giorgia Meloni ha presieduto da vicepresidente in modo ineccepibile’. Non aveva alcuna esperienza, ma studiava”.
Si tratta dell’antipasto della grande rimpatriata di sabato 28 gennaio a Napoli con gli ex fedelissimi. Come racconta a Il Giornale, l’ex presidente della Camera raduna i fedelissimi per un evento in pubblico, tra la gente (e non in uno studio televisivo), dopo il lungo esilio iniziato all’indomani della disfatta elettorale del 2013 con Futuro e Libertà”.
Secondo il Giornale, “a Palazzo Zapata si ritroverà tutta la vecchia guardia delle truppe finiane. Ci sarà Enzo Raisi, uno dei colonelli di Fli, che per l’occasione presenta il suo libro («La Casta siete voi»). E poi un nutrito gruppo di ex dirigenti ex An: tutti in congedo dalla vita pubblica dal 2013 assieme al loro leader”.
Come spiega il Giornale, “ufficialmente, Fini allontana l’ipotesi di un ritorno in campo. Ma in realtà ha riannodato i rapporti con i suoi ex colonnelli. E il suo ritorno a casa pare che avvenga sotto lo sguardo benevolo di Palazzo Chigi”.
Ma il quotidiano milanese sottolinea che “sul futuro di Fini si fanno congetture. Chi lo vedrebbe già in campo alle Europee in lista con Fdi. Chi invece lo indica come candidato naturale per la poltrona di commissario Ue al posto di Gentiloni su indicazione del governo italiano”.
(da affaritaliani.it)

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SONDAGGIO GHISLERI SULLE ARMI DELL’ITALIA ALL’UCRAINA: IL 52% E’ CONTRARIO

Gennaio 28th, 2023 Riccardo Fucile

I SOLITI CACASOTTO CHE FINO A CHE NON TOCCA A LORO SE NE FOTTONO CHE ALTRI POPOLI EUROPEI VENGANO INVASI E MASSACRATI

Un sondaggio di Euromedia Research illustrato da Alessandra Ghisleri su La Stampa dice che la maggioranza degli italiani è contraria all’invio di armi all’Ucraina.
Il campione si schiera anche contro un eventuale intervento della Nato nel conflitto.
E la maggioranza relativa pensa che la guerra finirà con un cessate-il-fuoco negoziato con la Russia che poi sarà imposto a Kiev.
Gli italiani sentono il conflitto lontano. Tranne i giovani: il 15,8% sente vicine le ostilità della guerra, il 51% le sente addirittura prossime. Ghisleri spiega che la percentuale di contrario all’invio di armi è aumentata rispetto a dicembre. Mentre i favorevoli sono leggermente in calo. Tra questi ci sono gli elettori di Partito Democratico, Azione e Italia Viva.
La Germania
Il 33,9% degli intervistati ritiene doveroso il sostegno con l’invio dei panzer Leopard tedeschi, il 58% è contrario. Perché vede in questa scelta la possibilità di un inasprimento del conflitto.
Il 68% è contrario a un eventuale intervento della Nato, auspicato qualche tempo fa da Lucio Caracciolo di Limes.
E, come detto, il 38,2% dei cittadini si augura una pace con i russi da imporre agli ucraini. Il 25,2% è convinto che la riduzione dell’aiuto militare porterebbe Zelensky sul tavolo dei negoziati di pace.
L’8,4% auspica invece un intervento diretto di tutti gli alleati per salvare Kiev. Un cittadino su quattro (il 24,9%), invece sostiene che piano piano si ridurrà il sostegno militare a Kiev. Il 10,2% pensa al contrario che alla fine si entrerà in maniera attiva nel conflitto.
(da Open)

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DOPO LA CANDIDATURA CON LA LEGA, IL PRESIDENTE DELL’UNIONE CIECHI DELIGITTIMA IL COLLEGIO DEI PROBIVIRI CHE LO AVEVA SOSPESO

Gennaio 28th, 2023 Riccardo Fucile

TRA CHAT PRIVATE E MINACCE, L’ASSOCIAZIONE E’ NEL CAOS

Fatale fu quella candidatura del presidente dell’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti con la Lega di Matteo Salvini.
Il terremoto provocato da Mario Barbuto all’interno di una delle più longeve Onlus del Paese è andato avanti ben oltre le elezioni politiche del 25 settembre, raggiungendo un’escalation mai registrata nella storia ultracentenaria dell’associazione, da sempre sotto la vigilanza del ministero del Lavoro e delle politiche sociali.
Le prime scosse erano arrivate dopo che il presidente Barbuto aveva annunciato la sua candidatura a fianco del leader del Carroccio. «Siamo orgogliosi di accogliere il presidente dell’Unione Ciechi in squadra», diceva Salvini prima del 25 settembre. «Negli ultimi anni si è speso più degli altri sul fronte delle disabilità e delle fragilità», faceva ecco Barbuto parlando del capo partito.
Un coinvolgimento che creò non poche polemiche fuori e dentro la Onlus e che nelle ultime ore ha raggiunto la deriva di un vero e proprio colpo di Stato interno, con la delegittimazione da parte del presidente in carica dell’organo di garanzia dell’associazione.
Risale a pochi giorni fa la sospensione di Barbuto dalla sua attività di socio dell’Unione e quindi anche da presidente per 180 giorni da parte del collegio dei probiviri.
Un duro colpo per l’ex candidato leghista, costretto a dire addio non solo alla sua carica ma anche a circa 240 mila euro di reddito annuo.
Ma la delibera di poche ore fa ha comunicato una contromossa senza precedenti da parte del presidente nazionale che, attraverso un cavillo legale, ha ufficialmente destituito lo stesso collegio e delegittimato con effetto retroattivo tutti gli atti e le decisioni da esso firmate.
Via il dente, via il dolore dunque: l’organo di garanzia che aveva deciso di sospendere il presidente, di colpo non è più considerato legittimo e dunque, in un gioco di parole e di regolamenti,
Barbuto sospende la sua sospensione. Secondo quanto spiega la «delibera di autotutela», la mossa appare motivata dalla «incompatibilità» con la carica di probiviro di uno dei componenti del collegio, nello specifico del presidente del collegio Fortunato Pirrotta. Ma andiamo per ordine.
La candidatura con la Lega e la richiesta di dimissioni
L’annuncio della candidatura di Mario Barbuto con la Lega di Matteo Salvini alle elezioni del 25 settembre 2022 aveva destato non poche polemiche tra chi gridava «all’incompatibilità con lo statuto dell’Unione Ciechi» e chi, ricorrendo alla sfera etica, riteneva «assolutamente non opportuno uno schieramento politico di questo tipo». Nonostante l’identità apartitica ribadita dal regolamento della Onlus, lo stesso documento non presenta alcun riferimento a una possibile violazione nel caso di candidature politiche.
Ma la frequente associazione dell’Unione Ciechi con la Lega di Matteo Salvini operata attraverso slogan e simboli accomunati, hanno fatto storcere non poco il naso a associati e membri interni. Le parole di elogio di Barbuto sull’impegno di Salvini sul fronte «delle disabilità e delle fragilità» aveva lasciato di stucco in primis la presidente della sezione di Cremona Flavia Tozzi: «Non ci sembra che la Lega sia un partito che si batta per i diritti dei disabili e delle minoranze», spiegava, «ma il problema è ancora un altro: Barbuto doveva dimettersi e invece si è solo autosospeso, tenendosi la carica di presidente che immagino faccia molto comodo al partito».
È in quel momento che, dopo dichiarati tentativi di dialogo con il presidente candidato, il Gruppo del Consiglio Nazionale UICI “Uniti per l’Unione” chiede ufficialmente le dimissioni di Mario Barbuto dalla carica di presidente.
«Adottando la strategia della chiusura a ogni confronto e rigettando con albagia la prospettiva delle dimissioni, il presidente si è inventato l’istituto dell’«autosospensione» dalla carica, non previsto dallo statuto», si legge nella nota di “Uniti per l’Unione”, «ma utilissimo nel consentire, nonostante un formale disimpegno associativo, a lui la prosecuzione del suo incarico presidenziale e ai suoi nuovi riferimenti politici di usare, propagandando la sua carica associativa, il nome, la storia, l’autorevolezza dell’UICI per fini elettorali.
Una circostanza, questa, che è confliggente con l’apartiticità dell’Unione, prevista dallo Statuto, a cui Barbuto e i pochi prescelti si appellano continuamente, rifuggendo, contemporaneamente, da altre valutazioni di carattere etico».
Gli audio privati mandati in diretta radio e la “vendetta” di Barbuto
La fine della corsa elettorale però non è riuscita a mettere un punto alle schermaglie interne alla Onlus che, dopo settimane, hanno sempre più preso le sembianze di una vera e propria frattura.
«Ora parlo senza freni né di tipo etico né legislativo»: questo è l’esordio scelto da Barbuto per il discorso pronunciato in diretta radio subito dopo le elezioni. «Sono 45 giorni che sento sciocchezze di ogni tipo, ora parlo io». Da lì svariati minuti di sfogo in cui il leghista si è rivolto direttamente a chi nelle ultime settimane aveva criticato la sua candidatura, difendendo la sua autosospensione, attribuendo ad altri la scelta di associare il simbolo dell’Unione Ciechi con quello della Lega e utilizzando toni duri contro molti dei soci definiti «schifosi» e «criminali».
L’invettiva pubblica è continuata attraverso la messa in onda di audio whatsapp privati, appartenenti a una chat interna alla Onlus. Le voci di Annamaria Palummo, consigliera nazionale, di Stefano Scala e del presidente regionale Arturo Vivaldi si alternano in diretta nella radio web, restituendo toni altrettanto duri nei confronti del presidente allora candidato.
«Ormai l’Unione è spaccata in tutta Italia, se non vuole trovare un’onda di critiche deve fare quello che stiamo dicendo altrimenti inizia la guerra, una guerra vera», dice Palummo. «Abbiamo raccolto dei soldi, paghiamo un killer professionista, vedrete che dopo un po’ la paura la fa da padrone. Barbuto è uno che si spaventa», continua l’audio di Scala.
E ancora Vivaldi: «Ha svuotato l’Unione di tutti i suoi principi, la sua fidanzata ha fatto diventare il personale un covo di vipere, una delle migliori associazioni del Paese è scesa nei bassifondi. Bisogna fare pulizia totale».
Una pubblicazione che ha avuto tutto il sapore della vendetta da parte del presidente, intenzionato ad alimentare la schermaglia e a togliersi «tutti i sassolini dalle scarpe». La diretta incriminata è poi continuata con il tema delle dimissioni: «Mi hanno parlato di dignità dopo otto anni di grande impegno: prima di me chi leccava il c**o di più aveva di più. Siete stati eletti in Consiglio nazionale con la mia lista, se non vi riconoscete più in quei valori allora dimettetevi voi».
La sospensione del presidente
Dopo la messa in onda del discorso dai toni non poco accesi, è stato un socio di Trieste, l’avvocato Stefano Borella, a formulare un’istanza di ricorso per il comportamento adottato dal presidente nazionale in diretta radiofonica, chiedendo ai probiviri di provvedere con la massima sanzione possibile. Il collegio ha ritenuto a quel punto opportuno procedere per la sospensione di Mario Barbuto in quanto socio, prevedendo cosi in modo automatico anche il decadimento della carica più alta di presidente.
«Quale Vicepresidente non entro nella decisione dei Probiviri ma permettetemi di esprimere amarezza, preoccupazione e profondo sgomento per un atto mai verificatosi prima nella storia centenaria della nostra associazione», spiega in una nota ufficiale la vicepresidente nazionale Linda Legname, indicata da fonti interne come convivente dello stesso Barbuto. «Non posso che esprimere sentimenti di vicinanza a un uomo per bene e a un Presidente autorevole», continua.
Il “colpo di Stato”
Dopo pochi giorni dalla notizia della sua sospensione, Barbuto sceglie ancora una volta il mezzo radiofonico per far sapere di una comunicazione «arrivata dalla vicepresidente», la stessa Linda Legname di cui sopra, «che informa che per ragioni cautelari si è trovata ad adottare una deliberazione con la quale vengono dichiarati invalidi tutti gli atti compiuti dal collegio dei probiviri e il suo stesso insediamento». Attribuendo la decisione alla sua vicepresidente, «con i poteri del Consiglio nazionale», è ora Barbuto a operare la contromossa contro chi aveva cercato di sospenderlo, rendendo illegittima una parte fondamentale della struttura organizzativa della Onlus. La motivazione ufficiale sarebbe quella di una «incompatibilità e ineleggibilità» riconosciuta a uno dei membri del collegio. La persona in questione sarebbe il presidente dei probiviri Fortunato Pirrotta che, secondo la delibera, avrebbe continuato fino ad oggi «a svolgere due cariche sociali tra loro incompatibili». Il riferimento è alla carica di presidente del collegio e a quella di presidente onorario della sezione di Reggio Calabria. Motivo che «ha reso e rende l’attività, l’opera, le sedute e gli atti del collegio invalidi fin dal momento dell’insediamento».
Quello che non torna
«La situazione è molto delicata, si tratta di cavilli a cui potersi attaccare», spiega al telefono il presidente regionale Unione Ciechi Alto-Adige Valter Calò, poco prima di riunirsi con gli altri membri per decidere come affrontare la mossa di Barbuto. A spiegare i punti deboli della delibera che ha di fatto delegittimato in toto il collegio dei probiviri è Vincenzo Zoccano, attuale membro del Consiglio nazionale UICI e già Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri con deleghe a famiglia e disabilità nel governo Conte I.
«Una delle due cariche a cui il testo fa riferimento riguarda una presidenza onoraria e cioè un ruolo non facente funzione», spiega. E poi l’altro punto centrale: «La revoca di tutto il collegio e di tutti gli atti retroattivi non appare coerente con quello che stabilisce la legge: quei documenti sarebbero non validi solo se il voto del presidente risulta essere stato ogni volta centrale e dirimente per la decisione, cosa non verificatasi. E poi, se il problema è il presidente, perché destituire tutto il collegio, che tra l’altro due anni fa, si è insediato alla presenza dello stesso Barbuto?». Ora sarà il Consiglio nazionale a dover concedere o meno la ratifica della delibera stanziata. Nel frattempo il presidente sospeso non è più sospeso.
«Migliaia di persone che hanno bisogno di aiuto e noi a litigare: il ministero intervenga»
«Quello che succede nell’Unione ciechi domani potrebbe accadere in qualsiasi altro tipo di sodalizio che rappresenta moltissima gente», spiega ancora Zoccano, chiarendo quello che l’escalation interna alla Onlus sta provocando nel sistema generale di tutela e assistenza di una delle categorie sociali più fragili in assoluto. «Quello che mi fa rabbia è che mentre ci accapigliamo su queste quisquilie lì fuori c’è gente che ha bisogno di assistenza sul territorio, bambini che hanno bisogno di studiare in maniera decente, di anziani che hanno bisogno di ausili, studenti che ancora non accedono al diritto all’istruzione. Si sta perdendo tempo nella risposta a fondamentali richieste d’aiuto». Zoccano parla poi di atteggiamenti «arbitrari con tratti dittatoriali» che possono a questo punto «contaminare tutto il sistema del terzo settore».
Il precedente creato è considerato pericoloso: «Non siamo un’associazione di servizi né di volontariato ma di tutela di categoria: l’Unione Ciechi è sotto la vigilanza del ministero del lavoro e delle politiche sociali. Ci sono soldi pubblici che nessuno può gestire come vuole. Alla luce di quanto successo, domani qualsiasi presidente può delegittimare l’organo che lo sospende».
Il consigliere ci tiene a sottolineare di non avere nulla contro Barbuto, «che avrà ricevuto anche i suoi torti», ma ricorda il compito di ogni uomo d’istituzione: «Evitare il corpo a corpo che quasi sempre non ha mai vincitori e saper mediare con intelligenza per il bene dell’organo che presiede». Poi l’appello al ministero di competenza, affinché faccia luce sulla situazione: «La gente che è lì fuori si aspetta di sapere come andrà avanti una realtà che per oltre 100 anni ha portato i ciechi dai gradini delle chiese alle cattedre universitarie».
(da Open)

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“AIUTO, MAMMA, MI UCCIDONO”

Gennaio 28th, 2023 Riccardo Fucile

LE TERRIBILI IMMAGINI DI TYRE NICHOLS PESTATO A MORTE DALLA POLIZIA A MEMPHIS, ENNESIMO EPISODIO CRIMINALE DEI RAZZISTI IN DIVISA

Le autorità di Memphis hanno diffuso il video che mostra i cinque agenti afroamericani che fermano e picchiano a morte Tyre Nichols, anche lui afroamericano.
Le immagini sono registrate da una bodycam in dotazione agli agenti. In totale i video dell’arresto sono 4. Il video di una bodycam mostra il 29enne Nichols catturato dopo un tentativo di fuga, trattenuto a terra, colpito selvaggiamente dagli agenti per tre minuti mentre urla e invoca sua madre diverse volte.
L’uomo era stato fermato per una presunta guida pericolosa. Il 29enne è morto tre giorni dopo in seguito alle ferite riportate. Un filmato mostra gli agenti che trascinano Nichols fuori dal posto di guida. Lui urla: «Dannazione, non ho fatto niente. Sto solo cercando di tornare a casa».
I filmati del pestaggio
Gli agenti lo gettano a terra, gli ordinano di sdraiarsi sulla pancia, gli spruzzano spray al peperoncino in faccia. Nichols si libera, si alza in piedi e corre lungo una strada mentre gli agenti lo inseguono, sparando contro di lui. Un altro video mostra una successiva colluttazione dopo che gli agenti hanno raggiunto di nuovo Nichols e lo picchiano. Si vedono due poliziotti che lo tengono fermo a terra. Un terzo lo prende a calci e un quarto sferra colpi con una verga, prima che un altro agente lo percuota. I poliziotti sono stati accusati di omicidio di secondo grado, aggressione, sequestro, cattiva condotta e abuso. Tutti sono già stati licenziati.
Nel terzo video la maggior parte delle immagini sono oscurate. Si sente solo l’audio e Nichols lamentarsi. Nel quarto video si vede ancora Nichols colpito alla testa più volte, prima preso a calci e poi a pugni mentre è ammanettato, e tenuto fermo da due poliziotti. Quando è a terra i poliziotti continuano a picchiarlo.
La reazione di Biden
Nei tre video con l’audio la vittima continua a dire «mamma, mamma», così come George Floyd, l’afroamericano ucciso nel maggio 2020 durante un arresto a Minneapolis, Minnesota.
Nel primo video, quello che documenta lo stop per una presunta infrazione stradale, vede Nichols consegnarsi subito, dire «ok», mentre i poliziotti appaiono aggressivi.
Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden si è detto «oltraggiato e indignato», oltre che «profondamente addolorato nel vedere l’orribile video del pestaggio che ha provocato la morte di Tyre Nichols.§
È ancora un altro doloroso promemoria della profonda paura e del trauma, del dolore e dello sfinimento che gli americani di colore sperimentano ogni singolo giorno». Il presidente ha fatto un appello contro la violenza: «Coloro che cercano giustizia non dovrebbero ricorrere alla violenza o alla distruzione. La violenza non è mai accettabile; è illegale e distruttiva. Mi unisco alla famiglia di Nichols nel chiedere una protesta pacifica».
Le proteste
Decine di persone hanno protestato davanti alla Casa Bianca dopo la diffusione delle immagini del pestaggio. Decine di manifestanti, per lo più giovani, si sono radunati fuori dalla residenza del presidente con cartelli che chiedevano «la fine del terrore della polizia», «giustizia per Tyre Nichols» e di «mettere in galera i poliziotti assassini».
Biden ha chiesto al Congresso di inviare alla sua scrivania la legge di riforma della polizia, il George Floyd Justice in Policing Act. «Quando i repubblicani del Senato hanno bloccato quel disegno di legge, ho firmato un ordine esecutivo che imponeva un uso più rigoroso degli standard sull’uso della forza e disposizioni sulla responsabilità per le forze dell’ordine federali, nonché misure per rafforzare la responsabilità a livello statale e locale».
(da Open)

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I CARABINIERI E I VIGILI CHE VIVEVANO VICINO AL COVO DI MESSINA DENARO: “NESSUNO CI HA VOLUTO ASCOLTARE”

Gennaio 28th, 2023 Riccardo Fucile

SEGNALAZIONI RIMASTE LETTERA MORTA

Chissà da quanti anni Matteo Messina Denaro girava libero per Campobello di Mazara. Le prime segnalazioni sulla sua presenza a Torretta Granitola risalgono al 2010. E in tutti questi anni pare improbabile se non impossibile che “Francesco”, come si faceva chiamare l’ultimo dei Corleonesi, non abbia incrociato nemmeno un poliziotto sul suo cammino.
Nemmeno quando una retata tre mesi dopo il suo trasloco in vicolo San Vito o via Cb/31 portò in galera il boss locale partendo da un bar che si trovava a 95 metri dalla sua abitazione.
Pare anche che la videocamera installata all’epoca per le indagini non abbiamo mai inquadrato il boss che usciva da casa sua, nemmeno per un caffè. E oggi arrivano anche i rimpianti di chi lavorava nelle forze dell’ordine a Campobello. Ma anche qualche giallo. Come quello di una segnalazione che risale al novembre 2021. Proprio su ‘U Siccu. Che però è rimasta lettera morta.
La segnalazione del novembre 2021
A raccontare la vicenda è oggi Repubblica. Nel novembre 2021 la locale stazione dei carabinieri fece partire una segnalazione sulla possibile presenza di Messina Denaro a Campobello. Che però nessuno prese seriamente in considerazione. Si tratta di una vicenda ancora sconosciuta ai media. E non si conoscono i termini della segnalazione. Ma chi frequenta i militari della caserma, che si trova ad appena 500 metri dall’ultimo covo del boss, dice che sono arrabbiati e frustrati. Anche il comandante dei vigili urbani Giuliano Panierino ha una sua storia da raccontare. «Non era certo compito mio arrestare Messina Denaro», premette. «Siamo in dieci e ci dobbiamo occupare di viabilità e di controlli amministrativi. C’era mezza Sicilia che lo cercava. Certo, per anni ho sognato di mettergli le manette, mi ero anche preparato il discorso da fargli». Poi racconta: «Pensare che viveva qui come un normale campobellese mi scatena la rabbia. Mi sento preso in giro. Due giorni fa un mio agente era sicuro di averlo incontrato la settimana prima della cattura al supermercato. Stesso giubbotto ma con le ciabatte. Ne era sicuro. Dopo, sempre dopo la cattura».
Dopo, sempre dopo§Il nuovo comandante della stazione dei carabinieri di Campobello Nicolò Adamo è in carica da otto mesi. Nella caserma che si trova al numero civico 133 di viale Risorgimento si racconta che dei 15 carabinieri in servizio molti conoscono il territorio e hanno i loro informatori. La dritta della presenza di Messina Denaro a Torretta Granitola è arrivata più volte anche a loro. «Ma nessuno ci ha voluto ascoltare», dicono oggi. Un’informativa chiamava in causa proprio l’Alfa Romeo Giulietta nera poi sequestrata a Diabolik. «Si faceva chiamare “Francesco” da queste parti. Al pescivendolo si è presentato come un infermiere in pensione, originario della provincia di Palermo con una casa a Triscina e un’eredità lasciata dai parenti», aggiunge Panierino. «Certo, se lo avessi fermato alla guida della Giulietta forse la storia sarebbe cambiata», conclude con amarezza.
I documenti nel covo
Ieri intanto i carabinieri hanno rilasciato un video che mostra il covo di Messina Denaro. Tra le carte del capomafia gli inquirenti hanno trovato documenti di identità contraffatti con i nomi e i dati di persone realmente esistenti. Non è ancora chiaro se i documenti siano stati truccati dallo stesso capomafia o se qualcuno glieli abbia forniti precompilati e lui abbia soltanto apposto la sua foto. Diverse anche sono le fototessere trovate nel nascondiglio del padrino di Castelvetrano. Prima di assumere l’identità del geometra Bonafede, utilizzata a partire almeno dal 2020, quando venne operato di cancro all’ospedale di Mazara del Vallo. Utilizzò il codice fiscale e la carta di identità del suo fiancheggiatore, il boss avrebbe fatto uso dei documenti di altre persone. E con le generalità di altri favoreggiatori avrebbe viaggiato e concluso affari. Piste che gli inquirenti, che stanno tentando di andare a ritroso per ricostruire la latitanza del capomafia, ora approfondiranno.
La casa del boss
Quella dell’ultimo dei Corleonesi a Campobello è una casa pulita e ordinata. Con i quadri alla parete, due leoncini di peluche, uno su un termosifone, l’altro sull’appendi panni, un divano marrone con due cuscini ben sistemati. E un’intera stanza adibita a palestra. Nel salotto una tv, i libri disposti su una mensola, i quadri alle pareti con riproduzioni di dipinti famosi, come i Girasoli di Van Gogh e le foto dei protagonisti del film “Il Padrino” e “Joker”. Nell’ambiente teneva una panca e dei pesi. Nella stessa stanza c’erano l’asse da stiro e decine di scarpe costose sistemate in una scarpiera. E la pistola: una calibro 38 special che ora verrà analizzata. Magari per trovare la risposta a uno dei tanti misteri siciliani.
(da Open)

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TRA GLI ODIATORI DI LILIANA SEGRE DENUNCIATI C’E’ IL SEGRETARIO DELLA LEGA DI REGGIO CALABRIA, NICOLA BARRECA

Gennaio 28th, 2023 Riccardo Fucile

OLTRE A CHEF RUBIO, CI SONO ANCHE UN ONCOLOGO, UN IMMOBILIARISTA, IMPIEGATI E OPERAI

Non solo Gabriele Rubini alias Chef Rubio. Tra i presunti hater con un profilo da personaggio pubblico, c’è anche, stando a quanto risulta al Giorno, Nicola Barreca, con un passato da funzionario di banca e un presente da segretario cittadino della Lega a Reggio Calabria.
Una carica che, come risulta dal suo profilo Facebook, il settantunenne ha assunto lo scorso 18 dicembre, quindi dopo aver postato on line contenuti contro la senatrice a vita Liliana Segre che ora per i carabinieri integrano il reato di diffamazione a mezzo web con l’aggravante della discriminazione razziale, etnica e religiosa.
L’inchiesta dei militari della Sezione indagini telematiche del Nucleo investigativo di via Moscova, coordinati dal pm Nicola Rossato e guidati dal capitano Gianluca Bellotti, è scattata il 6 dicembre, quando Segre, assistita dall’avvocato Vincenzo Saponara, ha presentato tre denunce: la prima nei confronti di Rubini; la seconda contro l’utilizzatore di un account “gmail” da cui la sera del 13 ottobre 2022, in concomitanza con l’inaugurazione dell’attuale legislatura (con la senatrice a vita a presiedere la prima seduta di Palazzo Madama), è stata inviata una mail dal contenuto “gravemente offensivo, diffamatorio e antisemita”; la terza contro i gestori del canale Telegram “Disinformazione.it” per una serie di post pubblicati a novembre. Una sequela di offese violentissime, con frasi irripetibili ed espliciti riferimenti alle “camere a gas”.
I carabinieri hanno avviato così un’attività di web patrolling, una sorta di pattugliamento virtuale della Rete per associare i nickname di fantasia alle persone che approfittavano dell’anonimato per vomitare odio contro la novantaduenne, finita nel mirino anche per il ruolo di testimonial per Regione Lombardia della campagna di vaccinazione contro il Covid. Un lavoro certosino che ha portato a identificare e segnalare alla Procura diciassette uomini e tre donne: il più anziano è il settantatreenne di Reggio Calabria A.I., fondatore di una società specializzata nella gestione di patrimoni immobiliari; il più giovane è l’mpiegato ventunenne R.B., di Grottammare, in provincia di Ascoli Piceno. Nell’elenco c’è anche l’artigiano trentasettenne V.E.D., nato a Milano ma residente a Cesano Maderno.
(da il Giorno)

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GLI ITALIANI IN FUGA DALLE UNIVERSITA’ BRITANNICHE PER COLPA DELLA BREXIT

Gennaio 28th, 2023 Riccardo Fucile

CROLLA IL NUMERO DI STUDENTI DEL NOSTRO PAESE E EUROPEI NEGLI ATENEI DEL REGNO UNITO … LE RETTE UNIVERSITARIE ORMAI ALTISSIME PER I NON BRITANNICI SCORAGGIANO LE ISCRIZIONI

Crolla il numero di studenti europei e italiani nel Regno Unito, addirittura di circa la metà nell’ultimo anno. Anche questo è un effetto della Brexit, di cui si attendeva solo la conferma ufficiale. Ora è arrivata, almeno a leggere i dati dell’istituto Higher Education Statistics Agency. Tra i Paesi più colpiti dall’esodo dalle ambite università inglesi e britanniche proprio l’Italia, la Germania e la Francia.
Dopo l’effettiva uscita di Londra dall’Ue il 31 dicembre 2020, l’anno 2021-2022 è stato il primo con il nuovo regime post Brexit, che scoraggia e limiterà sempre di più l’afflusso di studenti italiani ed europei nel Regno Unito. Questo perché adesso questi ultimi devono pagare le alte rette universitarie come tutti gli altri studenti stranieri extracomunitari, mentre prima della Brexit gli europei erano parificati a quelli britannici. Una grossa differenza: se prima si parlava di circa 10mila euro all’anno di tasse universitarie, ora, a meno che non si abbia una borsa di studio o accesso a un prestito universitario altrettanto complicato da Brexit, si arriva a una parcella fino a 45mila sterline per iscriversi agli atenei più prestigiosi oltremanica come Oxford e Cambridge.
A proposito di numeri, purtroppo sono eloquenti, come riporta il Guardian. Il numero di studenti europei che si sono iscritti a una laurea di primo livello o specialistica è sceso da 66.680 dell’anno 2020-2021 a 31mila nel 2021-2022: insomma oltre la metà di giovani Ue persi. Ancora peggio se vi va ad analizzare il numero di studenti della laurea di primo livello. Se due anni fa erano 37.530 gli iscritti europei ai corrispettivi delle lauree “triennali”, l’anno scorso sono stati soltanto 13.155, circa un terzo. Mentre per le lauree specialistiche, si è passati dai 24mila del 2017-2018 agli attuali 14mila e da 4.650 ricercatori europei a 2.260 di oggi.
Ma se gli europei calano, schizza in alto il numero di studenti extracomunitari, soprattutto cinesi: se nel 2017-2018 erano 107mila, nel 2021-2022 sono diventati 151mila, con un aumento di circa il 50%. Insomma, gli studenti europei saranno sempre di meno, anche perché l’Erasmus non esiste più nel Regno Unito – Scozia a parte con alcune borse speciali.
(da La Repubblica)

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“MA SIAMO SICURI CHE MESSINA DENARO SIA UN ASSASSINO?”. VITTORIO FELTRI LA SPARA GROSSA E VIENE SOMMERSO DALLE CRITICHE

Gennaio 28th, 2023 Riccardo Fucile

RINFRESCHIAMO LA MEMORIA A FELTRI? IL BOSS È SOTTO PROCESSO PER LA STRAGE DI CAPACI, PER LA MORTE DEL PICCOLO GIUSEPPE DI MATTEO, IL BIMBO SQUAGLIATO NELL’ACIDO

“Ma siamo sicuri che Messina Denaro sia un assassino?”. E’ il provocatorio tweet scritto da Vittorio Feltri, direttore editoriale di Libero e capolista a Milano per Fratelli d’Italia alle elezioni regionali in Lombardia, che ha scatenato numerose reazioni negative su Twitter e nel mondo politico. “Messina Denaro se è un assassino perché mai nel paesello dove abitava non è stato identificato e denunciato?” ha poi aggiunto scatenando altre reazioni.
Online c’è chi chiede un intervento di Twitter o dell’Ordine dei Giornalisti “per mettere fine a queste letture che offendono tutte le vittime della criminalità”.
Reazione immediata anche da parte di Pierfrancesco Majorino, candidato alla presidenza della Regione per il centrosinistra: “Feltri deve scusarsi immediatamente e FdI deve subito prendere le distanze ritirando la sua candidatura – ha commentato – . La sua è una frase indegna e non ho parole per esprimere il mio disgusto. Non ci sono giustificazioni di sorta”.
L’ex direttore de Il Giornale è poi successivamente intervenuto sulle reazioni: “Questo signore viveva lì, in quel paesino, e nessuno se n’è accorto? Non fatemi ridere. Uno vive non so per quanti anni in un paese di 13-14mila abitanti, che è un quartiere piccolo di Milano e nessuno se ne accorge… Normale non è. La mia domanda non è così stolta. E poi è una domanda, uno non può neanche porsi una domanda? Allora siete cretini o non siete capaci di fare il vostro mestiere”.
(da agenzie)

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