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BINARIO MORTO, SALVINI HA LA SOLUZIONE GENIALE PER IL CAOS FERROVIARIO: MENO TRENI PER TUTTI

Gennaio 15th, 2025 Riccardo Fucile

SIAMO CERTI CHE SE IN ITALIA PARTISSE UN SOLO TRENO AL GIORNO PROBABILMENTE ARRIVEREBBE IN ORARIO

Il peggior ministro dei Trasporti dall’invenzione della ruota, Matteo Salvini, parla di tutto meno che di trasporti, c’è da capirlo: nessun cacciatore parla volentieri di quella volta che mancò la lepre e si sparò in un piede.
Esiste ormai una vastissima e deprimente letteratura sulla mobilità ferroviaria italiana, che andrebbe rilegata in più volumi (Autori Vari) e consegnata alle biblioteche. È composta in gran parte dalle lettere ai quotidiani di viaggiatori che, si suppone finalmente giunti a destinazione, raccontano le loro ore (a volte giorni) di odissea per andare da qui a là con regolare biglietto, prenotazione, scelta del posto e che si ritrovano a elencare ritardi, disguidi, partenze rinviate, tabelloni luminosi che servono ormai solo a comunicare tempi di attesa, disagi, ore sotto il sole nelle carrozze ferme, ore al gelo nelle carrozze ferme, ore in stazione a guardare le carrozze ferme. Un’altra letteratura, a diffusione orale, questa, più popolare, elenca le cose che i viaggiatori farebbero al ministro dei Trasporti, se potessero. Anche qui l’elenco sarebbe lungo, ma rinunciamo perché bisogna rifuggere da sentimenti come vendetta e crudeltà, ci limiteremo a dire che nessuno auspica che il ministro venga legato ai binari, solo perché la probabilità che poi il treno non passi è diventata piuttosto alta.
Una volta fu colpa di un chiodo, che fermò mezza Italia, poi dei cantieri, poi del destino, poi del grande traffico, poi dell’incidente tecnico. Probabilmente Salvini si tiene la scusa delle cavallette o dei meteoriti come ultima chance, per le prossime volte che andrete in stazione e troverete solo la stazione. Ma insomma, chi si prenda la briga di avventurarsi nel labirinto lisergico dei suoi social, le bacheche su cui Salvini scrive i suoi pensierini, ci troverà di tutto tranne che i treni fermi, o in ritardo, o soppressi. Moltissimi post contro gli immigrati, qualcuno sul Milan, un po’ di storie strappalacrime come il cane infreddolito che trova rifugio in caserma, gli auguri di Natale, Capodanno, Epifania, Trump, Musk, Le Pen, Orbán, la pallavolo, la bambina di otto anni che rompe il salvadanaio per fare il regalo alla mamma.
Ma treni niente, zero, nemmeno l’ombra. Nell’immaginario del ministro delle Infrastrutture i treni non esistono, e se ogni tanto si parla di trasporti collettivi (bisogna risalire al 4 settembre 2023, centinaia di post orsono) è per dire che ha precettato i lavoratori in occasione di uno sciopero. Si dirà, come fanno i sette-otto leghisti che ancora lo sostengono, che non è tutta colpa sua, poverino, anche se, di fronte a un’emergenza, è il ministro che dovrebbe intervenire, non la Provvidenza, specie perché i vertici delle ferrovie sono di nomina politica, e quindi si torna sempre lì. Qualche idea però ce l’ha anche lui – siamo onesti – e la più luminosa è quella di ridurre le corse del 15 per cento, che non fa una piega, e siamo del resto sicuri che se partisse un treno solo, probabilmente arriverebbe in orario.
Quindi potremmo chiedere al ministro Salvini di non essere timido, di spingere su questa sua intuizione, inaugurando in pompa magna il Monotreno, un solo convoglio al giorno con biglietto da 80.000 euro e tutti i comfort, compresa la carrozza “silenzio” dove nessuno può dire ad alta voce cosa farebbe, se potesse, al ministro dei Trasporti. Una soluzione che metterebbe un po’ in crisi gli italiani che devono spostarsi, è vero, ma che preserverebbe le decine di miliardi stanziati per il ponte sullo Stretto.
(da ilfattoquotidiano.it)

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CON IL FOULARD CHE LE HA REGALATO EDI RAMA GIORGIA MELONI PARE BABA VANGA, LA VEGGENTE DEI BALCANI

Gennaio 15th, 2025 Riccardo Fucile

IL PREMIER ALBANESE HA REGALATO IL FAZZOLETTONE PER IL COMPLEANNO DELLA DUCETTA, CHIAMATA PIU’ VOLTE “SORELLA”… CON I LAGER PER I MIGRANTI VUOTI, I BUONI RAPPORTI CON RAMA HANNO PARTORITO FINORA TRE TAPPE DEL GIRO D’ITALIA IN ALBANIA E UN’INTESA SULL’ENERGIA RINNOVABILE

Un foulard come regalo di compleanno. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni compie oggi 48 anni (è nata il 15 gennaio 1977 a Roma). E il premier albanese Edi Rama ha voluto omaggiarla all’ingresso del World summit sull’energia ad Abu Dhabi.
Rama si è inginocchiato all’arrivo della premier porgendole il regalo. «La devi smettere con questa storia…», la risposta divertita della premier. Rama ha regalato a Meloni un foulard realizzato da un imprenditore italiano che si è trasferito in Albania diventando cittadino albanese. Rama ha provato anche a intonare il motivetto «tanti auguri» e ha chiamato più volte la premier «sorella».
Oggi Italia e Albania firmeranno un’intesa sull’energia rinnovabile e sulla costruzione di un’infrastruttura per la produzione e il trasporto. «Il valore dell’infrastruttura va verso un miliardo di euro e sarà operativa al massimo in tre anni», ha spiegato Rama.
L’infrastruttura, ha detto il premier albanese, «porterà più energia rinnovabile verso l’Italia. Anche perché nel 2026 ci sarà la nuova legge europea sull’energia rinnovabile e sarà di grande aiuto».
(da agenzie)

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GIORGIA VA DA BIN SALMAN E GLI PORTA I TRE MILIARDI DI SACE

Gennaio 15th, 2025 Riccardo Fucile

DIPLOMAZIA DEI SOLDI: L’ACCORDO TRA IL GRUPPO PUBBLICO E I SAUDITI CHIUSO A NOVEMBRE, MA TENUTO NASCOSTO IN ATTESA DEL VIAGGIO DELLA PREMIER A RIAD A FINE MESE

A dicembre non ha trovato il tempo, ma a gennaio dovrebbe: Giorgia Meloni oggi presenzierà negli Emirati Arabi alla Abu Dhabi Sustainability Week e qualche giorno dopo, il 26 e 27 gennaio, farà la sua annunciata visita a Riad. Potrà così finire la consegna del silenzio imposta al gruppo assicurativo pubblico Sace sull’accordo coi sauditi per garantire 3 miliardi di prestiti ricevuti dal Paese arabo per il mega-progetto Neom caro al principe Moahmmed bin Salman.
Palazzo Chigi ha prima sponsorizzato l’accordo, nonostante alcune perplessità della società del Tesoro, e poi imposto a Sace e alla controparte di non divulgarlo prima della visita di Meloni a Riad. E così per un paio di mesi è rimasto sepolto un comunicato ufficiale che i sauditi non vedevano l’ora di rendere pubblico: è la prima volta che un’Eca statale (Export credit agencies) assicura Neom.
Il viaggio era stato fissato per gennaio già a novembre, ma solo una riunione a Palazzo Chigi venerdì scorso ha definito i particolari operativi: nella delegazione sarà presente la chief international officer di Sace, Michal Ron, ed è previsto che Meloni firmi memorandum con diversi fondi sauditi, ovviamente a partire dal Public Investment Fund (Pif) che finanzia Neom ed è presieduto proprio da Bin Salman.
Il tempo passa e non sono neanche tre anni dacché, criticando il “Rinascimento saudita” cantato da Matteo Renzi, Meloni definì l’Arabia Saudita “uno Stato fondamentalista islamico che applica alla lettera la sharia” e “diffonde in modo sistematico teorie fondamentaliste (…) creando l’humus nel quale prospera il terrorismo”: ora la premier va a stringere accordi coi fondamentalisti, forte anche delle garanzie finanziarie al progetto simbolo del “rinascimento saudita” fornite da Sace su consiglio del governo.
Neom è infatti uno dei cinque giga-progetti della “Vision 2030” per diversificare l’economia saudita del principe Bin Salman, amico e occasionale datore di lavoro di Renzi: in sostanza si tratta di costruire, in una regione desertica grande come il Belgio, alcune smart city, un distretto turistico di superlusso con relativo porto, un distretto industriale, in parte galleggiante, con relativo porto, un parco giochi per gli sport invernali e una città capoluogo detta The Line, la linea, per 3 milioni di abitanti in tutto. Il costo totale sarebbe di circa 500 miliardi, 320 dei quali da spendere entro il 2030: si usa il condizionale perché l’anno scorso il fondo Pif ha bocciato il bilancio di Neom e i progetti si stanno ridimensionando.
Sono queste difficoltà che rendono così appetibile, per i sauditi, l’accordo con un grande gruppo pubblico come Sace, che peraltro ha aperto un ufficio a Riad proprio nel 2024: un segnale al mercato internazionale dei capitali che gli investimenti sauditi sono seri e sicuri. La società italiana – la cui proprietà è del Tesoro, che ne riassicura il 90% delle operazioni – s’è impegnata a garantire all’80% prestiti per 3 miliardi concessi a Neom da 9 grandi banche internazionali (JpMorgan, BofA, Crédit Agricole, Hsbc, Bank of China, etc.), nessuna delle quali italiana.
In realtà, le imprese italiane hanno già appalti nel futuribile progettone del principe Bin Salman per 6,3 miliardi di dollari (4,7 la sola Webuild), ma i sauditi promettono che ne avranno di più, specie le piccole e medie imprese dei settori infrastrutture, sviluppo urbano, costruzioni e trasporti. E se per questo serve ingoiare un po’ di fondamentalismo e di humus del terrorismo pazienza.
(da La Repubblica)

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DI CHI È LA COLPA DELLA DISASTROSA ORGANIZZAZIONE DI AGRIGENTO, CAPITALE DELLA CULTURA? SI TENGONO TUTTI LONTANI DA UNA CATASTROFE ANNUNCIATA

Gennaio 15th, 2025 Riccardo Fucile

L’EVENTO AVREBBE DOVUTO RILANCIARE L’IMMAGINE DELLA CITTÀ DEI TEMPLI… ALESSANDRO GIULI HA DECISO DI CANCELLARE UN EVENTO DI PRESENTAZIONE DEL PROGRAMMA

È sempre più sola Agrigento Capitale italiana della Cultura. Ieri, nelle stesse ore, il ministro Alessandro Giuli ha deciso di cancellare un evento di presentazione del programma previsto per oggi e il presidente della Regione siciliana Renato Schifani “pur trovandosi a Roma” ha scelto di non prendere parte a un appuntamento parallelo.
Dopo la figuraccia dei cartelloni stradali sgrammaticati e l’allarme sulla pioggia caduta nel teatro che accoglierà sabato 18 gennaio il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, è calato il gelo sull’organizzazione di una kermesse che è già costata quattro milioni di euro. Governo nazionale e regionale, adesso, prendono le distanze da un progetto che avrebbe dovuto rilanciare anche l’immagine della Città dei Templi, ma che rischia di trasformarsi in un autogol. Nonostante le speranze di Federalberghi, che registra un “boom di prenotazioni”, ma ammette anche ritardi e preoccupazioni.
Dubbi che stanno mettendo radici anche in Regione, dove si inizia a parlare di commissariamento. Una soluzione indicata, dopo le notizie virali sui cartelloni apparsi lungo la Strada degli scrittori, già da Pietrangelo Buttafuoco, presidente della Biennale di Venezia e uomo assai ascoltato all’interno di Fratelli d’Italia, il partito del ministro Giuli.
Ministro che aveva già fatto trapelare freddezza non presentandosi nemmeno a Pesaro, all’evento che ha simboleggiato il passaggio di testimone tra la città delle Marche e quella siciliana
A dire il vero, la strada del commissariamento, dal punto di vista formale, è in salita o praticamente impossibile. I soci della fondazione “Agrigento 2025” sono infatti il comune di Agrigento (che indica 5 componenti nel cda), il comune di Lampedusa, il Consorzio universitario di Agrigento e la presidenza della Regione siciliana (un componente a testa).
Ma di certo, il clima è gelido: il presidente Schifani ha delegato l’assessore ai Beni culturali Francesco Paolo Scarpinato a partecipare alla conferenza stampa, in programma oggi pomeriggio nella sede della stampa estera a Palazzo Grazioli, per presentare il programma di Agrigento Capitale della Cultura 2025.
E se non si può parlare di un commissariamento formale il governatore aveva accennato alla possibilità di inviare «un’apposita squadra di tecnici qualificati».
Insomma, la Regione siciliana si dice pronta a vigilare in qualche modo sugli eventi e l’organizzazione.
Polemiche e allarmi non sembrano però sfiorare il sindaco di Agrigento Francesco Miccichè (eletto nel centrodestra), che parla di “clamore immotivato”. A proposito della pioggia caduta nel teatro che ospiterà il Capo dello Stato, ad esempio, ha detto di avere sentito il presidente Schifani e di averlo rassicurato.
Ma adesso i problemi sembrano andare oltre un cartello o l’impermeabilizzazione del teatro. Agrigento Capitale della Cultura 2025 è sempre più sola. Scaricata dal ministro e dal governatore. Sommersa dalla pioggia, dai dubbi e dalle gaffe.
(da agenzie)

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UNA SOCIETÀ FRIULANA APRE UN BANDO PER ASSUMERE DEI SALDATORI, MA ALL’INVITO HANNO RISPOSTO SOLO DONNE, CHE POI SONO STATE REGOLARMENTE ASSUNTE

Gennaio 15th, 2025 Riccardo Fucile

“E’ MENO FATICOSO, GLI ORARI SONO PIÙ NORMALI, IL SABATO E LA DOMENICA NON SI LAVORA E SI GUADAGNA UN BEL PO’ DI PIÙ RISPETTO AD UN FORNO O UNA PASTICCERIA”

Un’azienda di Tavagnacco, la Pilosio, società friulana controllata dalla Euredile Ponteggi di Paese, nel trevigiano, aveva aperto un bando per assumere dei saldatori.
All’invito, come riporta il Corriere del Veneto, hanno risposto solo donne, che sono state regolarmente assunte. E’ meno faticoso – spiegano – gli orari sono più normali, il sabato e la domenica non si lavora e si guadagna un bel po’ di più rispetto ad un forno o una pasticceria.
Chiara Ascari, 24 anni, assieme alle colleghe di età compresa tra i 21 e i 53 anni, si occupano di una importante sezione della produzione dell’azienda che realizza casseforme e sistemi sospesi per l’edilizia.
“Nel primo colloquio di lavoro – racconta Ascari – mi avevano assicurato che non mi avrebbero messo sopra una saldatrice e io ho detto ‘peccato’. Hanno colto la palla al balzo, dopo un periodo di formazione opero con grande soddisfazione”.
(da agenzie)

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E ORA CHE FACCIAMO CON GIANNI CENNI, IL PIZZAIOLO ARRESTATO NEL DONBASS? IL 51ENNE ITALIANO, CATTURATO DALLE FORZE SPECIALI UCRAINE, SOSTIENE DI ESSERE STATO COSTRETTO A COMBATTERE INSIEME ALL’ESERCITO RUSSO

Gennaio 15th, 2025 Riccardo Fucile

LA SUA E’ UNA STORIA CRIMINALE: È STATO CONDANNATO PER L’OMICIDIO DI UN SUO COLLEGA E PER MOLESTIE SESSUALI NEI CONFRONTI DI UNA BIMBA DI SETTE ANNI (NEL 2012… PER EVITARE DI SCONTARE LA SECONDA CONDANNA, CENNI È FUGGITO PRIMA IN FINLANDIA, POI NELLA CITTÀ RUSSA DI SAMARA, DOVE HA LAVORATO COME PIZZAIOLO

La barba è trasandata, il volto scavato. «Mi chiamo Gianni Cenni, sono stato mobilitato illegalmente in Russia per combattere in Ucraina», dice l’uomo che indossa una divisa militare. Poi scuote il capo e aggiunge: «Non voglio combattere, voglio ritornare in Italia».
Fonti informate confermano che Cenni, originario di Napoli, è stato catturato al fronte nella zona di Kharkiv, in Donbass, occupata dalle truppe di Mosca e si trova attualmente sotto la custodia delle forze armate ucraine.
Ma c’è un mondo da raccontare nella storia del nostro concittadino ritratto in questo e negli altri video che circolano sui social. Ha 51 anni e si è trasferito in Russia già da diversi anni. A Samara, sulle sponde del fiume Volga, aveva lavorato come pizzaiolo anche nel locale del console onorario della città.
Si capirà solo fra qualche tempo se Cenni sia finito a fare la guerra in Ucraina con l’esercito di Vladimir Putin per scelta oppure perché costretto come sostiene nel filmato. Ma di sicuro alle spalle si è lasciato un passato da romanzo nero segnato da due condanne.
La prima, interamente scontata, per un omicidio commesso nel 1999, quando lavorava come guardia giurata a Milano e fu processato per aver ucciso un collega. La seconda per molestie sessuali commesse tra il 2010 e 2012, quando era in regime di semilibertà, ai danni di una bambina di sette anni, figlia di parenti della sua compagna dell’epoca.
Per questa vicenda, Cenni è stato condannato a 7 anni e due mesi di reclusione. Il verdetto è definitivo, ma la sentenza non è mai stata eseguita perché, nel frattempo, l’uomo ha lasciato l’Italia. Prima di arrivare in Russia era stato segnalato anche in Finlandia. Le ricerche non avevano dato esito ed erano state estese in tutta Europa.
Non la pensa così la madre della vittima, che si costituì parte civile in giudizio con l’assistenza dell’avvocata Antonietta Borghese. «Quando un’amica del quartiere mi ha mandato il video ho pensato: ecco, finalmente l’hanno arrestato – dice la donna a Repubblica – Ero felice, perché non si può comprendere fino in fondo il dolore che questa persona ha provocato a mia figlia e alla nostra famiglia. Non so che cosa succederà, ma noi abbiamo paura che possa tornare in Italia: ci ha già minacciato e temiamo che possa farci ancora del male».
(da Repubblica)

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