A CREMONA SI RIPOPOLA L’OSPEDALE: “NON SO COME SI POTREBBE AFFRONTARE UNA NUOVA EMERGENZA, SIAMO STANCHI”
“LA BESTIACCIA NON VA VIA E NELLA GENTE C’E’ CALO DELL’ATTENZIONE”
La preoccupazione di Giancarlo Bosio è legata sì ai numeri, ma soprattutto agli uomini e alle donne che lo hanno affiancato nella grande emergenza, “quando i morti erano all’ordine del giorno e in 24 ore contavamo fino a cento polmoniti”.
All’Ospedale di Cremona in sei giorni il numero dei ricoverati per Covid è salito da 2 a 11 e il primario di pneumologia, che dirige anche il Dipartimento di Medicina, riflettendo sull’ipotetica evoluzione della situazione pensa ai suoi colleghi medici, agli infermieri, agli operatori sanitari
“In quei mesi hanno sostenuto una prova eccezionale, non so quanto sia ripetibile se si tornasse a quella situazione”, spiega. Per una decina di giorni non c’erano stati pazienti “positivi”, poi il virus ha colpito di nuovo. Da 2 a 11 in sei giorni: uno è stato dimesso, quindi oggi ci sono 10 ricoverati, 8 nel reparto di Malattie infettive, 2 in Pneumologia, il suo. Sono un 30enne e un 60enne, arrivano dall’area di Casalmaggiore e della vicina Viadana, in provincia di Mantova. La zona dalla quale proviene la gran parte dei lavoratori della “Parmovo” dove è stato localizzato uno dei nuovi focolai che si sono accesi di recente in Italia.
A Viadana abita il direttore sanitario dell’Azienda socio-sanitaria territoriale di Cremona, Rosario Canino, che non vuole cedere al pessimismo nè all’allarmismo. “Stanno facendo i tamponi ai residenti nelle strade in cui erano stati geolocalizzati i positivi, mi risulta ci sia stata una buona adesione”, racconta ad HuffPost. “Bisogna aspettare l’esito dei test” per capire come sta la situazione, “che comunque non si può dire sia sotto controllo perchè questa bestiaccia – sbuffa – fa quello che le pare e piace e perchè si nota in giro un calo dell’attenzione sulle regole per prevenire il contagio, tanta gente è convinta che il virus non ci sia più”.
Doveroso continuare a stare in allerta, quindi, specie se il numero dei pazienti aumenta in pochi giorni, in una provincia, risultata in termini percentuali la più contagiata dal Covid. La stessa considerazione da cui parte Bosio, che in ospedale sta facendo i conti con quello che definisce “un ritorno di fiamma, tutto sommato prevedibile”.
Perchè prevedibile?
La regressione di un evento naturale di tale portata non segue mai una linea retta. Certo, potrebbe essere anche una ripresa. I prossimi giorni saranno fondamentali per capire se sono piccoli focolai che si autolimiteranno o se sono inneschi che porteranno a onde ben più grandi. In fondo a Codogno tutto è partito con uno, due casi.
Lei che pensa?
Sono ottimista di natura, anche se i dati oggettivi dicono che dobbiamo valutare con molta attenzione.
È preoccupato dalla situazione che si è creata negli ultimi giorni?
Sì, le truppe sono stanche. Da comandante penso ai miei uomini. Nei mesi dell’emergenza hanno sostenuto una prova eccezionale, non so quanto sia ripetibile se si tornasse a quella situazione. Ora sono più preparati, più capaci di gestire un evento imprevisto e drammatico come quello determinato dal Covid, ma psicologicamente sono molto provati. In 40 anni di professione, 20 da primario, non ho mai visto una pandemia dalle conseguenze tanto gravi. La polmonite è sempre seria, importante. Ma così tante, tutte insieme non le avevo mai viste. Siamo arrivati a contarne cento al giorno.
Le polmoniti dei ricoverati di oggi sono diverse da quelle dei pazienti che avete curato nell’emergenza?
I due ricoverati nel reparto di Pneumologia hanno polmoniti uguali a quelle che abbiamo visto in passato. In un caso sta evolvendo verso il bene, per l’altro siamo molto preoccupati. In alcuni casi nei pazienti contagiati abbiamo visto polmoniti molto estese che coinvolgevano gran parte del polmone. Il virus c’è e circola, su questo fronte non è cambiato molto.
E sul fronte delle cure?
Abbiamo imparato tanto. Gli antivirali, per esempio, sulla fase iniziale della polmonite hanno un uso terapeutico assai limitato, mentre antinfiammatori e sostegno respiratorio sono più validi. L’arma per eccellenza è l’utilizzo degli anticorpi delle persone guarite che hanno donato il plasma. Noi abbiamo iniziato a farlo, dopo aver firmato un protocollo con Mantova e Pavia e ho visto risultati eclatanti. E poi l’uso del plasma è l’inizio della strada per il vaccino, che mi auguro arrivi il prima possibile.
Nel frattempo, dottore, non crede che l’attenzione per le regole anti Covid si sia un po’ allentata?
Non so. Di certo posso dirle che tutte le malattie è meglio prevenirle che curarle. Atteso che la prevenzione completa contro il nuovo coronavirus arriverà con il vaccino, nel frattempo dobbiamo fare in modo quanto più possibile di non entrare in contatto col virus. Il solo risparmiare qualche vita dà senso ai sacrifici, alla battaglia e alla stanchezza.
Lei è stanco, dottor Bosio?
Durante l’emergenza, in due mesi e mezzo non ho fatto un giorno di riposo. Paradossalmente, quando ero a casa ero più preoccupato di quando ero in reparto. Però sa una cosa?
Cosa?
Stiamo rivedendo i pazienti guariti e sono molto ottimista sull’evoluzione dell’infezione. Ne abbiamo visitati 250, nessuno ha insufficienza respiratoria, si stanno riprendendo bene. E allora ne è valsa la pena. La battaglia non è finita, ma non possiamo fermarci. Bisogna continuare a combattere.
(da agenzie)
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