A GENOVA SAPPIAMO BENE CHI HA SOTTOVALUTATO L’ARRIVO DEI TEPPISTI SERBI
IL MINISTRO DEGLI INTERNI CERCA DI SCARICARE SU BELGRADO LA RESPONSABILITA’ DEGLI INCIDENTI, MA LA VERITA’ E’ CHE GLI ALLARMI C’ERANO E SONO STATI IGNORATI…SNOBBATA LA NOTA DELLA DIGOS GENOVESE, NON SI E’ TENUTO CONTO DELLA COMUNICAZIONE DELLA MATTINA DA BELGRADO E DI QUELLA UNGHERESE…COME MAI NESSUNO PARLA DELL’ELENCO DI SEGNALATI O DELLA COLLABORAZIONE CON LA POLIZIA SERBA CHE NESSUNO HA CHIESTO?
Da genovesi, verrebbe subito da porre una domanda al governo: chi risarcirà la città degli 80 milioni di euro di danni subiti grazie alla cattiva gestione dell’arrivo di 300 teppisti dalla Serbia, in occasione dell’incontro di calcio con la nostra nazionale?
Il bilancio parla di 16 feriti, 138 identificati e 17 in via di arresto.
Da due giorni il ministero degli Interni cerca di giustificare il proprio (mancato)operato, scaricando le colpe sul governo di Belgrado (che sicuramente ne ha molte), mentre il ministro Maroni dice che “lo fanno ridere” le critiche che gli sono state rivolte e gli inviti a dimettersi.
E sventola un fax delle autorità serbe di 4 giorni prima della partita: “Il messaggio che abbiamo ricevuto dall’Interpol di Belgrado parlava di cento tifosi che sarebbero partiti per Genova per assistere all’incontro di calcio, divisi in due gruppi. E si riservavano di comunicare ulteriori notizie nel caso fossero sopraggiunte”.
Quindi, non prevedendo grossi problemi, sarebbe stato predisposto un piano sottotraccia.
“E’ chiaro che se ci avessero detto che arriva una banda di criminali ultras che potrebbero mettere a ferro e fuoco la città , avremmo gestito in modo diverso” sostiene Maroni.
Peccato che le cose non stiano così.
1) La mattina di martedi, giorno della partita, è arrivato un secondo fax da Belgrado, più allarmante: “si comunica che i biglietti venduti in Serbia sono circa 1.300 e ci risultano partiti diversi pulmann a auto private stanotte”.
2) Nella stessa mattinata arriva una informativa dalla polizia ungherese che segnala un intenso traffico notturno di tifosi serbi alla sua frontiera, in direzione Croazia (e quindi Italia).
3) La Digos di Genova aveva analizzato nei giorni precedenti la situazione e aveva indicato molte criticità intorno a questo incontro, segnalandole a chi di dovere.
4) L’intelligence italiana non si è mossa, le comunicazioni e lo scambio di informazioni hanno seguito trafile burocratiche, senza porre in essere quelle procedure di acquisizioni notizie per lo meno consigliabili dopo i gravi incidenti al Gay Pride.
5) Secondo l’ambasciatrice serba a Roma, le autorità di Belgrado avevano inviato addirittura l’elenco di un centinaio di “teppisti” diretti in Italia, definiti “gruppo di tifosi a rischio”.
La stessa ambasciatrice ha sottolineato che “i tifosi in Serbia non possono nemmeno usare i fumogeni”. Una recente legge contro gli hooligan prevede addirittura il carcere, in Serbia sarebbero finiti tutti in galera, forse per quello che sono venuti in Italia, conoscendo bene la sedicente “linea dura” di Maroni.
6) Nonostanti le segnalazioni di cui sopra, si sono attese le 20 di sera per chiedere rinforzi ai reparti mobili di Milano e Torino, permettendo che nel pomeriggio, dalle 18 in poi, 300 teppisti serbi si impadronissero del centro di Genova, minacciando, bevendo, importunando e facendo chiudere i negozi e scappare intere famiglie.
7) Nessuna operazione di “accompagnamento” dei 15 pulmann dal confine allo stadio di Marassi (durante il percorso avrebbero potuto fare qualsiasi cosa), nessuna perquisizione dei tifosi quando i pulmann sono stati parcheggiati nel settore apposito accanto allo stadio. Nessuno ha mai chiesto alla federazione europea le schede segnaletiche di 400 teppisti serbi con nome, cognome e foto allegata.
Eppure dal mattino si sarebbe potuto organizzare un altro tipo di servizio d’ordine.
Se “il morto non c’è scappato”, come dice Maroni, non è certo merito suo: gli agenti in servizio hanno fatto al meglio il proprio dovere, qualcuno in alto no.
Questa è la sola certezza che emerge.
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