A PALAZZO CHIGI CI SONO DUE LINEE: DA UNA PARTE L’ALA ISTITUZIONALE, GUIDATA DA ALFREDO MANTOVANO, IRRITATISSIMA DAL PASTROCCHIO COMBINATO DAL SOTTOSEGRETARIO E DAL COINQUILINO DONZELLI
DALL’ALTRA FAZZOLARI, CHE FA QUADRATO INTORNO AI COMPAGNI DI PARTITO ED È FAUTORE DELLA LINEA DURA CONTRO L’OPPOSIZIONE. IL MINISTRO NORDIO, ASSEDIATO, STA NEL MEZZO, MA STA ASPETTANDO L’ASSIST DELLA PROCURA DI ROMA PER LIBERARSI DEL DETESTATO DELMASTRO (PIAZZATO A VIA ARENULA DALLA MELONI PER CONTROLLARLO)
Dietro la vicenda Donzelli-Delmastro si consumano due scontri: a Palazzo Chigi e in via Arenula. Nella sede del governo c’è chi vorrebbe frenare, e persino censurare e chi invece rilanciare l’offensiva contro l’opposizione.
Sullo sfondo c’è il fascicolo aperto dalla Procura di Roma. Ma la partita decisiva avviene all’interno del ministero della Giustizia. L’indagine interna decisa da Carlo Nordio era chiave per determinare il fatto se il deputato Giovanni Donzelli e il sottosegretario fossero stati solo improvvidi nel divulgare le informazioni che arrivavano dal Dap, oppure se ci fosse qualcosa di più grave nel la loro condotta.
Alla fine Nordio ha optato per un’assoluzione, anche se non completa. Da via Arenula arrivano voci di un pressing fortissimo sul ministro per chiudere più in fretta possibile la vicenda. Al centro dei veleni di Fratelli d’Italia finisce il suo capo di gabinetto, Alberto Rizzo, convinto che l’operato del sottosegretario fosse censurabile.
A Palazzo Chigi, sin dalle prime ore dopo lo scoppio dello scandalo, ci sono due linee: da una parte il sottosegretario alla Presidenza Alfredo Mantovano e dall’altra il sottosegretario per l’Attuazione del programma di governo Giovanbattista Fazzolari. Il primo si è infuriato per forma e contenuto dell’attacco di Donzelli all’opposizione.
Mentre il secondo insiste nel far quadrato intorno ai compagni di partito e, anzi, è fautore di una linea dura. Basta leggere le dichiarazioni di ieri di Fazzolari, forse il più fidato consigliere di Meloni, per rendersene conto: «Stiamo assistendo a una preoccupante escalation. Anche frutto della poca fermezza con cui alcune forze politiche e parte della stampa hanno preso le distanze da questi criminali. Il Governo non si lascia intimidire e non cede alle richieste di trattativa Stato-terroristi anarchici che qualcuno auspica».
Insomma, dal cuore di Palazzo Chigi si rilancia l’accusa al Partito democratico di aver di fatto da sponda alla criminalità organizzata. Ma qualche stanza più in là si esprimono molti dubbi: se si chiede all’opposizione di abbassare i toni, come ha fatto la stessa Meloni intervenendo in televisione la sera, non si può allo stesso tempo far passare il messaggio che dietro un ex ministro della Giustizia, come Andrea Orlando o la capogruppo del Pd alla Camera, Debora Serracchiani, stiano di fatto spalleggiando le richieste della mafia contro il carcere duro.La premier ancora una volta ha evitato di trattare il tema.
(da La Stampa)
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