“ABBIAMO FATTO QUELLO CHE POTEVAMO, RICORDATEVI DI NOI”
IL DRAMMATICO MESSAGGIO DEI MEDICI SULLA LAVAGNA DI UN OSPEDALE DI GAZA
«Chi rimarrà fino alla fine racconterà la storia. Abbiamo fatto quello che potevamo. Ricordatevi di noi».
Sono parole in inglese, comparse sulla lavagna di un ospedale a Gaza, dove i medici, spiega Medici senza frontiere che posta la foto su X – sono così «sommersi dal numero di pazienti che è impossibile tenere traccia di tutti gli interventi della settimana».
«Nelle ultime 24 ore, gli ospedali di Gaza sono stati bombardati senza sosta. Il nostro staff ad Al Shifa ha visto persone colpite mentre cercavano di fuggire dall’ospedale», ha sottolineato l’associazione, chiedendo il cessate fuoco. Il testo ha una firma e una data oramai già lontana 20 ottobre 2023, a intervento sulla Striscia già in corso.
«I pazienti in terapia intensiva hanno iniziato a morire»
Una dedica, amara, mentre la situazione sanitaria sulla Striscia è al collasso. Primo tra tutti al_Shifa, il principale della zona, da giorno al centro di combattimenti.
Oggi due neonati ricoverati in terapia intensiva sono morti per i costanti black out elettrici. Mohammed Abu Salmiya, direttore dell’ospedale al-Shifa a Gaza, ha parlato al telefono con l’Associated Press mentre in sottofondo si sentivano spari e delle esplosioni.
«Non c’è elettricità. I dispositivi medici sono fermi. I pazienti, soprattutto quelli in terapia intensiva, hanno iniziato a morire», ha dichiarato.
La condanna Onu
Martin Griffiths, sottosegretario generale delle Nazioni Unite per gli affari umanitari e coordinatore degli aiuti di emergenza ha oggi dichiarato che «gli ospedali devono essere luoghi di maggiore sicurezza, non di guerra». Ha aggiunto che «non ci può essere alcuna giustificazione per atti di guerra nelle strutture sanitarie, lasciandole senza corrente, cibo o acqua, e sparando ai pazienti e ai civili che cercano di fuggire. Questo è inconcepibile, riprovevole e deve finire. Gli ospedali devono essere luoghi di maggiore sicurezza e coloro che ne hanno bisogno devono avere fiducia che siano luoghi di rifugio e non di guerra».
(da Huffingtonpost)
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