ACCUSA, LINCIAGGIO, ASSOLUZIONE: IL CASO OLIVERIO E IL SILENZIO DEI “MORALIZZATORI” E DEGLI SCIACALLI
L’EX GOVERNATORE PD DELLA CALABRIA ASSOLTO DOPO DUE ANNI CON FORMULA PIENA… DUE ANNI DI ISOLAMENTO POLITICO E REGIONE CONSEGNATA AI SOVRANISTI, MA NESSUNO PARLA DI MAGISTRATURA POLITICIZZATA IN QUESTO CASO
“Se Mario Oliverio è un uomo d’onore deve dimettersi. Solo così avrà il rispetto mio e dei calabresi”, parlava così Nicola Morra, presidente della Commissione parlamentare antimafia, dopo aver saputo dell’inchiesta “Lande desolate” che riguardava Oliverio.
Era la fine del 2018 e l’allora governatore della Calabria veniva sottoposto all’obbligo di dimora, annullato qualche mese dopo dalla Cassazione.
Il politico, indagato per corruzione e abuso d’ufficio con altre persone – tra cui la deputata del Pd Enza Bruno Bossio e suo marito Nicola Adamo – aveva da subito respinto ogni accusa. E non si era dimesso.
Ieri il giudice dell’udienza preliminare di Catanzaro ha stabilito che Mario Oliverio era ed è innocente. L’ex governatore dem calabrese è stato assolto nel rito abbreviato con formula piena: “Perchè il fatto non sussiste”, è la formula di rito.
Per Bruno Bossio e Adamo, invece, il gup ha pronunciato il proscioglimento, respingendo il rinvio a giudizio. Per gli altri imputati bisognerà aspettare la fine del dibattimento iniziato a ottobre scorso.
Per Oliverio la procura di Catanzaro guidata da Nicola Gratteri, aveva chiesto una condanna a 4 anni e 8 mesi di carcere. Ma l’impianto accusatorio è stato polverizzato dal Gup. Il nome di Mario Oliverio è scritto anche in altri due procedimenti, partiti sempre dalla procura di Gratteri, particolarmente avvezza a inchieste sui politici locali, tra gli applausi scroscianti che arrivano tanto dal mondo dem quanto dai 5 stelle e – vedere le sue dichiarazioni il giorno dell’arresto di Domenico Tallini – da Matteo Salvini.
Certamente la decisione del gup di Catanzaro sulle accuse partite dall’inchiesta “Lande desolate”. segna una pagina importante della storia. E non consente di tralasciare quello che è successo dal giorno in cui si è avuta notizia dell’inchiesta al momento in cui il provvedimento di assoluzione è stato pronunciato.
L’isolamento politico e la rinuncia alla ricandidatura.
Il fatto non sussiste, dicevamo. Quel che resta però sono due anni di quella che lo stesso ex governatore calabrese ha definito “gogna mediatica”. E di isolamento politico, che si è tradotto nella rinuncia – per richiesta del suo stesso partito, il Pd – alla ricandidatura alle regionali in Calabria nel 2019.
Non voleva cedere Oliverio, aveva intenzione di correre ancora alle elezioni. Poi, vista la resistenza del mondo dem, intenzionato a candidare l’imprenditore Pippo Callipo, ha fatto un passo indietro. Scrivendo a Nicola Zingaretti una lettera che, se riletta oggi, risulta ancora più chiara di un anno fa: “Pur ritenendo di avere tutte le ragioni del mondo, non faccio dividere il bambino a metà . Di altri sono e saranno le responsabilità . La Storia si incaricherà di fare giustizia di tutto, presto o tardi. Io faccio un passo indietro per non consentire che venga distrutto e dilaniato un patrimonio che è la mia storia politica”, era un passaggio del documento, arrivato dopo giorni di polemiche.
“Necessaria una riflessione”.
“Quella mattina di dicembre del 2018 è come se il mondo si fosse capovolto”, racconta Oliverio commentando la sua assoluzione e ricordando il giorno in cui gli fu notificato l’obbligo di dimora. “Nella mia funzione di massimo responsabile del governo della regione – continua – venivo sottoposto ad un provvedimento cautelare. Un atto grave non solo per la mia immagine, ma soprattutto per l’immagine della Calabria finita nel tritacarne mediatico e nella macchina del fango. Ora che si è affermata la verità e che la giustizia, attesa da me in rispettoso silenzio, si è imposta, è necessaria una riflessione approfondita”. Nessun riferimento a persone particolari nelle sue parole. Ma è evidente che, in questo caso come in altri simili, dovrà riflettere chi – nel mondo della politica molto di più che in quello dell’opinione pubblica – ‘condanna’ ben prima del giudizio vero e proprio. E spesso lo fa avendo a disposizione, neanche per intero, soltanto le tesi dell’accusa.
(da “Huffingtonpost”)
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