ADESSO L’AMMUCCHIATA SI CHIAMA GOVERNO DI UNITA’ NAZIONALE?
“PRIMA IL PROGRAMMA, POI I VOTI”, MA A DRAGHI NON LO CHIEDE NESSUNO
Enuncerò alcuni interrogativi semplici e largamente diffusi dai mass media e da non pochi politici.
Primo, il governo Draghi sarà eletto dal popolo? Avrà una legittimazione dal voto? Almeno il capo del governo otterrà un mandato politico-elettorale?
Oppure, tutta questa discussione va lasciata alle illusioni/delusioni di Luciano Fontana, direttore del Corriere della Sera, che intitolava melanconicamente la sua rubrica Lettere al Direttore: “Votare premier e coalizione è solo un sogno proibito?”
Secondo, è vero che molto spesso nel passato qualsiasi tentativo di accordi fra governo e opposizione e fra partiti di opposti schieramenti veniva, anzi, è stato prontamente e da quasi tutte le parti bollato come “inciucio” e “ammucchiata”?
Oggi, un eventuale governo che includa Cinque Stelle, Partito Democratico, Lega e i numerosi cespugli centristi diventa governo di unità nazionale, o qualcosa di simile, ma soprattutto ottiene generose valutazioni positive.
Terzo, con Draghi siamo, dunque, all’uomo della Provvidenza come fu definito da Papa Ratti, Pio XI il Mussolini che l’11 febbraio 1929 sottoscrisse i Patti lateranensi?
Certo, non mi riferisco all’ideologia di Mario Draghi, sicuramente un sincero democratico, ma alle malposte iperboli dei commentatori, uomini e donne, dello stivale.
Quarto, i politici e i loro giornalisti di riferimento si sono regolarmente riempiti la bocca con le parole: “prima i programmi poi i nomi”.
Non mi pare che questo sia stato il punto di partenza delle varie dichiarazioni di sostegno al Presidente del Consiglio incaricato. Giusto ricordarne i molti meriti e decisivi nel salvare l’Euro e l’Unione Europea, ma non sarebbe stato opportuno che i capi partiti e partitini dicessero: “Draghi ottima scelta, adesso vediamo i programmi” (o nel loro lessico “andiamo a vedere le carte”)?
Ma almeno una carta dovrebbe essere chiara: “dentro l’Italia nell’Europa dentro l’Europa nell’Italia”. Ä– lecito interrogarsi se Draghi ha posto questa condizione preliminare?
Da ultimo, almeno allo stato delle cose, “ricostruire la politica” (con la molto discutibile affermazione che “il sistema è fallito” quale “sistema” “che cosa è il fallimento, come lo si misura”?) è un compito che può essere credibilmente affidato a chi di esperienza politica (che non significa trattare con altri banchieri e con le cancellerie) non ne ha?
Però, se davvero Draghi volesse/dovesse ricostruire la politica, non sarebbe lecito fin da subito chiedergli quali sarebbero le linee essenziali di questa ricostruzione?
Gianfranco Pasquino
Professore Emerito di Scienza Politica nell’Università di Bologna
(da “Huffingtonpost”)
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