ALFANO: “BLOCCATE L’EMENDAMENTO O I MIEI VANNO DA BERLUSCONI”. MA I DISSIDENTI PD RESTANO VENTI
SCONTRO RENZI-NCD, SALTANO LE MODIFICHE ALL’ART 18
Matteo Renzi e Maurizio Sacconi si sono sentiti più volte.
Per mettere a punto l’emendamento del governo alla riforma del lavoro, sulla base dei nuovi orientamenti del Pd. Un accordo difficile. Il premier vuole inserire le correzioni di Largo del Nazareno nella legge delega.
Il Nuovo centrodestra preferirebbe lasciare tutto così com’è «per annacquarla». È un braccio di ferro ma si dialoga. Lo testimoniano le telefonate.
Però lo scontro si trasferisce dal Pd agli alleati. Con un problema in più. Se l’Ncd cede sull’articolo 18, i soliti dieci alfaniani dati in uscita si potrebbero avvicinare ancora di pià alla casa madre di Silvio Berlusconi. Lasciando il governo senza maggioranza al Senato.
L’ultima fiducia infatti registrò solo 7 voti di scarto.
Questo spiega l’imprevisto lavoro di mediazione di Renzi che fin qui non aveva mai dato molto peso alle lamentele del partito di Alfano.
Renzi vuole l’emendamento perchè svuoterebbe le sette modifiche proposte dai senatori della minoranza Pd. «Noi abbiamo votato in direzione e siamo il partito più importante del governo. Non dimenticate le proporzioni elettorali», ha spiegato il premier Sacconi.
Eppoi il fantasma del voto anticipato vale anche per gli alfaniani, non soltanto per i ribelli del Pd. Ma l’Ncd detta le sue condizioni per firmare il nuovo testo.
«Aver previsto il reintegro anche per i licenziamenti disciplinari complica tutto – racconta il coordinatore di Ncd Gaetano Quagliariello – . Non possiamo tenere insieme la rigidità d’ingresso nel mercato del lavoro togliendo tante forme contrattuali e contemporaneamente vincoli stretti in uscita. Sarebbe il bis della legge Fornero. Non cambierebbe niente».
I paletti sono chiari: i casi dei licenziamenti disciplinari devono rientrare nella fattispecie della discriminazione e devono essere indicati con chiarezza fin dalla delega.
Ossia, non dev’esserci la discrezionalità del giudice come succede oggi. Il reintegro semmai può essere automatico in casi prestabiliti. Si lavora intorno a questa ipotesi puntando a presentare il testo tra domani e venerdì.
La minoranza del Pd accusa Sacconi di condurre una battaglia ideologica, di voler mettere, come ha sempre fatto durante gli anni al ministero del Lavoro, un dito nell’occhio al sindacato. «La reazione dell’Ncd conferma il passo avanti che abbiamo fatto in direzione – dice il bersaniano Miguel Gotor — . Penso si possa trovare un’intesa anche se Sacconi è un oltranzista non un riformista. Il nostro obiettivo è quello di votare tutti insieme la legge delega».
Le parole di Bersani hanno attenuato la forza dello scontro tra gli oppositori e Renzi. «Sono sicuro che se dovesse saltare l’emendamento del governo, Renzi accoglierà una parte dei nostri», dice ancora Gotor.
Un’altra apertura che spianerebbe la strada alla delega, che sarà votata a partire da mercoledì prossimo.
Però i numeri della battaglia interna non lasciano tranquillo Palazzo Chigi.
I dissidenti a Palazzo Madama restano una trentina. E se Renzi è sicuro che si ridurranno «a 6 o 7 nei prossimi giorni », Luigi Manconi lo invita a essere più prudente.
«Sono filogovernativo. Ho fatto la battaglia sul Senato sapendo l’indifferenza che la circondava nel Paese. Stavolta la situazione è diversa».
Se il premier punta a umiliare il dissenso togliendo pezzo a pezzo senatori al suo serbatoio, ha sbagliato i calcoli.
«Diciamo che 20-22 di noi sono pronti a tenere il punto — spiega Manconi -. Non significa che vogliamo far cadere il governo. Significa che non funzionerà con noi la tecnica dell’erosione. O cediamo tutti insieme sulla base dell’emendamento del governo o la resistenza sarà compatta».
Improvvisamente la minoranza “scopre” di aver conquistato terreno nella direzione.
Che il lavoro di Roberto Speranza, Guglielmo Epifani, Cesare Damiano, aiutati da Matteo Orfini, non era stato vano nonostante la spaccatura del voto.
Questo mette in difficoltà anche gli oltranzisti del Partito democratico. Perchè se la mediazione con Ncd finisce bene, Renzi avrà il voto dell’intero Pd con l’eccezione di 4 senatori ormai con un piede fuori dal Pd.
«Il confronto adesso è tra la coppia Renzi-Poletti e Sacconi — dice Manconi – . Secondo me il premier può sfruttare questa situazione non cedendo nè a Sacconi nè alla minoranza che gli ha votato contro in direzione. È un’opportunità politica, in fondo può usare quei 20 no all’ordine del giorno per trattare meglio con il Nuovo centrodestra ». Il punto è che la partita ha anche un attore invisibile in Forza Italia. La minaccia del ritorno a casa di dieci alfaniani rischia di spostare gli equilibri della maggioranza, di diventare ostaggi del partito di Berlusconi. Che da settimane aspetta questo momento. Per uscire dal patto del Nazareno e condizionare non solo le riforme ma l’azione di governo.
Goffredo De Marchis
(da “La Repubblica”)
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