ALMAVIVA, NEL CALL CENTER DEI 1600 LICENZIATI RABBIA CONTRO PD E GRILLINI
“LA SINISTRA QUI CI HA PRESO A CALCI”…”I CINQUESTELLE NON SANNO PROPRIO NIENTE DI NOI”
Ramona era piena di vita, giovane e appassionata. Padre operaio, madre casalinga, radici salde, popolari. Voglia di crescere, di migliorare, tante piazze dove urlare, assieme agli altri: “Ci siamo anche noi con i nostri diritti, lavoro, welfare, famiglia!”. Quella Ramona di vent’anni fa non c’è più: “Ho 38 anni, una grande rabbia dentro, niente e nessuno cui credere, ho maturato una completa sfiducia nella politica”.
In Almaviva ce l’hanno con la sindaca Raggi che, fino all’Epifania, “non si era mai filata nessuno di noi”, con Zingaretti e la Regione (il governatore però ieri ha aperto un tavolo e giura: “Non lasceremo soli questi lavoratori, cercheremo di dare loro opportunità di reinserimento “), con Di Battista, detto Diba, “giovane e brillante ma è venuto davanti alla nostra sede e non sapeva una mazza della nostra trattativa”
Un rifiuto emotivo ma solido, un disincanto totale.
Monia pensa a suo figlio che ha 7 anni: “Non so se questo Paese può dargli un futuro, ho dei parenti in Canada, devo riflettere. Qui non c’è welfare, non c’è nulla”.
All’establishment istituzionale manca anche e soprattutto il “cuore”, dice Marzia Dimitri, da 16 anni in Almaviva, responsabile del call center in quota Inps, stessa scuola di Ascanio Celestini, “lui terza liceo, io quarta ginnasio”, una laurea in sociologia, un marito falegname.
Il cuore dunque: “Non mi aspetto che ce l’abbia un imprenditore ma il governo e i sindacati sì”.
Bertinottiana in origine, delusa dalla “scarsa lungimiranza sindacale”, Marzia ha votato per la Raggi (“Le concedo ancora il beneficio del dubbio”) e ha detto sì al tardivo referendum sull’accordo.
Il suo è un identikit multiplo che certifica lo scollamento dal mondo iniziale: “I 1700 dipendenti di Almaviva sono stati immolati, io sono stata immolata. Non credo più, non mi fido più”.
Barbara Sbardella (Rsu Cgil), altra licenziata di fine anno, ha pianto lacrime di rabbia nella notte del fallimento: “Ho visto crollare in Almaviva anni di battaglie sui diritti. Ho due figli di 8 e 5 anni. Il futuro lo vedo nero ma non mollo. Da un partito di sinistra mi aspetto che capisca che non si può vivere con meno di 600 euro al mese”
(da “La Repubblica”)
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