ANCHE QUEL SEMOLINO DI TAJANI S’È ROTTO IL CAZZO DI ESSERE SCAVALCATO: “UN PARTITO QUAQUARAQUÀ PARLA E DICE SENZA STUDIARE E RIFLETTERE, SONO I PARTITI POPULISTI. MA CHI STRILLA CONTA E COMANDA POCO, NOI PREFERIAMO LAVORARE”
IL RIFERIMENTO, OVVIAMENTE, È ALLA LEGA DOPO LE ULTIME SPARATE DI SALVINI E DEI SUOI GRAN “CIAMBELLONI” …. LA PREMIER TEME CHE DIETRO L’ATTIVISMO DEL FU TRUCE DEL PAPEETE CI SIA LA SPINTARELLA DI MUSK
La conferenza per i giovani di Forza Italia a Milano, la scuola politica della Lega a Roma: in mezzo 600 chilometri di temporali, con i due partiti della coalizione che fanno apertamente a sportellate . Un crescendo a cui Fratelli d’Italia assiste in silenzio, ma che rischia seriamente di mandare in pezzi il centrodestra
All’evento milanese degli azzurri, voluto e benedetto a distanza da Marina Berlusconi, il titolo è tutto un programma: “Forza Europa”. Il segretario Antonio Tajani, come tutti in sala, ha letto le parole del vicesegretario leghista Claudio Durigon che, su Repubblica , lo invitava a farsi dare una mano dal Carroccio in politica estera.
Ma fedele al proprio registro di questi mesi non nomina mai la Lega, anche se gli astanti hanno ben chiaro a chi si rivolga: «A volte ci attaccano anche aspramente, “non ragioniam di lor ma guarda e passa”»; oppure, «pensavano che ci saremmo sciolti come neve al sole, pensavano di saccheggiare i nostri pascoli.
Ma abbiamo saputo difendere le nostre pecorelle e i nostri elettori sono aumentati»; e ancora, «un partito quaquaraquà parla e dice senza studiare e riflettere, sono i partiti populisti. I partiti seri studiano, approfondiscono, poi decidono e fanno quello che dicono, e non rinnegano quello che dicono cambiando idea»; infine, «chi strilla conta poco e comanda poco. Noi preferiamo lavorare e non strillare».
Sempre il vicepremier, in apertura di evento, ricorda proprio il Cavaliere: «Dal suo letto d’ospedale spiegava due cose: serviva una difesa comune europea e superare il diritto di veto», un testamento politico valido ancora oggi che da sé, solo a citarlo, vale due dita in un occhio alla Lega ovviamente, che invece sostiene esattamente il contrario.
«Consiglierei di studiare un po’ di più a quelli che dicono “usciamo dall’Europa” o cose del genere, quando si fanno delle scelte bisogna capire perché si fanno, non di pancia», aggiunge Tajani. Il quale, a margine, difende pure il manifesto di Ventotene attaccato frontalmente da Giorgia Meloni («come FI abbiamo dei riferimenti popolari ma è comunque uno dei testi fondativi»).
Dopodiché il protagonismo del Carroccio in politica estera è rivendicato nuovamente da Claudio Borghi, senatore e membro del Copasir, lui ospite della due giorni formativa del partito nella Capitale. Se l’altro vicepremier Salvini sente il vicepresidente degli Stati Uniti JD Vance «non c’è nessun problema, anzi uno dovrebbe essere contento, se si ha a cuore l’interesse dell’Italia. Se invece uno ragiona sullo 0,5 per cento in più alle Regionali, allora alzo le mani…». Idem fa Alberto Bagnai, vicecapogruppo leghista alla Camera: «Il prestigio degli interlocutori, da Netanyahu a Vance, conferma la credibilità di Salvini »
(da agenzie)
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