APPELLO PER VITA DI ZEINAB E PER QUELLA DI TUTTE LE SPOSE BAMBINE
TRA POCHE ORE UNA GIOVANE DONNA IN IRAN FINIRA’ SUL PATIBOLO
Tra 24 ore una giovane donna finirà sul patibolo da qualche parte in Iran.
Ci finirà perchè, secondo l’accusa, quando era poco più che una bambina, aveva 17 anni appena, avrebbe ammazzato suo marito, uomo che non aveva scelto e a cui l’avevano data in sposa quando aveva 15 anni.
Un uomo che le usava ogni possibile forma di violenza, fisica e psicologica, e che non voleva concederle il divorzio.
Un uomo che, forse, non ha nemmeno ammazzato ma che sarebbe stato ucciso dal suo stesso fratello che, tra una cosa e l’altra, “ingannava il tempo” stuprando sua cognata.
Succede nel mondo.
Succede in silenzio quasi ogni giorno: una donna ammazzata per volontà di una giuria composta di uomini fa meno notizia (anzi non ne fa proprio) rispetto ai disastri evidenti e infiniti delle infinite guerre che punteggiano il pianeta come recalcitranti chiazze allagate di sangue.
La donna che domani, con ogni probabilità salirà sul patibolo, oggi ha 22 anni e si chiama Zeinab.
Non ha potuto studiare, non ha potuto innamorarsi e flirtare, non ha potuto scegliere cosa fare di se stessa e della sua vita dal giorno in cui è venuta al mondo.
La sua famiglia ha deciso per lei, prima. Suo marito, dopo.
Oggi che è passata la giornata delle bambine, quella in cui il mondo si indigna davanti ai dati del rapporto Unicef sulle spose bambine – giusto per sciacquettare le memorie già annebbiate: nel mondo ogni 7 minuti c’è una ragazzina di 15 anni che viene fatta sposare a un uomo che non ha scelto e che, se è fortunata, non la troncherà di mazzate, non la stuprerà , non la costringerà in casa a sfornar figli, e le vorrà un pochino di bene -, oggi tutti dobbiamo fermare l’esecuzione di Zeinab.
Che era minorenne all’epoca dei fatti, che non ha avuto uno straccio di avvocato per tutta la durata del processo (se non all’ultima udienza, quando ormai era troppo tardi), che ha confessato dopo 20 giorni in caserma dove è stata pestata a sangue, che ha il diritto a un giusto processo e alla tutela che spetta ai minori riconosciuti colpevoli di un reato.
Perchè ammesso e non concesso che abbia ucciso quell’animale di suo marito, Zeinab aveva 17 anni ed era una vittima.
Come vittime sono, in ogni parte del mondo, le spose bambine cui è negato, per consuetudine, il diritto alla libertà .
E, no, abbiate pazienza non è vero, o almeno non credo lo sia, che non si avverte l’assenza di ciò che non si conosce.
La globalizzazione di smartphone e Netflix, che è arrivata nei campi profughi del deserto dell’Hammada, deve essere per forza arrivata anche nei dintorni di Teheran, ragion per cui il principio di libertà individuale deve essere in qualche modo giunto anche alle orecchie delle donne di Teheran.
Ma anche così non fosse io mi rifiuto di starmene buona e zitta, di accettare l’ineluttabilità di questa consuetudine per cui se nasci femmina nel paese sbagliato (ma ne esiste poi uno giusto?) porti nel patrimonio genetico la sfiga di genere.
Mi rifiuto di non urlare e tirare su le barricate ogni volta in cui vengo a conoscenza di un’ingiustizia che si consuma sulla pelle di una donna.
Che mi sta bene possa essere colpevole e mi sta anche bene che paghi per quello che ha fatto, ma non secondo il barbaro principio della “pena equivalente” (modernismo per legge del taglione), a maggior ragione se questo principio viene applicato a una minorenne.
E allora io mi alzo da sola e se qualcuno vuole unirsi a me staremo in piedi assieme a gridare che Zeinab deve vivere e non per grazia ricevuta (secondo la legge coranica applicata in Iran la pena di morte può essere commutata in carcere se i parenti del defunto perdonano l’assassino), ma per diritto delle ragione.
Zeinab deve vivere e deve esser imputata in un giusto processo che tenda illuminare la verità dei fatti, non a condannare per il genere del presunto colpevole.
Zeinab deve vivere perchè Zeinab è tutte le donne del mondo che sono vittime della violenza degli uomini, che non conosce latitudini e che parla ovunque la stessa lingua: quella della prevaricazione. Zeinab sono io e Zeinab siete voi che lottate per la libertà e per l’autodeterminazione alla quale ogni essere umano ha diritto dal momento in cui viene al mondo.
Salviamo Zeinab, salviamo le bambine.
(da “Huffingtonpost”)
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