ARNAULT VIENE A FARE SHOPPING IN ITALIA: QUEL CHE RESTA DEL MADE IN ITALY SI AFFIDA A CAPITALI E MANAGER STRANIERI PER AFFRONTARE LA PEGGIORE CONGIUNTURA DEGLI ULTIMI 20 ANNI
DOPO CHE MOLTI MARCHI SIMBOLO DEL MADE IN ITALY SONO STATI ASSORBITI DA LVMH, ORA ANCHE TOD’S E MONCLER VEDONO LE PROPRIE SORTI LEGATE AGLI INVESTIMENTI DEL RE DEL LUSSO
Negli anni molti marchi simbolo del made in Italy sono stati acquisiti da Lvmh (tra gli altri Fendi e Loro Piana). Ed è di giovedì la notizia che, sebbene in modalità diverse, anche Tod’s e Moncler vedono le proprie sorti legate agli investimenti del re del lusso.
Centotrentatre. È il numero (sempre lo stesso) dei gommini che formano la suola dei mocassini su cui Diego Della Valle ha costruito il successo di Tod’s. Il gruppo, che conta al suo interno anche Hogan, Fay e Roger Vivier, ha lasciato a giugno la Borsa di Milano a fronte di un valore di Opa di 1,4 miliardi.
Per l’operazione Della Valle ha scelto di farsi affiancare da L Catterton, il fondo di private equity che fa capo alla famiglia Arnault e che quindi oggi condivide le sorti del brand. Il nuovo corso si è aperto giovedì con la nomina del manager John Galantic ad amministratore delegato, carica ricoperta finora dallo stesso Della Valle, che resta presidente. La scelta sembra essere dettata dalla necessità di far crescere i marchi soprattutto sul mercato americano, che resta il più solido per il lusso globale malgrado le incertezze dell’anno elettorale e nel quale il nuovo amministratore, laurea alla Harvard Business School, ha costruito la sua carriera.
«Moncler è una delle storie di successo imprenditoriale più significative del settore negli ultimi vent’anni. La visione e la leadership di Ruffini sono straordinarie»: così nella serata di giovedì lo stesso Bernard Arnault ha commentato l’operazione che ha visto Lvmh acquisire il 10% (ma con la possibilità di salire fino a un massimo del 22%) del capitale di Double R, la società di Ruffini che controlla Moncler.
Il brand delle giacche che furono divisa d’ordinanza dei paninari negli anni Ottanta capitalizza oggi circa 16 miliardi di euro ed è il più grande marchio del lusso italiano. L’ingresso dei capitali francesi rafforza la leadership di Ruffini e la protegge da tentazioni di scalate ostili.
Ma inevitabilmente la notizia ha suscitato speculazioni sulla possibilità che in un futuro più o meno lontano Lvmh possa prenderne il controllo.
Quel che resta del made in Italy si affida a capitali e manager stranieri per affrontare la peggiore congiuntura degli ultimi 20 anni. La domanda di lusso cinese si è fermata e in molti scommettono che non tornerà più quella di prima. E l’aumento vertiginoso dei prezzi non aiuta a conquistare cuori e portafogli dei consumatori occidentali
(da la Repubblica)
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